Considerata la sempre crescente enfasi sulla dimensione aerea del gioco, è naturale che, analogamente al caso dei ricevitori, il dibattito su chi sia il miglior cornerback della lega sia costantemente fra i più sentiti e controversi: la nostra incessabile e capziosa fame di numeri ci porta troppo spesso a valutare un cornerback basandoci quasi esclusivamente sugli intercetti, portandoci sovente a trarre conclusioni che per quanto verosimili si rivelano decisamente sbagliate.
È difficile per un difensore mettere le mani attorno all’ovale se il quarterback avversario rifiuta categoricamente di considerare un lato di campo, pertanto la mia “analisi” non si baserà chiaramente su questo tipo di produzione; vale inoltre la pena precisare che in questa classifica troveranno spazio pure gli slot defenders, giocatori che a causa del sempre più massiccio utilizzo di set a tre ricevitori hanno guadagnato un’importanza eguale, se non a volte maggiore, di quella dei veri e propri “esterni”.
Pertanto…

5) Jalen Ramsey, Jacksonville Jaguars

Potrebbe – e dovrebbe – stupirvi incontrare così presto quello che tanti analisti da un paio di anni definiscono come miglior cornerback della lega, ma il deludente 2018 dei Jaguars ha coinvolto pure Ramsey, protagonista suo malgrado del peggior anno della propria breve carriera: nonostante ciò, una sua stagione sottotono equivale al career year del 90% dei compagni di reparto, quindi prendete il precedente “sottotono” con delle pinze.
Sicuro di sé, a volte presuntuoso e spaccone, Ramsey è una vera e propria malattia in grado di insinuarsi nel cervello di qualsiasi ricevitore – e quarterback – e spingerlo a perdere la testa, come nel caso del sempre imperturbabile A.J. Green un paio di anni fa: la sua aggressività lo porta spesso ad essere un’opzione boom-or-bust, in quanto anticipare la traccia del wideout può sì portare all’intercetto od a sporcare il pallone, ma può anche esporlo ad errori esacerbati dalle inevitabili yards after catch concesse all’avversario.
Il 2019 teoricamente dovrebbe essere l’anno della redenzione per i Jaguars, e nel caso ciò risultasse vero, credo che il rumoroso ex Florida State avrà modo di ribadire quella prima posizione che solamente l’anno scorso sembrava impensabile potesse mai perdere.

4) Tre’Davious White, Buffalo Bills

Emergere in una squadra costantemente deludente come i Bills potrebbe risultare pressoché impossibile ai più: Tre’Davious White non fa sicuramente parte dei “più”.
Contrariamente al compagno di draft Lattimore, White è stato in grado di confermare totalmente quanto di esaltante fatto intravedere nella prima stagione fra i professionisti: sì, il numero di intercetti messi a segno è eguale a quello dei touchdown concessi, ovvero due. L’acume tattico dimostrato in questo paio di stagioni non avrebbe motivo di trovarsi nella testa di un sophomore, eppure White continua a dimostrarci giorno dopo giorno una crescita tanto tecnica quanto per l’appunto mentale che ci spinge con ancora più insistenza a celebrarne le gesta.
Mai scoraggiato o sopraffatto dallo scarso – per non dire inesistente – successo di squadra, White sembra poter essere il giocatore attorno al quale Buffalo potrà costruire un reparto che sulla carta sembra destinato ad issarsi fra i migliori cinque già in un paio di stagioni: White nel frattempo sarà cresciuto ulteriormente e, infortuni permettendo, diventato un perenne Pro Bowler e con ogni probabilità pure All-Pro.

3) Kyle Fuller, Chicago Bears

Solo Stephen Nelson dei Kansas City Chiefs è stato bersagliato più volte di Fuller dai quarterback avversari e signori miei, sfidarlo con tale insistenza non si è rivelata essere la più fortunata delle idee: nonostante i quattro touchdown concessi – cifra alta ma accettabile considerato lo spropositato numero di target – Fuller è stato in grado di mettere le mani sull’ovale in ben sette occasioni, dato che gli è valso lo scettro di re degli intercetti nella passata stagione.
A rischiare di deragliarne la carriera, fino allo scorso anno, ci avevano pensato costanti e struggenti infortuni che non gli hanno mai offerto l’opportunità di dare continuità al suo sviluppo: cornerback estremamente agile ed in grado di correre le tracce insieme ad un receiver e soprattutto come un receiver, Fuller ha tutte le carte in regola per imporsi come uno dei CB più consistenti del futuro prossimo, e con l’ausilio di un reparto difensivo assolutamente mostruoso e ball skills da vero e proprio ricevitore, prevedo ulteriori miglioramenti nel suo gioco.
Il 2018 è stato l’anno dell’esplosione, probabilmente il 2019 sarà l’anno della definitiva e meritata consacrazione.

2) Chris Harris Jr., Denver Broncos

Sottodimensionato undrafted free agent con apparentemente nessuna ragione di sperare in un futuro nella NFL, Chris Harris Jr. non solo è stato in grado di far evaporare tale narrativa, ma pure di imporsi come il miglior slot defender della nostra generazione: giocatore estremamente cerebrale e con un grandissimo senso della posizione, Harris da solo riesce a sabotare il gameplan di qualsiasi offensive coordinator, in quanto indirizzare l’ovale nella sua zona non sembra mai essere una buona idea.
Nell’intero 2018 i ricevitori marcati da Harris hanno ricevuto complessivamente 23 palloni – su 36 target – per 104 yards e nessun touchdown: facendo qualche conto veloce, sostanzialmente Harris ha concesso una ricezione e mezza a partita per 6.5 yards totali.
Prendetevi il vostro tempo e rileggete con calma i numeri appena sciorinati.
Il costante dominio di Harris non è chiaramente figlio del caso, ed è pure uno dei più duraturi di questo periodo storico: dal 2012, anno del suo silenzioso ingresso nella lega, Harris si è guadagnato un posto nella top ten di PFF in ben cinque occasioni, concedendo un passer rating medio – quando il pallone è stato direzionato verso il ricevitore a lui accoppiato – di 71.8 e le sue 10.8 yards concesse a ricezione rappresentano il miglior dato lungo una carriera mai registrato da Pro Football Focus, sito che esiste dal lontano 2006.
Liquidarlo in circa duecento parole non gli rende giustizia, ma se dovesse continuare adW esprimersi su questi livelli per altre due o tre stagioni, probabilmente fra una decina di anni avrà l’occasione di prendersi il palco di Canton per una mezz’oretta abbondante ed illustrarci personalmente la sua magnifica storia.

1) Stephon Gilmore, New England Patriots

L’uomo è un complesso macchinario, però in certi casi prevederne il funzionamento diventa piuttosto semplice: commesso un errore, l’esperienza creatasi durante tale processo – solitamente – farà in modo che tale uomo non ricaschi nel suo sbaglio e migliori le sue probabilità di sopravvivenza.
Purtroppo per la dignità della parte in causa, esistono ancora individui che hanno il coraggio di dubitare di Bill Belichick, dimostrando di non aver assolutamente fatto tesoro dei ripetuti errori commessi in questi ultimi due decenni: l’approdo – ed il conseguente super contratto – di Gilmore a Foxborough aveva portato i più a chiedersi cosa mai l’Incappucciato potesse averci visto in quel buono ma discontinuo cornerback dei Bills, considerando soprattutto che a roster, bramoso di un rinnovo, si trovava già l’eroe del Super Bowl Malcolm Butler!
Tutto ciò che Gilmore ha fatto nelle ultime due stagioni è stato, molto semplicemente, dominare: nessuna difesa gioca più a uomo dei Patriots – strategia utilizzata nel 56.8% dei loro snaps difensivi nel 2018 – e nonostante l’ex Bills abbia quasi sempre dovuto accoppiarsi al ricevitore numero uno della squadra avversaria lo scorso anno è stato in grado di concedere solamente 48 ricezioni – su 109 target – per 611 yards e quattro pregevoli intercetti.
Ciò che gli ha permesso di salire nell’Olimpo della National Football League è stata senza ombra di dubbio la fenomenale prestazione sfoderata al Super Bowl, dove un suo intercetto ha di fatto chiuso le ostilità e l’effimero sogno di rimonta dei Rams: a 29 anni d’età abbiamo valide ragioni per credere che il suo miglior football possa ancora essere espresso per diversi anni, ma se così non fosse sicuramente Belichick avrebbe poco di lui lamentarsi.

Esclusi a malincuore

  • Marlon Humphrey, Baltimore Ravens. Il cornerback più sottovalutato della lega: il successo che la difesa di Baltimore riscuoterà anche nel 2019 dovrebbe finalmente cambiare ciò.
  • Desmond King II, Los Angeles Chargers. Che Top Five sarebbe senza un Chargers?
  • Casey Hayward Jr., Los Angeles Chargers. Che Top Five sarebbe senza due Chargers?
  • Kenny Moore II, Indianapolis Colts. Kenny who? Subito dietro al mostro sacro Harris Jr., se si parla di slot defenders nel 2019, troviamo Kenny Moore: un altro campionato sui livelli dello scorso dovrebbe permettere al suo nome di entrare nella testa di molti tifosi distratti.
  • Patrick Peterson, Arizona Cardinals. Non fosse per le sei partite di squalifica lo avrei messo perlomeno nella top three.
  • Richard Sherman, San Francisco 49ers. Gli anni passano, la paura dei quarterback avversari nello sfidare Sherman no.
  • Xavien Howard, Miami Dolphins. Tanti intercetti, ancora qualche errore di troppo: emergere nella palude che sono diventati i Dolphins non è facile, ma nonostante ciò Howard sembra essere in grado di guadagnare il rispetto che merita senza particolari patemi d’animo.
  • Denzel Ward, Cleveland Browns. Il suo futuro da stella appare oramai scontato: riuscirà, come i Cleveland Browns, a mantenere le tante promesse?
  • Byron Jones, Dallas Cowboys. Il cambio di posizione ha completamente rivitalizzato la carriera di quello che potrebbe tranquillamente essere il giocatore più atletico dell’intera NFL.

 

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