La mia scelta di usare il verbo “vincere” non è assolutamente positiva, in quanto individuare un vincitore implica ammettere l’esistenza di uno sconfitto che, in questa situazione, potrebbe essere Jerry Jones: franchise quarterback e general manager, solitamente, dovrebbero essere sulla stessa barca ed agire nel miglior interesse della squadra, ma con i Dallas Cowboys raramente le dinamiche possono essere incasellate nella nostra idea di normalità.
La disputa contrattuale fra Prescott e Jones si è protratta più di un anno trasformandosi in un lungo ed a volte patetico braccio di ferro intervallato da franchise tag, presunti rifiuti ed un terribile infortunio che ha reso il rinnovo firmato quasi necessario, perlomeno dal punto di vista umano: sì, sono consapevole che questa lega sia prima di tutto un business e che in quanto tale l’umano sia raramente contemplato, ma come si poteva non esaudire i desideri di un giocatore il cui ultimo ricordo nella nostra testa è una caviglia spezzata?
Questa notte, nel caso ve lo foste perso, Prescott ha firmato il rinnovo contrattuale con i Dallas Cowboys, un quadriennale da 160 milioni di dollari di cui 126 garantiti.
Highest signing bonus in NFL history:
Dak Prescott $66M
Russell Wilson $65M
Aaron Rodgers $57.5M
Matthew Stafford $50M
Matt Ryan $46.5M
Joe Flacco $40M
Aaron Donald $40M— Adam Schefter (@AdamSchefter) March 9, 2021
Prima domanda: li merita/vale questi soldi Dak Prescott?
Probabilmente sì, non stiamo parlando di Aaron Rodgers o Patrick Mahomes ma durante la sua carriera NFL ha dato prova di essere un ottimo leader, compagno di squadra e quarterback e che nelle condizioni ideali può essere uno dei giocatori più pericolosi della NFL: ha ovviamente beneficiato della squadra costruitagli attorno avendo sempre giocato dietro una linea d’attacco di primissimo livello con a fianco un running back che fino a non troppo tempo fa era considerato fra i migliori della NFL e, ultimamente, pure con un corpo ricevitori iper-profondo e talentuoso ed i suoi numeri, spesso, sono stati ottimi.
Nelle quattro stagioni giocate per intero Dak è riuscito a trascinare i Cowboys ai playoff solamente in due occasioni, nella sensazionale stagione da rookie e nel 2018, venendo fermato in entrambe le occasioni al Divisional Round: ciò può far storcere il naso a qualcuno, in quanto Dallas ha dato una cifra Mahomes ad un quarterback che non ha vinto nemmeno un quarto di quello che ha vinto il riccioluto dei Chiefs e qua io non ho molto da dire, è tutto vero, il palmares di Prescott non è neanche lontanamente paragonabile a quello di Mahomes e malgrado ciò le cifre del contratto non sono poi così diverse.
Com’è possibile?
Due parole, signori: franchise quarterback.
Ve ne parlo da tempo, forse vi ho addirittura annoiato, ma quando si parla di quarterback – soprattutto di franchise quarterback – la logica viene messa da parte ed i loro contratti raramente rispecchiano il valore assoluto del quarterback o la sua produzione in campo, sono più che altro cifre – enormi – che ricompensano l’importanza del giocatore in questione nella propria franchigia, in quanto molti di voi hanno ben presente quanto possa essere frustrante e difficile trovare un franchise quarterback: la logica comune vuole che quando si ha la fortuna di averne uno si faccia il possibile per non farselo scappare, fra cui anche strapagarlo.
Li vale dunque questi soldi Dak Prescott?
Non lo so, soprattutto nell’anno nel quale abbiamo compreso una volta per tutte l’importanza di ogni singolo milione di salary cap, credo che con un contratto attorno ai 30 milioni annui Prescott avrebbe potuto baciarsi le mani, ma come già detto i contratti dei quarterback a questo punto sono statement, non ricompense – più o meno – oggettive per quanto fatto vedere nel rettangolo di gioco.
Da un quarterback così pagato ci si aspetta tanto, tantissimo, ci si aspetta una qualificazione ai playoff annuale senza particolare patemi d’animo, numerose finali di conference e che numeri da MVP diventino la norma, non l’eccezione: non sono sicuro che Dak Prescott possa garantire tutto questo, o perlomeno, non sono sicuro che i Dallas Cowboys possano vincere chissà quante partite nei prossimi anni.
Cowboys secured their QB for future, have more cap space in 2021. They win this deal. Dak Prescott is paid worth, can enter market again at age 31 with a no-franchise-tag clause. He wins this deal.
The media won't talk about this negotiation anymore.
We all win.
— Michael Gehlken (@GehlkenNFL) March 9, 2021
Con questo receiving corp non credo Prescott avrà particolari problemi a mettere insieme numeri da capogiro, ma se il 2020 ci ha insegnato qualcosa è proprio che la difesa dei Cowboys sia terribilmente inadeguata e che necessiti di massicci investimenti anche durante la free agency, non solo al draft, poiché una difesa di giovanotti ha bisogno di tempo – e lezioni – per crescere ed iniziare ad esprimersi su livelli perlomeno accettabili: dopo la firma di Prescott cinque dei sei contratti più pesanti attualmente sul libro paga di Jones sono associati ad attaccanti, il contrattone di Lawrence è l’unico dato ad un difensore e, se avete ancora nella mente qualche highlight dello scorso autunno, ciò è inaccettabile per una difesa del genere.
Indipendentemente dalle sue prestazioni, sarà sempre e comunque lui il capro espiatorio dietro ogni eventuale fallimento dei Cowboys, in quanto negli ultimi anni abbiamo avuto modo di constatare come contratti del genere oltre che a rendere ricchi i fortunati firmatari li rendono automaticamente colpevoli di qualsiasi cosa vada storta alla propria squadra: lo abbiamo visto con Cousins, Goff, Wentz, Garoppolo, Rodgers prima dell’arrivo di LaFleur ed anche Carr.
Prescott ha le spalle abbastanza larghe per rimanere a galla e non venire sopraffatto dalla pressione, ma sarà noioso vedergli imputate colpe che non ha dopo ogni singola sconfitta.
Sapevo che Dallas avrebbe dovuto prima o poi cedere e spaccare il salvadanaio per assecondare le richieste di Prescott, vi ho già spiegato che i franchise quarterback non si lasciano scappare neanche sotto tortura, ma parte di me era convinta che l’orgoglio di Jones avrebbe avuto la meglio e che Prescott avrebbe giocato la prossima stagione sotto franchise tag per il secondo anno consecutivo: sbagliavo, in quanto pure questa volta Jones è stato costretto a mandare giù diversi rospi e soddisfare le richieste del proprio giocatore, esattamente come fatto con Elliott un paio d’anni fa, anche se poi non è andata chissà quanto bene.
Se mi chiedeste cosa ne penso di questo contratto molto laconicamente mi dichiarerei felice per Prescott senza fare alcun riferimento ai Cowboys come squadra, in quanto credo che difficilmente troveranno un modo di entrare nell’élite della NFC, non sicuramente con questa difesa: l’unica loro possibilità, a questo punto, è azzeccare il draft mettendo le mani su un paio di titolari immediati ed incrociare le dita sperando che Prescott metta insieme numeri da Mahomes e possa sopperire alla probabile inefficacia difensiva.
It’s always earned.. nobody just giving out free money lol.. Congrats @dak https://t.co/5d6DIXz9Hn
— Jalen Ramsey (@jalenramsey) March 9, 2021
A sorridere, oltre che a Prescott, troviamo sicuramente anche i vari Josh Allen, Lamar Jackson e Baker Mayfield, i ragazzi del 2018 che a questo punto possono intraprendere chiacchiere contrattuali con rinnovate aspirazioni forti del fatto che ognuno di loro – tranne Mayfield, almeno per il momento – abbia valide ragioni per utilizzare tale contratto come punto di partenza per il proprio rinnovo: non indignatevi quando Allen e/o Jackson firmeranno un contratto da più di quaranta milioni all’anno, non costringetemi a spiegarvi nuovamente l’insensato meccanismo che regola i contratti dei franchise quarterback, diventerei noioso.
Jerry Jones si è tolto dalle spalle un enorme peso poiché la disputa contrattuale con Prescott era diventata una spada di Damocle per il GM dei Cowboys, un enorme asterisco che dava vita ad infiniti «Sì ma…» ogni qualvolta si parlasse della loro offseason e dei loro bisogni: certo, ora la pressione è tutta sulle spalle di un Prescott che dovrà dimostrare di “meritare” tali cifre, anche se come già detto reputo profondamente ingiusto scaricargli ogni singola responsabilità di loro eventuali fallimenti, anche se alla fine questa è solo una delle – ingiuste – conseguenze dell’essere un franchise quarterback.
Sono molto interessato a vedere come tenteranno di restituire dignità al reparto difensivo, credo saranno necessari un paio di tagli dolorosi.
Mattia, 27 anni.
Scrivo e parlo di football americano per diventare famoso sull’Internet e non dover più lavorare.
Se non mi seguite su Twitter (@matiofubol) ci rimango male. Ora mi trovate su https://matiofubol.substack.com/
Ottimo indennizzo a Dak per l’incidente, ottima notizia ai rivali divisionali per il futuro: i Cowboys saltano un giro dalla lista “contender”.
Con McCarthy al timone…
Se a Baltimore faranno la stessa cosa per Jackson significa che si sono fumati il cervello: il caso-Flacco avrebbe dovuto insegnare (si paga solo DOPO l’anello: finora a parte Brady -e Manning in maniera oscena – nessuna superstar QB ha vinto nel suo momento peak$).
Mah, tutti sti soldi per nn farselo scappare ma non ha.vinto nulla. Concordo con te, ora gli altri QB busseranno anche loro
Nel football di oggi il qb è la posizione critica (non solo per il gioco). Negli ultimi 10 anni gli stipendi sono raddoppiati. Attualmente la maggior parte delle squadre ha una questione aperta nel ruolo, in un senso o nell’altro. Mi sembra che la vicenda Deshaun Watson testimoni questo slittamento nella nuova fase, in cui forse non sará piú possibile avere una carriera alla Tom Brady. Una squadra crede in un giocatore, lo sceglie, gli permette di esprimersi, lo copre d’oro e questo chiede essere scambiato. Non mi sembra di aver letto commenti sull’ingratitudine del giocatore, tutti sull’inadeguatezza della dirigenza. Ho letto della frustrazione di Watson per non essere stato coinvolto nella scelta del GM (!!).
Vero anche questo, giocatori e agenti assetati di soldi , poi nel football americano dove la carriera è appesa ad un filo a maggior ragione