Un falco, per la velocità con cui si infilava negli spazi che gli apriva la linea offensiva, per la rapidità con cui sfuggiva ai difensori, per la leggerezza con cui macinava yards in campo aperto, eludendo gli interventi degli avversari e seminandoli sul terreno di gioco; già, leggerezza, la stessa che in molti scout e coach gli contestavano, “troppo leggero per correre la palla”, “troppo leggero per giocare per me”, ma che oltre a spronarlo a dare sempre qualcosa in più per dimostrare quanto per lui non fosse affatto un limite, divenne quasi un marchio di fabbrica per ogni sua corsa.
Ed effettivamente era davvero leggero Anthony Drew Dorsett, in arte “Tony”, figlio di Wes e Myrtle nato a Aliquippa, Pennsylvania, il 7 Aprile 1954, talmente leggero che quando aveva 16 anni, al secondo anno di liceo, veniva ancora utilizzato come cornerback perché quei 67 chilogrammi scarsi sembravano davvero stonare all’interno del backfield offensivo; ed invece coach Butch Ross, avendo allenato in passato i suoi fratelli maggiori e ricordandosi del loro talento per portare la palla, decise di cambiare le carte in tavola, e riportarlo al ruolo che aveva ricoperto alle scuole medie, quello di runningback all’alba della sua terza season liceale.
In due anni il giovane Tony trova il modo di far parlare di se e dopo aver sfondato il muro delle 1,000 yds già nel 1971 si migliora ulteriormente la stagione successiva conquistandosi la convocazione al Big 33 Football Classic, il match che mette di fronte i migliori talenti dello stato, nonostante non riesca mai a portare i Vikings della Hopewell HS ai playoffs; piovono i riconoscimenti individuali, i titoli sui media locali, ma ancora una volta quella dannatissima bilancia sembra riuscire dove gli avversari falliscono, fermarlo, e così succede che sono diverse le università che gli chiudono la porta in faccia, in primis Notre Dame, che attraverso l’head coach Ara Parseghian pronuncia la fatidica frase “troppo piccolo per giocare”.
Cosa che non sembra interessare minimamente Johnny Majors, capo allenatore dei Pittsburgh Panthers, che dopo aver letto con attenzione i report dello scout Jackie Sherrill decide di tenerlo vicino a casa e portarlo a Pitt, mettendolo subito in concorrenza per un posto nel backfield nonostante gli sia appena nato un figlio, la futura safety NFL Anthony Dorsett Jr.; fiducia che la matricola ripaga accumulando 1,586 yards dalla linea di scrimmage che lo portano di diritto nel All-American Team, diventando uno dei primi freshman di sempre a raggiungere un traguardo simile.
Concluso l’anno con l’inattesa partecipazione al Fiesta Bowl, Dorsett continua a mettere insieme numeri importanti e dopo appena cinque partite della sua seconda stagione rompe il record di yards corse della scuola, chiudendo con 1,004 yds all’attivo; la season successiva non si ferma e sfora nuovamente le 1,500 yards, raggiungendo quota 1,544 e prendendosi una rivincita su Parseghian e i Fighting Irish, ai quali corre direttamente in faccia per 303 yds.
Dopo aver scelto di rimanere al college per il senior year conquista il prestigioso Heisman Trophy e il National Championship guidando l’attacco di Pittsburgh con 1,948 yards dalla linea di scrimmage, facendo registrare una media di 215 yds corse a partita; un’enormità per un ragazzo che molti avevano definito inadeguato e che si presenta al successivo Draft NFL come uno dei pezzi pregiati della classe, tanto che i Dallas Cowboys imbastiscono una trade con i Seattle Seahawks per acquisire la loro scelta e farlo diventare il secondo nome chiamato nell’evento andato in scena il 3 Maggio 1977 al Roosevelt Hotel di New York, alle spalle del collega di USC Ricky Bell, invertendo così la classifica Heisman di qualche mese prima.
Cambia lo scenario, il paesaggio intorno, il contesto, ma non cambia Tony Dorsett che per la prima volta lontano dalla sua Pennsylvania continua a mostrare il suo immenso talento incidendo già nella stagione da rookie, quando irrompe sulla scena della NFL accumulando 1,007 yards e realizzando 12 touchdowns; primo e unico Cowboys di sempre a sfondare il muro delle 1,000 yds nella stagione d’esordio in NFL prima di Ezekiel Elliot, diventa il padrone assoluto del backfield texano grazie a un’intuizione del leggendario coach Tom Landry che capisce di avere tra le mani un runningback fuori dagli schemi dell’epoca.
Un giocatore diverso, capace come pochi altri di seguire la luce, di cambiare direzione rapidamente, di infilarsi in spazi impensabili per sviluppare le proprie corse, e di portate, Tony, con la divisa dei Cowboys ne fa davvero tantissime, fin da quel Super Bowl XII che lo rende l’unico giocatore nella storia di questo Sport a vincere i titoli NCAA e NFL in due stagioni consecutive, 1976 e 1977; 2,755 run per 12,036 yards e 72 TD in 157 partite, 139 delle quali giocate da titolare fino al 1987, quando il dualismo con Herschel Walker lo costrinse a cambiare aria e accasarsi ai Denver Broncos, con i quali chiude un anno più tardi, 1988, dopo aver corso per altre 703 yds, 5 touchdowns, e in seguito ad un infortunio ai legamenti del ginocchio subito nel training camp della season 1989.
Appesi casco e paraspalle al chiodo Tony si dedica principalmente alla crescita umana e professionale del figlio Anthony Jr., impegnandosi altresì in eventi di beneficenza e collaborando con medici e professionisti del settore per la cura dell’apnea notturna, problema che colpisce diversi atleti degli sport professionistici; inserito nel 1994 sia nella College Football Hall of Fame che nella Pro Football Hall of Fame, “titolare” di una via nei pressi del Heinz Field di Pittsburgh e dello stadio della Hopewell HS di Aliquippa, nel 2013 Dorsett ha annunciato di soffrire della encefalopatia traumatica cronica, meglio conosciuta come CTE, che stando alle dichiarazioni della moglie Janet sembra avergli creato meno conseguenze spiacevoli rispetto a molti colleghi grazie all’abitudine nell’assumere vitamine ed integratori maturata negli anni da giocatore.
Nonostante l’astio mostrato nei confronti del mondo del Football in alcune interviste, in cui accusa la NFL di averlo dimenticato, non c’è passaggio migliore che lo rappresenti e ne riassuma la vera essenza sul terreno di gioco di quello utilizzato per presentarlo il giorno del suo inserimento nella “sala della gloria” di Canton, “Ciò che ottennero i Cowboys fu un giocatore che aveva tutto, i passi rapidi e fluidi; i tagli netti e nitidi; lo straordinario talento di trovare la luce del giorno nel caos lungo la linea di scrimmage. Ogni volta che toccava un pallone, gli avversari rabbrividivano. Ha trasformato piccoli guadagni in grandi guadagni e i giochi di routine in touchdown.” Semplicemente… Tony Dorsett.
Folgorato sulla via del football dai vecchi Guerin Sportivo negli anni ’80, ho riscoperto la NFL nel mio sperduto angolo tra le Langhe piemontesi tramite Telepiù, prima, e SKY, poi; fans dei Minnesota Vikings e della gloriosa Notre Dame ho conosciuto il mondo di Playitusa, con cui ho l’onore di collaborare dal 2004, in un freddo giorno dell’inverno 2003. Da allora non faccio altro che ringraziare Max GIordan…