Costruirsi la fama di squadra imbattibile e già destinata a lidi esclusivi non equivale ad aver già agguantato il proprio traguardo. E’ questa la lezione della settimana, o più correttamente del mese, per dei Los Angeles Rams che hanno visto cadere alcune delle loro sicurezze in questo periodo pre-natalizio, vedendo scendere il livello delle loro altrimenti sublimi prestazioni risultando irriconoscibili, con la potenzialmente dolorosa conseguenza del dover allentare la presa sul primo posto assoluto del ranking Nfc riducendo il numero di occasioni postseason in cui il Coliseum aprirà i battenti.

Jared Goff ha sempre meno tempo per lanciare.

Il risultato favorevole conseguito dai Saints nel Monday Night non depone a favore della causa dei ragazzi di Sean McVay, in quanto ora la frittata è servita ed è sufficiente che Drew Brees conduca i suoi ad un’ultima vittoria prima di potersi dichiarare matematicamente miglior compagine della Nfc, chiudendo le discussioni sul vantaggio del fattore-campo per tutta la durata dei playoff. Visto e considerato lo stato di forma attraversato dalla squadra della Louisiana in questo specifico momento, viene lecito pensare che sia sostanzialmente impossibile vederla terminare la regular season con due battute d’arresto consecutive, per cui il top della Nfc dovrebbe essere ragionevolmente già assegnato tenendo conto, tra l’altro, dello scontro diretto vinto in reguar season proprio contro i Rams.

Già, lo stato di forma. L’elemento essenziale che governa su tutto il resto è esattamente quest’ultimo. Quante volte abbiamo assistito ad un’improbabile corsa con conseguente vittoria del Super Bowl da parte di squadre conduttrici di una regular season non dominante? Quante volte il team con il miglior record assoluto ha dovuto sudare più delle proverbiali sette camicie per tenere alta la sua concentrazione dovendo cominciare una postseason che rappresenta un campionato tutto nuovo dove le forze tendono a riequilibrarsi grazie all’improbabilità data dalla singola partita?

I Rams stanno affrontando appunto questo dilemma. Fino ad un mese fa erano i signori incontrastati della National Football Conference, possedevano un attacco governato con il telecomando e due giocatori, Goff e Gurley, candidati al premio di Mvp stagionale, oltre a sfoggiare una difesa tutt’altro che impeccabile per guadagni avversari concessi ma che compensava colpendo duramente con sack, pressione e turnover centrando tutti i momenti più propizi delle partite anche più delicate. Oggi la faccenda è sensibilmente mutata, c’è da lottare e sfoderare gli artigli per tenersi stretta la possibilità del seed numero due, aggrappandosi alla possibile bye week di postseason per ricomporre le idee e fare gruppo attorno a tutte queste difficoltà emotive che sembrano aver ridimensionato un collettivo che aveva acquisito determinati automatismi, coltivando quindi un discreto numero di certezze.

I Bears hanno fortemente ridimensionato le velleità offensive dei Rams.

Il mese di dicembre ci ha abituati ad assistere a tutte le possibili combinazioni di upset, ma raramente una squadra perde la direzione e la consistenza nei risultati come accade ora a Los Angeles. Difficile capire se la grande sfida contro i Chiefs abbia svuotato psicologicamente e soprattutto fisicamente i Rams, fatto sta che proprio da quel momento le prestazioni sono calate, creando i presupposti per la prima mini-striscia di sconfitte consecutive del regime McVay, lasciando uno sbiadito ricordo di quell’attacco che scriveva a referto trentelli e quarantelli nel sonno, e di quella compagine la cui grandezza si evinceva non solo dalle statistiche, ma pure dalla capacità di portare a casa confronti duri e tirati come quelli vissuti contro Broncos e Seahawks, due partite dalle quali L.A. è uscita sfiancata, ma pure cresciuta.

In fondo, andare in difficoltà non è assolutamente un segno di debolezza se poi si trova comunque il modo di vincere, ed in ogni caso sono sempre e solo le avversità a forgiare coloro che poi vengono incoronati campioni.

Con questo presupposto i Rams avevano cominciato il cammino della parte conclusiva della loro stagione regolare battendo i Lions tra le mura della Motor City, un’affermazione faticosa che aveva visto l’allargamento del divario nel punteggio prendere forma solamente nel quarto periodo, nonostante sulla carta la pratica Detroit si sarebbe dovuta archiviare ben prima visti i record radicalmente differenti tra le due franchigie. All’epoca la ugly win – che conta comunque come le altre – aveva permesso ai losangeleni di essere incoronati campioni della Nfc West con largo anticipo pur consci del relativo valore espresso da tale conseguimento, fatto che non doveva mettere in secondo piano una prestazione insolitamente incolore da parte di Goff, ingabbiato per tre quarti dalla difesa di Matt Patricia, ed il fatto che il contributo di Aaron Donald (2 sack ed un fumble forzato) e dei compagni di reparto fosse stato essenziale per supportare la sopravvenuta mancanza di produzione offensiva.

Todd Gurley ha accumulato solo 76 yard su corsa nelle ultime due uscite, un problema da risolvere con urgenza.

Era stato un semplice e piccolo allarme, il cui rumore è stato nettamente amplificato in occasione della netta sconfitta contro i Bears, con i Rams fermi a soli 6 punti a causa del letterale dominio imposto dal fortissimo front seven dei principali concorrenti dei californiani per il secondo seed (Chicago ha una sola sconfitta in meno di L.A. e gode del vantaggio nel confronto diretto in caso di parità di bilanci), in quella che si è rivelata essere la peggior partita giocata da Jared Goff sotto la tutela di McVay. Nessun touchdown segnato e quattro intercetti sono dati che forniscono tutte le dovute spiegazioni, ma il fattore che ha colpito maggiormente è rintracciabile nella mancanza di sicurezza in fase di lancio, nel ridotto numero di secondi a disposizione per decidere il destinatario del pallone, in quello sguardo in cerca di risposte di cui prima non c’era bisogno, tante erano le certezze accumulate.

Poteva e doveva essere un caso isolato, una battuta d’arresto può capitare a tutti e spesso se ne trova pure beneficio specialmente con l’approssimarsi dei playoff, dove poi non è più concesso sbagliare. Contro Philadelphia si sono tuttavia visti gli stessi errori: Goff insicuro e spaesato al punto da gettare via in maniera insensata un pallone tra le braccia della difesa invece di prendere un sack, una difesa non più capace di arrivare con puntualità al quarterback con evidenti conseguenze negative per le secondarie, una linea offensiva improvvisamente piena di fessure evidenti, incapace di proteggere adeguatamente Goff e di aprire varchi per un Gurley firmatario di sole 76 yard sommate nelle ultime due uscite, una statistica letteralmente incredibile.

I Rams hanno disperatamente bisogno dei sack di Aaron Donald.

Quanto appena elencato non può che mettere in luce alcuni errori interpretativi commessi da McVay, colpevole dell’aver sostanzialmente abbandonato le corse in due partite consecutive. Godeva di tutte le motivazioni possibili per farlo, certo, i Bears difendevano schierando sei uomini sulla linea di scrimmage e Philadelphia aveva perso il conto dei defensive back accuratamente riposti in injured reserve, quindi le situazioni chiamavano lanci in quantità industriale, tuttavia l’inefficienza dell’offensive line ha costretto il giovane head coach a rinunciare progressivamente tutti quegli schemi che richiedevano dropback profondi visto il costante aumento della pressione e dei colpi ricevuti dal quarterback, togliendo di mezzo tanto l’efficienza di ricevitori verticali come Brandin Cooks quanto la credibilità dell’altrimenti letale playaction dei Rams.

Per riprendere la direzione corretta è altresì d’obbligo una netta sforbiciata nei settori penalità e turnover. Ai quattordici fazzoletti gialli comminati contro Los Angeles nelle ultime due partite si aggiungono sette palloni persi nella medesima misura temporale, ivi compresi cinque intercetti a carico di Goff ed un fumble decisivo commesso domenica da JoJo Natson nei minuti finali della gara contro gli Eagles, andato a cancellare ogni residua possibilità di rimonta per i suoi colori.

Il lavoro di ripristino della precedente lucidità di squadra non è poco, al contrario del tempo rimasto per eseguire i necessari aggiustamenti. Non che il calendario restante sia impegnativo, anzi, i Rams debbono concludere il loro cammino divisionale contro Cardinals e Niners per poi passare con la mente a gennaio, ma molto probabilmente non potranno permettersi il lusso di risparmiare i titolari durante la diciassettesima giornata di campionato, proprio perché Chicago è vicina ed ogni passo falso potrebbe retrocedere L.A. ad una Wild Card, evento che dopo una regular season di tale qualità sarebbe davvero infausto.

Sean McVay è in cerca di risposte urgenti.

Un anno fa Sean McVay e la sua promettente giovane squadra hanno tratto insegnamenti importantissimi dall’aver dominato una regular season per poi uscire subito dai playoff, un’esperienza che ha reso la franchigia più forte mentalmente, più grintosa nel volere quel traguardo che tutti sognano. Ora come non mai è fondamentale mettere in pratica tutto quanto acquisito nel corso dell’annata scorsa, nella quale i Rams sono stati la realtà più sorprendente della Lega, utilizzando gli ultimi due impegni per schiarirsi le idee ma soprattutto per ritrovare la consistenza offensiva e l’aggressività difensiva.

Nulla di disastroso, per carità, ci sono squadre che firmerebbero documenti fasulli per ottenere in cambio il record di 11-3 con cui Los Angeles naviga all’attualità, resta il fatto che la situazione abbia comprensibilmente lasciato un gusto amaro e che l’ambiente stia vivendo con preoccupazioni inattese, camminando su un filo più assottigliato che in precedenza.

E’ ora tempo di rialzarsi, raccogliere le idee e trovare le soluzioni per ciò che improvvisamente non gira più. Davanti ci sono due impegni contro rivali che non hanno più nulla da chiedere a questa stagione se non che la stessa finisca presto, confronti assolutamente gestibili a patto che si riesca a tornare nella propria dimensione di apparente invincibilità, a caccia di quella stessa fiducia nei propri mezzi che ha trasportato i Rams fino a questo punto, dando loro la realistica prospettiva di poter vincere il prossimo Super Bowl.

A loro il compito di dimostrare che nulla è cambiato.

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