Nonostante siano passati quasi sette giorni dalla trade che ha portato Brandin Cooks a Houston e sia quindi trascorso un tempo congruo per affrontare le riflessioni, il concetto di buonsenso relazionato alle dinamiche decisionali di Bill O’Brien persevera nel suo sfuggire a tutti. L’operato del head coach/general manager dei Texans è difatti più vicino ad un disperato tentativo di riempire ciò che oramai non è più colmabile, ed il riferimento alla rinuncia ai servigi di DeAndre Hopkins è più che ovvio, ma ancora una volta emerge chiaramente un quadro antitetico nei confronti della lungimiranza, perché le conseguenze per un futuro che presto potrebbe non appartenere più all’attuale capo-allenatore di Houston potrebbero seriamente mettere a rischio le possibilità di successo a breve termine della squadra.
E’ una barca la cui fune è irrimediabilmente strappata, non resta che tuffarsi in mare, salire con difficoltà e cercare di direzionare il timone alla meno peggio, portando in sé la coscienza che tanto, prima o poi, i problemi di oggi dovrà risolverli qualcun altro.
Le tracce che conducono alla pasticciata conformazione odierna partono tuttavia otto mesi fa.
All’epoca i Texans, dopo che DeShaun Watson aveva concluso la campagna 2018 con 62 sack al passivo, avevano trovato in Laremy Tunsil un tackle sinistro in grado di fornire affidabilità in protezione nel lungo periodo, facendo coincidere le loro necessità con la volontà di ricostruzione dei Miami Dolphins, poco interessati a tenere Tunsil a libro paga in vista della sua uscita dal contratto firmato da matricola. La posizione giocata dal ragazzo si sa, è tra le più ricercate del football americano e spesso un tackle che non si fa battere dalla pass rush fa tutta la differenza del mondo, motivazione per la quale O’Brien, pur di possedere stabilità in quel ruolo, aveva accettato di mandare a Miami due prime scelte (2020 e 2021), un secondo giro 2021, Johnson Bademosi e Julien Davenport ricevendo quale contropartita Kenny Stills, un quarto giro 2020 ed un sesto giro 2021.
Un prezzo esoso senza ombra di dubbio, che ha sottratto diverse risorse future ai Texans per ottenere un risultato immediato in cambio con l’ottica di giocare i playoff – obiettivo poi centrato – colmando l’esigenza di non doversi preoccupare del lato sinistro del quarterback per molto tempo, ma con una significativa eccezione: proprio il rinnovo contrattuale del medesimo Tunsil. A posteriori questo problema accantonato all’epoca ha partorito non poche ripercussioni sulle decisioni che O’Brien è poi stato sostanzialmente costretto a prendere nei confronti di Hopkins, togliendo alla sua squadra uno dei migliori tre ricevitori di tutta la Nfl, un talento raro, e proprio per questo non sostituibile se non con un altro di pari qualità, merce assai rara che arriva al professionismo solo in maniera ciclica.
Il rischio fa parte del gioco, chiaro, ma dev’essere compensato da una buona dose di logica per evitare di trasformarsi in un salto privo di paracadute. Agendo contrariamente alle regole non scritte del mercato Nfl, O’Brien ha sostanzialmente sistemato il problema dei troppi sack aprendone diversi altri che si stanno manifestando adesso o che rischiano di manifestarsi nell’immediato futuro. Un operato diligente avrebbe difatti suggerito di raggiungere in via preventiva l’accordo con il tackle, il cui contratto attuale scade al termine della stagione 2020, anzitutto per giustificare il sacrificio di ben tre scelte alte quale investimento a lungo termine senza correre rischi così alti (vengono i brividi solamente ad immaginare Tunsil libero di firmare con chiunque tra un anno, equivalente al gettare tre scelte di quella portata presso la più vicina isola ecologica…), ed in secondo luogo per scrivere a libro paga delle cifre già conosciute, in modo da poter organizzare con maggiori certezze la contabilità in vista di quello che sarebbe potuto essere il possibile rinnovo di Hopkins e quello che sarà presumibilmente attribuito a Watson, sempre che il promettente quarterback non decida di partire per altri lidi avendo intuito la situazione che si sta formando in Texas, un’altra delle conseguenze che evidentemente O’Brien non ha adeguatamente calcolato.
L’operazione che ha portato un wide receiver da oltre 4.000 yard e 31 mete nel più recente triennio vero l’Arizona trae parte delle sue origini dalla scelta di lasciare lo spazio salariale necessario per rinnovare la risorsa che O’Brien a questo punto considera più urgente, il left tackle, motivando la trade di Hopkins con la sua richiesta di un adeguamento contrattuale più adeguato al valore delle sue prestazioni, domanda lecita per un ventottenne nel pieno della forma fisica che sta dominando la lega a suon di giocate clamorose e produttività senza pause. Anche in questo caso è utile un raffronto con l’operazione affrontata per Tunsil e la relativa spesa (ricordiamo: due prime scelte ed una seconda), una vera e propria fortuna se rapportata al semplice secondo round speso dai Cardinals per ottenere un ricevitore di primissima classe. Non sapremo mai se qualche altra franchigia, con più pazienza nel sondaggio del mercato, avrebbe magari speso un primo round, ma visti i numeri di DeAndre ci si può permettere di pensarlo almeno come probabile.
E nemmeno regge la scusante David Johnson, parte del ritorno avuto da Arizona, perché la percezione del valore del giocatore è assai diversa oggi rispetto a quanto poteva rappresentare prima dell infortunio occorsogli nel 2017, quando poteva essere una minaccia offensiva in grado di apportare alla causa 2.000 yard tra corse e ricezioni, rapportando il tutto al valore che oggi può detenere un running back rispetto ad un ricevitore senza dimenticarsi di includere nel conteggio i 20 milioni di dollari di cap che Johnson occuperà nei prossimi due anni, un altro letale contributo per i margini di manovra salariali con i quali mettere in piedi un incerto futuro.
I rimedi organizzati per riequilibrare la batteria di ricevitori di Houston porta ad ulteriori considerazioni negative, perché Cooks porta gli stessi identici svantaggi che abbiamo appena analizzato per Johnson. Attenzione, il valore dell’ex-ricevitore dei Rams non è in discussione vista la costanza di rendimento dimostrata in carriera, tuttavia rimane misterioso come O’Brien possa aver deciso di sacrificare un’altra munizione da spendere al draft – la scelta n. 57, un secondo giro – per un giocatore che ha appena trascorso una stagione molto pericolosa per la sua salute. Le 583 yard con cui il ragazzo ha concluso il deludente 2019 dei Rams trovano difatti ampia giustificazione nelle due commozioni cerebrali riportate nel giro di nemmeno un mese, che unite alle tre similari esperienze precedenti di carriera portano a chiedersi in via del tutto lecita quanto football possa rimanere nelle corde di Cooks, sul quale sono circolate voci di ritiro per tutta la parte finale dello scorso campionato.
Altre due considerazioni, altrettanto importanti: la prima riguarda il salario di Cooks, che percepirà 8 milioni di dollari (interamente garantiti) quest’anno e 12 nel 2021 senza alcun garantito, un numero che potrebbe rivelarsi alto e di conseguenza soggetto ad un taglio, sprecando nuovamente la scelta investita; la seconda concerne invece il possibile utilizzo di quella selezione numero 57, con la quale Houston avrebbe tranquillamente potuto chiamare un ricevitore assai meno costoso in una classe ricca di talento come raramente accade, altro filo logico opportuno, ma accantonato dal bisogno di rimediare con un nome più blasonato.
I Texans si ritrovano invece con un trio di ricevitori di caratteristiche troppo simili, che antepongono la velocità al fisico e sono soggetti a frequenti infortuni, peculiarità che appaiano Cooks tanto a Stills quanto a Fuller. La quarta soluzione, Randall Cobb, è un altro mezzo disastro dal punto di vista numerico, visti i 18 milioni garantiti ed un’incidenza sul cap di oltre 10 milioni nel 2021, quando raggiungerà i 31 anni di età.
Ne emerge un quadro quasi delirante, dal quale la franchigia esce dalla sua veste di possibile contender al titolo – un ruolo che senza Hopkins non può certo essere rivestito – facendo perdere il senso soprattutto della trade per Laremy Tunsil, la cui radicata esigenza era proprio quella di fornire un solido punto di riferimento ad un ruolo determinante per aumentare le possibilità di vittoria nell’immediato.
L’enorme pasticcio da O’Brien lascia la franchigia di Houston spaesata, in preda al raptus dirigenziale di un head coach che dovrebbe con tutta probabilità limitarsi al suo ruolo più congeniale lasciando la contabilità a qualcuno che non si faccia guidare da mosse dettate dalla frustrazione del non saper vincere, senza permettere che le casse della società abbiano così poche risorse a disposizione dopo aver ingerito pessimi contratti e rinunciato ad una consistente parte dei vantaggi dati dal draft nel prossimo biennio, offrendo sostanzialmente Deshaun Watson su un piatto d’argento a chiunque vorrà fargli la corte ed offrirgli una prospettiva di carriera migliore.
Vista così, sembra una tempesta in procinto di abbattersi su una delle squadre più promettenti del 2019, mortificando un panorama che pareva promettere una visuale del tutto differente rispetto a quella che in realtà comincia a profilarsi per la più giovane tra le squadre che compongono la Nfl.
Davide Lavarra, o Dave e basta se preferite, appassionato di Nfl ed Nba dal 1992, praticamente ossessionato dal football americano, che ho cominciato a seguire anche a livello di college dal 2005. Tifoso di Washington Redskins, Houston Rockets, L.A. Dodgers e Florida State Seminoles. Ho la fortuna di scrivere per questo bellissimo sito dal 2004.
La domanda è questa: ma la proprietà dei Texans dov’è??? E’ evidente ormai da qualche anno che O’Brien può essere un allenatore decente, ma un pessimo GM. Quando qualcuno prende i tuoi soldi e poi tira lo sciacquone, non ti viene in mente che potrebbe essere arrivato il momento di fermarlo?!?
Ma perchè non l’hanno esonerato? Ha distrutto una squadra fantastica. Mmerda