A un certo punto ciò che conta più nella vita è non ripetersi. Pensando a un paio di righe introduttive per quest’articolo stavo per proporvi il trito, ritrito, macinato, frullato, ingerito, digerito e vomitato racconto su quel terzo giorno del draft di parecchi anni fa nel quale i New England Patriots, nella stanca fretta del terzo giorno, selezionarono un quarterback da Michigan che rispondeva al nome di Tom Brady e sinceramente basta, meritate di meglio, o se non altro qualcosa di nuovo.
In un mondo in cui lo smanioso desiderio di semplificazione sta complicando tutto, lasciatemi introdurre l’articolo per quello che é: nelle prossime righe leggerete di un manipolo di giocatori che, in soldoni, non avevano alcuna ragione di essere ancora disponibili durante la terza giornata del draft.

Non credo vi parlerò dei prossimi Tyreek Hill, George Kittle e Matt Milano – giusto per elencare un paio di eroi del terzo giorno -, ma di individui che possono vantare le qualità necessarie per contribuire in maniera importante più prima che poi e, spesso, ciò basta a certificare la bontà di una scelta a questo punto del draft.


Kelee Ringo (CB) ai Philadelphia Eagles con la scelta numero 105

L’Internet moderno vive di ondate, di mode passeggere che vengono esasperate fino a diventare insopportabili: la nuova wave dell’Internet marchiato NFL è spellarsi le mani al cospetto di Howie Roseman che, da circa dodici mesi, è più on fire di Stefano Pioli – chi sa, sa. Non lo faccio per seguire mode e saltare sul carrozzone finché ha ancora le ruote al suo posto, mi limito a piegarmi davanti all’evidenza dei fatti empirici.
I Philadelphia Eagles stanno continuamente aggiungendo buoni giocatori a seguito di buone mosse e ciò, giusto per portare avanti la narrativa della semplicità, è esattamente ciò che si chiede a un front office.

Nel momento in cui la crew di NFL Network ha annunciato la trade fra Texans ed Eagles chiunque era pronto a scommettere la casa su Ringo a Philadelphia principalmente in luce della sua provenienza, dato che a quanto pare selezionare difensori da Georgia è diventata loro prerogativa nonché tratto identitario. I Philadelphia Bulldogs sono diventati immediatamente un meme – e a ragione -, ma il succo del discorso è che siano riusciti a mettere le mani su un altro giocatore che se fosse stato selezionato al primo round nessuno avrebbe battuto ciglio.
Franchigia che sta attraversando un momento prospero.


Dawand Jones (OT) ai Cleveland Browns con la scelta numero 111

Due metri e tre per quasi 170 chilogrammi d’essere umano rendono ingiusto il fatto che nella depth chart dei Marroni Dawand Jones occuperà solamente un posto: Cleveland si è garantita uno dei prospetti più intriganti dell’intera classe.
Quando un offensive tackle può vantare dimensioni del genere il margine d’errore tende a essere più ampio in quanto, qualora dovesse essere battuto, ha i mezzi fisici per recuperare – o anche solo rallentare il pass rusher – più agevolmente di quanto lo possa fare un pari ruolo di dimensioni più umane.
Lo scorso anno, da right tackle a Ohio State, non ha concesso nemmeno un sack: se seguito, tenuto motivato e lasciato maturare correttamente può trasformarsi in uno degli offensive lineman più dominanti della lega.
Dovrà tenere sotto controllo il proprio peso e realizzare che per dominare fra i professionisti il fisico non basta.


Roschon Johnson (RB) (scelta numero 115) e Tyler Scott (WR) (scelta numero 133) ai Chicago Bears

Mentre tentavo di smaltire la stanchezza passeggiando fra la monotona natura della Valpolicella, ho sorriso ascoltando i ragazzi del podcast Around The NFL definire il draft dei Bears un draft “da carne e patate” in luce dei chili degli innesti di Darnell Wright e di ben tre defensive lineman: che ne dite se al menù aggiungiamo pure qualcosa di più esotico?

Vista la precarietà offensiva dei Bears credo che sia Roschon Johnson che Tyler Scott avranno modo di contribuire fin da subito. Malgrado Johnson possa essere visto come la prima vittima dell’abbacinante successo di Bijan Robinson, compagno di backfield a Texas, non possiamo girarci dall’altra parte se messi davanti alla sua completezza e brillantezza: non avesse avuto Robinson come coinquilino credo sarebbe stato selezionato molto prima.
Scott, invece, è una big play ambulante che nel momento in cui farà pace con il pallone eridicando il problema dei drop – l’11.3% dello scorso autunno è inaccettabile in NFL – potrà costringere a notti insonni i defensive coordinator avversari – 16.4 yard a ricezione nel 2022.
L’infrastruttura che stanno costruendo attorno a Justin Fields mi piace sempre più.


Antonio Johnson (S) ai Jacksonville Jaguars con la scelta numero 160

Safety con esperienza nella slot, notate un leitmotiv?
La versatilità, che in questa NFL fa sempre più gola, non è l’unica cosa portata in dote da Antonio Johnson in quanto il ragazzo ama bazzicare nei pressi della linea di scrimmage e, qualora fosse necessario, sacrificare il proprio corpo in run defense. Con un po’ di pazienza ed esperienza potrebbe essere in grado di trasformarsi in un playmaker che tornerà sicuramente comodo a dei Jaguars tutt’altro che irresistibili in secondaria.
Deve essere sgrezzato, la sua foga lo porta a sbagliare troppi tackle e un solo intercetto in tre stagioni a Texas A&M ci mette davanti a ball skills più che rivedibili, ma l’upside è troppo immenso per non incensare questa scelta.


Kayshon Boutte (WR) ai New England Patriots con la scelta numero 187

Boutte è il classico giocatore che prima o poi avrà modo di spingere a disperati sospiri migliaia di scout su e giù per la NFL.
Accostato al primo round solamente la scorsa estate, è precipitato fino al sesto a causa di una tempesta perfetta di red flag, nello specifico un 2022 poco produttivo, delle pessime Combine, infortuni e presunti comportamenti sopra le righe fuori dal campo, insomma, il classico giocatore da riformare con la cura Patriots – o Belichick, scegliete voi il nome che preferite.
Arrivati a questo punto del draft prendersi scommesse del genere è più che sensato, in quanto la possibile ricompensa sovrasta il rischio preso: se non funziona non succede niente, mostrare la porta a un individuo selezionato al sesto round tendenzialmente non costa posti di lavoro.
Diventasse anche “solamente” la terza/quarta opzione di Mac Jones potremmo riferirci a lui come scommessa vinta.


Zach Evans (RB) ai Los Angeles Rams con la scelta numero 215

Sabato, in quella zona grigia fra la sera e la notte, Twitter era sull’orlo della guerra civile per il destino di Zach Evans, running back che usando termini tecnici “non c’entrava assolutamente nulla con il sesto round”: a volte, però, la pazienza è garante di grandi opportunità.
In un numero considerevole di big board Zach Evans trovava puntualmente posto fra i migliori cinque running back disponibili al draft. Il fatto che sia scivolato a Los Angeles, squadra con una situazione piuttosto precaria nel backfield – e non solo -, gli regala la succosa opportunità di giocare fin da subito snap importanti che, considerata la piega presa dalla carriera di Cam Akers, lo mettono istantaneamente nella posizione di impossessarsi delle redini di suddetto backfield.
Chi di football ne capisce sul serio parla di lui come ingranaggio perfetto all’interno del meccanismo offensivo di Sean McVay: a quanto pare la paziente attesa gli ha permesso di capitare nel posto giusto.


Andrew Vorhees (OG) ai Baltimore Ravens con la scelta numero 229

Sulla carta Baltimore il proprio draft lo aveva già concluso, ma soppesando la tentazione e l’eventuale rimpianto Eric DeCosta ha brandito lo smartphone per rivolgersi ai rivali Marroni con l’idea di ributtarsi nella mischia per mettere in cassaforte Andrew Vorhees, giocatore che deve essere visto come un vero e proprio investimento.
Vorhees, infatti, ha avuto la rara sfortunata di rimediare la rottura del legamento crociato durante le Combine – dove ha comunque portato a termine 38 ripetizioni alla panca piena: dobbiamo quindi imputare il suo scivolone al settimo round esclusivamente alla più irrazionale sfortuna, non a qualsivoglia problema caratteriale o tecnico.
Solido, maturo, intelligente e consistente Vorhees nel 2024 potrebbe magicamente materializzarsi nella depth chart titolare dei Baltimore Ravens che, sulla carta, si sono garantiti un giocatore da secondo giorno del draft al settimo round.
Cosa mai banale. Ora guardate il video qui sotto.


 

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