Nella vita di ogni uomo c’è sempre un momento che segna il passo, che lascia il segno, che ti regala quell’emozione, quel pensiero, in grado di ispirarti per tutto il resto dei tuoi giorni, e nel caso di Jason Sehorn si concretizzò il giorno che tornò al college per riprendere gli studi da dove li aveva lasciati e per tornare alla sua vera passione, il gioco del Football; in un caldo giorno primaverile, sul campo di allenamento dello sperduto Shasta College, nell’assolata California, ad attenderlo c’è il vecchio head coach Sonny Stubek che lo prende da parte e gli parla come non aveva mai fatto nessun altro allenatore in precedenza: “Ragazzo, guarda Barry Sanders, ormai è uno dei più grandi runningback del gioco, eppure non lo vedi mai esultare dopo una corsa, a volte nemmeno dopo aver realizzato un touchdown, e questo perché fino a quando la partita non è finita c’è sempre ancora un down da giocare, e tutto, davvero tutto, può ancora succedere”.
Il Football d’altronde è questo, ogni volta che scendi nella stance del tuo ruolo e non esiste altro se non le yards che si parano davanti al tuo volto sai che dovrai giocare quel dannato down, first&ten, second&five, third&one, e poi si ricomincia, first&ten, second&seven, third&two, una litania continua che scandisce il tempo di gioco, che logora il tuo fisico e la tua mente fino a quando l’attacco o la difesa non fanno il proprio lavoro e si giunge ad una conclusione, un field goal o un punt, se sei fortunato, o particolarmente sfortunato se in quel momento stai giocando in attacco, magari incappi pure in turnover; un down alla volta, appunto.
E giocare un down alla volta è ciò che da quel momento ha fatto Sehorn, sul campo come nella vita, affrontando ogni singolo attimo della giornata con la consapevolezza che non è finita fino a quando qualcuno, il coach, l’arbitro, la mamma, la compagna, non fischia, e fino a quando non viene sancita la fine c’è sempre tempo per fare qualcosa di buono, un po’ come gli capitava ai tempi del liceo, quando non perdeva occasione di arricchire la personale bacheca dei trofei primeggiando nel football, nel basket o sul campo di atletica, risultando sempre tra i migliori giovani virgulti californiani.
“Uno sportivo nato” in molti lo definivano, abile in qualsiasi disciplina, anche nel baseball giocato per caso con i compagni della high school nell’estate del diploma, quando si fece convincere a girare parte degli States per disputare con loro l’American Legion Baseball, un torneo amatoriale che nel corso della sua ormai quasi centenaria storia (la prima edizione è datata 1926) ha visto fiorire diversi campioni; e tra questi ha sognato di esserci anche Jason per un certo periodo, quando in seguito alle sue ottime prestazioni sul diamante venne notato da un scout, segnalato ai Chicago Cubs e poi mandato a farsi le ossa negli affiliati e omonimi Huntington Cubs.
“Un periodo bellissimo, vivevo sulle sponde del fiume Ohio, vicino alla sede della Marshall University, ma non riusciì a sfondare e così finita la stagione presi la mia macchina, guidai ininterrottamente dal West Virginia alla California e il mattino seguente mi presentai allo Shasta College; al pomeriggio ero già sul campo da football”. E su quel campo Sehorn inizia la sua nuova avventura, spronato da un coach che crede tantissimo in lui e stella indiscussa del team in cui ricopre i ruoli di wide receiver, kick e punt returner rompendo record su record; 4,308 yards e 34 touchdowns totali gli valgono due nomine nel First Team Junior College Grid-Wire All American, altrettanti titoli Golden Valley Conference MVP, un riconoscimento All State da parte della California Community College Athletic Association e l’offerta di una borsa di studio da parte della prestigiosa University of Southern California.
Sbarcato a Los Angeles capisce che la concorrenza in attacco e in particolare nella posizione di WR è serrata, e d’accordo con i coach effettua la transizione su cui costruirà il resto della sua carriera passando al lato difensivo della palla; “dovevo solo imparare un nuovo stile di corsa, all’indietro, e come muovermi in determinate situazioni, ma per il resto è un ruolo che di fatto conoscevo” spiegò qualche anno dopo Jason parlando del suo passaggio a defensive back e del suo impiego come safety e cornerback nei Trojans.
E proprio come CB entra successivamente nei professionisti, selezionato nel secondo round del Draft 1994 dai New York Giants, con cui giocherà nove dei suoi dieci anni passati in National Football League risultando sempre tra i migliori interpreti del ruolo, tra i più temuti dai ricevitori avversari; il momento clou della carriera nella cavalcata playoffs della stagione 2000, quando nel Divisional contro i rivali Eagles mette a segno uno degl’intercetti più rocamboleschi della storia ai danni di Donovan McNabb e riporta la palla in endzone dopo una un ritorno da 32 yards, decisivo per il 20 a 10 finale.
Secondo down, il QB di Philadelphia arretra nella tasca per lanciare, guarda alla sua destra e rilascia la palla verso Torrance Small, un lancio che sta per cadere incompleto, ma come sempre Sehorn sta affrontando quella partita un down alla volta, e sapendo che ogni azione può risultare utile per cambiare il corso del match si butta a terra e tiene incredibilmente viva l’ovale, la tiene viva addirittura due volte prima che gli ricada tra le mani, poi si rialza, sfugge ad un assurdo tentativo di placcaggio del compagno di squadra Ramos McDonald e si invola verso il touchdown.
La gioia, la gloria eterna, e pure le lacrime ricacciate indietro ripensando a quell’infortunio subito nella preseason 1998 che si, non l’aveva costretto a smettere ma l’aveva fatto tornare in campo più lento, più impacciato, meno atletico di un tempo, che gli aveva reso tutto estremamente più complicato ma che ancora una volta gli aveva dimostrato quanto ci fosse sempre un nuovo down da giocare, sul campo come nella vita di ogni giorno.
Lui, nato il 15 Aprile 1971, figlio di una madre single che ha sempre avuto un occhio di riguardo per le ragazze madri, che attraverso la sua fondazione Sehorn’s Corner le ha aiutate in più di un’occasione a diventare proprietarie delle loro case, che ha creato l’evento “Turkey Trot” in cui acquista e offre i pasti alle famiglie monoparentali nel Thanksgiving Day; lui che a tempo perso fa anche l’attore dopo l’esordio nella serie televisiva della NBC “Third Watch” e che alla grande passione per lo Sport unisce quella per il piccolo schermo, in cui appare assiduamente dopo la sua ultima stagione giocata con i St.Louis Rams nel 2003.
Panelist nello show pre partita domenicale della NFL su Fox Sports nel 2005, commentatore e analista per ESPNU dal 2011, Jason è anche un dirigente di successo nella Società rivenditrice di automobili e camion “Sonic Automotive” perchè come gli ha insegnato la sua stessa vita “c’è sempre un altro down”, un po’ quello che gli è accaduto nel privato, dove dopo la fine del secondo matrimonio con la star di “Rizzoli e Isles” Angie Harmon, si è legato all’attivista e imprenditrice americana Meghann Gundermann con cui ha creato una nuova fondazione, The Foundation for Tomorrow, che si occupa di fornire sostegno ai bambini del terzo mondo.
“E’ come se avessi giocato il secondo down e hai appena fatto un gran bel tackle, ma c’è ancora il terzo down da giocare e c’è ancora la possibilità che qualcosa vada storto, devi tenerlo a mente. Io ho sempre avuto questa mentalità, ci sono stati alti e bassi in tutto, ma ogni cosa era solo un momento, solo una parte della mia vita” e dopo ci sarebbe stato un ultimo, ulteriore, nuovo down da giocare.
Folgorato sulla via del football dai vecchi Guerin Sportivo negli anni ’80, ho riscoperto la NFL nel mio sperduto angolo tra le Langhe piemontesi tramite Telepiù, prima, e SKY, poi; fans dei Minnesota Vikings e della gloriosa Notre Dame ho conosciuto il mondo di Playitusa, con cui ho l’onore di collaborare dal 2004, in un freddo giorno dell’inverno 2003. Da allora non faccio altro che ringraziare Max GIordan…