BEST
TENNESSEE TITANS OFFENSE
Quando si disquisisce del concetto di attacco completo, i Titans edizione 2020 devono assolutamente essere compresi in qualsiasi argomentazione ad esso relativa. Grazie alla netta vittoria riportata domenica contro i Lions la squadra di Mike Vrabel ha ottenuto alcuni traguardi statistici rilevanti, mostrando tutta la propria natura di compagine che deve necessariamente segnare tanto per tamponare ciò che subisce dall’altra parte. Tennessee è divenuta la quinta squadra di ogni epoca a far registrare cinque partite consecutive con almeno 30 punti e 420 yard di total offense, numeri degni del Greatest Show On Turf di Warner, Faulk e Holt, e già prima del kickoff era già divenuta la sesta compagine di sempre a far registrare 3.000 yard su passaggio e 2.000 su corsa nelle prime tredici gare di regular season.
quando la questione offensiva funziona adeguatamente ci sono pochi avversari in grado di fermare Ryan Tannehill, Derrick Henry, A.J. Brown, e tutte le altre armi offensive che il roster può proporre. Il quarterback proveniente dai Dolphins si è a dir poco ricostruito una carriera resuscitando da un inizio quasi fallimentare, arrivando nella stratosfera del ruolo lanciando all’attualità 31 passaggi da touchdown contro soli 5 intercetti, numeri impensabili per colui che fino a poco tempo fa era considerato un prodotto che non si sarebbe mai sgrezzato abbastanza, sul quale gli scout avevano scommesso troppo audacemente. Tannehill ha dato il benservito ai Lions con soli 6 errori su 27 tentativi per 273 yard e 3 mete – ma il conteggio sale a 5 se si contano le due ottenute su corsa – e diretto le operazioni in maniera eccellente anche nelle situazioni più frenetiche, collezionando yard in pochi istanti all’interno dei due minuti precedenti all’intervallo per la seconda settimana consecutiva.
Su Henry è oramai rimasto poco da dire a livello di lode, a parte l’ennesima vittima dello stiff arm più temuto della lega sono arrivate altre 147 yard (6 di media ogni volta che gli è stato consegnato l’ovale) con annessa meta, la quindicesima stagionale, indice di uno strapotere offensivo che ha in Brown e Davis due potenziali ricevitori da 1.000 yard e in Smith e Firkser due tight end che puntano entrambi a quota 500, un lusso che di certo non tutte le avversarie si possono permettere con facilità. I 46 punti sbattuti in faccia a Detroit hanno fruttato la decima vittoria dell’anno, il massimo ottenuto dalla franchigia nelle ultime 13 stagioni, resta solo da sistemare la delicata questione difensiva, dato che i Lions hanno messo a segno 430 yard di total offense scoprendo ancora una volta il nervo più sensibile della franchigia basata a Nashville, che sembra sempre più costruita sul modello dei Chiefs degli ultimi due anni e mezzo.
I playoff della Afc preannunciano degli scontri assai divertenti, con reparti offensivi di questa qualità di sicuro non si ci annoierà.
BUFFALO BILLS
L’egemonia della Afc East torna ad assumere la forma del casco dei Bills per la prima volta in un quarto di secolo, grazie ad un quarterback nato 24 anni fa. Il sogno di Buffalo è diventato realtà nell’anticipo del sabato sera giocato contro Denver, un’avversaria non certo titolata per poter fare i playoff ma in ogni caso compagine in grado di provocare fastidiosi incidenti di percorso a chiunque, e quindi da non sottovalutare. Josh Allen ha invece dominato ancora una volta confermando di attraversare un periodo di forma smagliante grazie ad un’altra prova straordinaria, centrando la settima gara stagionale superiore alle 300 yard con altre quattro mete tra lanci e corse, portando il fatturato parziale a quota 39, un numero sicuramente in grado di farlo quantomeno entrare nelle conversazioni per l’assegnazione del premio di Mvp.
Le armi offensive di Buffalo permettono di rimediare agli occasionali errori commessi dal reparto, una delle capacità più significative messe in mostra dalla squadra è difatti da ricondursi alla meta di Jake Kumerow all’interno dei due minuti precedenti all’intervallo, con Allen a produrre il big play dopo tre penalità consecutive che avevano fatto arretrare l’attacco fino alle 30 yard. La sicurezza fornita da Diggs e Beasley e la crescita del tight end Dawson Knox hanno inoltre permesso di convertire ben nove situazioni di terzo down fornendo la continuità necessaria ai drive nello stesso momento in cui la linea offensiva andava a svolgere un ottimo lavoro in protezione, aiutando a costruire le segnature decisive a cavallo tra primo e secondo tempo per il parziale di 28-13 che ha di fatto chiuso le ostilità con netto anticipo.
Determinante ed incoraggiante è stata inoltre la prova di Zack Moss, in particolare considerando che la priorità dei Bills rimane sempre e comunque il gioco aereo. Il running back ha però dimostrato di poter essere decisivo quando c’è da spremere a dovere il cronometro nel quarto periodo, completando un gioco offensivo che ha prodotto 534 yard totali schiacciando l’inerme difesa dei Broncos, aumentando il grado di entusiasmo nei confronti di una squadra che deve ora porre la massima attenzione sul mantenere la propria concentrazione in vista della postseason, dimenticandosi della tanto ricercata vittoria divisionale. La contemporanea caduta verticale degli Steelers determina Buffalo quale seconda forza della Afc e reale antagonista dei Chiefs, un ruolo che all’attualità sembra poter essere rivestito solamente dai Titans, e tra i motivi di maggior attesa per questa edizione dei playoff c’è senza dubbio il comprendere quanto lungo potrà essere il percorso della franchigia residente ad Orchard Park, tentando magari di rievocare i magici tempi in cui non solo si vincevano le division, ma si andava pure spesso al Super Bowl.
KANSAS CITY CHIEFS
Si tende a dare troppo per scontato che i Chiefs vincano perché ci si aspetta che impongano il loro dominio in maniera del tutto sistematica, e per questo motivo può succedere che si sottovaluti troppo l’importanza di qualche loro vittoria. I campioni in carica hanno passato vittoriosamente anche l’ostacolo Saints affrontando una delle difese più minacciose della Nfl, un reparto che ha seriamente rischiato di produrre la giocata decisiva per un match che ha invece testimoniato la solita grande capacità di non cadere sotto i timori del panico di un attacco che non conosce i limiti delle sue stesse potenzialità.
La squadra di Andy Reid non è crollata nemmeno dinanzi ad un secondo tempo dove il ritrovato Drew Brees ha condotto in touchdown tre serie di giochi, segnature alle quali Kansas City ha sempre risposto con ineccepibile puntualità, senza perdere compostezza. La direzione artistica di Patrick Mahomes ha permesso di guadagnare ben 34 primi down in una gara che i Chiefs hanno statisticamente dominato a livello offensivo producendo 126 yard in più degli avversari, ma non per questo la gara non è stata in discussione, portando proprio alla dimostrazione pratica della capacità reattiva di una compagine che non molla davvero mai, nemmeno di fronte alle avversità più complesse. La pass rush dei Saints sembrava difatti aver prodotto il classico turnover in grado di far virare l’inerzia della partita, arrivando a segnare un determinante touchdown a seguito del pallone recuperato nel quarto periodo dal sack combinato tra Hendrickson e Granderson, solo per provocare l’ennesima e spettacolare serie di giocate necessarie a far meglio comprendere come si vincono gare di questo genere.
Le magie di Mahomes, realizzate in collaborazione con i soliti aiutanti Hill e Kelce, hanno inesorabilmente portato al field goal che si è rivelato essere la differenza determinante nel punteggio finale facendo emergere nuovamente il carattere implacabile sul quale è edificata una squadra che non ha solamente talento fisico ma pure una tenuta mentale predisposta alla vittoria, la stessa che ha permesso ai Chiefs di ottenere i primi down necessari a far trascorrere gli ultimi istanti di gara senza più pericoli. Misurarsi in questo modo in una possibile anteprima del prossimo Super Bowl rimane pur sempre un segnale fondamentale, per quanto ci si abitui a vedere una determinata squadra vincere, originando un’altra prova che solidifica lo status di favoriti per il Vince Lombardi Trophy, costruita sulla solita freddezza, sicurezza di sé, e consapevolezza di potercela fare in ogni circostanza.
HONORABLE MENTION: KYLER MURRAY
La prova di Murray non è certo stata ineccepibile, a carico del quarterback ci sono difatti alcuni turnover di troppo tra cui un intercetto scagliato in endzone con l’opportunità di segnare, ma non può tuttavia essere sottovalutata una prova di grande sostanza se relazionata alla grandezza della posta in palio, ovvero la possibilità di restare attaccati con le unghie al settimo ed ultimo posto disponibile per il viaggio nella postseason della Nfc. Pur lasciando molte opportunità sul campo i Cardinals hanno segnato 33 punti e prodotto 526 yard, e Murray si è reso responsabile di un 75% di completi con 3 passaggi da touchdown e 406 yard, oltre alla quarta meta scaturita da una sua corsa. Una prestazione maiuscola nel momento di maggior bisogno della sua squadra.
WORST
LOS ANGELES RAMS
Se la partita contro i Jets si fosse disputata a New York si sarebbero potute estrarre migliaia di scuse per il fuso orario, il jet lag, annessi e connessi, ma i Rams hanno invece fatto di tutto a casa loro per meritare la prima piazza del peggio della settimana dopo aver concesso la prima vittoria stagionale al disastro (non per molto) governato da Adam Gase. I tratti della clamorosa sconfitta si erano già delineati durante un primo tempo a dir poco erroneo, con i californiani protagonisti di sole venti giocate offensive nelle prime quattro serie eseguite con due primi down all’attivo, un intercetto frutto dell’ennesima misteriosa decisione di Goff, ed un punt bloccato. Nessun miracolo è stavolta uscito dal cilindro di una difesa che ha concesso 20 punti nei primi tre quarti e mezzo senza che l’attacco mostrasse segni di ripresa, giunti chiaramente troppo in là nello svolgimento di una gara ben riassunta dall’espressione di Sean McVay durante gli ultimi secondi del quarto periodo.
Il capo allenatore dei Rams non ha pienamente convinto nella gestione delle chiamate con particolare riferimento proprio al quarto conclusivo. Sotto di tre punti con quattro minuti rimasti McVay ha chiamato due passaggi lunghi consecutivi per convertire un terzo e quattro con l’attacco sistemato sulle 37 yard dei Jets, sprecando l’occasione più consona per rimediare ad una partita cominciata troppo male per essere rimediata. Los Angeles rimane così la squadra più complessa da interpretare in ottica playoff, proprio per la mancanza di costanza e per i picchi di resa che ha dimostrato di poter raggiungere in scontri determinanti per l’esito del campionato. Difficile, difatti, fare i conti con una compagine dimostratasi abile nel battere i Buccaneers di Tom Brady dinanzi ad un’audience nazionale, nel mettere in riga i Seahawks in una partita-chiave della Nfc West, nel restituire ai Patriots la lezione difensiva ricevuta al Super Bowl di due stagioni fa chiudendo il quadro del 4-1 nelle gare precedenti a questa.
Resta la convinzione che i Rams siano una vera mina vagante per la postseason, nella quale potrebbero impensierire chiunque, creare dal nulla un’eliminazione inaspettata, o capitolare clamorosamente a causa dei loro limiti offensivi, una frase difficile persino da battere nella tastiera del pc pensando ai 527 punti segnati nella regular season del 2018. Allora si pensava che sarebbero tornati più forti di prima dopo il ridimensionamento operato dalle strategie di Bill Belichick e Brian Flores, invece è stato l’inizio di una crisi post-finalissima che colpisce tantissime squadre con una puntualità preoccupante e che ha evidenziato delle problematiche per le quali la responsabilità maggiore va proprio additata al reparto offensivo, un vero peccato se relazionato allo straordinario rendimento di una difesa che spesso si è caricata la squadra sulle spalle, portandola fuori dalle secche con tutta la forza possibile.
PITTSBURGH STEELERS
A Pittsburgh siamo ormai in caduta libera, è arrivata anche la terza sconfitta consecutiva registrando la seconda occasione in cui lo stop giunge contro una squadra dal record perdente. Di più perdenti dei Bengals, fermi a quota 3-10-1, ce ne sono davvero pochi, per cui il campanello d’allarme non può che suonare in maniera assordante tentando di risvegliare gli Steelers tutti dal torpore in cui sembrano essere rimasti nemmeno tanto misteriosamente avvolti. Se si osserva a ritroso l’ultimo mese di gioco è difatti evidente che Pittsburgh abbia giocato un football di livello completamente inadeguato agli alti ranghi Nfl, passando da squadra più calda del campionato alla conferma dei dubbi che i maligni avevano perpetrato per tutta la stagione, sottolineando la relazione esistente tra la loro capacità di vittoria e la facilità del campionato affrontato.
Il carico più sostanzioso di problematiche pare poggiarsi sulle sorti offensive, dove la compagine è letteralmente plagiata dai palloni lasciati cadere a terra dai ricevitori e la qualità complessiva del gioco di Ben Roethlisberger sembra essere calata per una serie di motivazioni capeggiate alla sempre crescente pressione affrontata, con quotazioni gravemente in discesa per quanto riguarda la linea offensiva. Gli Steelers sono andati in crisi quando hanno compreso come la strategia difensiva avversaria avesse tolto loro tutta la parte mediana del campo, vedendo Big Ben completare uno solo dei quattordici tentativi effettuati oltre le 10 yard, un fattore determinante per un reparto che frutta solamente 55 yard su corsa di media nelle ultime quattro apparizioni nonostante il buon apporto di Benny Snell.
La seconda miglior difesa Nfl per punti e yard ha concesso 27 punti ad una delle peggiori squadre di tutto il panorama professionistico per giunta priva dei suoi migliori giocatori offensivi, fallendo nel trovare un adeguato aggiustamento alla zone read giocata da Ryan Finley, tuttavia sarebbe poco grato caricare di troppe responsabilità il settore di squadra che si è rivelato maggiormente responsabile per i successi ottenuti fino a tre settimane fa. Nella Nfl odierna è difatti difficile fare strada con un attacco che da un mese non riesce nemmeno ad arrivare a mettere assieme 20 punti in singola competizione tenendo 282 yard di media di total offense aggiungendovi peraltro l’aggravante degli 8 turnover commessi, facendo nascere comprensibili dubbi sulla reale consistenza di questa non più sorprendente franchigia.
Forse, è davvero giunto il tempo di restringere le aspettative della squadra di Mike Tomlin, che non sembra trovare rimedio alle cattive prestazioni offerte nel mese più importante del football americano, quello dove la forma dev’essere all’apice delle proprie possibilità.
ATLANTA FALCONS
Gli artisti della rimonta subita ce l’hanno fatta ancora una volta, d’altra parte si sa, l’ombra di Tom Brady è gigantesca e terrificante ed i Falcons se la portano appresso sin da una partita un po’ più importante delle altre che conducevano per 28-3 al momento dell’halftime show. La sconfitta contro i Buccaneers giunge dopo aver condotto il punteggio per 17-0 nei primi trenta minuti, quarta occasione nel presente campionato in cui Atlanta non riesce a tenere un vantaggio largamente acquisito, segno che nemmeno l’interim head coach Raheem Morris riesce a venire a capo di questo misterioso mostro a due teste, capace di funzionare ai limiti della perfezione in un tempo e crollare miseramente nell’altro.
Atlanta perde la decima partita stagionale incassando 31 punti negli ultimi due quarti, con Tom Brady a siglare 320 yard, 2 passaggi da touchdown e ben 8 completi superiori alle 10 yard nel solo secondo tempo, un chiaro segno dell’incapacità di finire le partite al di là di chi presenzia sulla linea laterale, se non altro vista la confermata incapacità di adeguamento alle modifiche apportate all’assetto offensivo avversario. A Tampa è bastata una maggiore aggressività per avere ragione della rivale divisionale, che non ha saputo capitalizzare sull’ottima prestazione di un Matt Ryan a tratti rovente, capace di innescare Calvin Ridley e Justin Gage al punto di far produrre al duo di ricevitori 15 ricezioni per 231 yard e 2 mete, e perfetta era stata sostanzialmente anche una difesa in grado di tenere i Bucs a soli 5 primi down per 60 yard totali nei primi trenta minuti.
Determinante è stata l’assenza di esecuzione nei momenti principali del terzo quarto, quando i Falcons hanno sommato due serie per sei giochi totali lasciando il via libera alla rimonta giostrata da Brady, il quale a fine giornata ha portato a casa 416 yard di total offense senza turnover in situazione di passaggio praticamente obbligato ad ogni down. L’ex-quarterback dei Patriots verrà sempre ricordato per aver dato luogo ad una crisi che ha portato Atlanta a vincere solo il 45% delle partite disputate dopo quel fatale Super Bowl LI, una memoria alla quale si aggiunge una prestazione che incoraggerà i Falcons a concludere questo loro ciclo ricominciando da zero, partendo dalle possibili cessioni di Ryan e Jones.
HONORABLE MENTION: OAKLAND RAIDERS
I Raiders si sono affossati con tutte le proprie forze in questo finale di regular season, e non hanno nessun altro da incolpare se non loro stessi. La squadra di Gruden detiene un poco invidiabile parziale di 1-4 nel momento clou della stagione, con sconfitte pervenute per mano di Falcons e Chargers, ed una miracolosamente evitata contro i Jets. Nonostante l’ottima prestazione fornita da Marcus Mariota in sostituzione dell’infortunato Carr l’attacco non è riuscito a convertire in mete un’alta percentuale di presenze all’interno delle ultime 20 yard seguendo il suo stesso trend stagionale, e la difesa rimane disastrosa, con le secondarie responsabili di concessioni come sempre generose che hanno permesso ai Chargers di toccare i 30 punti con il 58% di successo nelle conversioni di terzo down. La matematica ancora non li condanna, ma i Raiders sono oramai con un piede e tre quarti fuori dalla postseason.
Davide Lavarra, o Dave e basta se preferite, appassionato di Nfl ed Nba dal 1992, praticamente ossessionato dal football americano, che ho cominciato a seguire anche a livello di college dal 2005. Tifoso di Washington Redskins, Houston Rockets, L.A. Dodgers e Florida State Seminoles. Ho la fortuna di scrivere per questo bellissimo sito dal 2004.
Una honorable mention anche per il nostro giornalista Dave Lavarra che dimentica che i Raiders hanno lasciato Oakland già da qualche tempo.😂😂😂😂😂😂
Scritto pure nel grasso font del titolo di paragrafo: worst proprio 😁