Quattro lunghissimi lustri, tanto è durato il digiuno dei Buffalo Bills che non vicevano una partita di playoffs dal 37 a 22 rifilato ai rivali divisionali Dolphins il 30 Dicembre del 1995, quando sugli spalti di quello che allora era conosciuto con il nome di Rich Stadium gli oltre 73.000 spettatori presenti applaudirono l’ennesima vittoria di una squadra indimenticabile, magica e allo stesso tempo incredibilmente sfortunata, guidata dal braccio di Jim Kelly, dalle corse di Thruman Thomas e dalle preziose mani di Andre Reed; altri tempi, altro football, altri Bills, gli ultimi, forse.
A far innamorare la propria fan base prima di quelli odierni, guidati da Sean McDermott e da un giovane quarterback che sta conquistando sempre più consensi, Josh Allen, 26 su 35 per 324 yds e 2 TD, protagonista, fin qui, di una stagione giocata a livelli davvero altissimi, confermati da una statistica davvero particolare, ovvero quella che lo ha reso il giocatore con il range di crescita più elevato tra il primo e il terzo anno in NFL nella storia di questo Sport.
Un miglioramento netto e costante che gli ha permesso di emergere nonostante i tanti dubbi avanzati sul suo reale valore fin dalla scelta di primo round spesa nel Draft 2018 e che è risultato determinante anche nella partita con gli Indianapolis Colts, dove dopo aver attraversato diversi momenti complicati è riuscito comunque ad essere incisivo dando ai compagni la spinta decisiva per conquistare una vittoria sofferta, respingendo l’assalto finale degli avversari e i fantasmi di una nuova beffa, come il field goal con cui i Texans li batterono al NRG Stadium lo scorso anno, dopo aver dilapidato un vantaggio di 16 punti all’intervallo.
Eppure l’inizio per Buffalo non sembra essere proprio dei migliori, con la difesa che da più volte l’impressione di riuscire a frenare l’intraprendenza degli ospiti solo grazie ad alcune giocate individuali, in particolare quelle del veterano Micah Hyde, che dopo aver tolto dalle mani di T.Y. Hilton un prezioso pallone nel corso del primo drive della partita, si ripete, accompagnato dal LB Matt Milano, 11 tackles, nel secondo drive offensivo Colts, fermando a più riprese le giocate del rookie Jonathan Taylor, 21 portate per 78 yds, dentro la redzone e costringendo gli avversari ad accontentarsi di un FG dalle 30 yards dell’altra matricola Rodrigo Blankenship.
Risvegliati dalla prima segnatura del match i padroni di casa cercano di riordinare le idee nonostante il livello di pressione mantenuto costantemente a livelli elevatissimi dalla difesa di Indianapolis, e si riprendono dal three&out di inizio partita con un drive ben orchestrato da Allen in cui alterna corse e lanci al limite del sack; proprio da uno di questi, effettuato in caduta con almeno un paio di difensori addosso, scaturisce il primo touchdown del pomeriggio newyorkese, un TD pass da 3 yds per il tight end Dawson Knox, alla seconda apparizione in postseason della carriera.
Un’altra giocata pazzesca dell’ex Packers Hyde, che toglie l’ovale nuovamente dalla disponibilità di Hilton, e un nuovo 3&out dei Bills, fanno da preambolo alla seconda realizzazione di Indy, abile a sfruttare un big play del rookie Michael Pittman prima di entrare in endzone con il solito Taylor, 1 yard rush; leit motiv che sembra accompagnare i ragazzi di coach Reich anche quando rientrano in possesso del pallone e avanzano velocemente fino alla redzone avversaria grazie alla connessione creatasi tra il prodotto di Ohio State e Philip Rivers, 27 su 46 per 309 yards e 2 TD pass, da sempre amante dei receiver fisici e capaci a divincolarsi nel traffico.
I passaggi completati dal 17 verso il numero 11 consentono ai Colts di avanzare rapidamente sul terreno di gioco prima di schiantarsi contro l’ottima goal line defense di Buffalo, magistralmente guidata da un Milano letteralmente rinvigorito dopo l’infortunio che lo ha costretto a saltare 7 partite nel corso della regular season; determinante, per il vantaggio che di li a poco permetterà ai Bills di chiudere davanti all’halftime e probabilmente per l’esito stesso del match, la scelta inspiegabile da parte del coaching staff dei Colts di rinunciare ad un comodo calcio da 3 punti per giocare alla mano e provare a mettere la freccia sfruttando lo stato di grazia di Pittman, arrivato ad un pelo dal realizzare il suo primo TD ai playoffs tuffandosi nell’angolo sinisitro dell’endzone avversaria.
Giocata splendida da vedere che a fine partita sarà oggetto di una lunga diatriba tra il WR e il QB sul chi, tra di loro, ha la maggior responsabilità per la mancata segnatura e che apre le porte al sorpasso dei padroni di casa, conquistato non senza qualche sussulto, sia per i presenti allo stadio, sia per i tanti fans comodamente seduti sul divano di casa, giunti da un passo dall’infarto dopo che per ben due volte Isaiah Rodgers ha messo le proprie manine sull’ovale lanciata da Allen; a salvarlo, nella prima ci ha pensato l’offside difensivo dell’end Kemoko Turay, tanto desideroso di mettergli le mani addosso da non attendere nemmeno lo snap, nella seconda una review ufficiale che dimostra come il cornerback avversario non avesse mai avuto il possesso della palla prima di spiaggiarsi in endzone.
Annullati due errori che potevano costare carissimi, il numero 17 dei Bills decide di dar retta ai segnali del fato, non dare più fiducia al proprio braccio e puntare il tutto per tutto sulle proprie gambe, così prima esce illeso dall’ennesimo tentativo di sack della difesa Colts, poi con un movimento degno dei più grandi illusionisti scompare in mezzo ad un nugolo di lineman, offensivi e difensivi, prima di ricomparire all’estremità sinistra della linea di scrimmage ed involarsi verso l’endzone per una corsa da 5 yards che porta Buffalo sul 14-10 prima dell’halftime.
Al rientro dagli spogliatoi sono ancora i Bills a sfruttare il primo possesso del secondo tempo per allungare ulteriormente con un field goal da 46 yards di Tyler Bass al termine di un buon drive in cui le ricezioni di Cole Beasley e Diggs fanno da preambolo alle run finali di Allen, utilissime agli uomini di coach McDermott per non perdere terreno e aggiungere altri 3 punti sul tabellone; impresa che invece non riesce agli avversari, traditi, dopo un drive lunghissimo e articolato nel quale Rivers mette in mostra tutte le sue qualità di passer e game manager, dalla gamba di Blankenship, autore di un calcio che esce alla destra dei pali nonostante la distanza, 33 yds, sia tranquillamente alla sua portata.
E un errore, si sa, nel football viene pagato a caro prezzo, così a distanza di oltre sette minuti e mezzo l’attacco di Buffalo si ripresenta sul terreno di gioco bello pimpante e dopo un altro spauracchio dovuto ad un fumble del runner Zach Moss, giustamente considerato down by contact dalla crew arbitrale, tocca alla connection più calda della NFL aumentare ancora il divario nel box score con Allen che confeziona un lancio da 35 yards direttamente in endzone per l’ex Vikings Stefon Diggs, 6 prese per 128 yds, primo Bills di sempre a guidare la NFL per ricezioni messe a segno e yards ricevute in regular season.
Distanziati di 8 punti i Colts non sono però ancora propensi ad alzare bandiera bianca e mettono in mostra tutte le loro qualità offensive confermando di aver trovato un ottimo ritmo con un veterano come Rivers in cabina di regia, ed è infatti proprio l’ex Chargers a guidare due serie veloci e incisive degli ospiti, rapidi a conquistare yards sul campo nonchè determinati a penetrare nell’area di metà avversaria per mantenersi aperte le chance di prolungare la propria postseason.
Due drive simili, durati 2:35 e 1:55, finalizzati ambedue con un TD pass, da 9 yards per Zach Pascal e da 27 yds per Jack Doyle, ed entrambi caratterizzati dal tentativo di conversione da 2 punti dopo il touchdown rispettando la statistica secondo la quale è dimostrato come in caso una squadra si trovi sotto di 14 punti ha più probabilità di conquistare la vittoria provando la conversion dopo il primo TD piuttosto che tentarla alla fine, quando la tensione e la determinazione degli avversari rischiano di essere fattori ben più determinanti; conscio di questo il coaching staff di Indianapolis ci prova in entrambe le occasioni, riparando al primo errore con un’azione fotocopia a quella che pochi istanti prima aveva regalato il TD a Doyle e che avrebbe consentito loro di pareggiare se nel mezzo Bass non avesse nuovamente centrato i pali da 54 yards di distanza.
Nonostante gli errori, le scelte discutibili e l’aggancio sfuggito davvero per un soffio i Colts sono ancora vivi, ad un solo possesso di distanza a 6:13 dal termine della sfida e come auspicabile decidono di giocarsela fino in fondo alimentando l’altalena di emozioni destinata a durare fino agli istanti finali del match, assolutamente favorita da un drive in cui Buffalo rischia seriamente di fare la frittata, con Allen che cercando di sfuggire ad un nuovo tentativo di sack resta in piedi, prova a mettere in moto le sue gambe, e proprio quando sembra partire con uno dei suoi soliti scramble viene colpito e perde l’ovale, prontamente recuperata dall’offensive tackle Daryl Williams.
Scongiurato un turnover sanguinoso i Bills escono comunque dal raggio da field goal in cui erano entrati e tornati sulle proprie 43 yards sono costretti a puntare regalando l’ultimo possesso della partita ad Indy, con ancora due minuti e mezzo sul crometro ed appena 3 punti di vantaggio; dati alla mano le probabilità che si giochi un’overtime sono altissime, ma ancora una volta il fato è in agguato e le emozioni non sono destinate a finire.
Nel drive finale succede infatti di tutto, gli ospiti conquistano facilmente 23 yards dopo essere partiti a 14 dalla loro endzone, poi frenano prima di rilanciare con una conversione di un 4th down che li porta fin dentro il territorio di Buffalo grazie ad una ricezione di Pascal che crea una baraonda incredibile di emozioni, dalla gioia per il down conquistato al dubbio per un potenziale fumble, dalla convinzione di aver fatto la giocata decisiva alla delusione per la chiamata arbitrale confermata; urla strozzate in gola, esultanze rimaste incompiute, fiato sospeso, da ambo le parti, in un turbinio emotivo sciolto solo dalla decisione finale della crew, che opta per non ritenere rilevanti i pochi millesimi di secondo intercorsi tra quando il WR dei Colts decide di rialzarsi per ottenere qualche yds extra e le mani di Jordan Poyer che raggiungono la sua schiena prima che Matt Milano lo colpisca provocando il fumble.
Decisione diffcile, chiamata al limite, e chi segue da tanto la National Football League sa benissimo che se non ci sono evidenze difficilmente viene variata una scelta operata sul campo, così la palla rimane ad Indianapolis per altri quattro tentativi e dopo un fumble out of bounds di Pittman a decidere una sfida avvincente e lanciare i titoli di coda arriva ancora lui, Micah Hyde da Fostoria, Ohio, che si avventa a due mani sull’ovale messa in aria da Rivers ed anticipa Hilton a ridosso dell’endzone regalando ai Bills una gioia attesa da venticinque, lunghissimi, anni.
Si conclude così 27 a 24 un match combattuto ed emozionante, giocato a viso aperto da due squadre solide e capaci di ribattersi colpo su colpo, una partita decisa da 3 punti, da un field goal come quello che han scelto di non calciare i Colts nel secondo quarto; scelta che come sempre getta ulteriore benzina sul fuoco dell’annosa discussione sul fatto se sia meglio smuovere il tabellone ogni volta che se ne ha la possibilità, oppure se sia preferibile puntare sempre al bersaglio grosso.
Un dilemma amletico, che come sempre mette di fronte i romantici del football conservativo ai cultori del football aggressivo e che da sempre da ragione a chi, alla fine delle ostilità sul campo, si porta a casa la vittoria.
Folgorato sulla via del football dai vecchi Guerin Sportivo negli anni ’80, ho riscoperto la NFL nel mio sperduto angolo tra le Langhe piemontesi tramite Telepiù, prima, e SKY, poi; fans dei Minnesota Vikings e della gloriosa Notre Dame ho conosciuto il mondo di Playitusa, con cui ho l’onore di collaborare dal 2004, in un freddo giorno dell’inverno 2003. Da allora non faccio altro che ringraziare Max GIordan…
Indy s’è fregata da sola con una continua ‘droppata’.
Al netto degli errori di F.Reich mi chiedo quali grandi ambizioni può avere Indy con un Qb perdente 5vinte 7perse ossia filippone rivers
A me sembra che Rivers abbia giocato bene.
La differenza l’hanno fatta i kicker: quello di Indy ha sbagliato da 33, quello di Buffalo ha segnato da 54.
Contento per la vittoria di Cleveland, anche se da tifoso di Buffalo avrei preferito incontrare Pittsburgh anziché Baltimore: coi Ravens la vedo decisamente dura (e non parlo per scaramanzia, parlo realisticamente).
Condivido molto di ciò che scrivi, in particolare su Josh Allen.
Partita tiratissima ed equilibrata decisa sostanzialmente da episodi
Un 4to down non convertito e un 4to down convertito.
Un FG “facile” sbagliato e uno “difficile” realizzato.
Bella la prova dell’attacco Bills contro una difesa tostissima.
Peccato per Rivers. Come sempre gli manca sempre (o quasi) “la ciliegina sulla torta” ma resta uno dei QB più forti e affidabili.