Chiaro e Tondo. Dare un’introduzione a questa preview non è stato facile, anzi, è stato davvero complicato.
Il modo non è dei migliori, intendiamoci, il tempo passato tra Super Bowl, quella follia in smart working che è stato il Draft, l’incertezza dei Training Camp e la viglia del Kick Off sembra essere volato. Come quelle notti difficili, a contare pecore o sviscerare pensieri, che ti permettono di chiudere gli occhi un momento prima che suoni la sveglia.
Questa è stata la offseason nell’anno del 2020. Pensiero personale, certo, ma presumo condivisibile per taluni aspetti.
Mesi, quasi sette, che si sono talmente riempiti di avvenimenti da privarci dell’ingrata ma goduriosa attesa che solitamente pervade l’animo del tifoso o appassionato di NFL.
Si la pandemia, certo. Ma non solo.
Il contesto globale nervoso ed incerto, lo sguardo locale – in territorio a stelle e strisce- arroventato e – forse- epocale.
La politicizzazione dello sport obbligata a convivere con quella insana ipocrisia che rende tutto meno magico.
Il razzismo endemico di una società profondamente colpevole poiché profondamente malata e divisa. Ma incolpevole, azzardando, perché espressione di un multiculturalismo cui non vuole abituarsi.
Con cui, guardando anche nel nostro giardino, fatichiamo a convivere.
Per supponenza ed ignoranza.
L’argomento rischia di prendere una piega troppo complicata ma contestualizzare è stato un atto dovuto.
Con la bocca amara, quindi, ad ingollare una pillola nella speranza possa farci stare bene.
Magari non a guarire ma comunque a migliorare lo stato d’animo regalando ciò che in questo anno infame ci è stato privato: gioia ed allegria.
La NFL del 2020 – così come tutte le altre leghe o competizioni sportive sparse nel mondo- è un cantiere aperto dove il rischio fallimento è dietro l’angolo. Più che agli injury reports guarderemo alle Covid list.
Stadi chiusi, arene semi popolate o anfiteatri sportivi con accessi a condizioni particolari e limitate.
Semplice dirlo, scontato forse, non sarà un bello spettacolo.
Non lo sarà perché certo l’azione è importante ma il contorno esalta il gesto, rendendo mitologico l’agire umano.
La AFC South è un posto particolare, una division popolata da squadre strane, di quelle che non offrono mai certezze ai propri tifosi – anzi- amano sorprenderli fin troppe volte in negativo, con una propensione naturale alla creazione di difficoltà: ufficio complicazioni cose semplici, si dice no?
Che non sarebbe poi nemmeno così arduo il compito: trovi un quarterback cui costruirci attorno il futuro, hai una difesa migliorabile ma solida e cosa fai? Fai una trade incomprensibile e ti privi del tuo migliore ricevitore.
Il riferimento non è casuale.
Ma il caso tafazziano – forse- dei Texans non è unico e nemmeno raro.
Perché è vero che Philip Rivers è un giocatore solido ma con il proprio prime ormai ben che passato – e la peggior stagione di sempre alle spalle – è pur sempre una scommessa rischiosa per una squadra che si presenta comunque completa e predisposta a fare un blitz importante ai playoff.
C’è poi la certezza di chi aspetta solo che questa stagione finisca per potersi aggiudicare il più pregiato tra i rewards disponili: la prima scelta al Draft 2021. Che auspicabilmente sarà Trevor Lawerence, Clemson.
Jacksonville ha smantellato, dopo aver provato per due anni di seguito a dare un sequel alla stagione di grazia 2017, cedendo tutti i pezzi più pregiati, frustrati forse dal bruciante fallimento della scommessa Foles.
In un contesto di “una buona parola per tutti” chi prova a salvarsi è Tennessee cui – per buonsenso- si fatica a credere: un rinnovo da 118 milioni impone aspettative altissime cui Tannehill dovrà saper dar seguito anche per non lasciare l’intero attacco nelle mani – e nelle gambe- del buon Henry.
E’ tempo di iniziare.
Jacksonville Jaguars
L’anno di grazia 2017, come anticipato qualche riga sopra, non ha avuto un seguito e se nel 2018 a tradire è stata la difesa che ha visto regredire la propria abilità nel generare turnover accompagnata dalla consacrazione definitiva al mausoleo dei bidoni sportivi di Blake Bortles, nel 2019 l’ambizioso piano di rifondazione affidato alle premiate mani di Nick Foles è miseramente fallito dopo l’infortunio dell’architetto del celeberrimo Philly Special.
L’arrivo di Gardner Minshew è stata una ventata d’aria fresca, uno shot alcolico a mitigare la disperazione dei tifosi della franchigia della Florida e, comunque, un barlume di speranza per la stagione alle porte.
Luce fioca ormai quasi spenta dalle scelte di un front office cha ha scelto di tagliare gran parte dei pezzi pregiati, da ultimo, consentendo la migrazione intestina – da Jacksonville a Tampa non è quella gran strada- a Leonard Fournette.
La Offseason dei Giaguari – per molti analisti- doveva iniziare con l’esplosione di una bomba: il taglio di Doug Marrone e Dave Caldwell. L’esplosione c’è stata ma le vittime si sono trasformate in artificieri dando il via alla diaspora di AJ Bouye verso i Broncos, Calais Campbell ai Ravens, Yannick Ngakoue ai Vikings e da ultimo, come anticipato poco prima, Fournette.
Alcuni quarti e quinti giri racimolati con le trade, il draft con due prime scelte: CJ Henderson – a cercare di coprire i vuoti lasciati da Buone e Ramsey- e K’Lavon Chaisson, linebacker da LSU.
L’attacco dei Jaguars trova il denominatore comune in Minshew e – più che altro- alle sue capacità di improvvisazione e lancio. Le armi, fortunatamente, non mancano nel cinturone del quarterback venuto – stilisticamente- dal passato: DJ Chark dopo la buona annata dello scorso anno è chiamato a ripetersi. Dietro al talento numero 17, Dede Westbrook e Chris Conley senza dimenticare Keelan Cole.
Tyler Eifert è un giocatore che può far comodo ma comunque un tightend fragile: nelle sette stagioni ai Bengals è riuscito a giocare un numero di partite in doppia cifra solamente tre volte – 2013, 2015 e 2019- dimostrandosi non un falco da endzone se non nel duemilaquindici quando è riuscito a realizzare 13 scores.
Il reparto running back orfano del pezzo più pregiato è popolato da Chris Thompson e Devine Ozigbo. E non c’è troppo da aggiungere. Anzi, nient’altro.
Il nodo centrale dell’attacco ruota sempre e solo attorno a Minshew che dovrà dar seguito a quanto mostrato la scorsa stagione facendo un salto qualitativo dimostrando di poter essere la colonna su cui costruire il futuro della franchigia.
Dal lato della difesa, ridimensionato come non mai, Myles Jack e Josh Allen sono le star di un gruppo che dovrà beneficiare anche dell’arrivo di Chaisson: sulla carta il giovane duo di pass rusher può essere letale. L’interno del front seven è territorio di Tim Jernigan, DaVon Hamilton e Tavon Bryan. I primi due hanno particolarmente impressionato durante il camp.
La secondaria, ampiamente ristrutturata, vedrà CJ Henderson confrontarsi con aspettative altissime fare il paio con DJ Hayden e Tre Herndon.
Più che Jacksonville Jaguars, Tankingville Jaguars. Almeno quest’anno. Le aspettative di vittoria si concentrano sugli abbordabili incontri con Miami, Detroit e Chicago. Dalla week 8, poi, la schedule assume contorni da horror: Green Bay, Pittsburgh, Cleveland, Minnesota e Baltimora.
Quattro selezioni nei primi due giri del prossimo anni più la possibilità di ottenere la prima assoluta: il fatto che non ci saranno speranze di playoff è un dato certo da quelle parti e una possibilità ulteriore per focalizzarsi sul futuro.
Una previsione di 3-13 rischia di essere addirittura ottimistica.
Indianapolis Colts
In un quinquennio i Colts hanno mancato per ben quattro volte – Q U A T T R O- i playoff nonostante una squadra sempre abbastanza competitiva e completa, al netto di colpi di scena ed infortuni importanti.
Esclusi i Jaguars – di cui sopra- la corsa per il titolo di divisione è cosa a tre in cui la squadra di Indianapolis pare, forse, la più legittimata al successo.
Al netto dell’all-in giocato dal front office su quella che pare essere la scommessa più rischiosa: Philip Rivers.
Il signal caller arrivato dai Chargers – che viene sempre la voglia di localizzarli a San Diego- entra nella sua diciassettesima stagione e lo fa arrivando da quella che è stata la sua peggiore di sempre: 23 touchdown cui hanno seguito 20 intercetti.
Un pace da Jameis Winston, per intenderci, non gratificante.
L’arrivo di Rivers, alla bellezza di 38 anni, ha il profumo dell’homecoming. Una reunion, infatti, quella con il coordinatore offensivo Nick Sirianni e l’head coach Frank Reich impassibile, per nulla dissuaso, dalla pessima stagione messa a referto dal quarterback: il braccio comunque forte e la velocità di rilascio nonché la già familiarità con l’ottantacinque per cento del playbook dei Colts sono stati determinanti nella trattativa – breve- che ha portato alla firma.
Se sul palcoscenico dell’attacco i riflettori sono stati per il buon vecchio Philip, a dominare la scenografia difensiva nell’offseason di Indianapolis è stata l’acquisizione – per un primo giro al Draft- del tackle difensivo DeForest Buckner proveniente dalla Baia.
A 26 anni è uno dei migliori talenti nella posizione e, per giunta, innesto decisivo ed importante al fine di dare completezza – e respiro- alla costruzione operata da Matt Eberflus attorno al linebacker All Pro, Darius Leonard.
L’attacco che Rivers si troverà a comandare ha primeggiato lo scorso anno nel contesto del gioco a terra – settimo overall- anche e soprattutto alla dirompente forza e smisurato talento di Quenton Nelson. La linea offensiva si ripresenta nella sua interezza da subito e ciò sarà da aiuto al nuovo – vecchio- innesto che non dovrà misurarsi con aspettative di salvatore della patria.
Ruolo che ha spesso interpretato ai Chargers.
L’esplosività dell’attacco a terra consentirà a Rivers di poter eccellere in ciò in cui Brissett – maldestramente- ha fallito: interpretare la libertà delle corsie scovando debolezze nelle secondarie avversarie.
Il 2020 per Jacoby è un anno di purgatorio. Che odora di bocciatura.
Accanto a Marlon Mack l’arrivo del secondo giro da Wisconsin, Jonathan Taylor. Si prefigura una situazione da one-one punch. Interpretabile in vario modo: split simmetrico del carico sui portatori di palla o, in alternativa, variazione quasi equivalente nelle soluzioni terra-aria.
A completare il backfield Nyheim Hines, specialista di terzi down, che ha avuto modo di farsi apprezzare lo scorso anno.
Veterano certo ma comunque efficace e capace di big plays, TY Hilton, torna a pieno regime e in salute dopo aver mancato sei giornate nella stagione scorsa: un gioco di parole imporrebbe di definirla scarsa, poiché quella in cui ha fatto registrare le statistiche più basse della carriera giunta all’ottavo anno.
La motivazione principale, ora, fa rima con monetizzazione: l’aspirazione ad un contratto più remunerativo può spingere a dare il meglio.
A dar man forte Parris Campbell, ormai al secondo anno, che nonostante i tre interventi che ne hanno rallentato il rendimento durante il rookie year ha dimostrato precisione e velocità. Da ultimo, poi, l’innesto del freak of nature selezionato al secondo round dello scorso Draft: Micheal Pittman Jr, provenienza USC.
Jack Doyle resta la star del reparto tight end cui – probabilmente dopo la terza giornata- verrà affiancato Trey Burton ora piazzato in Injury Reserve.
Quanto sarà stato importante l’innesto di Buckner lo valuteremo dal rendimento di Leonard che sembra galvanizzato dal fatto di avere – finalmente- qualcuno a togliergli pressione: per “The Maniac” 244 tackle totali e 12 sacks con 7 intercetti e 6 fumble forzati. Da capogiro.
Avere un tackle difensivo ad impegnare le linee offensive altrui permetterà alla difesa 4-3 dei Colts di esprimersi al meglio consentendo giocate importanti anche al nickel cornerback Kenny Moore II di ritorno insieme a Rock Ya-sin.
Da valutare, poi, l’impatto di Xavier Rhodes dopo un’annata difficile ai Vikings.
Il front seven rinvigorito dal pluricitato Buckner dovrò riuscire ad essere determinante dopo che lo scorso anno non è stato in grado in più occasioni di difendere e mantenere i vantaggi nell’ultimo quarto facendone perdere addirittura sette su nove.
In cerca di conferme Justin Houston – 11 sacks lo scorso anno- e Tyquan Lewis chiamato a giocare tanto come difensive end che come tackle.
La giovane secondaria cui è andato ad aggiungersi il già citato Rhodes troverà giovamento dall’esperienza portata dall’uomo dei Vikings e dall’arrivo di Tavon Wison nel ruolo di safety.
La previsione è di 10-6 ma se Rivers si trovasse in stato di grazia, per un ultimo stint da ricordare, le stime potrebbero essere riviste a rialzo.
Tennesse Titans
Potrebbe essere l’anno di consacrazione. Ma di annate se ne sono viste, fin troppe. E, volontariamente, ne l’accenno è arrivato qualche paragrafo prima: i Jaguars e quel 2017, in chiusura di conto, nefasto.
Nove – sette, n o v e- s e t t e, 9-7 e novesette. Quattro diversi modi di dirlo, scriverlo, ma comunque quattro risultati uguali per i Titans nelle precedenti – quattro, appunto- regular season.
Agganciata la zona playoff con la vittoria sui Texans in completo turnover, nella postseason del 2019 Tennessee è stata posseduta dal killer instinct mietendo vittime illustri, ponendo fine alla dinastia Patriots e all’era Tom Brady prima e mortificando la stagione da MVP di Lamar Jackson, poi.
La sconfitta contro Kansas City nella sfida per il titolo AFC è stato il risultato di una sola variabile: l’incredibile forza dei Chiefs 2019.
La offseason dei Titans si riassume in un semplice ma rassicurante, cementare le fondamenta: prima il contratto – esagerato- per il quarterback Ryan Tannehill , poi i 50 milioni – garantiti per più della metà- al talentoso Derrick Henry.
Nel mentre, comunque, ci sono state delle partenze importanti. Dopo 8 anni ha detto addio Jurrell Casey migrato a Denver così come non saranno più parte del poster Delanie Walker e il versatile cornerback Logan Ryan.
Il capitolo Mariota, poi, non bisogna dimenticarlo: il talento hawaiano ha sprecato l’occasione per diventare il nuovo Steve McNair ma è stato ben lontano dal trasformarsi in Vince Young. Un continuo peregrinare nel purgatorio sportivo: mai più di una scottatura all’inferno, mai troppo in alto da sfiorare il cielo.
Perdita – sportiva si intenda, sempre- di maggior peso, poi, l’addio al coordinatore difensivo Dean Pees il quale negli anni di compresenza con coach Vrabel è riuscito a dare un’identità solida al lato passivo del gioco di Tennessee.
L’attacco dei Titans ha una certezza: l’onere della prova totalmente sulle spalle di Tannehill. Perché a detta di molti analisti la franchigia color navy ha avuto la possibilità di scegliere quale strada intraprendere per incontrare il proprio futuro. Il dilemma è stato semplice: la più semplice e probabilmente più redditizia nel breve periodo – Brady- o la più ardua ma comunque capace di spostare l’orizzonte temporale su di un intervallo tra il medio e il lungo.
La scelta è stata in linea con la personalità di coach Vrabel.
D’altronde Tannehill ha un curriculum da primo della classe o, comunque, da franchise quarterback: è riuscito a portare ai playoff anche Miami, è dotato di buon atletismo, è stato scelto ottavo overall nel 2012 e nella stagione 2019 è riuscito a lanciare con un passer rating di 117.5.
A vederla così, forse, la scommessa non è poi così rischiosa.
Derrick Henry è un talento naturale, una forza della natura, sovradimensionato per essere un running back, capace nel 2019 di guidare la lega in “portate” – 303- yards corse 1540, yards per partita – 102.7- e touchdown su corsa. Ben sedici.
A far tirare il fiato al talento numero 22 ci sarà il rookie Darrynton Evans dotato di grande velocità.
Il reparto ricevitori è in una situazione make it or break it: AJ Brown ha letteralmente impressionato nel suo anno di apprendistato registrando nelle ultime sei partite della scorsa stagione oltre 600 yards ricevute per 5 touchdown. In lui sono riposte le speranze dei tifosi dei Titans cui un ricevitore di punta è sempre mancato.
Corey Davis, ex quinto overall, ha declinato un’opzione sul quinto anno di contratto resta un candidato per un’annata da protagonista al pari di Jonnu Smith che ha tutte le carte in regola per cementare il proprio status di élite tight end.
La linea offensiva può regalare soddisfazioni a Tennessee: Taylor Lewan è atteso al rimbalzo dopo la scorsa stagione segnata dalle quattro giornate di sospensione per aver fallito un drug test. Il corpulento rookie Isaiah Wilson è un right tackle che ha potenzialità per essere incisivo. Dennis Kelly e Ben Jones a completare un offensive line importante dotata di carte in regola per permettere di godere dell’esplosività di Henry tanto quanto della capacità chirurgica di Tannehill di trovare margini di manovra per implementare big plays.
Guardare alla difesa vale a prendere atto di quanto male farà aver perso Jurrell Casey inviato ai Broncos per un settimo giro in una manovra di quelle tanto care ai ragionieri di tutto il mondo: il taglio dei costi.
C’è comunque chi ambisce a sostituirlo cercando di andare a prendersi il trono vacante: Jeffery Simmons ora al secondo anno, ha dimostrato capacità distruttive già nel 2019 a partire dalla week 17 al ritorno da un infortunio al ginocchio. Nose tackle sarà DaQuan Jones che completerà la trincea insieme a Jack Crawford e al novero Larrell Muchison.
L’arrivo di Jadeveon Clowney nel fine settimana del Labor Day è stato il completamento di un corteggiamento partito da lontano: la reunion con Vrabel potrà consentire all’ex prima scelta assoluta di esprimersi al meglio andando, nel contempo, a soddisfare un bisogno impellente della squadra di Tennessee, la pass rush.
A dar man forte Harold Landry III – nove sacks lo scorso anno- Kamalei Correa e il free agent di provenienza da Atlanta, Vic Beasley Jr capace di guidare la lega con 15.5 sacks nel lontano 2016.
Il reparto degli inside linebacker ha la possibilità di continuare a stupire: il dinamico duo composto da Rashaan Evans e Jayon Brown è chiamato a risolvere le varie sviste che potrebbero accadere nel loro raggio d’azione e, quasi obbligato, ad adoperarsi con giocate spettacolari capaci di turnover.
Logan Ryan ha lasciato un dolce ricordo: l’intercetto ai danni di Brady che ha messo la parola fine a quello scontro con i Patriots nei playoff e, beffardamente, alla dinastia della franchigia guidata da Belicheck.
Al pari del vuoto lasciato da Casey anche questa mancanza sarà difficile da rimpiazzare. Adoree Jackson dopo aver accettato l’opzione sul quinto anno ha la possibilità di fare il grande salto passando da solido a spettacolare: l’atleticismo di cui è dotato gli permette di giocare tanto interno quanto esterno andando quindi a mitigare la mancanza di Ryan.
Se Malcom Butler è chiamato al riscatto, il rookie Kristian Fulton ha la possibilità di esprimere al meglio quei punti di forza che l’hanno reso fondamentale per la stagione gloriosa di LSU nel 2019. Jonathan Joseph porterà esperienza.
Il reparto safety è invidiabile: Kevin Byard tra i migliori “falchi” della lega e il picchiatore Kenny Vaccaro sono un binomio paragonabile, calcisticamente, al Romario Bebeto di USA 94.
L’unico dubbio: con Pees ormai fuori dai giochi chi incastrerà perfettamente il puzzle difensivo?
La previsione circa i Titans si avvicina molto a quella espressa per i Colts. Un record di 11-5 è più che plausibile. Migliorarlo significherebbe un replay del AFC Title con Kansas City.
Houston Texans
In un ballo tra Cenerentole, quella ammantata nel vestito a colori Texans è l’unica a non perdere la scarpetta.
L’unica a non godere del lieto fine riuscendo a completare tutta la trafila – magia, ballo, rientro- senza alcun colpo di scena.
Walt Disney non ci avrebbe di certo scritto una favola, non avrebbe avuto la possibilità di creare un blockbuster d’animazione.
La verità è questa, riflettendoci.
Titolo AFC South, wild card, sconfitta.
Tutto pronto per essere ripetuto l’anno successivo in un contesto di mediocrità disarmante dove, per assurdo, la stagione più elettrizzante è stata quella dell’infortunio di Watson.
Cui si può continuare a chiedere tanto – visto anche il contratto appena firmato- ma senza dimenticare l’incapacità di adoperarsi in miracoli.
Aiutati che Dio t’aiuta, per chi ci crede, resta un monito valido. Nulla è regalato. Tantomeno nel paganesimo iper competitivo del football.
E’ dal 2017 che dalle parti di Houston si sta cercando di costruire un team capace di poter esaltare il talento del signal caller di scuola Clemson.
E i risultati, ad ora, sono stati insufficienti: diverse picks ai vari draft sono state tradate per portare a termine vari scambi, dimenticando nel contempo di rinforzare una secondaria impalpabile ed evanescente.
L’offseason dei Texans è pressoché riassumibile in quello scambio definito dai più scellerato che ha mandato DeAndre Hopkins ai Cardinals in cambio di David Johnson.
Se il draft 2019 è stato un tentativo di sistemare la linea offensiva, quello tenutosi in primavera è stato incentrato sul front seven difensivo, ora privo di DJ Reader: resta, come anticipato, il tasto dolente del reparto più profondo della difesa ora orfano anche di Jonathan Josef e Tashaun Gipson.
Il kickoff stagionale nel primo Thursday Night del 2020 può diventare un palcoscenico importante per l’attacco che, contro i campioni in carica di Kansas City, è chiamato a salire in cattedra in quello che si prevede possa essere un high scoring game.
Deshaun Watson, sperando in un miglioramento della linea offensiva, è obbligato a dimostrare di aver compreso gli errori del passato evitando “soste” troppo lunghe nella tasca e cercando di perdere quell’ossessione – comunque- benedetta per le big plays sostituendole con scelte più facili utili, soprattutto, a tenere on pace la squadra.
L’arrivo di David Johnson è una di quelle situazioni in cui tutto deve andare bene: per il giocatore, per il coach e, in definitiva, per l’integrità del team tutto.
Le speranze per il running back arrivato dai Cardinals sono che possa ripetere quella stagione 2016 in cui ha dominato la lega con numeri incredibili oltre che su corsa anche per quanto riguarda le yard su ricezione.
L’idea di fondo è che vedremo ancora più chiamate RPO in cui l’attacco texano potrà cercare di esaltare le armi a propria disposizione aprendo, magari, spazi utili alle incursioni di Will Fuller e Randall Cobb.
Completa il reparto del backfield Due Johnson che ben ha figurato lo scorso anno con un rushing grade di 82.3 accompagnato da un notevole 3.8 yards dopo contatto.
Quanto a ricevitori, le opzioni non mancano. Si spera non manchi nemmeno la salute: Kenny Stills, Will Fuller, Brandin Cooks e Randall Cobb formano un reparto di tutto rispetto cui va ad aggiungersi l’inespresso Keke Coutee ma tutti e cinque i talenti hanno dimostrato una certa fragilità fisica.
La capacità di aprire in due le secondarie avversarie è un merito che va riconosciuto a Will Fuller dotato di una velocità incredibile – 4.32 sulle 40 yards alla combine- e mani élite. Opposto al talento numero 17 ci sarà Cooks da sempre giocatore produttivo capace di esaltare i quarterbacks con cui ha avuto a che vare: quando chiamato in causa ha consentito un passer rating superiore a 107.
Kenny Stills, arrivato lo scorso anno da Miami ha, in carriera, una media di 15.7 yards a ricezione. Importante nello slot al pari di Cobb che esce da una grande stagione con i Cowboys lo scorso anno in cui ha ricevuto per più di 800 yards.
Gli viene richiesta solo continuità e solidità fisica perché Coutee ha dimostrato di essere utile quando in salute: 6.6 yards dopo ricezione e velocità nelle incursioni underneath.
Lo scorso anno è stato di grazia per Darren Fells: la sua altezza unita ad una certa sicurezza – tenuta nascosta per molto tempo- ne hanno fatto un’arma letale in endzone che ha consentito, addirittura, un passer rating pressoché perfetto a Watson, 132.2. Jordan Akins e Jordan Thomas completano il gruppo di tightends.
L’incognita della linea offensiva è un dubbio che a Houston si portano avanti da anni.
L’arrivo di Tunsil, lo scorso anno, ha mitigato l’inconsistenza dell’offensive line. Ma non abbastanza.
Se è vero che in pass blocking la linea d’attacco è risultata sesta nella lega, non si può dire altrettanto circa la capacità di fermare le corse dove ha concluso come quinta peggiore.
Gli starters dello scorso anno sono tutti confermati ma Max Scharping così come Tytus Howard e Nick Martin insieme a Zach Fulton sono chiamati a dar segni di miglioramento facendo fare il salto di qualità al comparto incagliato nelle paludi della mediocrità.
E’triste ma è decisamente reale: ancora una volta il peso della difesa grava sulle spalle di JJ Watt. L’addio di DJ Reader – ai Bengals- non ha fatto altro che aumentare la pressione sul prossimo hall of famer.
Come anticipato il draft è stato una rincorsa ai migliori elementi difensivi disponibili.
Comunque a partire dal secondo giro poiché Houston non disponeva di una prima scelta.
Si dice un gran bene di Ross Blacklock eccezionale nel bloccare le corse al college ma ancora acerbo in pass rush. L’atleticismo di cui è dotato unito alla fisicità propriamente possono mitigare quelle lacune tecniche che ancora sono evidenti.
La speranza è che possa ripetersi con continuità anche Whitney Mercilus capace di momenti di dominio assoluto accompagnati da situazioni di desolante inconsistenza. Fari comunque puntati su Charles Omenihu e il rookie Jonathan Greenard, pescato al terzo giro, che ben ha figurato a Florida lo scorso anno.
Non ci sarà già un Brian Cushing, certo, ma Bernardrick McKinney e Zach Cunningham hanno la possibilità di esprimersi al meglio: il primo esce da un’ottima annata in cui è risultato essere uno dei migliori placcatori mancando appena il 6.9% di quelli tentati, il secondo è il playmaker del reparto linebacker capace di dominare le chiusure sulle corse.
C’è attesa per Dylan Cole, troppo spesso infortunato.
La secondaria è carente e non è una novità: Bradley Roby e Gareon Conley hanno dato il meglio di loro in situazioni di man coverage dimostrando lacune imperdonabili quando chiamati a giocare a zona. Lonnie Johnson è chiamato al riscatto dopo una stagione da rookie molto difficile in cui ha concesso ben 7 touchdown su appena 52 target.
Eric Murray, in arrivo dai Brown, è una safety solida che ha dato il meglio di se contro le corse piuttosto che in copertura . Justin Reid rimane il miglior pezzo della secondaria e dovrà cercare di legittimare un gruppo cui sono stati aggiunti Michael Thomas e John Reid. Soprattutto quest’ultimo rischia di essere chiamato agli straordinari cercando di coprire le pesanti mancanze presenti nel reparto cornerbacks.
E’ probabile che la stagione finisca con un record positivo – non più di 9 vittorie- o addirittura neutro. Houston è la terza forza del gruppo AFC South e gli squilibri sono evidenti: se l’attacco ha potenzialità da top 10, la difesa è da bottom line.
Niente di nuovo, Texans.
Usi, costumi, storie, miti e leggende, sportivi e non, della terra di Dio, l’America. Che per me fa rima con Libertà. Così come Dio fa rima con Amore.
Mi definisco uno storyteller, amo più le emozioni che le azioni, gestisco un profilo Instagram dedicato al Fantasy Football, @afantasyfootballgenius
Si, lo so, pecco di umiltà.