L’uomo-franchigia, nella Nfl di oggi, non è solo il giocatore più importante di tutta la squadra o quello che detiene il ruolo principale, quello di quarterback. Questa è diventata anche una figura che, in particolar modo se ha già fatto vincere uno o più titoli alla rispettiva franchigia, va consultata riguardo le strategie che la stessa intende intraprendere nella costruzione del roster attraverso l’adeguato sviluppo di un sempre più determinante filo connettivo con la dirigenza.
Tom Brady ha fatto scuola, lo dimostrano le varie reazioni registrate dopo il Super Bowl vinto dai Tampa Bay Buccaneers. Proprio osservando il leggendario quarterback in occasione della finalissima e comprendendo come le decisioni sulle quali i Bucs lo avevano interpellato, Russell Wilson ha permesso ai suoi pensieri più critici di uscire, scoprendone una vena polemica fino a quel momento inedita e partorita dalle riflessioni sui numerosi sack subiti, dalle mancanze di una dirigenza cieca nel non mettere riparo alla questione linea offensiva attraverso le opportune modalità, osservando come invece Brady fosse approdato a Tampa accompagnato dalla corretta considerazione del calibro del personaggio. La superstar della squadra non va solo adeguatamente stipendiata, si aspetta riconoscenza e rispetto per il curriculum che si porta appresso: può piacere o meno, ma i fatti dicono che oggi funziona così.
Più che liti di denaro sono questioni di potere. E la situazione va vista sotto un punto di osservazione nuovo, che deve superare l’inutile considerazione del “una volta ci si comportava diversamente”. I tempi sono cambiati, i giocatori sanno fin troppo bene di essere responsabili in prima persona degli introiti delle squadre siano essi derivanti da una maglietta, da un biglietto d’ingresso per lo stadio o un contratto televisivo con la prima emittente nazionale. Figuriamoci se in più possono anche esporre il vanto di essere stati i fieri condottieri di una o più conquiste dell’ambitissimo Vince Lombardi Trophy.
Aaron Rodgers è uno di questi. Ha un Super Bowl in cascina, e potrebbe averne altri tre. C’è arrivato vicino molte altre volte. Non è certo il fastidioso giocatore che sciopera dopo il classico contract year perché non è il più pagato del suo ruolo, che poi sparisce dai radar della lega dopo aver adagiato le proprie motivazioni su un conto in banca eccessivamente gonfio. Non parliamo solo di milioni di dollari, altrimenti Rodgers non dovrebbe percepire un incasso del tutto simile a quello del Kirk Cousins di turno, chiunque sia competente in materia può trarre le dovute proporzioni senza il bisogno di andare a spulciare statistiche assortite: il paragone, nel migliore dei casi, fa sorridere.
Qui parliamo di rispetto. Ed i Packers ne hanno dimostrato veramente poco, pur consci di poter schierare uno dei migliori quarterback nella storia del gioco.
Non c’è nulla di male nel programmare metodicamente il futuro aziendale, ogni franchigia prima o poi deve preparare il piano di successione per il suo campione. Lo fanno tutti. O quasi. Nel 2004, con Brett Favre in bilico tra il ritiro ed il ripensamento continuo, Green Bay aveva fermato la rovinosa caduta al draft proprio di Rodgers, trovando in lui un ottimo sostituto per una leggenda che era oramai prossima al viale del tramonto, al di là di ciò che è successo poi, e di tutti i casini impiantati da Favre di lì a poco. I Packers hanno attuato nuovamente tale piano sedici anni dopo ma hanno clamorosamente sbagliato i tempi, recapitando il messaggio sbagliato.
La selezione di Jordan Love al primo giro del draft 2020 ha sparso perplessità ovunque. Nessuna discussione sul talento del ragazzo e sulla sua possibile proiezione Nfl, semplicemente Green Bay non aveva bisogno di spendere un primo giro su un ruolo perfettamente coperto – oggi i quarterback giocano ben oltre i quarant’anni, Tom ha fatto scuola anche in questo – provocando, oltre il danno, la beffa dell’ignorare il privilegio della priorità in altri settori che avevano separato i Packers da altri Super Bowl, come un rinforzo per la linea offensiva, o un’aggiunta di talento alla batteria dei ricevitori. Il draft 2021, visti i ruoli coinvolti, sembrava voler accontentare proprio Aaron.
Love è arrivato dopo un biennio dove il numero dodici aveva lanciato più di 50 passaggi da touchdown ed aveva appena giocato un championship della Nfc, senza contare le 26 partite vinte negli ultimi due campionati sommati, i 48 TD pass del 2020, i soli 11 intercetti degli ultimi tre tornei, quasi tutte statistiche accumulate con un head coach alle prime armi, una considerazione che dovrebbe rendere ben chiara l’idea di chi sia stato il vero trascinatore di una franchigia che senza il suo fuoriclasse non avrebbe nemmeno giocato i playoff.
Non è facile gestire Rodgers, né per il presidente Mark Murphy, né per il general manager Brian Gutekunst. Non è come Brady, che sopporta in silenzio le strigliate di Belichick davanti a tutti gli altri compagni nonostante l’argenteria già acquisita. Aaron è estremamente intelligente, furbo, calcolatore. Sa come criptare indizi riguardo ciò che in realtà vuole comunicare, si diverte a giocare con i mezzi di comunicazione, conosce il potere del sarcasmo, davanti ai microfoni ha lo stesso inespressivo ghiaccio nelle vene di quando estrae una delle sue magie in campo in situazioni di estrema pressione.
Oggi il quarterback si aspetta di essere coinvolto, aspetto che sta alla base del puntare i piedi di Deshaun Watson, prima che il medesimo decidesse di spararsi sui piedi da solo. Quando i New England Patriots scelsero Jimmy Garoppolo, Belichick informò preventivamente Brady e discusse con lui i programmi futuri. Quando i Packers hanno selezionato Love con la loro scelta più alta dello scorso anno, Rodgers non fu debitamente avvertito e si accorse, come tutti, che la dirigenza aveva appena preso l’unico giocatore che non serviva per tentare una nuova corsa al Super Bowl. Anzi, la dirigenza gli aveva appena comunicato di essere pronta a pensare di disfarsi dei suoi servizi.
Difficile, ora, capire che succederà da qui all’inizio del campionato 2021. E’ del tutto probabile che Rodgers non si presenti né alle attività organizzate di giugno, né al training camp del mese successivo, in attesa di forzare i nervi di Murphy e Gutekunst costringendoli a trovare una destinazione consona per il prosieguo della sua carriera da certificato Hall Of Famer. C’è sempre l’opzione del ritiro, come accadde a Carson Palmer prima della trade tra Bengals e Raiders, altra situazione dove un pari ruolo aveva dichiarato che non avrebbe più giocato un down con quella uniforme e per quel proprietario, trovando poi le future soddisfazioni conseguite nello sviluppo della vicenda poi terminata con l’approdo in Arizona alla corte di Bruce Arians.
Ora, tra pagine web ricolme di giudizi su giocatori che non hanno ancora messo piede in un training camp Nfl, evoluzioni sulle vicende extra-sportive di Watson, e inutili proiezioni sul draft del 2022, ci si divertirà anche ad ipotizzare le solite cinque migliori probabili destinazioni per Aaron Rodgers. Personalmente ci piacerebbe vederlo giocare a Green Bay fino alla fine della sua esperienza professionistica, ma gli affari sono affari ed i tempi sono cambiati, senza più lasciare spazio alla giustizia poetica corredati da ingenui lieto fine. O almeno così sembra, fino a nuovo ordine.
Tutti liberi di pensarla come meglio si crede, chiaro. La nostra personale percezione è che Green Bay non stia facendo abbastanza per chi ha restituito al Wisconsin giorni di gloria che in quei luoghi contano più che da altre parti. Ed è davvero un peccato per tutti.
Davide Lavarra, o Dave e basta se preferite, appassionato di Nfl ed Nba dal 1992, praticamente ossessionato dal football americano, che ho cominciato a seguire anche a livello di college dal 2005. Tifoso di Washington Redskins, Houston Rockets, L.A. Dodgers e Florida State Seminoles. Ho la fortuna di scrivere per questo bellissimo sito dal 2004.
Brady coi patriots ha vinto e stravinto e rivinto..
Il povero aaron invece e’ in una situazione diversa. Chi piu di lui puo’ volere una squadra all altezza visto che e’ arrivato ai 37.
Io preferisco vederlo vincente da qualche altra parte. Il problema e’ dove?
Mi auguro non ai broncos o raiders…
Però Rodgers qualche anno fa ha strappato il contrattone (ok, poi è arrivato Cousins a relativizzare tutto , ma il contrattone era one), Brady per anni ha rinunciato ad essere strapagato in cambio di vittorie. Per certi versi si può dire che i suoi compagni di squadra li ha pagati lui con i milioni che ha sempre lasciato sul piatto e questo gli ha dato peso nelle scelte della società. Se invece ti “mangi” mezzo salary cup poi è più difficile andare a pretendere determinati rinforzi.
E faccio questa considerazione con grande amore per Aaron e molto meno per Brady. Diciamo che lo stimo, ma non lo amo.
Difatti il contrattone, Brady a parte, ha sempre causato l’arresto dello sviluppo della franchigia. Baltimore, Seattle, Minnesota, prossimamente Dallas, pare non abbiano insegnato nulla.
Il punto è che ormai, di riffa o di raffa, il buon Aaron non ha più voglia di restare a Green Bay. Se ci resta, non so con quale umore. Io però suggerirei sia a lui che al team di trovare una quadra, perchè: Green Bay se lo cede, riceve una montagna di picks per futuri draft e magari un onesto QB da utilizzare subito, ma per un bel po’ di anni va in rebuild e non arriva più dove è arrivata nell’ultimo playoffs; lui, se va via adesso, dove va per vincere subito? Io vedo solo una contender vera che potrebbe fare una pazzia per lui, mettendolo in condizione di vincere subito: i Baltimore Ravens! Via Lamar Jackson e dentro Rodgers e vanno dritti dritti al Superbowl….e lo dico da non tifoso Ravens.
Magari ci cascano, ma purtroppo non sara cosi e’ Fantafootball.
Ho letto che I dirigenti packers nn vogliono assolutamente cederlo…si era fatto sotto sia las vegas che sf…
Credo rimarra dov’e alla fine
Da tifoso Ravens ma non troppo convinto di Lamar beh dico si
Ora che ho dato il mio benestare preparate gli incartamenti su