Spese troppe parole per l’American Football Conference, è arrivato il momento di concentrarsi su quanto fatto in National Football Conference, o se preferite le abbreviazioni, NFC: in AFC non ci sono gli eccentrici Raiders, ma degli altrettanto stravaganti Arizona Cardinals, team che negli ultimi mesi ci ha dimostrato come mai tenerli lontani dai riflettori sia la migliore idea possibile.
Incominciamo?
NFC NORTH
Chicago Bears
Cosa serviva: aiuto in secondaria, aggiungere profondità nella linea d’attacco e qualche skills player.
Com’è andata: David Montgomery, Iowa State, RB (73); Riley Ridley, Georgia, WR (126); Duke Shelley, Kansas State, CB (205); Kerrith White, Florida Atlantic, RB (222); Stephen Denmark, Valdosta State, CB (238).
Analisi: Le ripercussioni della trade che ha portato Mack in Illinois sono hanno fatto sì che la prima scelta di Chicago fosse la numero settantre, utilizzata per dare all’imprevedibile Cohen un nuovo compagno di giochi, David Montgomery: Cohen ha ampiamente dimostrato di poter essere sempre e comunque pericoloso con la palla in mano, ma aspettarsi che un giocatore con il suo fisico riesca a gestire un carico di lavoro da vero runningback sarebbe folle, pertanto mi è piaciuta questa scelta. Ridley al quarto giro è un lampante steal, in quanto Chicago si è garantita un ricevitore in grado di correre ottime tracce e di rendersi pericoloso dalla slot; Shelley ha visto più di duecento giocatori venire selezionati prima di lui principalmente a causa delle sue ridotte dimensioni fisiche che con ogni probabilità porteranno Pagano ad utilizzarlo nella slot. White probabilmente non vedrà molto il campo come runningback, ma il potenziale che offre come returner potrebbe garantirgli qualche opportunità di mettersi in mostra; Denmark avrà bisogno di molto tempo prima di poter essere preso in considerazione, in quanto recentemente ha effettuato la transizione da wide receiver a cornerback: i tratti fisici sono indubbiamente presenti, tutto ciò che gli occorre è tempo ed assistenza da parte del coaching staff.
Voto: 6,5. Draft indubbiamente moncato dalla scarsa quantità di scelte possedute, ma nonostante ciò Chicago è riuscita nei propri intenti: hanno arricchito il backfield, aggiunto un potenziale playmaker come Ridley e dato profondità ad una secondaria che negli ultimi mesi ha perso qualche pezzo. Discreto draft.
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Detroit Lions
Cosa serviva: tight end, pass rusher ed un cornerback in grado di aiutare Slay.
Com’è andata: T.J. Hockenson, Iowa, TE (8); Jahlani Tavai, Hawaii, LB (43); Will Harris, Boston College, DB (81); Austin Bryant, Clemson, DE (117); Amani Oruwariye, Penn State, CB (146); Travis Fulgham, Old Dominion, WR (184); Ty Johnson, Maryland, RB (186); Isaac Nauta, Georgia, TE (224); P.J. Johnson, Arizona, DT (229).
Analisi: Come facilmente prevedibile, Detroit ha usato la propria scelta al primo round per un tight end: Hockenson è senza dubbio il tight end più completo e pronto a contribuire dell’intero draft, ma vista la mostruosa profondità nella posizione personalmente avrei utilizzato tale scelta per assicurarmi Ed Oliver, il miglior giocatore disponibile in quel momento. Non saprei come spiegarmi Tavai alla quarantatre, in quanto con ogni probabilità sarebbe stato ancora disponibile nei round successivi; buona chiamata quella di Will Harris, in quanto indirizza un bisogno piuttosto palese, anche se pure in questo caso a mio avviso sarebbero riusciti a selezionarlo più tardi. Oruwariye dà loro un cornerback estremamente fisico da schierare “a fianco” di Slay, mentre Bryant offre a Patricia profondità in un reparto che negli ultimi anni è stato troppo spesso inconsistente. Fulgham, Johnson e Nauta credo potranno contribuire -seppur in misura contenuta- fin da subito, poiché lo scorso anno Detroit ha per lunghi tratti schierato uno degli attacchi più asettici della lega: dovranno sicuramente guadagnarseli i loro snap, ma vista la pochezza del reparto offensivo dar loro una chance quanto prima possibile è nel loro miglior interesse.
Voto: 6. Non sono contro il loro operato in quanto posso capirlo, ma a mio avviso si sono lanciati in disperati reach in quattro delle prime cinque scelte: è vero che questa squadra ha delle gravissime lacune mai veramente indirizzate, ma credo anche che non comprendere il valore assoluto delle proprie scelte sia sciocco, in quanto in un draft così profondo potevano sicuramente assicurarsi giocatori più pronti a contribuire da subito.
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Green Bay Packers
Cosa serviva: rafforzare la linea d’attacco, mettere Rodgers a proprio agio e ritoccare ulteriormente pass rush e secondaria.
Com’è andata: Rashan Gary, Michigan, OLB (12); Darnell Savage, Maryland, S (21); Elgton Jenkins, Texas A&M, OG (44); Jace Sternberger, Texas A&M, TE (75); Kingsley Keke, Texas A&M, DE (150); Ka’dar Hollman, Toledo, CB (185); Dexter Williams, Notre Dame, RB (194); Ty Summers, TCU, LB (226).
Analisi: Molti analisti hanno bollato le prime due scelte dei Packers come reach, ma proviamo a farci luce: Gary a Michigan non sempre è stato in grado di mettere sul tavolo una produzione che rispecchi il suo talento, ma ciò non preclude la possibilità che in NFL trovi la consistenza necessaria per aiutare l’intero reparto a compiere il definitivo salto di qualità. Per quanto riguarda Savage, forse potevano garantirselo un po’ dopo, ma è indubbio che la sua fisicità e velocità aiuteranno fin da subito una difesa completamente rivoluzionata in questi ultimi mesi. Jenkins è un ottimo pass blocker che renderà indubbiamente la vita più facile a Rodgers, ed esserselo assicurati con la quarantaquattro rappresenta un ottimo value; Sternberger non è sicuramente il tight end più imponente del draft, ma la sua produzione collegiale potrebbe garantirgli un buon numero di snap più prima che poi, considerata anche l’insofferenza sviluppata verso Graham dopo un primo anno assolutamente deludente. Keke alla centocinquanta è uno steal, in quanto garantirsi un potenziale titolare così avanti nel draft è un qualcosa definibile solamente utilizzando questa etichetta; Hollman e Summers dovranno lottare ardentemente per garantirsi un posto nel roster, poiché negli ultimi anni il front office dei Packers ha aggiunto quanti più defensive back possibile, mentre Dexter Williams offre intrigante potenziale da big play in una posizione in cui Jones al momento sembra destinato a ricevere la quasi totalità degli snap.
Voto: 7,5. Buon draft quello dei Packers, che pure in quest’occasione hanno compiuto decisi sforzi nel tentativo disperato di migliorare la tanto discussa difesa: nel mentre sono pure riusciti ad aggiungere un potenziale punto fermo nella linea d’attacco per il futuro prossimo. Dovranno dimostrarsi in grado di giustificare l’entusiasmo, ma se non altro non possono rimproverarsi la mancanza di sforzo.
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Minnesota Vikings
Cosa serviva: mettere Cousins in condizione di lanciare il pallone senza temere per la propria vita.
Com’è andata: Garrett Bradbury, N.C. State, C (18); Irv Smith, Alabama, TE (50); Alexander Mattison, Boise State, RB (102); Dru Samia, Oklahoma, OG (114); Cameron Smith, USC, LB (162); Armon Watts, Arkansas, DT (190); Marcus Epps, Wyoming, S (191); Oli Udoh, Elon, OT (193); Kris Boyd, Texas, CB (217); Dillon Mitchell, Oregon, WR (239); Olabisi Johnson, Colorado State, WR (247); Austin Cutting, Air Force, LS (250).
Analisi: Bradbury è senza ombra di dubbio predestinato ad una maglia da titolare fin da subito, in quanto secondo molti analisti l’ex N.C. State è uno dei migliori centri usciti dal draft negli ultimi anni. Irv Smith probabilmente andrà a rimpiazzare l’attempato Rudolph e potrà rendersi utile anche in run blocking; Mattison è un’ottima polizza assicurativa per Dalvin Cook, runningback tanto fragile quanto talentuoso, mentre Samia grazie alla propria fisicità e rabbia agonistica potrebbe calcare il campo in tempi relativamente brevi. Smith è un ottimo run defender, Watts può risultare piuttosto efficace nel portare pressione dall’interno ed Epps è un safety vecchia scuola che non ha timore di sacrificare il proprio corpo in nome di una big hit: tutti loro probabilmente non riceveranno fin da subito un numero considerevole di snaps, ma avranno l’opportunità di imparare da alcuni dei migliori nel ruolo. Johnson ha tutte le carte in regola per trasformarsi in steal, mentre Mitchell avrà bisogno di tempo per trasformarsi in un ricevitore completo, ma la sua abilità nel generare yards con la palla in mano potrebbe spingere Minnesota a dargli un posto nel roster.
Voto: 7,5. Missione compiuta: l’obiettivo era quello di mettere Cousins in condizione di arrivare ai quarant’anni e questo draft è stato modellato proprio intorno a questa idea. Oramai l’investimento è stato fatto, pertanto metterlo nelle migliori condizioni possibili per onorare il proprio contrattone è stata senza dubbio la scelta più saggia: nel mentre, però, hanno anche dato profondità ad un reparto difensivo che sta inesorabilmente invecchiando.
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NFC EAST
Dallas Cowboys
Cosa serviva: un tight end, rafforzare entrambe le linee ed aggiungere ulteriore profondità in secondaria.
Com’è andata: Trysten Hill, UCF, DT (58); Connor McGovern, Penn State, OG (90); Tony Pollard, Memphis, RB (128); Michael Jackson, Miami, CB (158); Joe Jackson, Miami, DE (165); Donovan Wilson, Texas A&M, S (213); Mike Weber, Ohio State, RB (218); Jalen Jelks, Oregon, EDGE (241).
Analisi: Trysten Hill andrà a rimpiazzare il recentemente ritirato Irving: esplosività e primo passo sono le sue armi migliori e con ogni probabilità saprà contribuire fin da subito. McGovern potrebbe essere la risposta all’annoso problema della guardia sinistra e credo avrà modo di mettersi in mostra fin da subito; Pollard e Weber sono due runningback che hanno fatto dell’elusività il proprio tratto distintivo e Pollard nello specifico potrebbe quasi essere visto come slot receiver piuttosto che vero e proprio runningback, in quanto è partito dalla slot nel 70% degli snap giocati lo scorso anno. Michael Jackson -che come Michael Jordan lo si trova in ogni draft- è un cornerback estremamente fisico che rappresenta una polizza assicurativa nel caso di dipartita di Byron Jones durante la prossima free agency, mentre Joe Jackson è un pass rusher criminalmente sottovalutato in grado di arrivare al quarterback con discreta regolarità. Wilson è un safety estremamente fisico che saprà assicurarsi un posto nel roster grazie al contributo negli special teams ed alla sua carismatica personalità.
Voto: 7+. Discreto draft pure quello dei Cowboys, che si sono garantiti due possibili contributori immediati in Hill e McGovern. L’importanza degli altri giocatori selezionati probabilmente la scopriremo solo fra un paio di anni, ma ciò non basta per abbassare una valutazione che ha perso qualche punto per la mancata selezione di un tight end.
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New York Giants
Cosa serviva: forse tutto, forse niente. Chiedete a Gettleman per maggiori informazioni.
Com’è andata: Daniel Jones, Duke, QB (6); Dexter Lawrence, Clemson, DT (17); Deandre Baker, Georgia, CB (30); Oshane Ximines, Old Dominion, DE (95); Julian Love, Notre Dame, CB (108); Ryan Connelly, Wisconsin, LB (143); Darius Slayton, Auburn, WR (171); Corey Ballentine, Washburn, CB (180); George Asafo-Adjei, Kentucky, OT (232); Chris Slayton, Syracuse, DT (245).
Analisi: Non ho intenzione di perdermi in analisi troppo approfondite, a volte less is more: Daniel Jones alla sei è un errore, un gravissimo errore, in quanto utilizzare una scelta così alta per un giocatore che probabilmente dovrà aspettare tre anni prima di portare il suo contributo alla causa è una clamorosa sciocchezza, aggravata dal fatto che con tale scelta avrebbero potuto garantirsi Allen. Lawrence va di fatto a ricoprire l’immensa lacuna creatasi con la dipartita di Snack Harrison, mentre Baker va ad aiutare in una posizione di assoluto bisogno e, stranamente, non è etichettabile come reach. Ximines e Love sono state due scelte che mi sono piaciute, in quanto il primo è un pass rusher schematicamente adeguato ai piani di Bettcher, mentre il secondo è un cornerback estremamente difficile da battere soprattutto con la palla in aria: doveva essere selezionato molto prima. Ballentine rende al meglio in copertura a uomo; Slayton e Asafo-Adjei potrebbero vedere il campo anche da rookie, in quanto entrambi hanno il potenziale e le abilità per rendersi utili fin da subito.
Voto: 5,5. Non riesco a metabolizzare la decisione di prendere Jones con la sesta scelta assoluta: ecco a voi spiegata la rara insufficienza.
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Philadelphia Eagles
Cosa serviva: individuare il successore di Peters, aiuto in secondaria, pass rusher ed un vero runningback one.
Com’è andata: Andre Dillard, Washington State, OT (22); Miles Sanders, Penn State, RB (53); J.J. Arcega-Whiteside, Stanford, WR (57); Shareef Miller, Penn State, DE (138); Clayton Thorson, Northwestern, QB (167).
Analisi: Dillard con ogni probabilità era il miglior tackle disponibile lo scorso fine di settimana e Philadelphia si è di fatto garantita il successore al sempre eccellente ma non eterno Jason Peters: pochi altri giocatori si sono dimostrati altrettanto efficaci nel pass blocking e la coppia del futuro Dillard-Johnson potrebbe essere definita come il miglior duo di tackle della lega. Ottima scelta quella di prendere Miles Sanders, runningback che credo abbia distrutto ogni speranza di Jordan Howard di ricevere la maggioranza delle portate: se riuscirà a ridurre i fumble potrebbe ritagliarsi uno spazio importante fin da subito. Eccellente Arcega-Whiteside alla cinquantasette, in quanto pochi ricevitori sono altrettanto efficaci nel vincere le cosiddette fifty-fifty jump-ball: come nel caso di Sanders, credo che gli saranno date diverse opportunità di mettersi in mostra fin da subito. Miller, anche se avrà bisogno di tempo, è un project player che possiede tratti fisici ed atletismo necessari per trasformarsi in un pass rusher da dieci sack costanti, mentre selezionare un quarterback era fondamentale, vista la dipartita di Foles.
Voto: 8. Poche scelte ma mirate e di qualità: ottimo draft quello degli Eagles, che sono riusciti ad indirizzare i principali bisogni mettendo le mani su giocatori che probabilmente sapranno rendersi utili alla causa fin da subito. Ho personalmente amato le scelte di Sanders ed Arcega-Whiteside.
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Washington Redskins
Cosa serviva: quarterback del futuro -e presente-, ricevitori e pass rusher.
Com’è andata: Dwayne Haskins, Ohio State, QB (15); Montez Sweat, Mississippi State, OLB (26); Terry McLaurin, Ohio State, WR (76); Bryce Love, Stanford, RB (112); Wes Martin, Indiana, OG (131); Ross Pierschbacher, Alabama, C (153); Cole Holcomb, North Carolina, LB (173); Kelvin Harmon, North Carolina State, WR (206); Jimmy Moreland, James Madison, CB (227); Jordan Brailford, Oklahoma, EDGE (253).
Analisi: Haskins, il quarterback più pro-ready -a mio avviso- del draft, alla quindici indubbiamente alzerà la loro valutazione, in quanto Washington è riuscita ad indirizzare un problema che tormentava il loro presente e futuro: regalargli pure McLaurin, compagno di squadra al college, dà a Washington un pericoloso deep threat con già ottima intesa con il proprio quarterback titolare. Sweat, problemi cardiaci permettendo, potenzia immediatamente il pass rush in quanto pochi prospetti disponibili erano in grado di arrivare al quarterback avversario con altrettanta consistenza. Love dà a Gruden un’altra interessante opzione in un backfield che zitto zitto si è trasformato in uno dei più profondi della lega; Martin e Pierschbacher garantiscono profondità in un reparto negli ultimi anni martoriato da infortuni ed ovvia instabilità. Holcomb, Moreland e Brailford migliorano profondità e qualità del reparto difensivo e personalmente sono curioso di vedere cosa sia in grado di fare Moreland in NFL: la ragione per cui è stato selezionato così tardi è la statura, ma in questi anni ha dimostrato di possedere un fiuto per l’ovale più da ricevitore che da defensive back. Harmon alla 206? Potenziale steal.
Voto: 9. In assoluto il mio draft preferito: Washington si è garantita giocatori attorno al quale costruire una vera e propria contender. Sono riusciti ad ottenere esattamente ciò che volevano senza mai sacrificare nulla ed un paio di scelte nei round tardivi potrebbero, tra qualche anno, essere visti come autentici steal: la strada per il successo è ancora lunga ed impervia, ma questo draft sembra averli incanalati sui binari, finalmente, giusti.
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NFC WEST
Arizona Cardinals
Cosa serviva: un po’ di chiarezza ed in generale, tutto.
Com’è andata: Kyler Murray, Oklahoma, QB (1); Byron Murphy, Washington, CB (33); Andy Isabella, Massachusetts, WR (62); Zach Allen, Boston College, DE, (65); Hakeem Butler, Iowa State, WR (103); Deionte Thompson, Alabama, S (139); Keesean Johnson, Fresno State, WR (174); Lamont Gaillard, Georgia, C (179); Joshua Miles, Morgan State, OT (248); Michael Dogbe, Temple, DT (249); Caleb Wilson, UCLA, TE (254).
Analisi: Sistemata -con poca classe, ma andiamo oltre- la questione Rosen, Arizona ha garantito a Kingsbury tutto il necessario per costruire il proprio attacco dei sogni: Murray è un playmaker in grado di cambiare l’esito di una partita -e di un’intera organizzazione- tanto con le braccia quanto con le gambe ed i dubbi sul suo conto a causa della statura credo che fra qualche anno ci procureranno grasse risate. Isabella e Butler erano due dei migliori ricevitori disponibili: il primo fornisce a Murray un deep threat in grado di macinare yards after catch mentre il secondo un ricevitore fisico e completo che se in grado di risolvere i problemi di drop potrebbe trasformarsi in un gigantesco steal. Murphy, agli occhi di molti il miglior cornerback disponibile, al secondo giro è un altro affare anche perché può risolvere definitivamente la perenne ricerca di un compagno di merende per Patrick Peterson, la cui vita sarà resa più facile anche dall’innesto di Thompson, safety che doveva essere selezionato ben prima che alla centotrentanove. Zach Allen è un ottimo run defender che sta sempre più migliorando come pass rusher e che potrebbe formare con Jones un prodigioso duo; Johnson e Wilson potranno essere utilizzati da Kingsbury in svariati modi e rimpolpano ulteriormente un corpo ricevitori uscito immensamente potenziato dal draft, mentre Gaillard e Miles potrebbero aver modo di vedere il campo fin da subito in quanto la linea offensiva dei Cardinals è fra le peggiori in assoluto della lega.
Voto: 8+. Kingsbury ha ottenuto esattamente ciò che voleva, ed ora tocca a lui dimostrare di essere in grado di orchestrare un attacco ricolmo di potenziale. Personalmente avrei indirizzato con più decisione la linea d’attacco, reparto assolutamente putrido lo scorso anno, ma tutto sommato ciò non può oscurare quanto di buono fatto: potrebbe essere divertente vederli giocare.
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Los Angeles Rams
Cosa serviva: rimpolpare ulteriormente il pass rush, migliorare la secondaria ed individuare il post Whitworth.
Com’è andata: Taylor Rapp, Washington, S (61); Darrell Henderson, Memphis, RB (70); David Long, Michigan, CB (79); Bobby Evans, Oklahoma, OG (97); Greg Gaines, Washington, DT (134); David Edwards, Wisconsin, T (169); Nick Scott, Penn State, S (243); Dakota Allen, Texas Tech, LB (251).
Analisi: Rapp andrà a rimpiazzare il dipartito Joyner e con Weddle formerà un tandem di safety non particolarmente atletico, ma estremamente cerebrale ed in grado di arrivare al pallone con buona continuità. Interessantissima la selezione di Henderson con la numero settanta: che l’era Gurley sia vicina ad una precoce conclusione? Buona scelta quella di David Long alla settantanove: il ragazzo ha concesso solamente 18 ricezioni in tutta la sua carriera universitaria, e credo vedrà il campo fin da subito. Evans ed Edwards vanno a migliorare la profondità di una buonissima linea d’attacco ed Evans in particolare sembra destinato a sostituire Whitworth una volta che l’ex Bengals appenderà gli scarpini al chiodo: nel mentre può svezzarsi come guardia, ruolo in cui la dipartita di Saffold ha creato una lacuna. Gaines è un nose tackle che guadagnerà il pane grazie alla difesa sulla corsa, in quanto offre poco per quanto riguarda il pass rush. Nick Scott e Dakota Allen -star di Last Chance U- danno ulteriore profondità al reparto difensivo e probabilmente i loro primi snap li giocheranno negli special teams.
Voto: 7. Sono riusciti ad indirizzare la maggior parte dei bisogni e nel mentre hanno aggiunto profondità in posizioni piuttosto delicate: Los Angeles vuole vincere ora, pertanto i vari Rapp e Long dovranno riuscire a contribuire fin da subito. Draft non spettacolare ma solido, ed a volte ciò basta ed avanza ad una contender.
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San Francisco 49ers
Cosa serviva: rinforzare la secondaria e mettere Garoppolo in condizione di rendere al meglio.
Com’è andata: Nick Bosa, Ohio State, DE (2); Deebo Samuel, South Carolina, WR (36); Jalen Hurd, Baylor, WR (67); Mitch Wishnowsky, Utah, P (110); Dre Greenlaw, Arkansas, LB (148); Kaden Smith, Stanford, TE (176); Justin Skule, Vanderbilt, OT (183); Tim Harris, Virginia, CB (198).
Analisi: Aggiungere il miglior giocatore al draft e nel mentre rendere la propria linea difensiva una delle più profonde, giovani e spaventose della lega deve per forza di cose valere un buonissimo voto al lavoro di San Francisco: Bosa permette all’intera difesa di compiere un salto di qualità che li renderà indubbiamente più competitivi fin da subito. Samuel e Hurd probabilmente riceveranno numerosi snap fin da subito, in quanto l’abilità di Samuel nel correre tracce e nel macinare yards after catch aiuterà sicuramente Garoppolo, mentre Hurd -ex runningback- dovrà levigare alcuni aspetti del proprio gioco prima di poter guadagnare la fiducia di Jimmy-G. Harris e Greenlaw danno dinamicità e profondità alla parte posteriore del loro reparto difensivo, e personalmente credo che Harris alla 198 sia un’ottima value pick, mentre Smith e Skule per il momento dovranno accontentarsi di un ruolo da backup. Ho volontariamente saltato Wishnowsky, in quanto selezionare un punter con una scelta così alta a mio avviso non ha alcun senso, ma occorre ricordare che lo scorso anno i Seahawks con una mossa analoga si garantirono un First Team All-Pro in Dickson.
Voto: 7,5. Avrei voluto dar loro un otto tondo tondo, ma gettare alle ortiche una scelta così alta per un punter non mi ha lasciato altra scelta. San Francisco esce da questo draft assolutamente potenziata e rifornita ed a questo punto attendersi una qualificazione ai playoff ha decisamente senso: nonostante le loro ultime stagioni siano state clamorosi insuccessi principalmente a causa di continui infortuni e sfortuna generale, Shanahan sa che il tempo stringe.
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Seattle Seahawks
Cosa serviva: pass rusher, ampliare l’arsenale di Wilson ed aiuto di qualsiasi genere in secondaria.
Com’è andata: L.J. Collier, TCU, DE (29); Marquise Blair, Utah, DB (47); D.K. Metcalf, Mississippi, WR (64); Cody Barton, Utah, LB (88); Gary Jennings, West Virginia, WR (120); Phil Haynes, Wake Forest, OG (124); Ugo Amadi, Oregon, CB (132); Ben Burr-Kirven, Washington, LB (142); Travis Homer, Miami, RB (204); Demarcus Christmas, Florida State, DT (209), John Ursua, Hawaii, WR (236).
Analisi: Collier va di fatto a prendere il posto del recentemente tradato Clark, e la sua efficacia sia in difesa sulle corse che sul pass rush aiuterà Carroll a non sentire la mancanza del talentuoso defensive end spedito a Kansas City. Le voci di un imminente ritiro di Baldwin hanno spinto il front office ad investire pesantemente sui ricevitori: Seattle ha infatti selezionato l’iper-fisico Metcalf, il solido ed affidabile Jennings e l’intrigante Ursua, giocatore che avrà bisogno di molto allenamento prima di poter calcare il campo. L’atletismo e l’intelligenza di Barton potrebbero valergli una maglia da titolare fin da subito: lo stesso destino potrebbe essere riservato a Marquise Blair, il sostituto designato di Earl Thomas. Haynes dà profondità ad un’immensamente migliorata linea d’attacco, mentre Burr-Kirven potrebbe ritagliarsi uno spazio importante già da rookie grazie alla propria brillantezza in copertura. Homer e Christmas al momento non sembrano avere un ruolo ben preciso all’interno della squadra, ma nel caso di Homer siete ben consci di quanto a Carroll piaccia alternare più runningback durante il corso della partita.
Voto: 7. Draft solido nel quale Seattle ha voluto giustificare l’ingente sforzo economico appena compiuto per rinnovare Wilson: Metcalf ha tutte le carte in regola per trasformarsi in un WR1 ed in una macchina da touchdown, mentre le scelte fatte sul versante difensivo donano della sempre apprezzabile velocità ad un reparto reduce da una dolorosa e rumorosa metamorfosi.
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NFC SOUTH
Atlanta Falcons
Cosa serviva: pass rusher, aiuto a Jarrett e rafforzare la secondaria, senza dimenticare di aggiungere talento e competizione nella linea d’attacco.
Com’è andata: Chris Lindstrom, Boston College, OG (14); Kaleb McGary, Washington, OT (31); Kendall Sheffield, Ohio State, CB (111); John Cominsky, Charleston, DE (135); Qadree Ollison, Pittsburgh, RB (152); Jordan Miller, Washington, CB (172); Marcus Green, Louisiana-Monroe, WR (203).
Analisi: Lo scorso anno, oltre ad una miriade d’infortuni in difesa, ad affossare costantemente i Falcons ci ha pensato una linea d’attacco che ha concesso ben 42 sack: nonostante molti vedessero un rafforzamento del front seven come necessità primaria, è chiaro che gli innesti di Lindstorm e McGary aiuteranno immediatamente un reparto offensivo che per anni è stato in grado -da solo- di decidere le fortune dell’intera squadra. Sheffield è ancora troppo grezzo per poter essere visto come titolare, ma probabilmente la mancanza d’alternative potrebbe costringere Atlanta a fargli assaggiare il campo più prima che poi; Cominsky possiede sicuramente talento e tratti fisici adeguati per avere successo in NFL, ma dietro il suo scivolone fino alla 135 troviamo le preoccupazioni causate dalla scarsa competizione incontrata a livello collegiale. Ollison e Green dovranno trovare un modo per ritagliarsi uno spazio consistente in un attacco che seppur non brillante come qualche anno fa rimane profondo e sempre temibile, mentre se Miller ritroverà la forma di qualche anno fa potrebbe rivelarsi un’ottima value pick.
Voto: 6,5. Mi sono piaciute le mosse indirizzate a migliorare la linea d’attacco, ma Atlanta aveva il disperato bisogno di garantirsi un defensive tackle -e pure un paio di pass rusher- in grado di dare manforte al povero Jarrett: ignorare completamente tale necessità a mio avviso si rivelerà un errore che Atlanta pagherà a caro prezzo. In una division di matrice offensiva come la NFC South non riuscire ad applicare pressione al quarterback avversario può costare veramente caro, anche quando l’attacco riesce a mettere a segno più di trenta punti.
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Carolina Panthers
Cosa serviva: pass rusher, aiuto lungo tutta la linea d’attacco ed aiuto in secondaria… e magari qualche ricevitore di possesso!
Com’è andata: Brian Burns, Florida State, DE (16); Greg Little, Mississippi, OT (37); Will Grier, West Virginia, QB (100); Christian Miller, Alabama, DE (115); Jordan Scarlett, Florida, RB (154); Dennis Daley, South Carolina, OT (212); Terry Godwin, Georgia, WR (237).
Analisi: Serviva disperatamente un pass rusher e Carolina si è assicurata uno dei migliori disponibili selezionando Brian Burns con la scelta numero sedici: generatore costante di pressione, Burns sarà un immediato titolare sul cui groppone saranno caricate forse troppe responsabilità. Gregg Little è un ottimo pass blocker e renderà la vita immensamente più facile, fin da subito, a Newton o chi per lui: Grier con la centesima scelta dà a Rivera un’intrigante alternativa nello sciagurato caso in cui Newton dovesse perdere partite la prossima stagione. Se Miller riuscirà a rimanere sano Carolina si sarà assicurata un buon pass rusher da schierare con Burns. Problemi fuori dal campo hanno reso Scarlett protagonista di uno scivolone fermato proprio dai Panthers, che si sono garantiti una buonissima alternativa allo stakanovista McCaffrey; Godwin e Daley potranno dir la loro pressoché subito, anche se vista la posizione in cui sono stati selezionati un posto nel roster è tutt’altro che garantito.
Voto: 7,5. Sono riusciti ad indirizzare bisogni urgenti garantendosi due contributori immediati come Burns e Little: ho apprezzato la scelta di Grier, in quanto date le condizioni fisiche di Newton avere un piano B era indispensabile, anche se personalmente avrei investito di più su skills player attorno a SuperMan, in quanto manca un ricevitore in grado di ricevere consistentemente palloni nel traffico.
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New Orleans Saints
Cosa serviva: mettere Brees in posizione di ottimizzare gli ultimissimi anni di carriera ed aiuto in secondaria.
Com’è andata: Erik McCoy, Texas A&M, C (48); Chauncey Gardner-Johnson, Florida, S (105); Saquan Hampton, Rutgers, S (177); Alize Mack, Notre Dame, TE (231); Kaden Elliss, Idaho, LB (244).
Analisi: La priorità dei Saints era quella di rimpiazzare il recentemente ritirato Max Unger, “capo” di una linea d’attacco che ha consistentemente permesso a Brees ed al running game di mettere insieme numeri da Madden: credevo McCoy venisse selezionato al primo round, invece fortunatamente per i Saints così non è andata e sono stati in grado di garantirsi un centro in grado di giocare titolare già da settembre. Gardner-Johnson alla centocinque è un esempio di value pick, in quanto la sua versatilità permetterà a Dennis Allen di usarlo in svariati modi, mentre Hampton e Elliss per il momento altro non servono che a garantire profondità all’intero reparto difensivo: la natura ibrida di Elliss, come nel caso di Gardner-Johnson, gli permetterà probabilmente di tastare il campo con consistenza già da rookie. Mack darà il suo contributo quasi esclusivamente come ricevitore in quanto troppo spesso si è rivelato inadeguato nel run blocking.
Voto: 7-. Poche scelte, ma almeno due di qualità: McCoy e Gardner-Johnson contribuiranno fin da subito in posizione di assoluto bisogno. Resta da vedere se l’aver sacrificato la scelta al primo giro per l’acerbo Davenport ricompenserà l’ingente sforzo fatto.
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Tampa Bay Buccaneers
Cosa serviva: qualsiasi genere di aiuto in difesa.
Com’è andata: Devin White, LSU, LB (5); Sean Bunting, Central Michigan, DB (39); Jamel Dean, Auburn, CB (94); Mike Edwards, Kentucky, S (99); Anthony Nelson, Iowa, OLB (107); Matt Gay, Utah, K (145); Scott Miller, Bowling Green, WR (208); Terry Beckner Jr., Missouri, DT (215).
Analisi: Qualcuno può storcere il naso davanti alla decisione di selezionare un inside linebacker con la quinta scelta assoluta, ma White affiancato a David dà ai Bucs un corpo linebacker dinamico ed estremamente moderno: solo il tempo riuscirà a dirci se esser passati oltre il portentoso Allen si rivelerà una buona scelta. Bunting potrebbe diventare un buon cornerback, ma personalmente credo ci fossero alternative migliori alla numero trentanove; Dean è un cornerback spaventosamente fisicato che ad una prima occhiata potrebbe essere tranquillamente scambiato per un linebacker, anche se una volta visto in azione uno non può che rimanere impressionato dal suo sovrumano atletismo. Edwards e Nelson avranno la possibilità di competere immediatamente per una maglia da titolare: Nelson in particolar modo è un giocatore che ha dimostrato di poter produrre con consistenza. Beckner è un mostro in grado di tenere occupati contemporaneamente due offensive lineman, mentre Miller potrebbe essere visto come l’immediato rimpiazzo di Adam Humphries. Non mi esprimo sul kicker Gay alla 145, in quanto sopra Tampa Bay sembra aleggiare una maledizione in grado di deragliare la carriera di qualsiasi kicker.
Voto: 7. Ho apprezzato infinitamente il fatto che Arians, allenatore di matrice offensiva, abbia deciso di dedicare tutte e cinque le sue prime scelte ad un reparto difensivo costantemente inetto: servirà tempo per capire se White con la quinta scelta assoluta sia un reach, ma è innegabile che vista la dipartita di Alexander Tampa Bay avesse bisogno di un sostituto da gettare immediatamente nella mischia e, a mio avviso, sono riusciti a compiere un salto di qualità.
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Mattia, 27 anni.
Scrivo e parlo di football americano per diventare famoso sull’Internet e non dover più lavorare.
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