Se il campionato finisse ora i New York Giants avrebbero in tasca la prima scelta assoluta per il draft 2019 in virtù di un disastroso inizio di stagione con una vittoria e sei sconfitte.
Eppure le premesse per il 2018 dei quattro volte campioni Nfl erano ben altre: messa in archivio l’ultima annata con il pessimo McAdoo in panchina a New York si credeva che l’arrivo di Pat Shurmur, l’uomo che ha plasmato l’attacco dei Minnesota Vikings, potesse rilanciare anche da subito una squadra che perlomeno sulla carta dispone di talento in abbondanza, in attacco come in difesa, per competere all’interno della Nfc East.
I fatti ci dicono però che, se escludiamo le meravigliose dimostrazioni di istinto e talento del rookie d’oro Saquon Barkley, è molto difficile trovare qualcosa da salvare nell’avvio di stagione dei Giants.
Shurmur non sta riuscendo a dare la sua impronta riportando alla memoria gli anni complicati di Cleveland, il coach si trova ad essere costantemente sulla difensiva rispetto alle accuse dei media e davanti a sé ha la chiara evidenza di un attacco asfittico e improduttivo, 27esimo per punti per partita (19,6).
In tutto ciò la solita rumorosa stampa della Grande Mela ha abbondantemente identificato Eli Manning come colui al quale gettare addosso la pesante croce delle difficoltà offensive della squadra e tra le voci martellanti che continuano a chiedere la testa del quarterback c’è chi si è persino spi no ad invocare l’arrivo come salvatore della patria(?) del neotestimonial Nike Colin Kaepernick.
Ad animare ulteriormente la polemica nei confronti del due volte MVP del Super Bowl ci ha pensato il solito incendiario Odell Beckham jr., che durante un ‘intervista per Espn, accompagnato – ma perchè? – dal rapper Lil Wayne, ha velatamente messo in dubbio il rendimento di Eli nonchè il suo feeling col numero 10.
Ora, che il quarterback dei Giants si trovi nella fase calante della sua carriera è abbastanza chiaro, ma possiamo affermare con certezza che la maggioranza dei QB della lega farebbero meglio di lui in quel contesto? Si può ignorare che la offensive line di New York sia tra le peggiori dell’intera NFL (24 sack concessi) e che neppure l’innesto del left tackle Nate Solder, tanto brillante sotto coach Belichick quanto mediocre in questa stagione, abbia migliorato le cose?
Inoltre il tempo dedicato al tiro a segno mediatico contro Manning forse sarebbe stato meglio dedicarlo ad una riflessione seria sulla condizione presente e futura di Beckham all’interno dei Giants.
Il 13 in offseason ha avuto dal front office ciò che chiedeva diventando il wide receiver più pagato della lega il che, ovviamente, ha delle ovvie implicazioni.
Sul talento del biondo c’è poco da dire ma, al di là della costante presenza sui media per questioni che non riguardano le yards ricevute o le sue spettacolari catch ad una mano di cui può fregarci il giusto, i punti interrogativi sulla sua leadership sono tanti e ad oggi se vogliamo giudicare la sua consistenza a certi livelli di pressione l’unico elemento di cui disponiamo è il deludente wild card game contro i Packers di due stagioni fa.
Il grafico delle prime sette partite del suo 2018 è un continuo up and down e la sua manifesta discontinuità unita ad alcuni episodi rilevanti come la fuga anticipata nel finale del deprimente primo tempo contro Philadelphia e le frequenti dichiarazioni destabilizzanti hanno spinto l’uomo che gli verserà 90 milioni nei prossimi cinque anni, ossia l’owner John Mara, ad invitarlo pubblicamente a parlare di meno e performare di più.
Nel frattempo il front office è in fermento e sfumate le voci, probabilmente poco fondate, di una trade per Derek Carr il GM Gettleman, in vista della deadline per gli scambi, ha messo in atto una serie di mosse chiaramente indirizzate ad un piano di rebuilding spedendo il cornerback Eli Apple e il leader della linea difensiva “Snacks” Harrison rispettivamente a New Orleans e Detroit, incamerando scelte per il prossimo draft.
E qualora domenica il match con la rivale divisionale Washington portasse alla settima sconfitta stagionale il punto d’arrivo della squadra diventerebbe, inesorabilmente, proprio il draft del 2019.
La seconda metà di questa stagione rischia di proseguire all’insegna del “tankare e tankeremo”, insomma altre domeniche buie in vista di una futura ricostruzione che sarebbe però estremamente delicata.
I pilastri di questo rebuilding dovrebbero essere ovviamente un quarterback e una serie di elementi per rinforzare l’OL ma la classe dei QB del 2019 non entusiasma e inserire dei giovani offensive lineman in un contesto traballante non sarebbe certamente una cosa semplice.
Passare nel giro di poche settimane dall’ambire con cognizione di causa ai playoff ad entrare in un ordine di idee molto diverso è uno scossone che rischia di incrinare gli equilibri della franchigia e qualora la “ricostruzione” dovesse prolungarsi oltre il 2019 i Giants, dopo aver lavorato per un ritorno immediato ad alti livelli, non avrebbero probabilmente la solidità per resistere ad altre annate di sconfitte, tourbillon mediatico e malumori della loro superstar.