Purtroppo lo ripeto spesso, “coprire” la NFL è uno dei lavori più ingrati che esistano – soprattutto quando non è nemmeno il tuo lavoro – principalmente a causa della conformazione del suo calendario.
La sconfinata offseason costringe chi come me ha bisogno di parlarne – perlomeno – settimanalmente a raschiare il fondo del proverbiale barile alla caccia di possibili argomenti su cui costruire articoli e dar vita a dibattiti e, specialmente d’estate, questo esercizio si rivela spesso essere inutile. L’aridità dei quaranta gradi di queste estati sempre più estreme impallidisce al cospetto di quella marchiata NFL: a un certo punto della offseason non c’è semplicemente più nulla da dire.
È più che naturale, e in un certo senso pure fisiologico, che all’apertura dei training camp gli argini non siano in grado di contenere il fiume di parole che, come zanzare a ridosso di un acquitrino, ci assaltano da tutte le direzioni: giocatore infortunato, giocatore assente, allenatore contrariato, attacchi che non vanno, difese che dominano, attacchi ultra-efficienti e difese colabrodo. È come se dopo un lunghissimo digiuno si venisse messi davanti a un lauto buffet… per poi scoprire che il cibo che adorna i tavoli sia finto, di plastica.
L’astinenza è la più fedele alleata dei training camp, presenza inevitabile nel calendario NFL la cui magnitudine è amplificata dagli infiniti mesi di chiacchiere, innumerevoli movimenti di personale nel roster e ulteriori chiacchiere.
Questi roventi allenamenti rappresentano il primo assaggio di football giocato dopo un periodo di tempo così vasto da spingerci a chiederci se il football americano sia effettivamente un gioco o una semplice, meravigliosa e imprescindibile allucinazione collettiva.
La nociva abbondanza di stimoli esterni potrebbe farci perdere l’orientamento, riceviamo istantaneamente centinaia di notizie al giorno su cose che, di fatto, spesso sono trascurabili. Dando un’occhiata alla sintesi della giornata d’allenamenti ci imbatteremo in qualche ricevitore undrafted free agent autore di un paio di pregevoli ricezioni che, una volta arrivati a settembre, avremo già dimenticato perché quasi sicuramente il giocatore in questione non riuscirà a guadagnarsi un posto a roster.
Brutale, ne sono consapevole, ma questa è la cruda realtà dei fatti: il 90% di ciò leggiamo fra metà luglio e settembre è assolutamente irrilevante. Ricordo con affetto i tempi in cui quotidianamente leggevo i resoconti sugli allenamenti dei Ravens per poi recitare a mio fratello, a metà fra uno a cui hanno diagnosticato la sindrome di Tourette e un totale invasato, i ricevitori che si erano distinti il giorno prima e dei quali, di lì a breve, mi sarei quasi sicuramente dimenticato il nome.
Avevo parlato per settimane di un tale Aaron Mellette e di come sarebbe riuscito a farmi dimenticare del recentemente dipartito Anquan Boldin: zero partite giocate in NFL.
Fight: #Chiefs TE Travis Kelce threw a punch at Jack Cochrane which started a very short scuffle between the two.
Kelce probably felt he was hit late.
(🎥 @Nicolas_Roesch)pic.twitter.com/Fz1191qKBi
— Dov Kleiman (@NFL_DovKleiman) July 29, 2023
Sono al corrente che necessitiamo di football americano per funzionare – più o meno – correttamente, quindi ben vengano i training camp e l’inarrestabile flusso di notizie da loro generato, ma ritengo doveroso condividere con voi un paio di dritte su come difendere e preservare la nostra sanità mentale in un periodo in cui si è a un articolo di distanza dal convincersi che gli Arizona Cardinals di Clayton Tune o Colt McCoy si trovino a non troppi mesi di distanza dall’inevitabile Super Bowl.
Per prima cosa, il roster è già sostanzialmente definito ben prima dell’apertura dei training camp. I posti a roster effettivamente disponibili saranno tre, nel migliore dei casi quattro, quindi è molto probabile che l’hombre del partido dell’allenamento del primo di agosto a settembre debba accontentarsi di un posto in practice squad.
Non voglio assolutamente insinuare che entrare in NFL dalla porta di servizio sia una condanna a morte, ma un front office competente la squadra l’assembla con pazienza fra l’inverno e la primavera, non nel cuore dell’estate.
In caso di infortuni o esplosioni troppo fragorose per essere ignorate – il primo nome che viene in mente è quello di Victor Cruz – anche l’undrafted free agent può riuscire a coronare il proprio sogno, ma non commettete l’errore di credere che i posti a disposizione siano chissà quanti e che chiunque debba guadagnarsi il diritto di giocare in regular season.
Malgrado gli sbraiti di qualsiasi allenatore, non è così.
Ciò che dovete seguire con attenzione e a un certo punto addirittura bramare è il silenzio: poche notizie è sinonimo di poche brutte notizie, tutto quello che ci serve per definire di successo un training camp. La singola cosa più importante è eludere gli infortuni e presentarsi a settembre apprezzabilmente sani e, come potete facilmente immaginare, il silenzio in casi del genere è sempre portatore di buone notizie.
Negli ultimi giorni abbiamo sentito parlare prevalentemente di Cincinnati Bengals e Miami Dolphins, ma perché? Semplice, i primi si sono visti passare la vita davanti agli occhi quando Joe Burrow, pochi istanti dopo essere uscito dalla tasca, ha iniziato a zoppicare sguaiatamente e a toccarsi il polpaccio, i secondi invece hanno perso per mesi Jalen Ramsey, magnum opus della loro offseason.
Meno si parla della vostra squadra del cuore, meglio è per tutti.
Fortunatamente Joe Burrow torna fra qualche settimana.
La singola cosa più entusiasmante di questo periodo comatoso è data dalle “battaglie posizionali”, ossia la competizione fra due – o più – individui per una rara maglia da titolare non assegnata durante free agency o draft. Certo, difficilmente passerete notti insonni tenuti svegli dall’adrenalina pompata nei vasi dalla lettura della guerra fra due guardie per un posto da titolare a sinistra, ma perfezionare la depth chart che si lancerà all’arrembaggio del Lombardi è veramente il meglio che la NFL possa offrirci in questo periodo dell’anno.
E va bene così, se posso.
Everyone, please stop calling and offering us your calf muscles… it doesn't work like that!
Joey will be back.
— Cincinnati Bengals (@Bengals) July 28, 2023
Un’altra cosa estremamente interessante è tenere traccia delle presenze – e ovviamente assenze – agli allenamenti. Per esempio, il fatto che marziani come Chris Jones, Nick Bosa e Zack Martin debbano ancora scendere in campo coi compagni per grane contrattuali è oltremodo interessante, soprattutto per prendere la misura del polso del front office di turno.
Da un lato abbiamo i giocatori bramosi del loro bag – scusatemi ma mi fa troppo ridere ‘sto mezzo meme del bag -, dall’altra front office e coaching staff in crescente apprensione per il tempo da loro perso.
È indubbiamente più interessante assistere a questo tipo di guerra contrattuale che il mesto e formulaico spettacolo su Twitt… X nel quale l’agente del giocatore contrariato usa Adam Schefter come megafono per far arrivare al front office le richieste del proprio assistito.
Constatare l’assenza, invece, ci mette davanti a qualcosa di concreto con potenziali ripercussioni sul lungo termine in quanto perdere un mese di training camp può presentare il conto a novembre, se non addirittura a dicembre.
Un’ultima cosa prima di concludere: non esaltatevi davanti a notizie positive e non abbattetevi al cospetto di quelle negative. Ricordo nitidamente il report, nell’estate del 2019, di un Jimmy Garoppolo autore di non uno, non due, non tre, non quattro ma ben cinque intercetti consecutivi durante un allenamento di metà agosto.
Inutile ricordarvi che quei ‘Niners siano arrivati al Super Bowl trascinati da una delle difese più dominanti della lega.
La tentazione di lanciarsi senza vergogna sul buffet e ingurgitare quanto più cibo possibile è alta e umanamente comprensibile, ma non possiamo commettere l’errore di abbuffarci di antipasti – pure piuttosto deludenti – che altro non fanno che rubare spazio alle portate principali.
Dare troppo peso alle notizie che trapelano dai training camp costituisce il più grande disservizio che possiate fare alla vostra salute mentale: un bollettino medico laconico è tutto ciò di cui avete bisogno per vedere come successo il training camp della vostra squadra del cuore.
Stringiamo ancora un po’ i denti ché manca sempre meno.
Mattia, 27 anni.
Scrivo e parlo di football americano per diventare famoso sull’Internet e non dover più lavorare.
Se non mi seguite su Twitter (@matiofubol) ci rimango male. Ora mi trovate su https://matiofubol.substack.com/
Grande Mattia è sempre un piacere leggere i tuoi articoli, che siano report sulla stagione in corso (giù il cappello davanti alla tua voglia di scrivere millemila pregevolissime parole su base settimanale in un epoca di pigri vanagloriosi podcast), la carriera dell aaron nazionale (scritta veramente bene) o deliziose classifiche (tier?)che per gente come me che segue da due anni (e non ne sa nasega) sono oro colato per farsi un idea dei vari giocatori (fosse per me farei la top10 delle migliori 10 top10).
continua cosi finché riesci e spero vivamente che un giorno questo diventi il tuo primo lavoro te lo meriti per la sbatta💪💪💪
p.s punti in più perché sei da verona saluti da bardolino
p.s.s putrido è proprio una bella parola per i giocatori scarsi
Commenti a caldo sulla serie Netflix del momento?
Nulla da dire, non ho Netflix e non ho particolare interesse a guardarla :)