Ci avevamo sperato così intensamente che, un anno dopo, rileggere le nostre considerazioni sulla AFC West altro non fa che ribadirci quanto inutile e autoreferenziale sia la nostra collezione primavera/estate di speculazioni sul football americano.
Una offseason pirotecnica avrebbe dovuto trasformarla nella miglior division – con distacco – della lega, avrebbe dovuto rompere l’egemonia Chiefs, avrebbe potuto mandare ai playoff tutte e quattro le squadre che danno vita alla division… finché il campo ha evidenziato che, di fatto, non sia cambiato assolutamente nulla.

I Kansas City Chiefs non solo si sono intascati con nonchalance il settimo titolo divisionale consecutivo, ma hanno pure aggiunto argenteria in bacheca portandosi a casa il secondo Super Bowl in quattro anni: a questo punto abbiamo prove sufficienti per poter cominciare a usare la parola ‘dinastia’.
Se da un lato ci troviamo costretti a brandire il dizionario dei sinonimi e contrari per individuare nuovi superlativi che ci permettano di parlare dei Chiefs senza risultare smodatamente ripetitivi, dall’altro ci imbattiamo in una serie di analisi delle sconfitte così folta e variegata che crederete di essere stati catapultati nella via del Nazareno.
Partiamo dai Chiefs.

Sta diventando veramente complicato parlare di loro senza risultare ripetitivi e monotoni. Anno dopo anno si confermano fra le migliori squadre della lega sfoggiando un football divertente e innovativo, possono vantare il miglior giocatore della lega nella posizione più importante in assoluto e, soprattutto, una sinergia fra quarterback e allenatore con pochi precedenti nella storia.
Parlare di macchina perfetta non ha alcun senso, la difesa lascia ancora molto a desiderare e la compiacenza è nemica mortale del successo, ma è altresì inutile costruire intricati sofismi per (auto)convincersi che quest’anno sarà diverso dai precedenti: pure nel 2023 i favoriti saranno loro.

Dell’attacco non ho molto da dirvi, se non che quest’anno la coppia di tackle titolari sarà completamente diversa da quella del 2022. Wylie e Brown saranno rimpiazzati dal ben pagato Jawaan Taylor – che giocherà a destra – e dall’espertissimo Donovan Smith che nell’ultimo triennio ha protetto più che decentemente Tom Brady.
Il massiccio investimento per Taylor ha inarcato parecchie sopracciglia, soprattutto se si considera il prezzo pagato dai Bengals per assicurarsi Orlando Brown Jr., ma a questo punto siamo moralmente obbligati a concedere il beneficio del dubbio ad Andy Reid e Brett Veach: hanno fatto le loro valutazioni e abbiamo sufficienti precedenti storici per reputare corretta la loro decisione.

Offensive line a parte, il resto dell’attacco si presenta molto simile a quello che a febbraio ha alzato al cielo il Lombardi.
Le novità più succose portano i nomi di Rashee Rice e Justyn Ross. Il primo se lo sono portati a casa con una scelta al secondo round dell’ultimo draft, mentre il secondo meriterebbe un articolo a parte: non troppo tempo fa, infatti, Justyn Ross era unanimemente associato al primo round del draft. Una delicata operazione al collo e una disastrosa al piede – che lo ha costretto a sottoporsi a un intervento correttivo che gli è costato l’intera stagione da rookie – sembravano potergli compromettere una carriera fra i professionisti, ma i report che stanno uscendo dal training camp sono oltremodo incoraggianti poiché sembra che Ross stia affinando sempre più l’intesa con Mahomes.

Nemmeno il reparto difensivo è interessato da particolari novità, anche se il prolungato sciopero di Chris Jones sta iniziando a destare preoccupazione sempre più legittima: Jones, in scadenza a marzo, vuole immediatamente un rinnovo che a mio avviso è più che meritato e ora come ora deve ancora prendere parte a un allenamento con i compagni.
Senza Chris Jones, molto semplicemente, Kansas City non avrebbe vinto l’ultimo Super Bowl.
Oltre che recuperare Jones, sarà fondamentale che sophomore come Karlaftis, Cook e McDuffie compiano un marcato passo in avanti affermandosi come titolari di qualità.

Non ho veramente nient’altro da aggiungere su di loro, magari ci saranno prestazioni opache che ci spingeranno ad affermare che questi non siano i Chiefs a cui ci siamo abituati, ma dobbiamo realizzare che per loro la regular season altro non sia diventata che un lungo allenamento in vista dei playoff e che gli incidenti di percorso non solo siano fisiologici, ma in un certo senso pure necessari per recuperare la concentrazione smarrita.

Non credo di poter enfatizzare a sufficienza l’importanza del 2023 per i Denver Broncos che, dopo l’epico tracollo dello scorso anno, giocano per qualcosa di ben più serio di una semplice qualificazione ai playoff: qui c’è in ballo la credibilità di un intero front office e, perché no, pure della franchigia.
Mostrare la porta a Wilson non era possibile, non dopo avergli fatto firmare un rinnovo a scatola chiusa che lo legherà ai Broncos fino al termine della stagione del 2028, quindi Paton ha deciso di rincarare la dose sacrificando ulteriore capitale al draft per Sean Payton, allenatore che negli anni ha dimostrato di saper far rendere sopra le aspettative più o meno qualsiasi reparto offensivo.

La riabilitazione di Russell Wilson costituisce ovviamente il loro obiettivo primario, ci hanno investito decisamente troppo per gettare la spugna dopo una sola, seppur obbrobriosa, stagione. Da un punto di vista meramente atletico Wilson non ha nulla da spartire con il giocatore di cui ci siamo collettivamente innamorati a Seattle, ma questo è assolutamente fisiologico e sono convinto che pure lui fosse al corrente che prima o poi avrebbe dovuto riadattare il proprio gioco per compensare all’inevitabile declino fisico.
Tuttavia ostinarsi a usarlo come puro pocket passer – a grandi linee il piano di Hackett nel 2022 – è controproducente poiché si finisce inevitabilmente per annacquarlo fino ad annullarlo.

Payton per prima cosa ha saggiamente deciso di fortificare la linea d’attacco, pure in questo caso con investimenti più che onerosi. Per assicurarsi Mike McGlinchey e Ben Powers Denver ha sborsato qualcosa come 140 milioni di dollari, cifra enorme ma che potrebbe letteralmente salvare la carriera a Russell Wilson.
Non fosse per l’aggiunta del rookie Mims Jr., il pacchetto di ricevitori è pressoché identico a quello dell’anno scorso, sciaguratamente ancora una volta orfano del sottovalutato Tim Patrick, la cui stagione è finita ancor prima di iniziare a causa della rottura del tendine d’Achille.

Mi sembra irrispettoso focalizzarmi chissà quanto sul reparto difensivo che, indefesso, ha sempre fatto il suo. Gli innesti di Zach Allen e Frank Clark danno nuova linfa vitale a un pass rush che non troppo tempo fa ha dovuto salutare Bradley Chubb, ma non complichiamoci la vita, pure quest’anno in caso di fallimento non punteremo sicuramente il dito in loro direzione: figuratevi cosa potrebbero fare questi ragazzi se coadiuvati da un attacco perlomeno capace di stare in campo un paio di minuti alla volta.
Stiamo pur sempre parlando dell’attacco con la più bassa percentuale di terzi down convertiti – 29.13% – e il minor numero di punti segnati a partita, un inaccettabile 16.9 che avrebbe condannato a un gennaio sul divano pure la difesa dei Ravens del 2000.

Durante il prossimo autunno Denver si giocherà tanto, se non tutto, in quanto in caso di fallimento non ho idea di come possano sbrogliare la matassa contrattuale di Wilson senza andare a compromettere ulteriormente il già compromesso futuro.
La loro speranza è che la cura Payton sortisca immediatamente effetti miracolosi, ma purtroppo la NFL è rinomata per la propria razionalità e aspettarsi miracoli, soprattutto con un quarterback 35enne under center, è un esercizio che potrebbe martoriare il già dilaniato cuore di una fanbase che era convinta di essere uscita dall’irrilevanza.

Se ‘irrilevanza’ vi sembra inappropriato, devo farvi presente che si stia pur sempre parlando di una squadra che non gioca una partita di playoff da ben sette stagioni, o se preferite dal Super Bowl vinto contro i Panthers. Solamente i Jets hanno saputo fare “meglio”.

A onor del vero, nel 2022 i prescelti per spodestare i Chiefs non erano i Denver Broncos, ma i Los Angeles Chargers. In quanto inquilini nel mondo dei quarterback, ci siamo lasciati suggestionare dall’aggiunta di Russell Wilson a un roster che credevamo pronto a grandi cose, tuttavia gli appassionati più razionali e freddi avevano individuato nei Chargers i veri anti-Chiefs.
Sulla carta – pure in questo caso -, c’era tutto. Un talento generazionale under center, una linea d’attacco funzionale e sensibilmente migliorata negli anni, una batteria di playmaker ben assortita e una difesa rivoluzionata dalle rumorose aggiunte di J.C. Jackson e Khalil Mack.
Un vero e proprio all-in, insomma.

Purtroppo per loro, però, le cose non sono andate come la logica sembrava indurci a pensare.
Jackson è stato limitato dagli infortuni e il solo Mack non ha potuto sopperire all’incompetenza di una difesa assolutamente incapace di opporsi alle corse avversarie. Naturalmente nemmeno l’assenza di Joey Bosa ha aiutato, ma non ci si può nascondere dietro il dito degli infortuni, potevano e dovevano fare di più, soprattutto se si considera che in panchina hanno un allenatore di matrice difensiva che dovrebbe perlomeno garantire un rendimento dignitoso al “suo” reparto.

Niente da fare, un’altra stagione di Herbert gratis sprecata nel modo più umiliante possibile, facendosi rimontare ben 27 punti dai Jacksonville Jaguars ai playoff. Recentemente il quarterback ha firmato il meritato rinnovo contrattuale, perciò a breve la flessibilità salariale che ha permesso al front office di rompere a proprio piacimento il salvadanaio apparterrà a un passato lastricato da rimpianti.

Se abbiamo imparato qualcosa dalla figuraccia rimediata in postseason – oltre al fatto che i Chargers saranno sempre i Paperino della NFL – è quanto questa squadra abbia bisogno di un gioco di corse perlomeno funzionale che possa permettere loro di guadagnare un paio di primi down a drive in situazioni del genere, quando tutto ciò che si chiede al proprio attacco è dissanguare il cronometro.

Non sono sicuro abbiano fatto abbastanza per trasformare il sogno in realtà, alla fine dei conti il running back titolare è sempre Austin Ekeler e abbiamo avuto modo di appurare che non sia il genere di corridore di cui hanno disperatamente bisogno per ben figurare in situazioni del genere.
La speranza è che l’arrivo di Kellen Moore – che secondo me a fine anno soffierà il posto a Staley – basti a galvanizzare un reparto offensivo che ha tutto il necessario per segnarne trenta a partita ma che poi, vuoi per sfortuna, vuoi per incompetenza o semplicemente per infortuni, finisce inevitabilmente per impantanarsi nella palude dei rimpianti.

L’aggiunta del rookie Johnston e il ritorno dall’infortunio di Rashawn Slater dovrebbero notevolmente semplificare l’esistenza a Herbert, ma con i Chargers non c’è mai da dare nulla per scontato.
Staley si gioca il futuro sulla loro panchina e credo sia ragionevolmente consapevole di doversi guardare le spalle da Moore, tuttavia pure quest’anno la stagione dipenderà dal rendimento del reparto difensivo, in quanto in questa AFC è estremamente complicato pensare di vincere segnando sempre un punto in più degli avversari.

Concludiamo il nostro viaggio con una franchigia che fatico sempre più a capire, i Las Vegas Raiders, o se preferite quelli che hanno rimpiazzato Derek Carr con una sua versione esteticamente più gradevole ma, purtroppo, infinitamente più logorata.
Sul valore assoluto di Garoppolo potremmo dibattere per giorni interi, ma non sarà questa la sede: mi limiterò a dire che in un contesto funzionale e ovattato Jimmy G possa tenere efficiente un reparto offensivo.
Ciò che più perplime è la riluttanza a pagare Josh Jacobs, insieme a Crosby e Adams il loro miglior giocatore nel 2022: Jacobs al momento è lontano dalla squadra e deve ancora prendere parte a un singolo allenamento del training camp.

Che premessa incoraggiante!
I Raiders si trovano in una posizione a mio avviso delicata, credo siano consapevoli di essere troppo incompleti – soprattutto in difesa – per poter anche solo sognare uno scenario in cui siano contender.
Non mancano i nomi, poter contare su fenomeni come Adams, Jacobs – forse -, Carlson e Crosby dovrebbe garantir loro una possibilità contro chiunque, purtroppo però il reparto difensivo non sembra essere adeguatamente equipaggiato per sopravvivere a quel tritacarne che risponde al nome di AFC.
O almeno, molto probabilmente non sotto la guida del fragile Jimmy Garoppolo.

Dando per scontato che prima o poi Jacobs torni in squadra, la batteria di skills player a disposizione di Garoppolo è di primissimo livello. Oltre ai già citati Jacobs e Adams, l’ex quarterback dei 49ers potrà indirizzare il pallone a gregari di lusso come Renfrow, il neoarrivato Meyers e il rookie Michael Mayer che avrà l’ingrato compito di non far rimpiangere Darren Waller.
I dubbi, però, sorgono tirando un’occhiata alla linea d’attacco.
A parte l’ottimo Kolton Miller nessuno fra i probabili titolari infonde chissà quanta fiducia nel cuore del tifoso medio, anche se mi piace pensare che chi di dovere sappia cosa stia facendo.

I problemi sorgono a grappoli nel reparto difensivo.
Premesso che costruire una difesa competente richieda più tempo di quello che fu necessario a rendere Roma il centro del mondo, il rookie Tyree Wilson rappresenta un ottimo punto di partenza, soprattutto se si tiene presente che dall’altra parte ci sarà Maxx Crosby. Resta da vedere quanti snap gli ruberà Chandler Jones che nel primo anno a Las Vegas ha deluso e non poco.
Il resto del reparto è ricolmo di incognite, in quanto difficilmente troveremo un titolare universalmente definibile “sopra la media”.

Si sono serviti del draft per aggiungere nuove leve, tuttavia va da sé che mandare allo sbaraglio rookie difficilmente garantirà risultati chissà quanto soddisfacenti, e ciò ci costringe a interrogarci su quali siano le loro intenzioni per il 2023: vogliono competere o hanno cominciato una blanda e silenziosa ricostruzione?
Al momento, Russell Wilson permettendo, mi risulta impossibile non riferirmi a loro come all’ultima forza della division, sono troppo deboli in difesa per poter avere speranze contro l’élite della conference.
È altresì lecito interrogarsi sulla posizione di Josh McDaniels, dopo l’iper-deludente 2022 riuscirebbe a sopravvivere a un’altra stagione sotto il 50%?

Insomma, da una parte abbiamo i campioni del mondo nonché emergente dinastia pronta a dominare la NFL per almeno il prossimo decennio, dall’altra tre squadre tutte alla ricerca di riscatto dopo stagioni mestamente sotto le aspettative.
Ci sarà da divertirsi, la disperazione tende a produrre televisione estremamente divertente.

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