Dopo la deludentissima stagione 2015, conclusasi male male, in casa Dolphins sono in pochi a dormire sonni tranquilli.
Il 2016 sarà la stagione del reboot, un po’ come la Marvel ha fatto con la serie Ultimate, i dolphins 2016 saranno più o meno gli stessi, (le grosse perdite sono state rimpiazzate da grossi acquisiti) ma saranno obbligati a ricominciare da zero e trovare quindi nuova forza e nuovo spirito.
Per cambiare tutto, senza cambiare niente, la dirigenza ha fatto tabula rasa del coaching staff e portato sulle spiagge di Miami Adam Gase soprattutto perchè la sua fama di “uomo che sussurrava ai qb” lo precede. Gase ha fatto un lavoro di qualità con Tim Tebow e Peyton Manning a Denver, da assistente, e ha aiutato Jay Cutler a migliore in maniera consistente.
Coi Dolphins, il compito primario sarà quello di rivoltare come un calzino Ryan Tannehill che finora non ha raggiunto le aspettative, l’anno scorso neanche lontanamente, mancando le occasioni grosse, quelle che determinano la vittoria e la sconfitta in una partita.
La strategia di Gase ha attirato non poco le attenzioni di tutti perchè quello che abbiamo visto finora è tutto sommato sorprendente: per portare Tannehill al suo meglio, anziché liberarlo di pressione e circondarlo di qualità, Gase fa il contrario, gli impone un ruolo di responsabilità ancora più grande.
Nel nuovo attacco dei Dolphins infatti il qb avrà a disposizione più di una soluzione con diverse route da far correrre ai propri ricevitori e sarà chiamato a scegliere lui stesso in quei pochi secondi che passano dallo snap al lancio. Tannehill dovrà quindi leggere la linea di scrimmage e i movimenti della difesa, e Gase è convinto che proprio in questo si nasconda la forza del proprio qb.
A questo punto appare un facile clichè, ma è tanto semplicistico quanto vero: l’attacco dei Dolphins si regge su Tannehill e se lui non farà un passo in avanti non lo faranno neanche i risultati e le prospettive di playoff. A dargli una mano ci saranno un gruppo di running back e di ricevitori che sulla carta promettono bene, ma che hanno ancora tanto da dimostrare.
Jay Ajayi, prospetto interessantissimo, è stato coinvolto poco nella sua prima stagione, mentre Arian Foster, un usato assicurato, è un grosso punto di domanda. Quando è in condizione è davvero letale, ma tra l’età che avanza e gli infortuni che lo hanno rallentato non poco rischia di essere una meteora più che un punto di riferimento.
Un discorso simile si può fare per i ricevitori. Matthews e Jennings appartengono al passato e con Tannehill rimane un gruppo davvero giovane e inesperto, ma di sicuro talento. Jarvis Landry è stato il più produttivo ma non ha racimolato dei grandissimi numeri, mentre Kenny Stills ha avuto un brusco risveglio nel passare da Drew Brees a Ryan Tannehill e la percentuale di completi è precipitata sotto il 50% quando ai Saints era quasi all’80.
I nomi che decideranno se i ricevitori di Miami possono dire la loro saranno però altri due: DeVante Parker e Leonte Carroo, rispettivamente sophomore e frashman. Talento: tanto, esperienza: zero o quasi, da dimostrare: tutto. Ma in loro si ripongono molte speranze perchè se riusciranno a farsi coinvolgere, potranno anche togliere pressione a Landry e Stills permettendogli di lavorare al meglio.
Come per l’attacco, in questi Ultimate Dolphins anche la difesa deve ricominciare da capo e ri-farsi valere. Il talento c’è tutto e il gruppo che l’anno scorso partiva tra le migliori 5 difesa ma che non si è dimostrato affatto all’altezza, oggi ha l’occasione di ripartire da zero.
Suh è per forza di cose il perno su cui far ruotare tutto. La sua forza e dominanza (è una parola? nda) sono chiare a chiunque. La sua capacità di buttare a terra un running back che arriva in pieno slancio con solo una mano sulla spalla è il punto da cui ripartire per costruire un gruppo che può schierare una coppia di defensive end da sogno, Wake da una parte e Mario Williams d’altra.
Ma allora perchè non si dormono sonni tranquilli? Forse perchè Wake ha raggiunto i 34 anni, Williams i 31 ed esce dalla sua peggiore stagione di sempre, con le attenuanti di difficoltà nell’inserirsi negli schemi di Ryan, ma anche perchè le nuove immissioni di Alonso e Maxwell sono un azzardo.
Se Alonso era uno dei migliori linebackers in quanto a coperture fin dal suo primo anno, questa qualità è però rimasta proprio al primo anno e dopo tra infortuni e altri infortuni non è riuscito più a giocare come ci aveva fatto vedere in quel di Buffalo. La speranza di tutta Miami è che un terzo cambio di casacca possa fargli bene.
Ed è anche la nostra stessa speranza perchè fa male vedere le difficoltà di un grande prospetto indipendentemente dalle fedi sportive. In difficoltà è però anche Maxwell, per motivi molto diversi certo, ma pur sempre serissimi. Si può dire che abbia raggiunto in un certo senso l’apice della sua carriera a Seattle, con il Super Bowl, quando era inserito in una secondaria storica, fuori da Seattle ha fatto sempre un po’ fatica a performare ai livelli a cui ci aveva abituati ed è così solo l’ultimo di tanti punti di domanda che circondano i Dolphins, ma come per la Ultimate Marvel la curiosità intorno a questa squadra è massima.
Se Gase e il suo coaching staff riusciranno a massimizzare un roster costellato di talenti tra cui Tannehill, Suh, Williams ci sarà tanto da ammirare nella Miami 2016, perchè una linea offensiva molto migliorata e una pass rush che può colpire sia internamente che dai lati sono due importanti fattori del potenziale successo Dolphins.
Certo però che l’inizio di calendario durissimo potrebbe smorzare se non rompere gli animi e questo potrebbe bloccare il percorso di reboot messo in atto dalla dirigenza.
Tanti punti di domanda quindi, e solo a metà ottobre si potrà già provare a fare una valutazione più ponderata, per adesso limitiamoci a speculare.
Si avvicina agli sport americani grazie a un amico che nel periodo di Jordan e dei Bulls tifa invece per gli Charlotte Hornets. Gli Hornets si trasferiscono in Louisiana ed è amore a prima vista con la città di New Orleans e tutto quello che la circonda, Saints compresi, per i quali matura una venerazione a partire dal 2007 grazie soprattutto ai nomi di Brees e Bush. Da allora appartiene con orgoglio alla “Who Dat Nation”.
go phins !!!!!!!!!