Non avevo assolutamente voglia di scrivere questo articolo, anche se di fatto è da un paio di settimane che stava fermentando dentro di me, dovevo solo vomitare il tutto su una pagina WordPress.
Circa un mese fa vi avevo fornito il background – e un paio di opinioni a riguardo – su come la negoziazione contrattuale fra i Baltimore Ravens e Lamar Jackson si fosse arenata finendo, poi, per dare vita a un poco edificante braccio di ferro: è arrivata l’ora degli aggiornamenti, immagino.
Proviamo a dipingere insieme il quadro della situazione.

Chiudete gli occhi e provate a immaginare un mondo che si pieghi totalmente alla vostra fantasia, nel quale ogni cosa che pensate si materializza.
Diamo delle coordinate alla nostra immaginazione: l’Oceano Pacifico che, come sapete, si estende giusto per qualche chilometro. Caliamoci all’interno due isole striminzite sulle quali, in qualche modo, si riesce a costruire un faro: edifichiamone uno per isola.
Un’isola la facciamo coincidere con punto Nemo, il punto più remoto del pianeta Terra, l’altra a qualche centinaio di metri.

Chiudiamo a chiave ogni singola porta del faro, anzi, cementiamole. Alla sommità di ogni faro c’è una stanza – chiusa a chiave – piena di viveri e illuminata da una singola finestra che permette a chi si affaccia di scorgere l’altro faro là, anonimo sull’orizzonte.
Dentro un faro ci mettiamo Lamar Jackson, dentro quell’altro il front office dei Baltimore Ravens che, per comodità narrative, sarà identificato come un’unica entità con un unico cervello, cuore, bocca e tutto ciò che forma un uomo.

Gli inquilini sono reciprocamente al corrente della loro presenza, ma non c’è possibilità di comunicare. Vorrebbero disperatamente aiutarsi a uscire vivi da una situazione nella quale nemmeno loro hanno capito come ci siano finiti dentro, ma nonostante a separarli ci siano solo aria e acqua non possono proprio farci niente, non esiste un canale di comunicazione funzionante.
Questo è il riassunto più o meno appropriato dell’ultimo deprimente mese di (non)negoziazioni fra Jackson e i Ravens.
Ormai si sono perse le speranze, questo rinnovo non s’ha proprio da fare, ogni timido passo in avanti è seguito da una retromarcia passivo-aggressiva che sinceramente sta cominciando a darmi sui nervi.
Il front office sembra essere esasperato dal giocatore e viceversa.

A questo punto non sapremo mai le cifre, ciò che ci propinano gli insider altro non è che ciò di cui i Baltimore Ravens vogliono che l’opinione pubblica venga a conoscenza. Lamar Jackson, arroccato in una torre d’avorio con il suo entourage, si sta nascondendo dietro un invalicabile silenzio che, in tutta sincerità, i tifosi non meriterebbero.
Capisco che in ballo ci siano milioni di dollari e un tot di questioni di principio, ma chi in quest’ultimo lustro l’ha sempre sostenuto e difeso da ingiuste critiche meriterebbe sicuramente di più.

Non sappiamo niente, l’ultima – e unica – nostra certezza è la scelta di usare il franchise tag non esclusivo, quello che gli permette di contrattare direttamente con chicchessia squadra.
Stando a quanto ci è dato sapere, finora nessuna di loro ha intrattenuto conversazioni particolarmente serie e fruttuose. Viviamo nel mondo dei quarterback e bla bla bla e poi nessuna è interessata a un ex MVP ventiseienne?
Commanders? Colts? Raiders? Texans? Nessuno? Veramente?

È chiaro che ci sia un accordo più o meno tacito fra i presidenti di lasciar Lamar cuocere nel proprio brodo fino all’evaporazione completa del sogno “contratto totalmente garantito”, l’abominio firmato da Deshaun Watson è stato un’aberrazione e, in quanto tale, non deve rappresentare un precedente ma un terribile incidente.
Non è complottismo, ciò appare chiaro pure ai veri addetti ai lavori e, al giorno d’oggi, abbiamo avuto il tempo per deliberare che quanto riportato da The Athletic tenda a coincidere con la realtà. È il segreto di Pulcinella, è sotto gli occhi di tutti, non ne parlano solo i più illuminati o “svegli” – tradurre in inglese -, pure i vertici della NFLPA stanno seguendo con particolare interesse questa vicenda che, di fatto, si è trasformata in un crocevia per il futuro del “contratto totalmente garantito”.
I proprietari non ne vogliono sapere niente, i giocatori sì, com’è giusto che sia – da entrambi i punti di vista.

Jackson, però, credo s’aspettasse qualcosa di completamente diverso. C’è una tale disperazione su e giù per la lega che ci deve essere qualcuno disposto ad assecondare le sue richieste. In una lega in cui squadre vere si muovono proattivamente per mettere le mani su Derek Carr e Jimmy Garoppolo, posso garantirvi che ci siano general manager pronti a sacrificare parenti per aggiudicarsi un talento generazionale come Lamar Jackson.
Dopo settimane di immobilismo totale è lecito attendere il draft come prossimo checkpoint in quest’appassionante saga.
Quella notte potrebbe succedere qualcosa. Oppure no.

In ogni caso, quanto emerso durante il mese di marzo, non è affatto incoraggiante per Jackson che si potrebbe seriamente trovare costretto a giocare sotto franchise tag pure quest’anno – più per mancanza d’alternative che per volontà di scommettere su sé stesso per dimostrare il proprio valore e tutto quello che ormai sapete recitare a memoria.
Ripeto, non possiamo assolutamente precludere che il Jim Irsay di turno si svegli sul lato sbagliato del letto e decida di affidare al numero 8 dei Ravens il ruolo di salvare la propria franchigia dalla più deprimente mediocrità. Magari qualcuno vorrà togliersi l’amaro in bocca causato da un draft andato peggio del previsto tutto è possibile, ma al momento nulla appare sufficientemente probabile.

In quanto tifoso, fa indubbiamente male assistere passivamente a tutto questo. Checché se ne dica in giro, solo chi tifa Ravens è consapevole dell’importanza di questo individuo per questa franchigia. Fidatevi di me, nonostante il scarso successo ai playoff non ho alcun problema a definirlo come autentico salvatore, averci scrollato di dosso la Flacchiana inerzia del dopo Super Bowl vale molto più di ogni possibile Lombardi.
I Ravens sono tornati rilevanti grazie a Jackson. I Ravens, sempre grazie a Jackson, sono diventati must see TV: nel lustro precedente apparivano tali solamente agli occhi di aspiranti punter e kicker, erano sempre fra le squadre più noiose e indisponenti del campionato.
Ciò nonostante capisco la riluttanza del front office nel vincolare il futuro di un’intera franchigia a una sola persona, stiamo pur sempre parlando dello sport di squadra per eccellenza. Come vi avevo già detto tempo fa, non biasimo minimamente il front office di Baltimore, assecondarlo sarebbe una follia.

Il problema sorge quando si è costretti a constatare che nemmeno lo stoicismo a cui si stanno aggrappando i Ravens porti particolarmente lontano.
La loro offseason è, finora, stata disastrosa, oltre che imbarazzante. Un disastro imbarazzante, un imbarazzo disastroso, entrambe le combinazioni vanno bene, scegliete quella che vi aggrada di più.
Vedete, per eventualmente pareggiare qualsiasi offerta – ragionevole – del resto della lega Baltimore ha saggiamente deciso di non ingolfare lo spazio salariale in modo da non perdere la flessibilità che permetterebbe loro di tenersi stretto Jackson – al prezzo giusto.
Sto scrivendo questo articolo il 27 marzo e, a oggi, i Baltimore Ravens hanno messo sotto contratto un solo free agent esterno – proveniente da un’altra squadra -, Nelson Agholor: questo è il rovescio della medaglia della strategia adottata dei Ravens ed è terrificante.

L’offseason dei Ravens, finora, è compendiata dalla sola firma di Nelson Agholor, giocatore che in qualsiasi squadra altro non sarebbe che un esplosivo e a suo modo deludente portatore di profondità.
Immaginate essere puntualmente la squadra con il peggior parco ricevitori della lega e, in tutta risposta, aver aggiunto esclusivamente Nelson Agholor a settimane di distanza dall’ormai remoto inizio della free agency.
Ovviamente da qui a settembre arriveranno altre firme, potrebbero tranquillamente sacrificare capitale al draft per garantirsi veterani produttivi – il sogno è Hopkins, ma pure un Sutton mi andrebbe bene -, ma credo che un solo Agholor in due settimane piene di free agency faccia da cartina tornasole allo stato di questa franchigia: desolante e passivo caos.
Totalmente in balia degli eventi, i Baltimore Ravens stanno rischiando tutto.

Questa squadra, oltre che a un paio di ricevitori degni di nome, ha bisogno pure di cornerback titolari, pass rusher che il quarterback non lo vedano solo in film room durante la settimana e di una rinfrescata generale lungo il front seven.
Finora hanno preso solamente Nelson Agholor.
Nel frattempo i Bengals si sono portati a casa Orlando Brown Jr. a un prezzo da Nobel per l’economia, i Browns hanno puntellato la difesa e gli Steelers potrebbero essere riusciti a sistemare – quasi – definitivamente la linea d’attacco, oltre che ad aver aggiunto un paio di interessanti veterani lungo il versante difensivo.
I Ravens Nelson Agholor.
E Lamar Jackson è sempre più frustrato.

Non do particolare peso ai report secondo i quali non ne vuole più sapere nulla dei Baltimore Ravens, se domani si presentano a casa sua con il portavalori pieno di bigliettoni garantiti sono sicuro che sarà ben felice di vestirsi di viola almeno per altri quattro-cinque anni, ma non ne precludo la veridicità.
Sta succedendo di tutto. La NFL ha appositamente diffuso un promemoria che invitava i front office a non trattare con agenti non certificati dalla NFLPA dopo che – apparentemente – qualcuno aveva cominciato a contattare squadre per metter loro la pulce nell’orecchio.
Proprio mentre stavo scrivendo – Lamar basta spiarmi su Twitter! – è uscita ‘sta cosa.

A quanto pare è vero che con i Ravens non voglia più avere nulla a che fare.
Rendere pubblica via Twitter la propria richiesta di essere ceduto nel tentativo di ravvivare la fiamma dell’interesse, tipica mancanza di professionalità a cui può arrivare solo chi ha deciso di non servirsi dei costosi ma necessari agenti.
Come potete vedere quella che sarebbe dovuta essere una complicata ma civile negoziazione contrattuale fra una franchigia rispettata per la propria serietà e competenza e il suo volto si è trasformata in un ibrido fra soap opera e teen drama, una viscida vicenda dalla quale nessuno ne uscirà particolarmente bene.

L’immobilismo, in definitiva, è il filo conduttore dell’intera storia.
I Ravens, per i motivi spiegati poc’anzi, non hanno margine di manovra per investire nel miglioramento del roster, il telefono di Jackson non sta squillando quanto lui avrebbe sperato e intanto il resto della NFL se ne sta comodo comodo a guardare a distanza di sicurezza, sempre pronto a reagire a ciò che si sta dipanando al loro cospetto.
Da qualsiasi lato la si guardi, è un disastro. La richiesta di trade non coincide in alcun modo con una trade, Deebo Samuel solamente lo scorso anno chiese a gran voce di essere ceduto, salvo poi rinnovare e starsene beato nella Baia. La situazione è esponenzialmente più delicata e intricata, ma era giusto per fornirvi un esempio recente e fresco nella nostra memoria collettiva.

Spero con tutto me stesso che questo sia l’ultimo articolo sulla guerra fredda fra Lamar Jackson e il front office dei Baltimore Ravens, piuttosto di provare a razionalizzare lo scempio di offseason che sta vivendo questa squadra preferirei seriamente discutere del suo eventuale fit nella compagine che più vi aggrada, tutto purché questo incubo finisca il prima possibile e Baltimore possa iniziare a costruire qualcosa di rispettabile in vista del 2023.
Credo che la morale, se proprio dobbiamo lasciarci con qualcosa di utile, sia duplice. Da un lato è plausibile che i front office abbiano definitivamente realizzato che non sia mai “troppo presto” per intavolare discussioni di rinnovo con la propria stella, dall’altro i giocatori hanno tastato con mano la vitale importanza della figura dell’agente.

Che imbarazzo.

12 thoughts on “Il braccio di ferro fra Lamar Jackson e i Baltimore Ravens è diventato imbarazzante per tutti

  1. Come scrivi tu, credo che ormai il dopo draft sarà il momento in cui le cose potrebbero muoversi. Anche perché per un’altra squadra vorrebbe dire mettere sul piatto non più la prima scelta del 2023 e del 2024, ma quelle del 2024 e 2025. Differenza non da poco.
    Soprattutto perché con LJ in squadra è facile pensare che, se ora avrei dato via la scelta n. 4 del 2023 (dico per dire, ma non troppo…), molto probabilmente la prima scelta del 2024 sarà dopo la n 20, e allora il danno è ancora di meno.

  2. Ho iniziato a seguire la NFL grazie a Lamar Jackson, e sono perfettamente consapevole che i Ravens senza di lui siano lontani da tutto quello che può rientrare sotto l’aggettivo “onorevole perla prossima stagione. Ma. Ma ci sono delle regole. Al netto delle speculazioni su certi figuri della Florida che starebbero contattando le franchigie riguardo Lamar, una richiesta di trade via Twitter DOPO essere stato messo sotto tag è semplicemente insensata, e denota non sprezzo, ma sicuramente ignoranza delle regole sui contratti NFL. La trade avviene per due prime scelte se la società di appartenenza non pareggia l’offerta ricevuta dal giocatore. L’alternativa è rimanere sotto tag nella squadra di provenienza. Oppure non firmare il tag è rimanere inattivo una stagione. Forzare la mano (via Twitter, scusate se lo ripeto) chiedendo una trade quando sai di essere sotto tag è semplicemente l’ennesimo segnale che gli agenti servono eccome nello sport professionistico, a meno di non essere dotati di una buona dose di senso comune, comprensione, e fiuto per gli affari. Tutte cose che Lamar sta dimostrando di non avere.

  3. Sul valore di mercato di Jackson pesano tanto le due ultime stagioni finite in infermeria combinate con la difficoltà di trattativa diretta col giocatore e la richiesta, se vera, di un contratto completamente garantito.
    E’ una scommessa difficile per qualsiasi front office.
    Ciò detto, lo vedrei benissimo ai Patriots, che hanno provato un paio d’anni fa con Newton ad inserire un QB che sappia correre e che con O’Brien torneranno a giocare un attacco funzionale.
    Credo che a Jackson farebbe tanto bene la cura del vecchio Bill, e viceversa.
    Non succederà, ma pure uno scambio con Fields sarebbe intrigante, a prescindere dall’eventuale conguaglio su cui non saprei dire. Hanno caratteristiche simili, e negli attacchi Chicago e Baltimore entrambi sarebbero fit perfetti.

  4. La verità è che il fully guaranteed di Watson è stata un’anomalia e i Browns se ne sono già mezzi pentiti. Nessun’altra squadra si legherà palla e catena a un contratto del genere.

  5. Ciao Mattia, seguo sempre i tuoi articoli e ti considero il mio Virgilio nei meandri dell NFL.

    Pur non tifandoli, per me i Ravens sono sempre stati un faro, la personificazione di come si gestisce una squadra NFL e da un punto di vista dei risultati dopo i patriots sono stati probabilmente la squadra più continua degli anni ’00, tantissime stagioni vincenti, pochissime perdenti e due superbowl…not too bad insomma. Per questo faccio fatica a capire come il front office sia potuto arrivare a questo punto con Jackson, che invece capisco benissimo e mi sembra abbia un comportamento più “comprensibile”, e riesco ancor meno a capire come ormai da svariati anni non venga messa mano al parco ricevitori, acquistando un n.1 serio e non il sammy watkins di turno, sembra una riedizione dei Miami Dolphins era Marino che non sono mai riusciti, o non hanno mai voluto chissà, a mettere alle spalle del buon Dan un RB decente.

    • Caro amico, da grande e storico tifoso Dolphins, mi fa sempre molto piacere sentire citare ancora il “buon” Dan Marino!!!! Purtroppo hai perfettamente ragione: Don Shula è sempre stato talmente innamorato del suo prodigioso QB da affidargli ciecamente le chiavi dell’attacco, senza mai proporre un’alternativa credibile sulle corse. E così…il buon Marino non ha mai vinto un anello ed è stato in generale disperso un patrimonio enorme di talento! Sigh!

  6. Forse i Ravens e Jackson dopo una trattativa di due anni si aspettavano di ricevere richieste da diverse squadre.
    In realtá non mi sembra che i GM della NFL stravedano per Jackson dal punto di vista tecnico, “un grande giocatore, ma non un grande quarterback” ha detto un GM.
    Breve lista dei giocatori draftati dai Ravens che prima di Lamar hanno chiesto di essere ceduti: Hayden Hurst, Orlando Brown jr, Marquise Brown, Chuck Clark.

  7. Dunque l’MVP 2019 si aspetta il contratto interamente garantito. Inoltre si guarda bene dal nominare un costoso agente. Non è che il buon Lamar è un po’ pella hahaha? (pella = tirchio, per capirci). Quella dell’agente, o meglio del mancato agente, è una cosa ricorrente in vari sport. E’ spesso una leggerezza che finisce col pesare, insomma l’agente non è una spesa ma un investimento, a meno che uno non sia molto molto sveglio, bravo ed accorto di suo. Jackson continuerà a giocare da qualche parte, ma temo che cercando di massimizzare, si sia invece tirato in casa un certo danno.

  8. Sono fan del buon Lamar, però: se Baltimore lo rinnova alle condizioni da lui richieste si trova ad essere, nella migliore delle ipotesi, la quarta forza AFC, dietro a KC, Cincinnati e Buffalo con un cap ingessato e nessuna possibilità di miglioramento del roster. E questa è la migliore delle ipotesi perché Jacksonville è in crescita, i Jets potrebbero fare all in e un paio di altre franchigie hanno del potenziale ancora da esprimere (Chargers, Dolphins, Browns).
    Secondo me non avrebbe senso.
    O si paga un contrattone per vincere o non lo si paga e secondo me a Baltimore sanno che per essere una contender non basta trattenere lamar Jackson

    • Concordo con te. Voglio spezzare una lancia a suo favore per le accuse secondo cui non avrebbe giocato infortunato x interessi economici da parte dei media americani
      Lamar non è questo tipo

  9. Quale squadra potrebbe già avere un ottimo impianto x diventare contender dall’oggi al domani solo pagando il contrattone di Lamar?

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