“You’re not supposed to be here”, recita una fortunata pubblicità della Nike con protagonista niente meno che LeBron James: no, lasciate perdere, scelta poco azzeccata in quanto Foles con King James ha ben poco a che fare.
“Mattia, chi c’è al Super Bowl?” mi hanno chiesto spesso amici poco informati che nonostante rientrino nella categoria “amici” evidentemente non leggono i miei articoli -sigh, sigh-: “New England Patriots contro Philadelphia Eagles.”
Sentendo le parole New England Patriots una luce si accende nei loro occhi, sanno di cosa sto parlando, ed infatti automaticamente parte un “Quelli di Tom Brady?”: sì, quelli di Tom Brady.
Il problema sorge quando chiedendomi chi sia il quarterback di Philadelphia ad un “Nick Foles” rispondano con un sonoro “Chiii?”: vedete cosa succede a non leggere i miei articoli?
Forse dovrei finirla di scrivere quando sono indietro di sonno… forse.
Come si può intuire dalla mia divagazione soprastante, al semplice pensiero di Tom Brady contro Nick Foles c’era poco spazio per la fantasia, New England avrebbe dovuto vincere senza troppi problemi, a patto che la difesa degli Eagles stesse calma: indovinate un po’, la tanto temuta D-Line di Philly ha concluso la partita con un solo sack -di discreta pesantezza, but still- e Brady la ha vivisezionata lanciando per ben 505 yards, facilmente record in un Super Bowl.
Come hanno vinto dunque questi Eagles?
Semplice, affidandosi a Nick Foles che con l’aiuto di un gameplan di rara brillantezza ed efficacia è riuscito a mettere insieme una prestazione leggendaria, valsagli giustamente l’onore di Super Bowl MVP.
Nick Foles? Seriamente, Nick Foles? Uno scenario tanto affascinante quanto improbabile faceva capolino nelle nostre considerazione pre-Super Bowl: cosa succederebbe se Foles vincesse il Super Bowl? Come gestirebbero la situazione, dal momento che questa è la squadra, la franchigia di Carson Wentz?
“Fortuna che ci sono i Patriots dall’altra parte a garantirsi che tutto ciò rimarrà pura e semplice fantasia.”
Si è visto cos’è successo.
L’infortunio di Wentz per me avrebbe dovuto coincidere con la fine della stagione magica degli Eagles, ed a giudicare da quanto accaduto contro Dallas l’ultima giornata, beh, era piuttosto facile pronunciarsi in tale pronostico: di ciò ne ho scritto estensivamente, non mi vergogno a dirlo, ed altro non contribuisce a rendere ancor più straordinaria l’impresa di Nick Foles, quarterback messo sotto contratto la scorsa primavera per una cifra intorno ai 5,5 milioni di dollari annuali con ben sette garantiti… fatto per il cui, ovviamente, avevo storto il naso e non poco.
Sbagliavo, perché l’esperienza è una skill in NFL, ed avere un discreto piano B nel caso il piano A subisca repentine interruzioni è sempre una buona idea: da qui ad aspettarsi che questo piano B porti tale squadra per la prima volta alla vittoria del Super Bowl ce ne passa, però.
Eppure Nick Foles è un quarterback che soli quattro anni fa aveva messo insieme una stagione storicamente efficiente andando a lanciare 27 touchdown a fronte di soli due intercetti: mica bruscolini, numeri mai visti… fino all’anno scorso, prima che Brady lanciasse un touchdown in più mantenendo inalterato il numero di intercetti.
Dopo quel magico anno, però, il buio: nel 2014 infatti i numeri sono tornati ad essere quelli di un quarterback medio, e dopo sole otto partite la sua stagione era già bella che finita.
Pensare che da lì in poi Foles potesse solamente risalire era legittimo, ma ecco la trade che lo porta ai Rams: non i dinamici, freschi e divertenti Rams di McVay, ma gli allora Saint Louis Rams di Jeff Fisher, l’equivalente di un paio di calzini a Natale per quanto riguarda divertimento ed innovatività e mi fermo qua, in quanto il mio parere su Fisher l’ho espresso più di una volta e non credo sia oggettivo. Ovviamente il 2015 di Foles è un incubo, gli intercetti lanciati magicamente superano i touchdown, e dopo sole undici partite l’esperimento viene definitivamente dichiarato un fallimento.
Qualche sporadica apparizione a Kansas City nel 2016 sembra volerci far intuire che la sua carriera è diventata quella di un backup in grado di garantire discreta stabilità in caso di infortunio al QB titolare: di Super Bowl MVP manco l’ombra, figuriamoci.
Torna in Pennsylvania dunque, laddove tutto era iniziato, ed a lui non si pensa minimamente: Wentz è fra i migliori giocatori della lega, il vero breakout player of the year, un candidato MVP rimasto tale a causa di un terribile infortunio, infortunio che sembrava aver compromesso in modo irreversibile la stagione di Philadelphia.
Essere contenti di ciò che si ha è una virtù nella vita reale, ma in NFL ciò può trasformarsi in necessità: la fiducia mostratagli dopo la deprimente prova contro Dallas sembrava figlia della circostanza, cliché obbligato perché si sa, nel football americano non si può, non si deve mai mollare.
Arrivano dunque i playoff, che per Philly iniziano ben una settimana dopo, in quanto il bye week garantito dal primo seed in NFC porta questo in dote; a posteriori probabilmente questa settimana in più ha permesso al geniale Pederson di trovare il modo di tenere in piedi la baracca anche senza il proprio franchise quarterback.
“Tenere in piedi la baracca” sembra essere l’espressione ad hoc per descrivere la prova di Foles contro Atlanta: partita pulita, efficace nella quale il must era evitare errori e, affidandosi ad abbondanti dosi di running game, giocare con il cronometro in mano per tenere fresca e riposata la prodigiosa linea difensiva. Gli incompleti lanciati in trenta tentativi sono solamente sette, e per quanto buono possa sembrarci il “246” sotto la colonna “yards lanciate” a colpire l’occhio sono gli zeri: zero touchdown lanciati, zero intercetti lanciati.
Senza infamia né lode, classico Foles.
Il sistema intorno a lui gli ha permesso di vincere pure in quest’occasione, classico Foles.
Ripensare a ciò, oggi sei febbraio, ci fa sentire veramente stupidi: ce lo meritiamo immagino.
Contro la terribile difesa di Minnesota teoricamente la corsa di Foles avrebbe dovuto fermarsi, la realtà avrebbe dovuto avere il sopravvento sull’ennesima feel-good story offertaci dal variopinto mondo sportivo a stelle e strisce: certo, i sette touchdown lanciati contro i Raiders nel 2013 fanno molto figo, però quanto fatto nel Championship Game contro Minnesota può comodamente rientrare nella categoria di “partita della vita”.
Erano sfavoriti -è lì che è nato tutto questo ambaradam degli Underdog- eppure Foles ha sfoderato una prestazione incredibile contro una delle difese più arcigne dell’ultimo lustro: 352 yards, tre touchdown e nessuna paura, come testimoniato dai due touchdown lanciati lunghi più di 40 yards.
Avere questo coraggio, questo piglio sfrontato contro questi Vikings non è per niente banale, e caro Nick, sai qual è la beffa: contro i Patriots per vincere dovrai giocare ancora meglio, soprattutto nel caso in cui il front seven non riuscisse ad aggredire Brady tanto quanto è necessario per mandarlo fuori ritmo.
Non avrei dato loro un centesimo -scommettere contro Brady al Super Bowl non è esattamente la migliore delle idee-, non avrei mai e poi immaginato che Foles sarebbe riuscito a risponde colpo su colpo a Brady e, come già detto prima, il solo pensiero di “Foles vs Patriots” sembrava dovesse riuscire ad evitarmi tali dubbi amletici.
Che stesse per succedere qualcosa di unico lo si è intuito dal touchdown lanciato a Jeffery: ci vogliono due grandi attributi per affrontare con questo spirito i Patriots, squadra nota per demolire i sogni avversari con una facilità che spesso sfocia in noia.
Ogni volta che la situazione sembrava stesse per complicarsi, ogni terzo e lungo apparentemente inconvertibile Foles è riuscito ad uscire vincitore con una tranquillità a tratti disarmante: sono i Patriots di Belichick e Patricia -non più-, non può essere così facile muoverci le catene contro.
Lancio dopo lancio si era capito che ciò che poteva essere il risultato di una serata alcolica con gli amici si stesse realizzando: Nick Foles sta tenendo testa ad uno dei migliori Tom Brady di sempre, potrebbe addirittura battere The G.O.A.T. al suo gioco, ovvero quello che si conclude con punteggi più vicini alla pallacanestro che al mondo NFL.
Il touchdown di ricezione sarà probabilmente ricordato come la giocata simbolo di questo Super Bowl, il simbolo della sfrontatezza e del genio di Pederson: ciò che più è simbolico è l’improbabilità del tutto… del touchdown ricevuto da un quarterback o dalla partita che tale quarterback sta giocando?
Non saprei rispondervi sinceramente.
So solamente che l’impensabile è successo, un trip si è trasformato in realtà, in storia ed effettivamente Nick Foles è riuscito a sconfiggere Tom Brady: il primo Super Bowl della storia degli Eagles è arrivato nel modo più improbabile con quello che si può definire come il quarterback più improbabile, soprattutto se pensiamo a Wentz.
Non sempre per fare notizia deve vincere il cattivo, il belloccio, l’amico di merende del presidente degli Stati Uniti, a volte basta un ragazzo come il cui tratto distintivo è la normalità: umiltà, cazzimma e coraggio, caratteristiche che contraddistinguono ogni supereroe che si rispetti.
Peccato che Foles del supereroe proprio non c’abbia i tratti, ma forse è meglio così: in un momento storico in cui la fiducia dell’uomo per il bene sembra essere sempre più vicina allo zero, che a vincere la partita più importante del mondo sia la squadra condotta da un normal man fa bene a noi tutti come civiltà.
Lo so, stiamo parlando solamente di una partita di football americano, forse mi sto allargando troppo, ma vi giuro che non è colpa mia: ad aver iniziato tutta questa follia ci ha pensato Nick Foles che da buon normal man qual è nemmeno è sicuro di vestire il verde degli Eagles nella prossima stagione.
Alle trade, ai mal di pancia ed agli adeguamenti contrattuali pensiamoci domani: continuiamo a celebrare quest’impresa, prima che divenga passato.
Mattia, 27 anni.
Scrivo e parlo di football americano per diventare famoso sull’Internet e non dover più lavorare.
Se non mi seguite su Twitter (@matiofubol) ci rimango male. Ora mi trovate su https://matiofubol.substack.com/
Dovrebbero riconfermarlo, anche a stipendio adeguato. Nella NFL le finestre sono strette (se non ti chiami Belichick) e quando hai una squadra buona devi vincere il possibile (al contrario di Seattle, per esempio).
Pochi si rendono conto di che razza di rendimento Foles abbia avuto nei playoff (senza la toppata di Jeffery sarebbe stato statisticamente perfetto) e un piano B di tale calibro è una risorsa incommensurabile.
Chissà se l’ottimo Pederson sarà d’accordo.
Mattia, non ti conosco di persona, per cui non rientro nella cerchia dei tuoi amici ma io i tuoi articoli li leggo regolarmente e sempre con molto piacere. Spero che questo ti possa consolare. :-)
Maurizio, se non sei mio amico te chi dovrebbe esserlo? :)
Come sempre, grazie mille!
Mattia confesso di capire ma non condivido il taglio del tuo articolo.
Non mi sono mai iscritto al club di coloro che giudicavano Philly finita insieme al crociato di Wentz.
Queste cose non funzionano nemmeno in sport di squadra decisamente più semplici e meno evoluti come il calcio, figuriamoci nell’NFL. A football si gioca in 51 e ci sono interi coaching staff deputati a costruire alternative.
Doug Pederson e i suoi l’hanno fatto. Cambiando il playbook dopo le prime apparizioni negative di Foles, potendo contare sulla settimana di bye per preparare al meglio le 3 partite che contano, gestendo la testa di Foles e dell’intera squadra. Siamo nell’NFL non per caso.
Questo tipo di ragionamento vale anche per il giudizio su Foles.
Foles non era uno “normale”. Hai ricordato la sua prima stagione a Philly tu stesso.
Poi ha avuto una carriera sfortunata, incappando in squadre non all’altezza o decisamente scombinate come i Rami di Fisher (che avrebbero reso piccolo anche Brady o PM).
Al contrario ha dimostrato di essere pronto al momento giusto e questo fa la differenza tra i normali e i campioni.
Ha giocato 3 partite perfette in una squadra e con un coaching staff che hanno preparato e giocato partite perfette.
Non dimentichiamo mai che il football è lo sport di squadra più complesso ed evoluto del pianeta. Senza BB, il coaching staff e i Pats Brady non sarebbe stato Brady.
Secondo me è vero il contrario, senza Brady, i Pats non sarebbero stati i Pats, e nemmeno BB avrebbe vinto così tanto.
Magari foles rimarra con gli eagles, e se non dovesse accadere, credo che potrebbe essere sicuro titolare in un altra squadra.
Mi è molto piaciuto, ed anche se ha alle spalle un coaching staff di primi ordine, nonché una ottima squadra, non ha sentito x nulla la pressione del SB, e questo almeno fino ad oggi lo rende un grande. Tanto di cappello a foles ed a philly