Passano gli anni ma ad Orchard Park non muta certo il modo di ragionare, la questione è oramai annosa ed un solo piccolo traguardo in grado di spezzare il presagio non è certo servito a spedire i Bills nell’orbita delle squadre che contano. Sean McDermott sarà a lungo ricordato quale head coach in grado di sigillare la prima qualificazione ai playoff degli ultimi diciotto anni di football locale, riuscendo peraltro nell’impresa al primo tentativo di rivestimento di un ruolo di così grande responsabilità. Tuttavia, un risultato così importante per l’appassionata tifoseria locale è stato quasi sminuito dal passo indietro commesso durante un 2018 deludente, che ha visto la squadra rimanere ferma ai box dal punto di vista del naturale progresso di crescita, facendo emergere numerose domande sulla vera possibilità che l’attuale regime abbia nel poter finalmente restituire ai Bills una cultura che possa definirsi vincente, mutando drasticamente una prospettiva che nelle ultime stagioni li ha visti lottare in un limbo all’interno del quale non sono mai stati pessimi, ma neanche così buoni da disputare le partite che più contano.
Il terzo campionato sotto le direttive dell’ex-defensive coordinator di Philadelphia e Carolina deve ripartire esattamente da quell’esordio fortunato, dimostrando di poter rattoppare l’interruzione dell’asfalto che pareva portare finalmente ad un meritato successo, sperando di poter sistemare una volta per tutte un attacco che negli ultimi quindici anni è stato raramente produttivo.
Da questo punto di vista la presenza di Josh Allen è un motivo di allegria, dato che per la prima volta da tempo immemore il ruolo di quarterback non è oggetto di competizioni assortite, creando un senso di stabilità molto importante anche per chi dovrà poi seguire la sua leadership in campo. Allen ha trascorso il suo anno da rookie ad imparare il gioco professionistico, uno scotto che la Nfl gli avrebbe fatto pagare in maniera del tutto preventivabile per via del suo noto status di diamante grezzo, facendo il suo ingresso in campo anticipatamente rispetto alla programmazione per porre termine ai disastri combinati da Nathan Peterman. Allen ha traghettato il reparto offensivo tra picchi entusiasmanti (41 punti affibbiati ai Jets) e disastrose cadute (tre gare consecutive senza toccare i 10 punti) terminando la sua esperienza da matricola in crescendo, collezionando 5 vittorie a fronte di 6 sconfitte da starter, e concludendo con 10 passaggi da touchdown contro 12 intercetti, mostrando indubbie qualità atletiche in fase di corsa accumulando ben 631 yard e 8 ingressi personali in endzone.
La missione è quella di renderlo un passatore migliore di quel 52% di completi rimediati cercando di nutrire un supporting cast mediocre, una batteria di ricevitori inconsistente ed inesperta, certamente priva di un talento cristallino in grado di fare una qualunque differenza. La free agency – non certo per coincidenza – è stata impostata privilegiando proprio questo delicato aspetto, portando in città due terzi di quello che sarà il nuovo pacchetto base offensivo predisposto dall’offensive coordinator Brian Daboll. Dati i presupposti John Brown non dovrebbe avere grossi problemi nel stabilirsi quale ricevitore maggiormente produttivo per qualità ed esperienza, il suo inserimento è stato pensato proprio per andare a risolvere la latente necessità di generare primi down in situazioni critiche per l’attacco, troppo spesso costretto alle azioni di special team data l’assenza di un ricevitore di riferimento, una situazione per la quale sarà certamente d’aiuto anche Cole Beasley, destinato a contribuire nella posizione di slot nella quale giocherà per la prima volta con una divisa differente da quella di Dallas.
E’ altresì attesa un’ulteriore crescita statistica da parte di Zay Jones, capace di raddoppiare molte delle statistiche firmate in un anno da rookie comprensibilmente ondivago, e certamente apparso a suo agio in un 2018 dov’è emerso quale leader numerico dello specifico settore. Daboll potrà sfruttare il suo fisico (6’2” per 200 libbre) sia all’interno che all’esterno, in particolare quando Brown ed il sorprendente Robert Foster accenderanno il turbo percorrendo tracce profonde, liberando il cuore della difesa dalle marcature. Proprio Foster è atteso ad una conferma dell’intesa costruita con Allen, del quale è stato il bersaglio preferito per giochi a lunga gittata, e dopo un’inattesa produzione con ben 20 yard di media per ricezione e 3 mete dopo essere stato pescato tra i free agent collegiali, dovrà provare essere riuscito ad emergere per meriti personali e non a causa dello scarso valore che Buffalo poteva proporre nel ruolo. C’è invece tanta incertezza per la posizione di tight end, dove Tyler Kroft sarà inserito a stagione iniziata a causa di un infortunio al piede, lasciando conseguente spazio all’inesperienza della matricola Dawson Knox e del secondo anno Jason Croom, anch’egli peraltro alle prese con noie fisiche.
Curioso sarà capire che accadrà al backfield, dove potrebbe accadere tutto, ed il contrario di tutto. La stampa è attualmente divisa tra chi crede che LeSean McCoy non farà parte dei 53 uomini finali a causa dell’evidente regressione statistica e dell’età avanzante, e chi sostiene che il tutto si riduca ad essere una preoccupazione che non dovrebbe nemmeno sfiorare la presunta titolarità del veterano. Shady ha letteralmente dimezzato il suo contributo numerico firmando il career-low per yard prodotte su corsa (514) segnando solamente 3 mete, un accumulo di segnali di declino fisico asseverati dalle 3.2 yard medie per portata, un altro record di carriera negativo. La sensazione è che McCoy possa essere utilizzato nella prima parte della stagione assieme al neo-arrivato Frank Gore, destinato ad una moltitudine di chiamate in fase di corto yardaggio, per poi lasciare gradualmente snap a favore del rookie Devin Singletary, che avrà così tutte le opportunità di acquisire la maturità necessaria per inserirsi adeguatamente, sfruttando una naturale visione del campo che molti hanno fino a questo momento lodato. Nel caso invece si decidesse di rinunciare a McCoy sin dal termine del training camp, la profondità nel ruolo sarebbe garantita da T.J. Yeldon, proveniente da Jacksonville.
Il front office ha lavorato assiduamente per garantire ad Allen una linea offensiva migliore, garantendo 26 milioni di dollari in denaro garantito per i prossimi quattro anni della carriera di Mitch Morse, uno dei migliori centri Nfl in fase di protezione su passaggio come già ampiamente dimostrato a Kansas City in occasione della straordinaria stagione prodotta da Patrick Mahomes, una leadership preziosa per un gruppo in crescita che vede il tackle sinistro Dion Dawkins quale forza sul lato cieco per gli anni a venire, a patto che il medesimo continui negli evidenti progressi mostrati in questi primi anni di Nfl. Il lato destro sarà oggetto di contesa tra la matricola Cody Ford ed il neo-arrivato Ty Nsekhe, la cui esperienza in entrambi gli estremi dello schieramento garantisce sicurezze in caso di infortuni, mentre Quinton Spain – ottimo costruttore di varchi per le corse – e Spencer Long sembrano essere i candidati ideali per occupare le due posizioni di guardia, supportati da un Jon Feliciano reduce da un’esperienza non brillante ad Oakland.
Per un reparto offensivo dove molti meccanismi devono funzionare adeguatamente ma senza garanzie che ciò effettivamente accada, la pressione per una performance difensiva ben al di sopra della media non può che essere particolarmente consistente. Si ricomincia da presupposti incoraggianti, la presenza di McDermott e del defensive coordinator Leslie Frazier ha permesso alla difesa di rendere al massimo delle proprie possibilità in fase di pressione portata all’avversario, generando ottime statistiche contro i passaggi. Non si guardi al numero di sack, 36, una cifra onesta ma assolutamente compresa nella normalità, l’enorme fretta posta verso il quarterback non è conteggiabile solo dal numero dei suoi atterramenti, ma dalla velocità con cui lo stesso ha dovuto cercare il proprio bersaglio, e qui i Bills si sono dimostrati niente meno che eccellenti.
Ad ogni modo aumentare le perdite di terreno male non fa, da qui la decisione di afferrare a doppia mandata Ed Oliver durante lo scorso Draft dopo che almeno tre concorrenti candidate ad assicurarselo avevano deciso di preferirgli altri prospetti, per l’estrema gioia di Buffalo. Il rookie da Houston porterà una presenza dal duplice effetto, contribuendo personalmente a generare quella pressione dal mezzo che la linea difensiva ha spesso fatto fatica a porre in atto, e permetterà oltre a ciò di liberare le serrate marcature offensive patite da Jerry Hughes (7 sack) e Shaq Lawson, i quali potranno essere maggiormente produttivi schiacciando la tasca dai lati, supportati da un Trent Murphy certamente in grado di mettere le mani sul quarterback se lontano dai problemi fisici. I Bills sperano di poter plasmare Oliver nel novello Aaron Donald, se non altro per potersi permettere un lusso che né Star Lotulelei né Harrison Phillips possono fornire, essendo questi tackle specializzati nel difendere le corse, e considerato che Kyle Williams si è ritirato lasciando un enorme vuoto sia a livello di potenza che di spirito di sacrificio.
L’effetto pass rush, alimentato anche dalla presenza del veterano linebacker Lorenzo Alexander, è direttamente correlato alla grande resa delle secondarie, che hanno concesso solamente due giocate superiori alle 40 yard nel 2018, miglior ottenimento Nfl nel settore per il secondo anno consecutivo, a cui vanno aggiunti il 63.6% di completi elargiti – undicesimo miglior risultato di lega – e l’82.6 di passer rating concesso, un conseguimento da podio. I meriti vanno equamente suddivisi tra la pressione della linea e la grande fiducia che il coaching staff ripone nelle prestazioni di Jordan Poyer e Micah Hyde, coppia di safety tra le migliori in circolazione per puntualità d’intervento ma soprattutto per affidabilità in fase di marcatura e capacità di comunicazione. Il fatto che solamente il 22% dei sack di squadra sia giunto da situazioni in blitz è pienamente illustrativo della simbiosi tra linea e defensive back.
Non guasta certo possedere i servigi di un giovane corner come Tre’Davious White, chiamato al riscatto a seguito di un secondo anno non all’altezza della grande nomea che il medesimo s’era costruito da rookie, quando aveva reso in maniera eccelsa coprendo qualsiasi ricevitore gli venisse assegnato. White non ha giocato bene come in passato per un lungo problema ad una caviglia ad oggi non più esistente, ed il suo ritorno al top della forma si rende obbligatorio per contribuire a smussare una delle problematiche più evidenti di Buffalo, la pochezza nell’efficacia nel difendere le ultime 20 yard, situazione nella quale gli avversari hanno ottenuto un touchdown nel 70.8% delle casistiche, terza peggior percentuale di lega. La situazione delle secondarie non potrà che migliorare rispetto all’anno passato, nel quale Vontae Davis ha vigliaccamente lasciato il football proprio nello spogliatoio dei Bills, a patto di trovare un contributo stabile da chiunque si posizioni dal lato opposto a White, con candidati quali Kevin Johnson, ex-prima scelta di Houston, Taron Johnson, e E.J. Gaines (attualmente inserito in injured reserve per almeno due mesi), con Kurt Coleman quale backup di lusso per entrambi gli spot di safety.
I problemi di copertura sono risultati invece più estesi nel mezzo, dove tra i linebacker il solo Matt Milano è riuscito ad opporsi con costanza ai passaggi avversari, o quantomeno a tenere la marcatura per un tempo sufficiente a rompere il gioco. L’ex-Boston College, ingiustamente sottovalutato per via del fisico da safety, ha trascorso questi suoi primi anni di carriera a dimostrare che i detrattori avevano grossolanamente errato nei conteggi eseguiti nei suoi confronti, emergendo come un solido placcatore in grado di individuare lo sviluppo del gioco di corse e di seguire passo per passo tight end e running back nel gioco aereo, contro il quale ha prodotto 3 intercetti e 7 passaggi battuti a terra. Il leader del pacchetto è ad ogni modo Tremaine Edwards, presente nel 91% degli snap difensivi dimostrando grande maturità per una matricola, provando che la fiducia in lui riposta nell’essere il responsabile delle chiamate difensive è stata ben ripagata. Il talento non manca, tuttavia in caso di emergenze la profondità scarseggia, e non c’è una valida alternativa per l’imminente sostituzione del già menzionato Alexander, ammirevole per longevità, ma non certo eterno.
Gli special team, non molto produttivi, prenderanno energia dall’addizione del wide receiver Andre Roberts, ritornatore di calci più che discreto, mentre Stephen Hauschka, normalmente una sicurezza, deve riscattare un finale di stagione poco entusiasmante, il kicker è difatti un espediente essenziale per un attacco che fatica a segnare ed il veterano è stato insolitamente impreciso tra le 40 e le 50 yard. La posizione di punter vedrà battagliare Corey Bojorquez e Cory Carter, entrambi rientranti da infortuni importanti.
Dando per scontato che il reparto difensivo sia quanto di meglio Buffalo abbia da offrire e che le statistiche di rendimento siano destinate a ripetersi a maggior ragione dato l’inserimento a roster di Oliver, il cui ausilio – come già visto – potrebbe riflettersi positivamente su più posizioni, la positività o meno della stagione dei Bills verrà certamente determinata dalle prestazioni di un attacco ricco di punti di domanda. La soluzione vira prepotentemente verso la capacità di progresso di Josh Allen, vera incognita di cui si parla un gran bene in questa fase di allenamenti, che andrà però poi corrisposta sul campo, sulla consistenza di ricevitori e linea offensiva, e sul reperire i giusti spazi a tutti in un backfield piuttosto affollato, non esattamente un’impresa così facile da realizzare. Qualora si trovasse la quadra in attacco, la squadra di McDermott può sicuramente puntare a giocarsi la qualificazione ai playoff, un obiettivo delicato perché se mancato potrebbe seriamente mettere in dubbio l’operato di questo nuovo regime.
L’effetto che i Pegula cercano, invece, è esattamente quello contrario.
Davide Lavarra, o Dave e basta se preferite, appassionato di Nfl ed Nba dal 1992, praticamente ossessionato dal football americano, che ho cominciato a seguire anche a livello di college dal 2005. Tifoso di Washington Redskins, Houston Rockets, L.A. Dodgers e Florida State Seminoles. Ho la fortuna di scrivere per questo bellissimo sito dal 2004.