Da svariati anni oramai i Cleveland Browns stanno disperatamente cercando di riuscire in un esercizio per loro improbo: vincere partite. Installare una cultura che porti a risultati adeguati è assai difficoltoso se si mandano via allenatori con la stessa frequenza con cui si gettano gli involucri delle caramelle, e la logica conseguenza di tutto ciò non può che essere l’aver completato due sole stagioni vincenti dal 1999 ad oggi, anno del ritorno dei Browns in NFL, con una sola partecipazione ai playoff. Aggiungiamoci l’aggravante dei Cavs, capaci di scacciare il semi-eterno digiuno della città di Cleveland in termini di trofei prestigiosi, ed ecco che la sensazione di frustrazione provata da chiunque tifi Browns si fa ogni anno più forte.

Si spera fortemente che qualcosa nasca dal nuovo ciclo, quello della nuova triade formata da coach Hue Jackson e da un management composto dall’esperto in business Sashi Brown e dall’analista proveniente dal baseball, Paul DePodesta, responsabili di una serie di mosse quantomeno interessanti nel fornire un numero extra di scelte al draft per ricostruire pian piano il roster, a patto che i numerosi giocatori selezionati negli ultimi due draft possano finalmente fornire un contributo significativo alla rinascita della squadra. Tanti, difatti, sono stati gli errori commessi nei draft più recenti (Trent Richardson, Johnny Manziel, Barkevious Mingo, Justin Gilbert, Bandon Weeden…andiamo avanti?), sprecando importanti risorse e generando un numero di vittorie stagionali altamente insoddisfacente.

Si riparte quindi dalla trade con cui i Browns hanno ceduto la seconda scelta assoluta con cui gli Eagles si sono presi Carson Wentz, mossa che avrà benefici anche nella offseason del 2018 (Phila deve un secondo giro nella chiusura dell’affare), quindi pochi mesi fa è giunta l’inconsueta ma sensata idea di caricarsi del contratto di Brock Osweiler ricevendo in cambio una seconda scelta da Houston, portando a 12 le selezioni disponibili alla prossima tornata di draft, senza contare i 24 giocatori presi negli ultimi due anni. A giudicare dai verdetti del campo, la quantità non è però stata ancora raggiunta da un’adeguata qualità. A partire dalla prossima stagione, infatti, l’obiettivo non sono i playoff, ma cominciare a vincere qualche partita per più di una meta di distacco (statistica assente nel 2016), limitando nel contempo le dieci sconfitte patite per sette o più punti di differenza, un chiaro segnale che la squadra non è competitiva.

Il fatto che sia stato Derek Anderson il miglior quarterback degli ultimi dieci anni definisce molto bene una situazione quantomeno precaria, che ad oggi non ha una soluzione a lungo termine ma possiede se non altro un barlume di speranza. Salutati Josh McCown e Robert Griffin III il roster si ritrova con il secondo anno Cody Kessler a possedere la maggior conosenza del sistema, dato che proprio l’anno passato ha avuto modo di giocare nove partite, seppur non migliorando le cifre offensive di squadra, utili per qualificarsi nella parte più bassa dei ranking di Lega. Se conteggiamo la presenza di Brock Osweiler come utile solo per aver arricchito il numero di scelte future – parliamo pur sempre di uno dei peggiori contratti mai dati nei tempi recenti in relazione alla resa e di una pre-season mediocre – viene da pensare che Kessler avrà tutte le probabilità di partire da starter in attesa di capire l’indirizzamento della nuova stagione, per poi prendere delle decisioni sul destino di DeShone Kizer, che viene visto come il possibile quarterback del futuro.

Prima che ciò accada Hue Jackson – specialista in materia – dovrà lavorare parecchio con Kizer per farlo progredire nelle meccaniche di gioco, dato che il fisico è scolpito per il professionismo (6’4” per 233 libbre), la mobilità è di casa ed il braccio è sostanzialmente un cannone. L’ex-Notre Dame non è pronto a scendere in campo adesso e l’organizzazione ha chiarito che non sussiste alcuna fretta di farlo, una volta migliorata la visione del campo, la scansione dei ricevitori e la mania di prendere sack inutili (in una squadra che ne ha concessi 66 lo scorso anno…), allora se ne potrà parlare.

Chunque siederà in cabina di regia dovrà trovare qualche bersaglio capace di sostituire i due maggiori produttori aerei di squadra dello scorso campionato, Terrelle Pryor, trasferitosi a Washington, e Gary Barnidge, attualmente free agent. Non una bella notizia, perché nonostante la presenza dei due giocatori appena menzionati Cleveland non aveva comunque raccolto cifre brillanti arrivando a segnare solo 15 mete su lancio, completando neanche il 60% dei passaggi e classificandosi alla 27ma piazza per yard prodotte per vie aeree, lasciando peraltro molto del carico a due non-protagonisti del ruolo come Duke Johnson e Isaiah Crowell, ambedue running back in grado di creare giocate ricevendo fuori dal backfield.

Stagione di riscatto in vista, dunque, per il secondo anno Corey Coleman, la cui stagione da matricola è stata macchiata dalla rottura della mano senza tuttavia impedirgli di far vedere cose interessanti, e visto che ci voleva esperienza è più che comprensibile la firma del veterano Kenny Britt, ex-promessa bruciata nel Tennessee ma lodevole nel riscattarsi ai Rams (ha superato le 1.000 yard per la prima volta in carriera giocando con Goff, impresa colossale!), il cui contributo sarà certamente utile alla causa. Un’altra risorsa di primaria importanza sarà con pochi dubbi il tight end David Njoku, uno dei migliori prospetti in arrivo dal College in questi ultimi anni, che metterà al servizio della squadra le sue qualità atletiche e le ottime mani per ricevere.

Già che abbiamo menzionato Johnson e Crowell terminiamo dunque anche il discorso sul backfield, che ha dato buonissimi risultati che debbono però venire letti nella maniera più opportuna. A vantaggio del reparto c’è la seconda media assoluta di yard per tentativo, quasi 5, ma il numero va soppesato pensando al fatto che i Browns hanno corso molto poco, ultimi alla pari con i Lions con 350 tentativi, ed al fatto che nel 13% delle occasioni la corsa ha avuto una produzione negativa. Il potenziale c’è tutto, ed un congruo numero di chiamate potrà essere visto solo se la squadra non dovrà recuperare tanti punti com’è accaduto quasi in ogni partita, fattore che ha sbilanciato il playcalling verso i lanci.

Parte della responsabilità può essere addebitata al vecchio management, che ha perso via free agency uomini di linea come Alex Mack e Mitchell Schwartz, lasciando la trincea con le sole sicurezze di Joe Thomas, cui un domani speriamo dedichino una statua per tutta la dedizione alla causa, e Joel Bitonio, una delle poche scelte indovinate degli ultimi anni. I tre posti rimanenti saranno occupati dai nuovi arrivati J.C. Tretter, centro, e Kevin Zietler, guardia ex-Bengals con 71 gare d’esperienza, mentre il grosso punto di domanda riguarda la posizione di tackle destro, della quale Cameron Erving, prima scelta 2015, non è titolare sicuro.

La miriade di scelte recenti non ha creato risultati entusiasmanti nemmeno in difesa. Tanti sono stati gli investimenti delle ultime stagioni, si pensi a Danny Shelton, Emmanuel Ogbah, Carl Nassib ed a tutti i giocatori presi nei primi 100 dei draft 2015 e 2016, e li si colleghi al 29mo posto con cui la difesa ha chiuso l’anno passato per percentuale di sack portati a segno (4.57%) ed al 30mo con cui il reparto ha ottenuto un placcaggio per perdita di yard. Sono statistiche di dir poco fallimentari per possedere tutto quel talento, oppure i giocatori non sono stati utilizzati nella maniera corretta.

Da qui comincia la grande responsabilità della prima scelta assoluta Myles Garrett, un atleta strepitoso dal fisico grandioso che ha seminato il terrore in tutti gli attacchi affrontati da Texas A&M, che si spera possa finalmente rappresentare la soluzione giusta per voltare pagina e smettere di deludere le attese. La rotazione del fronte a quattro è molto ampia, e vedrà Garrett e Ogbah allinearsi da end, con Shelton nel mezzo a farsi coadiuvare dall’esperienza di Desmond Bryant. La competizione è accesa dalla presenza di altri due rookie, Larry Ogunjobi e Caleb Brantley, per cui occhio ai tagli di fine pre-season.

Durante la stagione 2016 i Browns hanno effettuato una trade per portarsi a casa il nuovo leader del cuore della difesa, il linebacker Jamie Collins, che giocherà la sua prima stagione intera in Ohio, e che assieme a Christian Kirksey – leader statistico per placcaggi effettuati – avrà il compito di guidare la transizione dalla vecchia 3-4 alla nuova 4-3 installata dal coordinator Gregg Williams, figura che storicamente punta moltissimo sul blitz. Rimane da scoprire chi sarà lo starter nel ruolo di middle, dato che Dominique Alexander, matricola free agent inserita a roster l’anno passato, sembra l’unico con l’esperienza collegiale ed il fisico adatti al compito, con Tank Carder a fornire una buona concorrenza.

Le retrovie sono risultate meno peggiori della difesa contro le corse, ma di lavoro da svolgere ce n’è tantissimo anche qui. In questa ottica sono state effettuate parecchie aggiunte di rilievo, su tutte la selezione dello straordinario atleta Jabrill Peppers, spettacolare ritornatore di calci capace di allinearsi con grande competenza anche da safety, il quale farà parte di una rostazione comprendente l’ex-Jets Calvin Pryor ed il titolare Ibrahiem Campbell. Al navigato Joe Haden verrà affiancato nuovamente Jamar Taylor, mentre l’allineamento nickel potrà fruire della preziosa esperienza di un altro arrivo di rilievo, il corner Jason McCourty.

Gli special team schiereranno nuovamente il punter Britton Colquitt ed il kicker Cody Parkey, miglior scorer dell’attacco 2016, mentre i ritorni – come detto – saranno interamente affidati all’elettricità portata da Peppers, che spera di poter accendere fuochi artificiali laddove non se ne vedono da secoli.

Nonostante gli interventi manageriali e le aggiunte apportate, i Browns vengono da un’era letteralmente disastrosa, ed i vuoti che il roster propone sono tanti quanto lo sono i dubbi che circondano l’effettiva qualità del personale su cui si è puntato negli utlimi tre anni. La difesa dovrebbe aver ricevuto una bella sistemata grazie a Garrett e Peppers, ma la linea dovrà fare molto di più per incidere sulle partite. L’attacco vivrà l’ennesima situazione di transizione finché Kizer non sarà ritenuto pronto, con un backfield che deve migliorare la produttività ed un reparto ricevitori misterioso. Non dovrebbe essere un problema migliorare l’1-15 di un anno fa, ma ci si aspettino due o tre vittorie in più, a seconda di quello che tutti questi giovani potrano dare.

 

 

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