Adrian Peterson, Alex Smith e Vernon Davis.
Non è un articolo sul football vintage di qualche anno fa ma è parte del nucleo dell’attacco Redskins 2018/2019.
Attacco che rispetto alla difesa scricchiola in questo start di stagione (25°) ma che contribuisce come andremo ad analizzare alla riuscita della finora buona annata dei colleghi in copertura.
Approfittando anche della sbornia post Super Bowl di Philadelphia, Washington si trova in testa alla NFC East con il record di 5-2!
Il prodotto di Oklahoma, uno dei più forti runningback di sempre, capace di sfiorare anni fa il record di corse di Eric Dickerson (2105 yds), si trova oggi, dopo anni di problemi fuori dal campo, di infortuni e di un ovvio calo fisiologico e mentale, ad essere il fulcro del gioco offensivo orchestrato da Matt Cavanaugh. Lui che era giunto nella Capitale per fare da chioccia ad altri corridori e per essere impiegato in pochi ma importanti snap a corto yardaggio, missione che era fallita miseramente a New Orleans ed interrotta da problemi fisici in Arizona.
Per descrivere il secondo potremmo racchiudere la sua storia sportiva parlandone come la più sopravvalutata prima scelta al draft di sempre ma allo stesso tempo il più sottovalutato franchise quarterback degli ultimi quindici anni. Probabilmente la via di mezzo fa di Smith un ottimo ragioniere dell’ovale capace di far trascorrere il tempo, muovere catene e lanciare a corto raggio con una precisione da cecchino. Quel che manca nel palmares è la giocata vincente, la ciliegina sulla torta che non gli ha mai permesso di essere inserito nell’elite del ruolo.
I problemi che hanno attanagliato da anni il running game nella capitale fa si che Adrian sia oggi il più affidabile nel ruolo ed anche un ottimo target per Smith negli screen pass; ovvio l’esplosività degli anni d’oro è un ricordo che non permette al 33enne ex Vikings di rompere i blocchi e partire per una trentina di iarde come una volta ma l’abilità a leggere le situazioni della defensive line avversaria è cruciale per prendere down ed aiutare Alex a muovere le lancette. In classifica la squadra è all’ottavo posto su gioco di corsa ed in queste prime weeks Peterson è stato chiamato in causa ben 127 volte in 8 partite partendo sempre titolare e acquisendo da subito la fiducia di Jay Gruden. Ha racimolato un ottimo numero di yards sia su corsa (587) che su passaggio (151 su 9 ricezioni) con due fumble persi. Statistiche che se proporzionate ad un’intera stagione lo proietterebbero ai vecchi fasti di Minny. Questo perché Chris Thompson, sulla carta RB di punta e forse il partente ha concluso lo scorso anno e ripreso il 2018 con molti acciacchi. Comunque va detto che il profilo da Florida State ha dimostrato un’ottima sicurezza più in ricezione che su corsa; pensare che su 10 gare lo scorso anno delle 804 yds totali ben 510 sono arrivate su passaggio; idem quest’anno con 209 da lancio su 28 prese in 6 partite. Altra situazione cardine che porta al cospicuo utilizzo di AP è stata la fine anticipata della stagione di Derrius Guice, rookie da LSU che rimarrà a guardare i compagni per l’infortunio subito al crociato in preseason. Poca fiducia per Samaje Perine e Kapri Bibbs. Il giovanissimo da Oklahoma non è riuscito a compiere il salto di qualità dopo l’incoraggiante stagione da rookie a 3.4 yds di media per 603 totali di corsa e 162 di passaggio. Quest’anno è sparito dalle rotazioni dell’offensive coordinator ed è stato impiegato solo per tre portate contro Panthers e Cowboys. Il secondo, utilizzato per piccoli guadagni con un average di 3.6 si è però fatto rispettare contro Dallas dove ha siglato un touchdown ed ha guadagnato 56 yards totali tra corsa e passaggio. L’eccessivo affidarsi a Peterson provoca però ritorsioni statistiche sul gioco di passaggio e sulle varianti nel gioco d’attacco.
Per questo motivo Davis & Co devono spartirsi l’esiguo numero di lanci che il quarterback destina loro rispetto all’esagerato utilizzo di corse o screen pass options. Grandissimo tight end a lungo raggio, bandiera dei 49ers e compagno per anni di Alex Smith, dopo un Super Bowl da comprimario a Denver Vernon ha trovato ai Redskins nuovi stimoli riuscendo in due anni e nella stagione in corso a mettere insieme ottime stats mantenendo spesso un posto di rilievo nel roster. Ovviamente tra i tre inizialmente citati è quello che riceve meno targets vista la presenza (se in salute) di Paul Richardson Jr e Jamison Crowder sull’ampio e della stella Jordan Reed (quasi 1000 yds nella sua miglior stagione tre anni) nonché dell’ormai “aggiunto” ricevitore sul breve Chris Thompson. Detto questo in cruciali terzi anche quest’anno è riuscito a ripagare la fiducia del quarterback col quale si intende a memoria da anni. Le frequenti assenze di JC80 per i problemi alla caviglia, di PR10 (ginocchio e spalla), le limitazioni che hanno impedito la crescita di Josh Doctson e l’addio di Ryan Grant aggiunte all’attitudine nella carriera di Smith a prediligere piccoli guadagni e connessioni coi running back fanno si che Washington sia nelle ultime posizioni per yds su passaggio a partita (212.7 con solo 228 tentativi) a differenza degli attempts sulle rushing yds (210, tra i primi).
Statisticamente però, la presenza di Smith giova a tutte le difese dove ha giocato: nei vecchi Niners di Jim Harbaugh, plasmati dal coach in una feroce ed aggressiva defensive line diretta da dietro dagli allora invalicabili NaVorro Bowman, Patrick Willis e Aldon Smith, così come nel sistema Andy Reid dei Kansas City Chiefs, fatto di piccoli e continuativi possessi. Metodo che permise ad una retroguardia orchestrata da Justin Houston e Derrick Johnson e protetta sul lungo dai formidabili Eric Berry, Brandon Flowers e Tamba Hali di gridare al miracolo come una delle più forti ed impenetrabili del decennio.
Dirette dopo di lui da Kaepernick e da Mahomes le due squadre hanno cominciato ad accelerare nella fase d’attacco con due QB innamorati della palla e delle corse, nonché del gioco a sensazione e dei big play, ma le loro difese hanno cominciato ad annacquare sparendo dai primi posti delle statistiche difensive. I 49ers hanno perso negli anni quella fama che li aveva reintrodotti nell’elite della Nfl dopo molti anni, i Chiefs di quest’anno, prelibati ed irraggiungibili attaccanti, si trovano però al penultimo posto per yards totali subite, al quartultimo per quelle su passaggio e al venticinquesimo per quelle su corsa.
I Redskins invece sono quinti per yards totali e secondi per rushing; un po’ indietro per quelle su lancio (13°). Una mini rivincita per i sempre criticati Jay Gruden (quinta stagione come head coach) ed il defensive coordinator Greg Manusky. Con Kirk Cousins e il suo gioco molto diverso e più offensivo con più di 4.000 yds lanciate la retroguardia è stata nel tempo costretta in molte partite ad interminabili e faticosi drive per recuperare l’ovale che l’attacco non riusciva a conservare per più di qualche down; basti pensare che lo scorso anno chiusero con un penoso ventisettesimo posto difensivo.
Artefice di questi ottimi risultati oggi una linea composta da Jonathan Allen (sempre presente dopo un 2017 travagliato), il rookie Daron Payne (3 sack) e Matt Ioannidis (team leader per sacks) protetti dai soliti Mason Foster (tra i primi di lega per tackles) e Zack Brown, coadiuvati dalla coppia perfetta Preston Smith e Ryan Kerrigan (il quarto più pagato a roster). Nella secondaria, come già detto un po’ più in difficoltà senza più Kendall Fuller, emerge il cornerback Quinton Dumbar che ha già raggiunto in solo sei partite (per problemi ad una gamba) quasi lo stesso numero di tackles dello scorso anno, Josh Norman, grande investimento 2016 e soprattutto il leader NFL per intercetti D.J. Swearinger Sr. Ormai una certezza e titolare come strong safety Montae Nicholson, ottimo contro Giants e Packers.
Dietro solo a Rodgers e Brees per interceptions, l’attacco orchestrato da Smith riesce a rimanere in campo quasi più di qualunque altra squadra permettendo alla difesa di respirare e ricaricarsi: col vecchio QB era al ventesimo posto per tempo di possesso dell’ovale a fronte del secondo di oggi dietro solo ai campioni in carica di Philadelphia. Molto importante però è sapere che il 68% di questo possesso avviene nei primi due quarti di gioco per poi calare inesorabilmente nelle ultime due frazioni. Questo avviene per la carenza di un gioco adeguato di passaggi per i motivi che abbiamo visto e per il ricorrere quasi sempre all’opzione Peterson o corto yardaggio che permette agli avversari di prendere le misure a schemi statici e a lungo andare prevedibili. Nonostante il qb sia protetto da una linea offensiva che riesce ad evitargli molti sacks (solo 13), non riesce mai ad estrarre dal cilindro una giocata a sensazione, vuoi per i suoi storici limiti o per un playbook che preferisce andare sul sicuro senza rischiare takeaways. Parliamo della star Trent Williams, Shawn Lauvao, Brandon Scherff, Morgan Moses ed il centro Chase Rouller (o in alternativa Bergstrom).
L’asettico gioco offensivo di Dallas, Carolina e New York nelle ultime tre W ha aiutato non poco a coprire le difficoltà a chiudere i match di Smith & co. Washington è la squadra prima per minor margine di punti a vittoria. Basse soprattutto le percentuali di chiusura nei terzi down (23mo posto con uno scarno 38%) dove la poca fluidità in attacco non permette ad Alex, ottimo ragionatore, di compiere scelte a sorpresa che spiazzano i rivali. Quel che invece e come detto riusciva prima a Kaepernick ed ora a Mahomes. Certo non è aiutato dalle tracce di Cavanaugh che prevedono lanci corti per Thompson, Reed o Davis oppure dar palla a Peterson e vedere quel che succede. Gli avversari, preparati a questo, sanno spesso come gestire queste scelte e si comportano di conseguenza rischiando nelle fasi cruciali molti blitz nei terzi lunghi: nel migliore dei casi mancata chiusura del down e punt, nel peggiore palla persa, come nel sanguinoso lost fumble a partita chiusa contro i Giants.
Il calendario, finora amico, ha portato la franchigia della Virginia a disputare una sola partita “fuori portata” contro New Orleans al Superdome, dove sono stati impallinati da Drew Brees e soci. Per il resto i derelitti Cardinals e New York in trasferta, al FedEx contro Indy (unico rimpianto di stagione) e gli attacchi spuntati di Panthers e Cowboys. Unica vittoria di valore, quella casalinga al cospetto di Aaron Rodgers, un po’ troppo spesso “abbandonato” negli ultimi anni dai compagni e dal proprio coach. Bisognerà cambiare ritmo e rischiare qualcosa in più in attacco contro avversarie di ben diverso tenore che si apprestano a farsi vive al cospetto dei pellerossa (Atlanta, Houston e Phila due volte) mentre sulla carta sembrano fattibili la rivincita ad Arlington (anche se con un Amari Cooper in più) ed in casa contro Odell, in trasferta con le calanti Jacksonville, Titans e Tampa.
Dopo le cocenti e continue delusioni degli ultimi anni, dovute in parte ad un cast sopravvalutato ed a stagioni miseramente terminate nella parte finale di regular season, i calorosi supporters di Washington DC hanno iniziato questa stagione senza le vecchie pretese, quando con giocatori come RGIII, DeSean Jackson o il super contratto di KC8 si attendevano annate da protagonisti. In una conference dove nei pronostici iniziali le possibilità di arrivare in fondo erano limitate a squadre come i campioni in carica di Phila, Rams, Vikings, Packers, Nola, Falcons e Panthers qualunque cosa fosse uscita fuori nella propria Division sarebbe stata presa con soddisfazione: e così sta accadendo.
“Malato” di sport a stelle e strisce dagli anni 80! Folgorato dai Bills di Thurman Thomas e Jim Kelly, dal Run TMC e Kevin Johnson, dai lanci di Fernando Valenzuela e dal “fulmine finlandese”. Sfegatato Yankees, Packers, Ravens, Spurs e della tradizione canadese dell’hockey.