Premessa numero 1 [spiegazione nello svolgimento]: Gentile Bob McNair (proprietario della franchigia) nel malaugurato caso dovesse leggere questo articolo, sia clemente. La imploro. Sono solo un povero tifoso della sua squadra, non porto sfiga. Tutto sta nel perseverare, le soddisfazioni arriveranno.
Premessa numero 2 [come sopra, spiegazione nello svolgimento]: Gentili lettori se state cercando un’analisi tecnica approfondita, evitate la lettura. Non sono un allenatore, ho solo il piacere della scrittura. Voglio esprimere sentimenti, non adoperarmi in letture da playbook.
Come promesso, ora, le spiegazioni. Partiamo dalla seconda. Dalla mia ho solo la passione per quel gioco tanto bello e romantico – sturm und drang – che è il Football Americano e la scrittura. Competenze tecniche, limitate. Molto limitate. Ho imparato cos’è una zone coverage, un blitz o un man to man coverage grazie a Madden – benedetto nei secoli – e quindi, cari lettori, non aspettatevi nessuna analisi da playbook nei miei articoli. Avvisati.
Ho smesso con il calcio anche per questo motivo. Intendo, il calcio guardato. A quello giocato non faccio riferimento, non era nelle mie corde: attaccante, difensore, centrocampista, portiere (9 goal subiti in 12 minuti di gioco), panchina. Ritiro. Il tutto a 10 anni: quando si dice una “meteora”.
Lo sport su cui, per assurdo, sembra fondarsi anche la nostra Costituzione agevola la presenza – nell’ordine – di: allenatori da bar, manager da barbiere, medici sportivi da piazza.
No, ho smesso. Quindi, Fooball ragazzi! Passione e impeto. Nuovamente, sturm und drang.
La premessa prima mi faceva rivolgere direttamente a Bob McNair. E trova collegamento e spiegazione nella seconda. Nell’antica passione per il calcio. Ero interista. Può bastare? Avete già capito lo svolgimento?
Nevermind, procedo. Ero interista, dicevo, e di sofferenze negli anni ne ho provate. Alti – pochi – bassi – infiniti – fino al 2010. La consacrazione del Triplete. Quindi, McNair, non scomunicarmi. Attendi, le soddisfazioni arriveranno. Ma non, tutte, nella stagione 2016.
Tranquilli, ora inizia l’articolo.
Per capire il presente serve guardare al passato. Riavvolgiamo il nastro e torniamo al wild card game della stagione scorsa. Kansas City- Houston. Si gioca all’NRG Stadium. Le premesse per una grande partita ci sono: da una parte la difesa dei Texans che ha guidato la rimonta alla post season, dall’altra la temibile compagine dei Chiefs che arrivava con un record molto sopra le aspettative. Kick Off e ritorno da 107 yard di Kansas City che va in touchdown. Sostanzialmente finisce li, nonostante i 5 intercetti di Hoyer – se non ricordo male – che non fanno altro che peggiorare le cose. 30-0 Chiefs e saluti.
Questo è il punto chiave per la lettura odierna. Bob McNair se ne esce con uno statement pesante che non lascia spazi di interpretazione: We need a franchise QB. Hoyer defenestrato. Off-season, chiacchiere, si prospetta una scelta al draft che potrebbe essere quella di un quarterback. Chiacchiere, appunto.
Nota: Dak Prescott è stato scelto al 4° giro, 135esimo assoluto. Chi vuol capire, capisca.
Viene scelto, Brock Osweiler, un giovane bello come il sole, dalla faccia simmetrica e i capelli mossi che aveva giocato appena 7 partite da titolare a Denver.
Nota: Nessuno di voi guarda The Ranch su Netflix? Ecco, Osweiler assomiglia al protagonista della sit-com, Colt Bennet alias Ashton Kutcher. Al giovane Brock viene fatto firmare un quadriennale da 72 milioni di dollari. 72 milioni di dollari. Che è pari, più o meno, a 10 milioni di dollari a partita da titolare giocata fino a quel momento. Stica…fortuna che non han chiamato Brady.
La squadra aggiunge anche Lamar Miller nel ruolo di RB e due ottimi prospetti usciti dal draft: Braxton Miller e Will Fuller. Gli analisti NFL cominciano a filarci su. Alla grande.
Houston – improvvisamente- diventa la squadra da battere o, per lo meno, tra quelle da battere.
Il ragionamento è semplice: una difesa mostruosa che si riassume nel nome di JJ Watt ed un attacco che ha fatto l’upgrade. Uno più uno: elementare Watson.
Grazie a Dio l’irrazionalità, il caso, lo scombinamento naturale delle carte fanno parte del Football NFL.
Inizia la stagione. E, sinceramente, non inizia male. Osweiler lancia. Anche negli spazi stretti esaltando Will Fuller. Ma qualcosa non convince. Ed infatti, week 3, altisonante sconfitta al Gillette Stadium contro i campionissimi di New England. A peggiorare il tutto, non bastasse il 27-0, il fatto che i Patriots abbiano giocato con il QB 3rd string, ovvero, la riserva della riserva. Alla week 5 e 7, poi, arrivano le batoste contro Vikings e Broncos.
In termini osweileriani – coniando un nuovo termine – l’ultima è la sconfitta più dolorosa. Pessima figura in quella che è stata la sua casa fino a pochi mesi prima, l’aggravante di un fumble che, beh, forse gli sceneggiatori di Fantozzi avrebbero fatto anche a meno di inserire in una scena comica. Terrificante.
Altolà però. Diamo a Cesare quel (poco) che gli appartiene. La O-Line di Houston non è perfetta. Certo Osweiler a causa dei suoi 2 metri abbondanti è “lentino” ma fare movimenti nel pocket con poca copertura può portare a prestazioni imbarazzanti.
Qualcuno, specialmente tra gli analisti NFL, cerca di far rimpiangere Hoyer. Niente di più sbagliato. Forse si lanciava di più, forse si valorizzava maggiormente Hopkins…forse…ma lo scorso anno non c’era un running back così incisivo. Lo scorso anno non c’era Lamar Miller.
Ecco, se la tattica smoke and mirrors di O’Brien questa stagione fa solo smoke, ringraziando il cielo c’è un reparto di corsa molto interessante. Una nota su tutte: domenica contro i Jaguars (tralasciando le 99 – misere – yards lanciate da Brock), i Running Back(s) hanno totalizzato uno score di 158 su 181 yards corse. Mica poco.
Negli ultimi Power Rankings di NFL.com Houston è risalita al 13esimo posto. L’analista di turno chiedeva rispetto – sarcasticamente – per questa squadra che nella AFC South è, comunque, “cream of the crap” la crema della schifezza. Resto, comunque, un inguaribile ottimista. Per me il futuro di Houston non si esaurirà, anche quest’anno, nel wild card game. Le finali di Conference ci aspettano e l’esplosione di Brock è dietro l’angolo. Magari già nel prossimo MNF (Monday Night Football) con Oakland.
L’ottimismo discende dal gruppo – in primis- e dalla capacità di O’Brien di riuscire a sbrogliare la matassa: riproviamo i lanci, aumentiamo le corse? Il buon Bill – perseverante come il suo mentore di New England – chiederà pazienza: diamo fiducia ad Osweiler, o meglio, facciamogliela ritrovare.
Sarà il punto di svolta.
Io me lo auguro. Chi ci scommette?
Usi, costumi, storie, miti e leggende, sportivi e non, della terra di Dio, l’America. Che per me fa rima con Libertà. Così come Dio fa rima con Amore.
Mi definisco uno storyteller, amo più le emozioni che le azioni, gestisco un profilo Instagram dedicato al Fantasy Football, @afantasyfootballgenius
Si, lo so, pecco di umiltà.
Nessuno.