HOUSTON, L’IMPORTANZA DI WILL FULLER
In termini di potenza di fuoco i Texans hanno pochissimi rivali. Sembra quantomeno strano esprimere un pensiero del genere a così poco tempo dalla tremenda lezione ricevuta dai Ravens, tuttavia, se estesa l’analisi a tutta la stagione e comprese le differenze che sussistono tra le prestazioni in occasione della quasi perfetta salute di tutte le opzioni offensive, il risultato del ragionamento non può che andare a favore della tesi.
Da tempo esistono interessanti relazioni tra i numeri offensivi registrati da Houston con o senza Will Fuller, forse la chiave più sottovalutata in grado di accendere questa macchina offensiva. Chiaro, senza DeAndre Hopkins e la sua capacità di prendere qualunque cosa battendo ciascun difensore staremmo qui a parlare del nulla, ma quando Fuller sta bene, è in campo, e riesce a far fruttare la sua combinazione letale tra velocità e precisione nelle tracce il beneficio lo sentono proprio tutti, anche le superstar indiscusse. La gara della scorso giovedì ne è stata una testimonianza cristallina, dal momento che Hopkins si è come sempre preso le prime pagine di cronaca sportiva, mentre Will ha fatto ammattire le secondarie dei Colts fornendo un contributo di incalcolabile importanza anche senza varcare la linea di meta.
Sostenere che una Houston in completa forma fisica possa fare a botte con chiunque anche nei playoff è un’ipotesi più che concreta, ed avvalorata da numeri e caratteristiche di squadra. Seppur spesso infortunato – ha sinora giocato solo il 69% delle partite possibili da quando è entrato in Nfl – Fuller rappresenta chi esegue il lavoro sporco a beneficio dei compagni ed accumula statistiche impressionanti anche senza segnare. Vedasi difatti le 34 yard di media registrate nell’opener contro i Saints o le 20 tonde dell’ultimo Thursday Night, senza poi contare le 217 yard con 3 mete inflitte ad Atlanta, tutti numeri che forniscono un’idea realistica di quanto preoccupante possa essere questo giocatore per le difese. Con lui in campo i Texans macinano 6.27 yard per giocata, quasi una di più rispetto a quando il medesimo è assente, ed il modo di giocare di Watson diventa di conseguenza più agevole dato che le difese sono concentrate contemporaneamente su Fuller e Hopkins aprendo spazi interessanti per il gioco di corse gestito da Hyde e Johnson, sfruttando la propensione di quest’ultimo a fare danni in ricezione. Ed il contributo del wide receiver non è nemmeno totalmente misurabile con le statistiche, dato che il suo saper allungare il campo non è certo quantificabile con i numeri.
Possedere un attacco produttivo è fondamentale per coprire i vuoti di una difesa che non riesce più a pressare il quarterback con la stessa efficienza di prima, quando c’era J.J. Watt, fattore che ha reso le secondarie un po’ troppo perforabili e soggette a passivi troppo estesi. Non che questo sia un problema irrisolvibile – c’è chi senza una difesa degna di tale nome ci ha vinto titoli a furia di segnare quel prezioso punto in più rispetto all’avversario – quindi per il momento quella difensiva è una lacuna che i Texans si possono anche permettere a patto che Fuller resti in salute da qui allo svolgimento dei playoff, in ottica dei quali ha fornito un contributo eccellente proprio nello scontro con i Colts, l’ultimo treno per prendersi un vantaggio forse decisivo per vincere la division.
Ed il fatto che resti in salute, purtroppo per lui e per lo spettacolo che sa regalare agli occhi, non è affatto scontato.
SAN FRANCISCO PROSEGUE NEL CALPESTARE AVVERSARI DI RILIEVO
Se ancora qualche scettico non credeva che quanto mostrato dai Niners fino a questo momento potesse durare nel tempo, di certo l’ennesima vittoria – e che vittoria – riportata contro una delle principali concorrenti della Nfc mantiene fede alle parole spese da Nick Bosa qualche settimana fa, dopo il successo in trasferta contro i Rams, a seguito del quale aveva apertamente dichiarato che San Francisco sentiva dentro sé di poter vincere tutte le rimanenti partite.
Per il momento è ancora così, la sconfitta contro Seattle non ha destabilizzato l’ambiente e si tratta in ogni caso di un confronto deciso da episodi e dove la squadra si era comunque espressa al massimo delle potenzialità misurandosi più che opportunamente in un sanguigno incontro di pugilato, rendendo la sconfitta molto più che onorevole. Dalle sconfitte è sempre importante rialzarsi nella maniera corretta, e dopo l’ennesimo scontro più difficoltoso del previsto con i Cardinals – comunque portato a casa – il completo annientamento dei Packers è una prova più che concreta del fatto che i 49ers sono qui per arrivare dritti al Super Bowl, e non per terminare la stagione accontentandosi di esserne la sorpresa più fragorosa.
La formula magica non cessa di funzionare: la squadra di Shanahan mette in campo un’inusitata aggressività difensiva in grado di creare in automatico le opportunità per l’attacco, un concetto che la tremenda potenza in carico alla linea difensiva ha messo in chiaro sin dall’inizio delle ostilità, provocando un fumble che ha permesso una semplice segnatura su corsa di due yard. Ridurre inoltre Aaron Rodgers a 104 misere yard su passaggio è un’impresa del tutto fantascientifica, a maggior ragione se effettuata in una stagione dove il cambio del coaching staff ha riportato indietro nel tempo il futuro Hall Of Famer per efficienza e continuità, così come impressionante è rendersi conto che Green Bay ha convertito un solo terzo down (nessuno con Rodgers in campo) a fronte di quindici tentativi, fatto che rende letteralmente impossibile l’accumulo di un qualsiasi ritmo offensivo.
Non a caso i Niners hanno spezzato la gara in due già nel primo tempo, e reso evidente la differente qualità delle due squadre viste in campo perlomeno nella specifica circostanza. La capacità di pressare un quarterback abituato a divincolarsi nella tasca ha portato altri cinque sack ad una difesa opportunistica, già responsabile di quattro mete in stagione e qui impegnata a generare la quarta meta offensiva dell’anno in situazione di cosiddetto short field, una discreta differenza rispetto ad un 2018 nel quale i turnover complessivi erano stati solamente sette sommando le sedici partite disputate. Fila allora il ragionamento di Lynch e Shanahan in sede di Draft, quando la selezione di Nick Bosa andava ad aggiungere altra carne di talento ad un gruppo già abbondante in quei termini, una scelta le cui intenzioni sono nettamente visibili oggi al di là dell’abbondanza nella posizione, che avrebbe magari potuto suggerire di rivolgere le attenzioni su un altro ruolo. Ed il paragrafo non potrebbe essere completo senza la meritevole considerazione da indirizzarsi verso le gesta di Fred Warner, divenuto il regista della difesa per esigenza e che ha dimostrato di possedere la maturità necessaria per addivenire al compito da quando Kwon Alexander si è arreso all’infortunio al pettorale, il giovane linebacker è emerso rapidamente quale leader ed è quel tipo di giocatore in grado di essere sempre nel mezzo dell’azione.
Ne deriva che più brutale diventa il calendario e più cattiva diventa una squadra la quale continua a non gradire la sottovalutazione cui è costantemente soggetta, con la stampa sempre pronta ad attendere l’arrivo di quel giorno in cui tutto è destinato a ridimensionarsi. I quindici giorni di fuoco che attendono San Francisco giungono allora a puntino, Baltimore e New Orleans si ritengano opportunamente avvertite.
LA METAMORFOSI DEI TITANS
E’ assai curioso e divertente osservare come la differente condizione dei Titans di ieri e di oggi possa essere paragonata accostandola allo stesso avversario. Il primo incontro con i Jaguars è sin troppo facile da ricordare per tutte le critiche piovute addosso ad una linea che aveva concesso nove sack condividendo le responsabilità con un quarterback oramai confuso dalla mancata gestione della pressione ed una batteria di ricevitori dai quali nascevano big play solo occasionali, un miserabile disastro offensivo che aveva posto Mike Vrabel sotto l’occhio del ciclone in prospettiva appesantendolo fino al completamento della sesta tappa di campionato, con la squadra ferma a 2-4 e una miriade di problemi da risolvere che impedivano di poter anche solo pensare per un istante ai playoff.
La prova definitiva che il panorama è cambiato arriva curiosamente di nuovo da una sfida con i Jaguars, e questi Titans li ritroviamo in forma davvero impensabile. Certo, recuperare Lewan per la linea offensiva nel frattempo ha aiutato parecchio, ma non può essere il solo re-inserimento del singolo giocatore a cambiare così drasticamente l’inerzia generata da undici protagonisti che devono agire all’unisono, a maggior ragione se il forte tackle sinistro si è ritrovato nel frattempo responsabile di un numero troppo alto di penalità dal momento in cui ha terminato di scontare la sua squalifica. Se Lewan – penalità o meno – è indiscutibilmente una parte positiva del ragionamento, molta attenzione va comprensibilmente rivolta verso il cambio di quarterback che ha promosso Tannehill al posto di Mariota, una decisione che ha modificato benevolmente le sorti offensive di una squadra che in passato ha trascorso anche dieci quarti segnando un totale di sette punti.
Da quando è stato promosso titolare Ryan Tannehill è 4-1 e i Titans hanno ripreso considerazione per la postseason, grazie anche ai passi falsi delle concorrenti (vero Raiders?). L’ex-regista di Miami è il terzo di lega per rating con un punteggio di 111.4, una statistica davvero insospettabile per come lo pone così vicino al rendimento di un Russell Wilson qualunque, il rapporto tra passaggi da touchdown ed intercetti è di 10 a 3 e Ryan ha dimostrato di possedere ancora quella mobilità fondamentale per giocare di sorpresa, improvvisando qualche scorribanda in endzone tra cui la memorabile corsa di 21 yard messa assieme proprio domenica contro Jacksonville. L’attacco di Tennessee sta definitivamente mutando la sua consistenza man mano che Tannehill vi si ambienta, ed è già chiaro il come lo stia padroneggiando con sempre maggiori sicurezze. Tutto ciò ha portato ad un reparto completo, in possesso di un regista preciso ed affidabile, che non dev’essere necessariamente soggetto alla pressione perché le difese devono comunque prestare attenzione al letale Henry (8.3 yard a portata nelle ultime due apparizioni) e che ora può permettersi di utilizzare al meglio anche una delle armi più sottovalutate dell’intero pacchetto, la matricola A.J. Brown, la cui capacità di generare big play accumulando yard post-ricezione sta diventando impossibile da ignorare.
La rotta è stata re-indirizzata proprio nel momento più opportuno, e per il momento la stagione può considerarsi salva. La squadra si è rimessa in posizione per una Wild Card per la quale dovrà continuare a lottare duramente, in particolare considerato l’imminente scontro di domani notte contro dei Colts con cui i Titans condividono non solo bilancio (6-5) ed appartenenza divisionale, ma pure la necessità di uscire dal campo con il successo in mano per apporre un altro significativo mattoncino della costruzione che permette l’accesso ai playoff. Ed ora, da squadra che tutti avevano lasciato perdere a causa dell’inettitudine offensiva, Tennessee si è trasformata in una concorrente di tipo pestilenziale. Occhio.
PATRIOTS, IL DOMINIO PRIVO DI SUPREMAZIA OFFENSIVA
In quanti modi ci siamo abituati a vedere i Patriots in questa lunga era di quasi completa dominanza? Se abbiamo perso il conteggio la ragione riguarda solamente la capacità di trasformismo di Bill Belichick, eccelso stratega in grado di far rendere il suo roster a piacimento adattandolo al punto debole del suo avversario. Chi sono dunque i Patriots oggi? Una squadra ancora una volta interessante da leggere ed analizzare, di pelle nuovamente diversa rispetto alle precedenti e comunque vincenti edizioni. Raramente abbiamo assistito ad una versione del genere, e di settimana in settimana ci si rende sempre più conto che i Pats non necessitano di un Brady fuori dall’ordinario per eccellere e che riescono sistematicamente a coprire le loro lacune offensive grazie ad una difesa che sta giocando in maniera strepitosa, contro la quale efficienza oggi riescono a gareggiare solamente i San Francisco 49ers.
L’anno primo del dopo-Gronkowski non poteva non avere effetti in flessione rispetto alle economie generali del reparto offensivo, e se guardato da vicino al reparto ricevitori attuale ci si accorge che il ruolino di marcia sinora tenuto dai bostoniani è un qualcosa di davvero ragguardevole, al di là del fatto che si sia sempre pronti a scagliarsi contro di loro quando rimediano una delle solite scoppole di regular season (nel caso attuale, i Ravens) solo per scoprire che sono passi falsi isolati, perché quasi mai precludono di giungere poi al Super Bowl e vincerlo nella maggior parte delle circostanze. Nulla di differente dalla consuetudine, insomma, anzi, l’impressione che i Patriots stiano costruendo un’altra stagione impossibile per le capacità di qualsiasi altra organizzazione sono dettate proprio dal fatto che ci si ritrova a 10-1 senza che Brady debba registrare numeri fantascientifici, e che la polpa dei suoi attuali ricevitori – al di là di un Edelman comunque limitato dagli infortuni – siano un rookie che si sta inserendo a fatica dopo aver trascorso metà del campionato in lista infortunati (N’Keal Harry), ed un free agent mai scelto dal quale non si sa come Belichick sta estraendo ancora una volta risorse non preventivabili (Jacoby Myers). Ed al conto va aggiunto il sostanzialmente nullo contributo dei tight end.
I Patriots hanno così vinto la loro seconda partita stagionale con Brady al di sotto del 47% di completi e la loro terza senza riuscire a toccare il traguardo dei 20 punti, due statistiche che nel New England non si presentavano da ere geologiche, e che oggi stanno invece cominciando a fare tendenza. Grazie alla difesa, giù il cappello, anche se poi quanto si guarda al contributo offensivo ci si rende conto che i precedentemente menzionati Harris e Meyers sono stati protagonisti l’uno del primo touchdown di carriera su un autentico contorsionismo in aria e l’altro di quattro determinanti ricezioni per 74 yard tra cui due big play di 23 e 32 yard, il che rende l’idea di come Brady abbia semplicemente realizzato quanto serviva per tenere in piedi le sorti offensive in una serata inclemente per vento e pioggia in un contesto di basso punteggio. Quanto ottenuto dal reparto offensivo va pure considerato in base al fatto che la linea recuperava Wynn, il tackle sinistro, dopo una lunga convalescenza e che il medesimo ha concesso parecchia pressione rispetto al necessario, così come vanno sottolineate le più che precarie condizioni fisiche di Marcus Cannon, tolto dal campo per tratti di gara ma stoico nel mettersi a disposizione al massimo delle sue limitate disponibilità permettendo solamente due hit ed una situazione di pressione.
Difesa eccellente, un attacco che sa come gestire un ruolo ridimensionato senza alcun problema, un ex-Mvp non più considerato tale che sa come vincere anche senza sfoggiare statistiche da top three del fantasy football, ed uno special team (in particolare Matt Slater) in grado di produrre giocate a ritmi davvero intensi: ecco l’ennesima mutazione dei New England Patriots, per i quali l’unico punto di contatto con il passato è rimasto la superiorità nel risultato…
END OF THE LINE, RAMS
Nonostante l’aritmetica possa ancora essere di conforto i giochi terminano senz’altro qui, ed è bene che i Rams posino una bella pietra sopra a tutto e si comincino a programmare le loro mosse in vista dell’anno prossimo. La batosta casalinga rimediata contro i Ravens non rappresenta certo il primo episodio demoralizzante di una stagione andata persa sotto il crollo del tetto che reggeva la pressione, rendendo necessaria una decisa ricostruzione delle fondamenta di squadra, su tutti la linea offensiva. Le gesta dell’incontenibile Lamar Jackson rappresentano solamente il ricordo più fresco di un campionato contraddistinto dai 55 punti segnati dai Buccaneers, dalla sconfitta contro degli Steelers infinitamente meno attrezzati di talento, dalle 157 yard di total offense rimediate contro i dominanti 49ers nella gara che ha definitivamente smascherato l’effettiva minor qualità della squadra rispetto alle aspettative, le quali dopo aver giocato il Super Bowl erano senza dubbio proiettate in maniera del tutto differente.
Un attacco un tempo incontenibile oggi non fa più paura a nessuno quasi se tutti avessero goduto dell’opportunità di creare la stessa pozione magica offerta da Belichick in occasione dello scorso febbraio, le difese hanno reperito un metodo efficace per eliminare le corse costringendo i Rams a rincorrere e di conseguenza ad esporre la tendenza al turnover di Jared Goff, ed i progressi difensivi dell’ultimo mese – 11 punti concessi per apparizione, record di 3-1 – sono stati letteralmente schiantati dai cinque passaggi vincenti dell’attuale candidato numero uno per il premio di Mvp. Los Angeles è in una posizione assolutamente precaria e ne è ben conscia, un concetto valido tanto per la situazione di classifica che per la gestione salariale: l’attuale record di 6-5 consente di tenere acceso un lumicino minuscolo, tuttavia destinato a spegnersi velocemente se tenuto conto del fatto che la corsa va fatta su una rivale attualmente detentrice di un 8-3 enormemente difficile da rimontare (Minnesota), oltre al fatto che l’andamento stagionale determina il fallimento delle mosse eseguite per vincere subito, vedasi le firme in offseason di Weddle e Matthews nonché la pesante trade per Jalen Ramsey, costata due prime scelte senza garanzie di prolungamento del contratto. E pur ipotizzando che un accordo lo si raggiunga ugualmente la situazione parla fin troppo chiaramente, Goff e Gurley occupano una parte significativa del monte-stipendi a fronte di una produzione non più massiccia come quella di dodici mesi fa.
La necessità sarà di certo quella di ricostruire dalle fondamenta, o quantomeno ritoccarle, perché il talento non manca assolutamente. Questo significherà mettere assieme un fronte offensivo che possa trovare la stessa continuità di rendimento che si poteva vantare nelle scorse due edizioni di squadra, questo perché dalla linea dipende la protezione del quarterback, la capacità di creare i big play per giocatori dinamici come Todd Gurley, che oltre alle misteriose condizioni fisiche viene sotto-utilizzato per motivazioni legate alle troppe situazioni in cui L.A. cade indietro nel punteggio già nel primo quarto e deve conseguentemente rincorrere, senza poi sottovalutare le precarie condizioni fisiche di un Cooks troppo soggetto alle conseguenze dei colpi ricevuti nell’area della testa, un aspetto troppo importante per non essere analizzato con attenzione nell’immediato futuro.
E’ necessario tornare a riscrivere l’equazione degli ultimi due anni, nei quali McVay è stato meritatamente considerato all’avanguardia, un concetto che pare oggi lontanissimo da una realtà che ha visto l’attacco produrre 111 yard nei primi tre quarti del Monday Night mentre la difesa subiva sei touchdown nei primi sei possessi consecutivi senza capire assolutamente nulla dell’arsenale di finte messe in piedi dall’interazione di Jackson con i suoi running back; una prova imbarazzante per l’insieme di talento collezionato per allestire ambedue i reparti, crollati in diretta nazionale alzando una bandiera bianca non ancora ben visibile, ma sicuramente intuibile per come immaginiamo si possa essere ridotto il morale dello spogliatoio dopo l’ennesima dimostrazione di non appartenenza all’élite della Nfl. Vista come si è messa la situazione, quel Super Bowl perso con dinamiche offensive del tutto simili a queste non può che far bruciare lo stomaco ancor di più.
GAME REWIND OF THE WEEK: Panthers @ Saints
Partita interna alla Nfc South e godibilissima dal punto di vista dello spettacolo offensivo, con tanti protagonisti degni di nota. Gara inizialmente dominata dai padroni di casa grazie alle ormai consuete evoluzioni di Brees, Thomas, Cook e Kamara, ma guai a dare per vinta un’avversaria che possa schierare Christian McCaffrey a roster, autore di altre due mete nella sua già ricca stagione individuale. Interessante anche la sfida interna tra kicker, con Joey Slye determinante in negativo e Will Lutz che manda a casa tutti a tre secondi dal termine cancellando la paura della rimonta.
STAT LINE OF THE WEEK: 15/20, 169 yds, 5 TD, 139.4 rtg, 8 rush, 95 yds
Ovvero una di quelle stat line che nemmeno rischia di starci su tutta una riga, tant’è copiosa, rigogliosa, incredibile, e degna di un Mvp chiamato Lamar Jackson. Ed il bello è che prestazioni del genere continua a fornirle di settimana in settimana, con una continuità stordente, e sono il motivo per il quale i Ravens possono essere considerati la miglior squadra Nfl di questo preciso momento. Non vediamo l’ora di osservare la difesa dei 49ers all’opera contro questo autentico fenomeno.
ONE LINERS OF THE WEEK:
- Gli Eagles continuano a sopravvivere grazie alle sconfitte dei Cowboys, ma con un Wentz sottotono e senza un reparto ricevitori in salute sono in ogni caso destinati a non andare lontano.
- L’abbiamo già detto che i 49ers fanno paura a chiunque?
- Dato che la corsa ai playoff è sempre parecchio stretta ed anche solo una vittoria fa la differenza, i Raiders non possono permettersi di non presentarsi in campo come hanno fatto domenica contro i Jets.
- Siamo felici per la prima vittoria professionista di Dwayne Haskins, tuttavia ottenuta con il 47.5 di rating contro una delle peggiori difese della lega.
- Se i Titans imparano ad utilizzarlo in maniera consona, A.J. Brown è un giocattolino piuttosto interessante.
A LOOK AHEAD:
- Giovedì è il Giorno del Ringraziamento, Bears contro Lions nel classico sfondo della Motor City…vale sempre la pena di assistere qualunque sia lo stato di forma delle due squadre, a maggior ragione nell’anno del centenario.
- I Colts ospitano i Titans, entrambe le squadre sono 6-5 e rincorrono la seconda Wild Card disponibile, partita presumibilmente arcigna e combattuta.
- I Ravens ospitano i 49ers in uno scontro tra titani, non è la partita della settimana ma la partita dell’anno.
- Patriots @ Texans nel Sunday Night, intrigante sfida tra un attacco prolifico ed una difesa davvero super.
- Seahawks contro Vikings nella tana del dodicesimo uomo, si gioca lunedì notte e la sfida contrappone le attuali numero cinque e sei della griglia playoff della Nfc.
See ya!
Davide Lavarra, o Dave e basta se preferite, appassionato di Nfl ed Nba dal 1992, praticamente ossessionato dal football americano, che ho cominciato a seguire anche a livello di college dal 2005. Tifoso di Washington Redskins, Houston Rockets, L.A. Dodgers e Florida State Seminoles. Ho la fortuna di scrivere per questo bellissimo sito dal 2004.