1 – I Redskins rompono il ghiaccio, ma manca l’esecuzione
Senza dubbio un po’ di pressione è stata allentata dall’affermazione pervenuta contro i Giants, rei di qualche errore di troppo ma squadra dimostratasi maggiormente in forma rispetto a Washington, confermando che sono più i dubbi che le certezze a regnare in quel della capitale. Il rinnovo contrattuale sembra pesare come una preoccupante spada di Damocle sulla testa di Kirk Cousins, nei confronti del quale possiamo difficilmente accendere discussioni statistiche ma sul quale gravano alcune decisioni non esattamente brillanti. Proiettando le cifre sino a questo momento registrate a fine campionato la stagione ci parla un possibilissimo career high per tentativi e numero di yard ottenute su lancio, oggi Cousins ne porta a casa quasi 330 a partita e le indicazioni future dovrebbero rimanere queste, dato che lo sviluppo del gioco di corse sembra irrimediabilmente fermo con tutte le conseguenze del caso.
La qualità delle decisioni non è eccelsa e questo l’abbiamo oramai sperimentato più volte, con intercetti disastrosi in momenti della partita troppo delicati e la cosa si è nuovamente verificata domenica pomeriggio, quando un drive allo scadere del secondo quarto non ha maturato i suoi frutti a causa della pessima gestione del cronometro da parte dell’attacco pellerossa. Alla fine i Redskins la partita l’hanno portata a casa, ma questo nuovo e grossolano errore sarebbe potuto costare carissimo in una partita a margine di scarto così ridotto (29-27 per Washington), senza contare che situazioni di questo genere, quando c’è da giocarsi un posto per i playoff, richiedono il doppio dell’attenzione. Per questo, al momento, i Redskins non ci sembrano in grado di essere competitivi.
2 – A Jacksonville c’è una crisi senza fine
Asserire che i Jaguars siano una franchigia senza una direzione è un po’ come scoprire l’acqua calda. I poveri sostenitori della squadra allocata nell’umida Florida hanno dovuto sopportare ben 61 sconfitte dal 2011 sino alla chiusura del campionato scorso, ed anche quest’anno – l’ennesimo dov’erano attesi margini di crescita tangibili e segnali incoraggianti per un futuro che sembra non materializzarsi mai – è cominciato con lo zero nella casella delle vittorie dopo venti giorni dall’inizio delle ostilità. Difficile individuare un problema più pesante od urgente di un altro, perché i settori lacunosi sono parecchi e l’oramai quadriennale gestione di coach Gus Bradley ha sortito effetti esattamente contrari a quelli auspicati. Segno che non bastano i milioni dollari di Shahid Kahn e che non serve provenire dal coaching staff dei Seahawks per trasformare istantaneamente una perdente in una vincente.
L’attacco soffre da tempo per una spropositata quota d’immobilismo, si era fatto tanto chiasso riguardo ai progressi di un Blake Bortles puntualmente involuto, è fin troppo chiaro che l’assenza pressoché totale di un gioco di corse stia gravando molto pesantemente sulla faccenda e renda molto arduo un giudizio complessivo sul rendimento difensivo. Se il rushing game è questo – ed attendiamo il miglioramento della condizione di Chris Ivory per saperlo – è cristallina l’impossibilità di proseguire con 3.6 primi down a partita generati dalle corse, la storia sembrerebbe dimostrare che Bortles prima o poi cade nell’errore se costretto a lanciare troppo, e la difesa è di conseguenza in campo troppo spesso, senza riposare per il tempo necessario. Ciò fa di Bradley il primo nella lista degli allenatori destinati a saltare prima che questo campionato termini.
3 – I Cardinals non possono più partire così lentamente
Bisogna entrare in partita prima, nessuna discussione. Abbiamo davanti a noi una delle candidate per il Super Bowl, che mostra preoccupanti segni di disagio offensivo, un reparto che non è ancora stato capace di segnare un singolo punto in tutti i primi quarti di ciascuna gara sin qui disputata. La cosa può non essere un problema se poi si sommergono squadre come i Buccaneers sotto quarantelli di punti e passi per l’opener contro i Patriots perché la prima di campionato è spesso ingiudicabile e la sconfitta è maturata per colpa del long snapper, ma inopinate sconfitte con compagini in forte crisi come i Bills non ci possono stare nell’economia generale di una franchigia che deve vendicare la sconfitta al Divisional Playoff contro i Panthers nell’anno in cui avrebbe potuto percorrere la strada per intero.
Crediamo che i numeri prodotti non siano nemmeno malvagi, ma siano determinati dal fatto di dover rincorrere praticamente sempre nel punteggio, il che rappresenta il trend da eliminare il più velocemente possibile se si vogliono eliminare i frettolosi errori di Palmer (4 intercetti) e se si vuol utilizzare al meglio un gioco di corse che attende solo di vedere David Johnson quale protagonista assoluto. I presupposti per fare bene, a nostro modo di vedere, per ciò che ha mostrato Arians in termini di gestione, sono intatti rispetto alle premesse.
4 – A New Orleans ci sono pochi motivi per fare festa
Onore alla città di New Orleans, onore ai suoi abitanti ed ai suoi giocatori, tutti capaci di rialzare la testa dieci anni fa a seguito dei tragici eventi provocati da Hurricane Katrina. Onore a Steve Gleason, che ieri bloccava il punt del pandemonio, ed oggi cerca di bloccare l’avanzamento della SLA, e che in occasione del Monday Night contro i Falcons, stessi avversari di quella circostanza festosa in cui il Superdome riaprì i battenti, era a bordo campo ad osservare i suoi Saints. Nemmeno il ricordo di quella carica elettrica è servito alla compagine guidata da Drew Brees ad evitarsi la terza sconfitta consecutiva, ed i pur eccellenti numeri offensivi fino a qui conseguiti non sono stati adeguatamente corrisposti dall’ennesima edizione difensivamente scadente che la squadra anche quest’anno propone.
L’attacco, seppure ben strutturato, non basta, così come non è sufficiente il miglior equilibrio di chiamate offensive che Sean Payton ha studiato per lo scontro con Atlanta. Brees può condurre questo attacco a memoria nonostante siano cambiati i suoi bersagli, la nuova generazione di ricevitori è in grado di trovare connessioni costanti con il quarterback e l’ottimale distribuzione delle occasioni – ivi comprendendo il risveglio del tight end Colby Fleener – ne è la testimonianza. Dal punto di vista offensivo, la quadratura del cerchio potrebbe essere garantita proprio dall’assottigliarsi delle differenze tra chiamate aeree e su corsa, perché la fisicità di Ingram, sperando resti lontano da infortuni, è fondamentale per il successo del reparto. Il problema più grave resta sempre quello del dover sempre segnare un punto in più dell’avversario, ed una difesa già penalizzata da un’infermeria piena è ferma nei bassifondi statistici della Lega per yard concesse, specialmente su corsa. 149 yard a partita e ben 6 mete concesse a terra in sole tre partite, statistiche che comprendono le stravolgenti esibizioni dei running back dei Falcons, non sono statistiche che aiutino a recuperare da uno 0-3 che lascia intendere un altro termine della stagione alla sedicesima di campionato.
5 – L’attacco di San Diego ha fatto un passo indietro
E’ un dato di fatto e non vuol essere una nota negativa immeritata nei confronti di Philip Rivers, giocatore per il quale deteniamo una grande ammirazione per la grinta che mette sul rettangolo di gioco numerato. Tuttavia nella gara contro i Colts la squadra californiana è rimasta in gara grazie alla prestazione maiuscola della difesa capitanata dal sempre più emergente Denzel Perryman, un reparto che ha segnato pure un touchdown mettendo nel contempo in crisi la continuità dell’attacco gestito da Andrew Luck. La gara è stata fortemente determinata dall’ottimo contenimento di Melvin Gordon da parte della front line di Indy, e nonostante la concretezza dell’ex Wisconsin nel trovare la endzone, il gioco dei Chargers è tornato indietro di un anno.
Il correre bene rappresentava l’obiettivo da perseguire per compiere il salto di qualità dopo le numerose delusioni fornite da Ryan Mathews, ma in assenza di questo San Diego si è rivelata la solita squadra prevedibile e parzialmente sconnessa a livello offensivo. Rivers non è certo mobile ed in aggiunta a questo ha pure una certa età sportiva, la linea ha svolto un lavoro non eccelso nella protezione affrettandogli parecchie decisioni, con la conseguenza di un poco utile 4/11 in fase di conversione di terzo down. Se a questo aggiungiamo la poco incoraggiante prestazione contro una linea difensiva come quella dei Colts, che da anni fatica a contenere le corse avversarie, il quadro comincia ad essere preoccupante.
6 – Il prosieguo del campionato si fa molto duro in quel di Houston
Non era una stagione facile quella che si apprestavano ad affrontare i Texans, c’erano tante novità e tante scommesse non facili da vincere. Per carità, non siamo nemmeno ad un terzo del cammino ed emettere sentenze oggi sarebbe quantomeno presuntuoso, ma i segnali dati dalla squadra danno risultati alterni nonostante il record positivo di 2-1, e la classica rest of the way si fa ancora più complicata dopo la perdita di J.J. Watt per quella schiena che l’aveva ben tormentato in offseason, con la conseguenza di dover trovare altre risposte in un ruolo che proponeva solo certezze. Il tempo ci dirà se Houston abbia avuto ragione nel riempire di dollari l’inesperto Brock Osweiler, per il momento possiamo solo esprimere delle sensazioni, e finora ci sembra che le prestazioni dell’ex Broncos siano risultate alterne, un po’ come da aspettative.
Il numero di palloni persi è salito di partita in partita, la difesa ha giocato un ruolo determinante concedendo 13 punti di media nelle prime due uscite prima del tracollo totale contro i Patriots di…Jacoby Brissett. Sappiamo bene che Belichick può essere letale quando incrocia un suo ex-allievo, in questo caso Bill O’Brien, e che gode nell’umiliare tra le righe chi prima è stato sotto di lui, e chi si chiedeva se Houston fosse finalmente divenuta la bella realtà che da tempo avrebbe la possibilità di diventare, pensiero alimentato dalla bellissima prestazione contro i Chiefs, almeno un pochino si è dovuto ricredere. I Texans dovrebbero comunque recitare il ruolo dei favoriti per la conquista della Afc South se non altro perchè il gruppo non propone certo contendenti di qualità, e la squadra di O’Brien continua a sembrarci quella meglio attrezzata per arrivare prima al termine della regular season, tuttavia serve una maggiore consistenza per il gioco aereo (finora un mono-tema tra Hopkins e Fuller) e che Lamar Miller dimostri di valere ciò che è stato pagato, trovandosi all’attualità in detenzione di una produzione complessiva soddisfacente ma ancora priva di mete. La difesa resterà aggressiva, ma dovremo capire quanto vale veramente senza il miglior defensive end in circolazione, che portava via costantemente un minimo di due uomini liberando le giocate per gli altri. Il sinora mediocre Jadeveon Clowney ha l’occasione della vita.
7 – I Vikings fanno orecchie da mercante
Gli infortuni dei Vikings li conosciamo tutti molto bene, per cui rimettersi ad elencarli è un esercizio assolutamente superfluo. Quel che ci interessa è che a Minnesota non sono interessati a ciò che la malasorte ha programmato per la franchigia, sarà perché il nuovo stadio ha restituito entusiasmo, oppure, più probabile, sarà perché Mike Zimmer zitto zitto ha costruito quella che potrebbe rivelarsi la miglior difesa Nfl. E qui potremmo introdurre un discorso esattamente inverso a quello ragionato per i Saints più sopra, nel senso che gli uomini in porpora sono riusciti a rimanere imbattuti segnando solamente 3 touchdown offensivi, tutti su passaggio, pur privi dei loro due giocatori più importanti del loro sistema offensivo, tre se aggiungiamo alla questione il tackle Matt Khalil. Il segreto è davanti agli occhi di tutti, ed è rappresentato da un reparto difensivo che ha puntato tutto sull’aggressività e sul tempismo.
I Vikings hanno raccolto ben 5 intercetti in questo inizio di campionato, ma il dato più inverosimile ci giunge dai 15 sack (8 contro Cam Newton…), una quantità mostruosa per un numero così modesto di gare disputate. Questa è una difesa che colpisce duro, la linea ha troppe soluzioni di alto livello per essere contrastata con costanza, il gioco dei linebacker è veloce e solido, e giocatori come Trae Waynes, giovane corner in fortissima crescita, stanno dimostrando tutto il loro valore, come confermano le zero (!) yard registrate da Benjamin e Funchess. Ultimo aspetto da non sottovalutare: ci sono partenze e partenze, e questo rush iniziale impressiona il doppio della consuetudine. Battere Green Bay e soprattutto Carolina non è impresa comune neppure con un roster in piena salute. Con una difesa così, però, quasi tutto è possibile.
8 – A Phila è Wentz-mania, ma c’è anche la difesa
Carson Wentz è l’uomo del momento, e questo è fuori discussione. Domenica è arrivata la terza partita consecutiva giocata alla grande, con testa, maturità, e padronanza del variopinto sistema offensivo che Doug Pederson ha messo a punto assieme al suo coordinatore attuale, Frank Reich, l’ex riserva di Jim Kelly a Buffalo. Pur inchinandoci idealmente dinanzi alla sorpresa dell’anno fino a questo momento (qb rating di 125.9 nel primo confronti di carriera con Big Ben, alla faccia del rookie intimidito), vorremmo rimarcare la capitale importanza della difesa gestita da Jim Schwartz, che in questo ruolo specialistico ci sentiamo di sostenere abbia pochi eguali. Finalmente il reparto non subisce più tutto ciò cui viene sottoposto, la pass rush è intensa ed i palloni recuperati fioccano.
Non si guardino le 140 yard accumulate da Antonio Brown, dovremmo calcolarne il numero mentre la partita era ancora giocabile e la cifra, pur non avendola a disposizione, scommetteremmo calerebbe considerevolmente, evidenziamo piuttosto che tenere il guinzaglio stretto a Pittsburgh è genericamente impresa assai rara. 3 soli punti segnati dal produttivo attacco guidato da Roethlisberger sono un fatturato impressionante per una difesa che veniva da anni assai problematici e che ora capeggia le principali classifiche statistiche della Lega, un reparto che atterra il quarterback spesso e volentieri (10 sack in tre uscite) e che si è permesso il lusso di cancellare dal campo una delle armi maggiormente riconosciute agli Steelers, il gioco di corse. Wentz ha giocato un avvio strepitoso (5 TD, nessun intercetto), ma grossissimi meriti vanno pure ad una difesa che ha subìto solamente 27 punti in tre apparizioni.
9 – A Cleveland è proprio nera
Sembra di sparare sulla croce rossa, vero, ma a Cleveland gira così e nemmeno LeBron riuscirebbe a ribaltare la situazione. La stagione poteva essere tante cose: poteva essere la resurrezione della carriera di Robert Griffin III, terminato in infermeria anzitempo e per lungo tempo, poteva essere la stagione ideale per vedere sbocciare il talento di Corey Coleman, che non rivedremo in campo prima di un mese e mezzo circa per la frattura di una mano proprio nel momento in cui dava spettacolo, ed invece è la solita minestra. Tre partite, nessuna vittoria, ed ultimo posto della Division con la prospettiva di un’altra scelta parecchio alta, tant’è che in giro per il web si scherza già – ma nemmeno troppo – sul fatto che i Browns possano eguagliare il poco simpatico record dei winless Lions di qualche anno fa.
Una squadra che aveva bisogno come il pane di una figura stabile nel ruolo di quarterback ha già visto quattro protagonisti differenti raccogliere snap dal proprio centro, prima o poi McCown rientrerà, ma per il momento la questione è in mano a Cody Kessler, rookie, e Terrelle Pryor, ex quarterback che si sta adattando a giocare in parte nel vecchio ruolo ed in parte nel nuovo (wide receiver), con qualche apparizione sparsa persino in difesa. La cattiva notizia per i poveri Browns, che si sono letteralmente mangiati una vittoria facendosi rimontare dai Ravens nella seconda settimana, è che non c’è una partita papabile prevista dal calendario di quest’anno. Preghiamo per il miracolo.
10 – La salute di Russell Wilson è da tenere sotto osservazione
A seguito della mediocre performance contro i Rams, con soli 3 punti a referto, l’attacco dei Seahawks ha disputato una gara di gran lunga migliore contro i 49ers, ma resta preoccupante la condizione fisica di Russell Wilson a seguito di un inizio offensivo già di per se scostante. Il forte quarterback della Emerald City ha subìto la distorsione del legamento collaterale mediale del ginocchio, un infortunio che può permettergli di continuare a giocare ma che va osservato e recuperato in maniera molto seria.
Questo innesca una serie di problemi concatenati l’uno con l’altro, nel senso che dobbiamo partire dal presupposto che la squadra ha dovuto recuperare Christine Michael per concretizzare un gioco di corse azzoppato dai continui infortuni di Thomas Rawls, e che nonostante la più che positiva prova di Michael medesimo contro San Francisco (20 portate, 106 yard, 2 mete) si dovranno attendere le prossime uscite prima di decretare la definitiva affidabilità di un running back che di qui era già passato, finendo tuttavia per essere tagliato per questioni di maturità, non certo di talento. La costanza del rushing game sarà fondamentale per Wilson, che domenica giocherà con un tutore ed avrà la mobilità notevolmente ridotta, considerando i sospetti che continuamente aleggiano sulla linea offensiva degli ‘Hawks. Se non altro, la bye week che giungerà alla quinta settimana, è una notizia tra le più liete.
Davide Lavarra, o Dave e basta se preferite, appassionato di Nfl ed Nba dal 1992, praticamente ossessionato dal football americano, che ho cominciato a seguire anche a livello di college dal 2005. Tifoso di Washington Redskins, Houston Rockets, L.A. Dodgers e Florida State Seminoles. Ho la fortuna di scrivere per questo bellissimo sito dal 2004.
Gran bella disamina. :-)