Scaricare su una domanda l’immensa responsabilità di essere il titolo di un articolo è rischioso, soprattutto se la domanda in questione può essere liquidata con un sardonico «niente»: non vi biasimerei minimamente, sappiatelo.
Le settimane della preseason sono puntualmente scandite da cliché, da riciclate frasi fatte mormorate così spesso che a un certo punto uno potrebbe pure convincersi della loro veridicità ma, come ho già provato a spiegarvi qualche settimana fa, la preseason è tutt’altro che insignificante malgrado i record delle squadre siano già stati cancellati da un distratto colpo di spugna.
Per un numero disgustoso di giocatori – si parla di diverse centinaia – le tre settimane di football appena vissute rappresentano la totalità della loro esperienza NFL, il coronamento di anni di sacrifici, dolore fisico e mentale e speranze, motivo per cui non credo sia umanamente possibile girarsi dall’altra parte e liquidare tutte queste partite con un’asettica scrollata di spalle.

Partirò con un ragionamento piuttosto contorto – probabilmente insensato – che voglio condividere con voi tutti.
I Baltimore Ravens pure quest’anno hanno concluso la preseason imbattuti allungando a 23 la serie di vittorie consecutive ad agosto/inizio settembre, «bello», penserete, «quindi?»: prestate attenzione al tweet qui sotto.

I Baltimore Ravens sono la squadra che ha “dato vita” – ossia il primo contratto da professionisti – al maggior numero di giocatori attualmente a roster in NFL; questo dato non vuole assolutamente insinuare che i Ravens siano la migliore squadra della lega – spoiler alert: non lo sono -, ma non credo di passare per folle se dietro tale numero scorgo il silenzioso contributo delle ottime prestazioni in preseason, vetrina perfetta per innumerevoli undrafted free agent che hanno dato prova del proprio valore confermando di potersela cavare in questa lega.
No, Baltimore non ha inanellato 23 magnificamente inutili vittorie consecutive esclusivamente grazie al contributo di chi è rimasto aggrappato al treno della NFL, la maggior parte di questi eroi estivi ora svolge un altro lavoro, tutto questo ragionamento può essere riassunto con un unico periodo: anche con la preseason si vincono posti a roster.

A fronte di quanto appena scritto mi sento di condividere la diffusione incontrollata della filosofia McVay, ossia quella di tenere quanto più lontano possibile i titolari di lustro dal campo: in queste settimane, fra gli altri, non hanno giocato nemmeno uno snap quarterback come Lamar Jackson, Derek Carr, Matthew Stafford, Aaron Rodgers, Kirk Cousins, Dak Prescott, Russell Wilson, Kyler Murray, Justin Herbert e Ryan Tannehill.
Josh Allen ha giocato una serie – terminata con un touchdown – ed è stato messo in naftalina, Patrick Mahomes qualcuna in più e, resosi conto di essere ancora Patrick Mahomes malgrado l’assenza di Tyreek Hill, si è accomodato di buon grado in panchina mentre Tom Brady, rientrato dal proprio ritiro spirituale alle Bahamas, ci ha omaggiati con la sua presenza solamente per qualche minuto lo scorso weekend: in tutta sincerità reputo inutile che la salute di quarterback del genere venga messa a repentaglio a questo punto dell’anno, dopotutto è pur sempre necessario un singolo snap per rimediare un infortunio orribile, no?
La preseason deve essere il palcoscenico dei giovani e di chi ha qualcosa da dimostrare, non di annoiati veterani che a questo punto del loro percorso fra i professionisti non hanno sicuramente bisogno di guadagnarsi il contratto o la maglia da titolare ad agosto – vedasi il duello fra Drew Lock e Geno Smith vinto da quest’ultimo.

Parliamo di giovani, dunque.
La nostra riflessione sul futuro della lega non può che partire da Kenny Pickett, oltremodo convincente in queste ultime settimane. Il primo quarterback selezionato all’ultimo draft si è comportato generalmente bene dando prova di incoraggiante precisione e consistenza – più dell’80% di completi -, esattamente ciò di cui ha bisogno l’attacco degli Steelers, oltre che di una linea d’attacco più solida: Pickett si è tolto lo sfizio di complicare la vita a Mike Tomlin rendendo assai più difficile la decisione su chi dovrà essere il titolare a settembre.
Mi sentirei di dire che malgrado tutto lo starter per Week 1 debba essere Mitch Trubisky, ma è chiaro che un Pickett del genere non dovrà aspettare chissà poi quanti mesi prima di essere gettato nella mischia: la strada da fare è ancora tanta, vari report ci hanno messo davanti a un training camp fatto di fisiologici alti e bassi, sarebbe un grave errore farsi accecare dallo scintillante 124.7 di passer rating, soprattutto se si tiene presente che Chris Streveler abbia chiuso il precampionato con un passer rating inferiore solamente di un decimo di punto.
Giusto per rendere l’idea, Streveler è stato messo alla porta dai New York Jets.

Se devo essere sincero, i quarterback che più mi hanno incuriosito sono stati Malik Willis e Sam Howell.
Willis potrebbe quasi essere visto come un Lamar Jackson in provetta – almeno per quanto concerne l’atletismo – capace di punire qualsiasi difesa con le proprie gambe e un braccio criminalmente sottovalutato, mentre di Howell mi ha impressionato l’indefessa abilità di tenere viva la giocata trovando consistentemente modi di sopravvivere all’interno della tasca quando questa collassa: contro Baltimore è riuscito a trasformare diversi sack in primi down scrollandosi di dosso uomini ben più grossi di lui. Sotto questo punto di vista mi è sembrato di vedere un giovane Ben Roethlisberger.
Anche se la situazione è così disperata che non ha assolutamente senso non provarle tutte, ritengo ingiusto nei confronti di Desmond Ridder fargli assaggiare il campo più prima che poi: il possibile futuro degli Atlanta Falcons ha alternato drive magistrali nei quali ha metodicamente convertito terzi down a drive culminati in imbarazzanti intercetti che, di fatto, hanno messo in chiaro che si stia pur sempre parlando di un rookie in una squadra che ora come ora non ha l’infrastruttura per garantirgli successi fra i professionisti.
A proposito di rookie, che dire di Anthony Brown dei Ravens? Sarò laconico e banale: il ragazzo merita un posto in un roster NFL.

Ciò che più mi ha divertito della preseason è però la narrativa creatasi attorno ai quarterback sophomore, i veri osservati speciali delle ultime settimane.
C’era enorme curiosità attorno a Trey Lance e, se possibile, farsi un’idea precisa di cosa vedremo fra una decina di giorni è diventato ancora più complicato poiché il de facto rookie dei 49ers ha alternato giocate induci-salivazione a erroracci tipici di uno con pochi snap nel curriculum: il talento per fare bene c’è tutto, ma dobbiamo trovare modo di restare razionali e ricordarci che stiamo pur sempre parlando di un ragazzo con 71 lanci ufficiali in carriera.
Ho veramente poco da dire su Mac Jones, giocatore assolutamente finito che deve cominciare a riflettere su cosa fare della propria esistenza visto che i suoi giorni in NFL si contano oramai sulle dita di una singola mano: facciamo un bel respiro collettivo – seriamente, un mese di abbonamento a Headspace era stato quasi capace di cambiarmi la vita – e calmiamoci un attimo. Sì, il training camp non è stato particolarmente memorabile, la coppia Patricia-Judge non ispira chissà quanta fiducia, la batteria di ricevitori è quello che è e capisco, rispetto e in parte condivido i vostri dubbi, ma stiamo pur sempre parlando di preseason: questa frase non va esibita solamente per annacquare esaltazione, ma anche per stemperare overreaction sterili che a mio avviso semplificano troppo la realtà che si dipana dinanzi sui nostri schermi.

Anche se non era difficile, Trevor Lawrence ha dimostrato di essere infinitamente più a proprio agio nello schema offensivo di Doug Pederson rispetto a quanto lo fosse in quello – ammesso ce ne fosse stato uno – di Urban Meyer, sono curioso di vedere se all’interno di un attacco ben più profondo e ragionato di quello della scorsa stagione saprà mantenere le promesse che lo hanno accompagnato fra i professionisti: l’augurio, ovviamente, è che possa farcela.
Zach Wilson in una sola partita mi/ci ha dimostrato quanto possa essere masochistico tifare o anche solo credere nei New York Jets, poiché con l’infortunio rimediato contro i Philadelphia Eagles qualche settimana fa salterà quasi sicuramente un paio di partite di regular season e non devo stare qui a spiegarvi quanto sia più comodo montare sul treno finché fermo piuttosto che affannarsi per salirci in corsa.
Concludo la panoramica con la vana speranza che quanto fattoci vedere da Justin Fields contro i Cleveland Browns lo scorso weekend possa in qualche modo trovare continuità nel corso della regular season: se messo nelle condizioni di fare bene il ragazzo ha tutto il necessario per trasformarsi in un franchise quarterback.
Guardate i suoi lanci, guardate dove va a mettere il pallone, guardate come si muove.

Mi sembra di aver detto tutto e, finito questo articolo, vi invito a prendere coscienza del fatto che manchino solo sette giorni al kickoff fra Bills e Rams: pure quest’anno siamo riusciti a sopravvivere all’accidia dell’offseason.
Diamoci una collettiva pacca sulle spalle, ce la siamo meritata.

Commenta

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.