Ho sempre stoicamente resistito alla tentazione del coccodrillo perché, a mio avviso, finisce inevitabilmente per alienare l’autore dalla propria emotività: solo il qui e ora possono restituirci sensazioni incontaminate, pure e a loro modo grezze che sappiano rendere autentico anche un banale articolo sul football americano.
In questo caso, però, ho pensato di buttarmi avanti perché è da più di un mese che attendavamo esclusivamente l’ufficialità: era meramente una questione di quando, non di se, e ciò mi fa sorridere perché riassume efficacemente gli ultimi anni di un rapporto inaspritosi principalmente a causa dell’esplosione dell’ego di Aaron Rodgers.

Ragioniamo sul prezzo pagato.
I Green Bay Packers, insieme a Rodgers, hanno impacchettato e spedito a New York la quindicesima scelta al draft e la 170esima per la tredicesima, la 42esima, la numero 207 e una scelta al secondo round del prossimo draft (2024) che qualora Rodgers durante il prossimo campionato dovesse giocare almeno il 65% degli snap scalerà automaticamente al primo round.
Bottino piuttosto sostanzioso per un giocatore che potrebbe tranquillamente giocare un solo anno prima di salutare l’agonismo, ma tenendo in considerazione la disperazione dei New York Jets e il fatto che i Packers ora debbano ingoiare un rospo da oltre 40 milioni di dollari di dead cap, credo non sia un prezzo inconcepibile.

È fondamentale rimarcare la centralità della componente emotiva che ha mosso i fili di questa trade, da una parte troviamo una franchigia più che disperata reduce da due clamorosi bust come Darnold e Wilson, dall’altra un front office esasperato da una situazione che definire tossica sarebbe un eufemismo, questa è una mossa che serviva a entrambe.
Le modalità hanno lasciato molto a desiderare, mesi – se non anni – di dichiarazioni passivo aggressive avevano trasformato Green Bay nel set di una noiosa soap opera scandita da interventi piccati del quarterback allo show del suo amichetto Pat McAfee: da tempo, questa robaccia aveva perso ogni sorta di contatto con il football americano, sono sollevato che sia finalmente tutto finito.

Non posso prendervi in giro, con Aaron Rodgers under center le quotazioni dei New York Jets per il Super Bowl schizzano al di là dell’esosfera. Per trarre le conclusioni di cui abbiamo bisogno ci basta semplicemente calarlo all’interno della loro ultima stagione – nella quale, tra l’altro, nemmeno abbiamo visto la sua miglior versione: con un quarterback ben più navigato e tecnicamente brillante di Zach Wilson e Mike White questi Jets avrebbero potuto dire la loro ai playoff.
Ciò che più impressiona del reparto difensivo è la bassa età media che implica abbondanza di margine di miglioramento, l’attacco – quarterback a parte – può contare su una nutrita schiera di playmaker e la linea d’attacco, malgrado lasci ancora parecchio a desiderare, con un po’ di salute – e investimenti al draft – dovrebbe rendere a livelli perlomeno dignitosi: il problema risiedeva esclusivamente sotto il centro.
O quasi.

Se per un attimo andiamo oltre la questione tecnica converremo facilmente che New York si sia addossata una bella croce.
Credo che solamente una stagione da MVP accompagnata da una lunga cavalcata ai playoff possa compensare ai mal di testa causati dall’ingombrante presenza di Rodgers che, diciamolo, negli ultimi anni ai Packers si è trasformato in colossale e perpetua distrazione. Basta guardare come si sia dipanato questo affare.
Non importano le circostanze, prima o poi Rodgers dirà qualcosa in grado di mettere a repentaglio la stabilità dello spogliatoio, o anche solo ad appesantire l’aria rendendo fertile il terreno per i sempre reattivi media locali, i veri vincitori di questa trade.

Credo che abbiate avuto modo di constatare la predilezione per la luce dei riflettori del numero 12, figuriamoci cosa può fare in un ambiente che brama controversie e drammi vari, sovente più interessanti del prodotto in campo.
Ogni sua dichiarazione più o meno bizzarra – emessa oramai a ogni apertura di bocca, purtroppo – finirà in prima pagina ancor prima che le rotative abbiano finito di stampare: per fortuna che l’Internet ci ha aperto le porte all’immediatezza più assoluta sennò non saremmo in grado di stargli dietro.
Se gli ultimi anni ai Packers ci hanno insegnato qualcosa è proprio che per scivolare nel baratro della disfunzionalità spesso non siano nemmeno necessarie sconfitte e insuccessi sul campo, ma semplici parole.

Riporre le speranze su un soggetto che si sta avvicinando a grandi falcate al quarantesimo compleanno è indubbiamente rischioso, salvo che il soggetto in questione risponda al nome di Tom Brady. Non abbiamo idea di quali siano le sue intenzioni per il futuro, dubito che lo stesso Rodgers abbia ben chiara la distanza che lo separa dalla bandiera a scacchi.
Mi sento apprezzabilmente a mio agio a dire che non seguirà le orme di Tom Brady spingendosi a giocare ben oltre i 45 anni, è da un paio di anni che ogni eliminazione ai playoff solleva dubbi sul suo futuro – dubbi che lui stesso non fa assolutamente nulla per mitigare, anzi.

Mettiamo il caso che intenda giocare per altri due anni: potremmo dire che ne sarà valsa la pena? Dopo il primo disastroso anno di Russell Wilson ai Denver Broncos non spreco nemmeno un secondo per pensare a una possibile risposta, anche se per come stanno attualmente le cose mi sento particolarmente a mio agio ad affermare che esclusivamente un Lombardi sarebbe in grado di attestare l’assoluta bontà dell’operazione.
Ci troviamo davanti alla più lampante situazione Super Bowl or bust? Direi di sì. Età del giocatore, il contesto in cui verrà calato e la bramosia della fanbase rendono obbligatorio l’anello, sebbene in questa AFC nulla sia dovuto, tutt’altro.

Se motivato, con le armi a sua disposizione può seriamente puntare al quinto MVP della propria carriera – oltre che all’oramai implicito Lombardi. Con Breece Hall nel backfield e i vari Garrett Wilson, Allen Lazard, Mecole Hardman Corey Davis a cui indirizzare il pallone non fatico a immaginarlo riacquisire la forma del 2021, anche se ovviamente nessuno dei giocatori sopracitati può essere paragonato a Davante Adams, indiscusso faro del suo ultimo personalissimo back to back.
La premessa che rende intrigante la questione, però, è quella di non costringerlo agli straordinari.

Come già detto più volte dallo scorso ottobre in avanti, per avere successo ai Jets potrebbe bastare “semplicemente” un quarterback che non vanifichi il sempre encomiabile lavoro del reparto difensivo. Un Garoppolo, per esempio, forse sarebbe potuto bastare – il che non implica in alcun modo che stia dicendo che avrebbero dovuto preferirlo a Rodgers, giocatore di un altro pianeta rispetto a Jimmy G.
Questa squadra aveva disperatamente bisogno di qualcuno che evitasse i turnover e che, soprattutto, sapesse mettere insieme un paio di drive fruttuosi a partita, esattamente il contrario di ciò che offriva settimanalmente Zach Wilson, ragazzo assolutamente allergico al primo down.
Rodgers potrebbe essere destabilizzante in uno spogliatoio così giovane ed effervescente, Saleh dovrà riuscire a tenere ben salde le redini dell’intera squadra ché con l’omeopatico di mezzo il rischio di golpe è sempre dietro l’angolo.

É un rischio che tuttavia comprendo.
I Jets non accedono alla postseason dal 2010, ossia il mesolitico, e da allora hanno terminato con un record positivo una sola stagione, il (Fitz)magico 2015 nel quale, tanto per cambiare, sono rimasti fuori dai playoff per una beffarda sconfitta all’ultima partita contro i Buffalo Bills del grande ex Rex Ryan – la crudeltà degli dei del football…
Se è vero che la definizione di follia sia ripetere più volte la stessa azione aspettandosi risultati diversi, posso capire come mai abbiano deciso di affidarsi a un quarterback del genere.

Dal 2018 in poi hanno sprecato la terza e la seconda scelta assoluta al draft per Sam Darnold e Zach Wilson e i risultati sono ancora freschi sotto gli occhi di tutti. Avrebbe avuto senso provarci nuovamente al draft o affidarsi a veterani mai particolarmente convincenti come Jimmy Garoppolo e Derek Carr? Non so rispondervi e per questa ragione non posso permettermi di criticare chissà quanto aspramente la loro decisione di giocarsi l’Hail Mary con il re delle Hail Mary.
Un ulteriore fallimento immagino obbligherebbe i piani alti(ssimi) della società all’ennesimo ribaltone in panchina e nel front office, ma questo è un discorso che affronteremo in futuro.

Per quanto riguarda i Green Bay Packers immagino che il rammarico sia stato annacquato nel tempo da un umanissimo senso di sollievo: il tiremmolla dell’ultimo mese compendia perfettamente il deterioramento dei rapporti fra giocatore e Green Bay Packers. Le puntuali delusioni ai playoff unite alle piccate critiche passivo aggressive hanno logorato rapporti che dopo quasi due decenni trascorsi assieme non potevano essere chissà quanto gioviali – avete presente la tortura della goccia cinese? Qualcosa di simile.
Già da un paio d’anni la relazione fra società e giocatore s’era incanalata su binari che avrebbero portato all’inevitabile collisione e, per una volta, le cose sono andate come dovevano andare. Era inevitabile che finisse così, anche se tutto ciò che ha preceduto l’epilogo era più che evitabile.

É molto triste che sia finita così, con una dichiarazione a mezza bocca da Pat McAfee e un mese di imbarazzatissimo silenzio, ma lo si poteva vedere arrivare da lontano, più precisamente da quando nel 2020 i Packers hanno selezionato al draft Jordan Love. Da lì in poi la situazione è completamente degenerata arrivando piuttosto velocemente al punto di non ritorno.
Green Bay ora può ripartire da capo con un quarterback che solo loro conoscono e che potenzialmente potrebbe avere lo stesso impatto avuto da Rodgers quando è stato chiamato a succedere Brett Favre. Forse non succederà, ma solo dandogli l’opportunità di giocare potranno/potremo capirlo e, arrivato al quarto anno fra i professionisti, questo è il suo momento – anche perché hanno fino al primo maggio per esercitare la fifth year option.
Dispiace che sia finita così, ma in luce della metamorfosi di Rodgers mi sento di definire appropriato questo epilogo.

Su ciò che è stata la sua avventura ai Green Bay Packers credo ci scriverò qualcosa più avanti con la necessaria calma e distacco, per il momento posso solo dirvi che sia alquanto poetico che un rapporto professionale fondato su rimpianti e risentimento si sia spento soffocato da una coltre tossica che il giocatore non ha mai fatto nulla per dissipare.
Il mio invito è quello di godersi ogni istante della sua epopea a New York che, viste le premesse, si preannuncia spettacolare, paradossale e soprattutto fondamentale per una squadra che con una trade è stata catapultata dai bassifondi della propria division alla sempre scomoda posizione di dover categoricamente vincere.

10 thoughts on “Aaron Rodgers è (finalmente) il nuovo quarterback dei New York Jets

  1. A me un giocatore che parla francamente, che dice sempre quello che pensa e che sconvolge le regole del politically correct manda in visibilio. Abbiamo capito che invece a te sta sulle palle, ma vuoi continuare con questa tiritera dell’omeopatico o del suo amichetto o del passive aggressive in tutti gli articoli che scriverai su Rodgers?

      • Dico solo che è noioso per i lettori, perché l’autore scrive cose interessanti ma in questo caso si è un po’ intestardito e ripete sempre le stesse cose mentre Rodgers mi fa divertire con la sua eccentricità.

  2. Certo che passare da Zach Wilson a Rodgers è un bel salto per i Jets.
    Da vedere ora la condizione psico, oltre che fisica, di Rodgers, dopo 3 anni di logoramento coi Packers.
    Questa trade può essere stata l’anticipo di quanto si vedrá al draft coi vari Lamar Jackson, Trey Lance, Mac Jones..

  3. Capisco e comprendo benissimo la disperazione dei Jets, ma io non avrei mai e poi mai preso Rodgers in casa! Sicuramente a New York non vedono un QB così da una vita, ma prendono comunque un giocatore al tramonto, che ha sicuramente speso gli anni migliori, che arriva da una stagione disastrosa a livello personale e che si porta ormai dietro un carrozzone di castronerie, pagliacciate, atteggiamenti da santone e dichiarazioni varie che sicuramente non giovano a nessuno. I Jets poi, anche se in netta ascesa, non mi paiono assolutamente una squadra cui manchi solo il QB per essere pronti alla race per il Superbowl, come erano invece due anni fa i Buccaneers che presero il buon Brady. A livello di scelte-draft i Jets perdono poco, ma si portano dentro un mega contrattone che non so se sia ancora meritato dal buon Aaron. Mi auguro che torni concentrato sul rettangolo di gioco: un Rodgers anche solo al 60% potrebbe essere tanta roba per la Green Gang! I Packers voltano invece pagina definitivamente e senza rimpianti, dato che non c’erano assolutamente altre strade percorribili. Con Aaron è finita malissimo, ma in verità in passato ci hanno messo tanto del loro per vincere un solo titolo in quasi vent’anni con un QB di questo calibro al timone.

  4. Adesso manca solo Lamar Jackson ai Patriots. Dopodiché, la Afc East porterà tutte e quattro le squadre ai playoff e forse quattro su quattro ai divisional. O forse si toglieranno vittorie a vicenda e finiranno tutte 9-8, con la vincitrice al 12° tie-breaker che si prende la testa di serie n. 4, e le altre fuori!

    Comunque, già l’anno scorso mi sembrava ci fosse uno squilibrio tra Afc e Nfc per quanto riguarda i quarterback. Con il ritiro di Brady e il passaggio di Rodgers alla Afc, questo squilibrio si è accentuato. Stanno tutti di qua: non va bene!

  5. Non capisco la tua acidità nei confronti di Rodgers, sicuramente il più talentuoso quarterback degli ultimi tempi. Sicuramente un egocentrico, ma ha giocato in una squadra che, pur di non aiutarlo, ha scelto al draft di tutto tranne che giocatori offensivi e con un allenatore che ha perso un incontro decisivo pur di non fargli giocare un quarto down. Credo che la mossa dei Jets sia giustissima visto le performance inguardabili di Zach Wilson lo scorso anno. Poi vedremo i risultati, anche se bisogna tener conto che nella AFC giocano tutti i quarterback più talentuosi del momento .

    • Caro Flavio, è stato per anni il mio atleta preferito, lo consideravo diverso da tutti perché introspettivo, riflessivo e diverso dagli altri… poi purtroppo è uscito per quello che è e, per come sono fatto io, non posso che disprezzarlo. È un discorso troppo lungo e personale per argomentarlo qua.

      • Nessuna volontà polemica, ma non credo si possa negare che sia stato uno scambio vantaggioso sicuramente per i Jets, ma direi anche per i Packers visto l’aria irrespirabile dello spogliatoio. Certo non sarà facile per Love che è apparso anche molto insicuro nei pochi momenti in cui è stato in campo. Vedo i Jets ai playoffs e una terribile annata per i Packers. Tu cosa pensiL

        • Tanto dipenderà da quanto motivato sarà Rodgers, non sono sicuro che ai Jets mancasse solo un quarterback per arrivare fino in fondo. Sono veramente curioso di vedere cosa farà Love, avevo visto qualcosina di interessante nel minuscolo campione degli ultimi tre anni, diciamo che con Green Bay sono aperto alla sorpresa, non mi stupirebbe una stagione anonima da 6-7 vittorie così come non mi stupirebbe una qualificazione ai playoff da doppia cifra di vittorie. Sono proprio curioso, sicuramente il front office dovrà circondarlo di gente capace e pronta a contribuire.

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