Sembra solo ieri quel momento in cui ci gustavamo con entusiasmo l’inizio del campionato NFL, ancora faceva parecchio caldo ed eravamo freschi di ritorno dalle vacanze, ed invece siamo già giunti al momento clou della stagione, i playoff si stanno avvicinando sempre più ed il Super Bowl numero cinquanta non è poi così lontano come sembra.
Il tempo passa davvero in fretta, e nella Lega i cambiamenti si susseguono repentinamente. Non sono trascorse chissà quali epoche da quando Robert Griffin III era considerato il salvatore della patria nella capitale americana, pensiero più che giustificato da una stagione da rookie a dir poco fenomenale, e seppure la sua evoluzione tecnica fosse proseguita a stento sembrava impossibile che i Washington Redskins di lì a poco non avrebbero più fatto affidamento su di lui per poggiare il loro futuro nel ruolo di quarterback, non dopo la portata dell’investimento fatto.
Siamo invece qui, sotto Natale, a discutere della pazzesca stagione di Kirk Cousins, che in un primo tempo sembrava l’ennesima idea malsana di un Jon Gruden imbarazzante nel gestire e motivare il cambio in regia durante la preseason, un’annata assolutamente imprevedibile per un ragazzo che si è permesso di ritoccare qualche record di franchigia e che ora si è incredibilmente preso il ruolo di free agent di lusso di una squadra che spera finalmente di aver trovato il quarterback a cui affidare le chiavi dell’attacco per tanti campionati ancora.
Ovviamente, da qui a dire che Cousins diventerà certamente la risoluzione al problema dei Redskins ce ne passa, e nonostante le cifre raccolte sinora e la prospettiva molto concreta di vincere la NFC East andando ai playoff contro ogni singolo pronostico, non è il caso di lasciarsi andare ad entusiasmi troppo facili.
Lo svolgersi della situazione, tuttavia, lascia riflettere. Che cosa aveva visto Jon Gruden che i comuni mortali non avevano notato? Forse, semplicemente, una maggiore possibilità di vittoria per la sua squadra, che tradotto significava tenersi il posto di lavoro stretto. Di come Robert Griffin III sia stato trattato da società e vecchio head coach (Mike Shanahan) abbiamo oramai scritto romanzi e non ci sentiamo più di aggiungere nulla, anche se ciò non toglie che i risultati statistici e l’atteggiamento verso i compagni non abbiano mai deposto a favore dell’ex giocatore di Baylor. Attacco spesso immobile, incapacità di guardare oltre le prime due letture in fase di lancio, la tendenza a tenere troppo il pallone e tante altre sfaccettature tattiche che hanno affossato Washington tra i bassifondi dei reparti offensivi di tutta la NFL. Il che rappresentava lo stesso identico problema vissuto da un Cousins che, non dimentichiamo, aveva cominciato quest’anno a quota 2-4 con una miriade di turnover ed insicurezze personali, con la differenza che il regista da Michigan State ha mostrato i progressi necessari per meritarsi ogni domenica la conferma dei gradi di titolare.
Per una volta Gruden ha preso una decisione che pochi altri avrebbero rischiato, o perlomeno avrebbero faticato a prendere temendo di restare schiacciati dalla pressione che ne sarebbe conseguita a livello mediatico, scegliendo il giocatore che si era allenato meglio e che aveva dimostrato una più consona padronanza del sistema offensivo, relegando sulla linea laterale quello maggiormente stipendiato dei due. Kirk Cousins l’ha ripagato completando fino a questo momento 336 passaggi, nuovo record di franchigia che ha superato i 327 ottenuti nel 2009 da Jason Campbell, registrando sei partite oltre le 300 yard su lancio, sontuose percentuali nei passaggi completati, ed ora mira ad abbattere anche il muro delle 4.109 yard, primato assoluto per yard stagionali su passaggio detenuto da Jay Schroeder.
I Redskins rimangono una squadra lontana dal poter contendere consistentemente per un titolo, ma se non altro hanno intrapreso una direzione migliorativa nei confronti della loro preoccupante situazione complessiva con almeno un paio di stagioni di anticipo. Sono cresciuti eseguendo piccoli passi, hanno vinto due gare di seguito per la prima volta da una vita, sono primi nella NFC East quando ogni singola previsione giornalistica li aveva dati sistematicamente ultimi senza speranza di infastidire nessuno, anche se c’è da dire che non hanno battuto nessuna tra le compagini più forti che il calendario ha proposto loro.
Al di là delle cifre, alcuni aspetti sono tuttavia evidenti. Cousins è stato un quarterback prolifico come pochi ce ne sono stati di passaggio nella capitale nei tempi più recenti, lanciando 16 passaggi vincenti a fronte di 3 intercetti nelle ultime otto gare disputate, e stiamo parlando della stessa persona che pareva essersi fumata l’occasione della vita giusto un anno fa, giocando molto male in sostituzione dell’infortunato Griffin e finendo dritto in panchina in favore di Colt McCoy. Come ha spesso sottolineato Kirk, che vanta oggi anche 5 touchdown su corsa, i meriti vanno però distribuiti fra tutti. Jordan Reed, quando in salute, si è dimostrato un tight end assai complicato da marcare, è di gran lunga il giocatore più gettonato e produttivo, con 9 mete all’attivo ed oltre 10 yard medie per ricezione. DeSean Jackson, dopo i problemi fisici che lo hanno tenuto fuori ad inizio anno, ha segnato quattro touchdown nelle ultime cinque partite, tornando a rappresentare quella minaccia sui giochi a lunga gittata che è sempre stato in carriera. Pierre Garcon ha lottato e raccolto le briciole. Jamison Crowder, a parte qualche errore del tutto normale per un rookie, ha trovato modo di ammassare 482 yard ed una meta.
Il tutto ha sopperito alla mancanza di produttività per un gioco di corse su cui Gruden faceva molto affidamento, ma che ha visto Alfred Morris faticare le pene dell’inferno per tutto l’anno segnando la prima meta stagionale solo due gare fa contro Chicago, nonché il rookie Matt Jones risultare migliore in ricezione fuori dal backfield che non come rusher puro. L’attacco ha fatto registrare più di 400 yard di total offense già in quattro circostanze differenti ivi compresa la prestazione contro i Saints, andata addirittura oltre le 500, statistiche ottenute comprendendo al loro interno un gioco di corse che non supera le 3.7 yard di media per tentativo.
Ed ora, non resta che guardare al futuro, quello prossimo e quello un pochino più distante.
All’orizzonte si staglia l’importantissima sfida contro gli Eagles, rivali divisionali che ci terrebbero a riaprire il discorso playoff proprio con un’affermazione su Washington, la quale detiene invece la possibilità di archiviare il discorso qualificazione con un turno di anticipo qualora dovesse pervenire un successo al Lincoln Financial Field, seppure con l’aggravante di dover evidenziare il fatto che i Redskins hanno vinto una sola volta in trasferta durante questa campagna.
Una volta terminato l’anno agonistico sarà quindi giunto il momento di cominciare a fare valutazioni molto serie, e decidere di quanto aumenterà il conto in banca di Kirk Cousins dopo questa felice audizione. Il coaching staff appare pienamente convinto che il ragazzo sia una soluzione a lungo termine e che vi siano ulteriori margini di miglioramento (ma allora aveva davvero ragione Shanahan?), e questo è testimoniato dalla padronanza con cui sta gestendo chiamate e letture nel corso di questi ultimi due mesi di gioco, pur soffrendo ancora di alti e bassi.
L’aspetto più sicuro della vicenda è che Cousins non andrà da nessuna parte e non gli sarà permesso di diventare free agent, con una soluzione che prospetta la duplice strada del franchise tag oppure del contratto pluriennale, in quest’ultimo caso con cifre non inferiori ai 12 milioni di dollari annui, un discreto salto rispetto ai 660.000 che percepisce oggi. Alcune indiscrezioni sostengono che prima di cominciare le negoziazioni i rappresentanti del quarterback desidererebbero ricevere alcune assicurazioni sulla posizione a roster di Robert Griffin III, che se tagliato a campionato terminato come appare sempre più probabile, rappresenterebbe l’attestato di totale fiducia che Kirk Cousins va cercando.
Per quest’anno i Redskins non saranno né competitivi per il Super Bowl e né potranno impensierire autentiche corazzate della NFC come Carolina, Arizona e la ritrovata Green Bay, quello delle squadre appena menzionate è un livello competitivo ancora troppo alto perché i ragazzi di Jay Gruden possano pensare di tenerne il ritmo. Se non altro, e questo chi tifa per Washington da tanto tempo lo sa benissimo, si è riaperto un improvviso bagliore di luce all’interno di un quadro che appena prima del kickoff di questa stagione proponeva forti tinte grottesche, un barlume di speranza che si pensava essersene andato via ancora per lunghi anni.
Dopo la clamorosa, ed oggi giudicata vincente, decisione da parte di Gruden di avvicendare il proprio quarterback titolare durante la preseason, tutto si sarebbe potuto sostenere sui Redskins ad eccezione del fatto che a due turni dal termine della regular season questa squadra sarebbe stata padrona del proprio destino nella NFC East.
Noi stessi li avevamo dati per morti ancor prima che le operazioni ufficiali iniziassero, e le prime giornate avevano seguito esattamente queste tesi. Kirk Cousins, attraverso un campionato di una qualità che nessuno su questa benedetta terra avrebbe potuto preventivare, si sta prendendo una rivincita dietro l’altra nei confronti di chi l’aveva liquidato troppo presto quale giocatore senza futuro, pensato in via definitiva come un quarterback capace di perdere un numero consistente di palloni che usava farsi seppellire dalla fiducia al primo errore.
Oggi quella descrizione sembra non corrispondere più alla realtà, Cousins è un quarterback più maturo e maggiormente conscio dei suoi mezzi. Tutto ciò che serve ai Redskins è che egli non si guardi più indietro, li prenda per mano e li conduca dove Robert Griffin III non è riuscito a portarli. Oggi, con il senno di poi, tutti ringraziano Mike Shanahan di aver preso quella strana decisione selezionando due registi nello stesso Draft. Se qualcuno avesse anche solo osato pensare che quel quarto giro avrebbe superato la seconda selezione assoluta avrebbero riso tutti quanti.
In questo momento, invece, l’unico che ride è il Capitano Kirk, il protagonista più improbabile di questa annata di football americano.
Davide Lavarra, o Dave e basta se preferite, appassionato di Nfl ed Nba dal 1992, praticamente ossessionato dal football americano, che ho cominciato a seguire anche a livello di college dal 2005. Tifoso di Washington Redskins, Houston Rockets, L.A. Dodgers e Florida State Seminoles. Ho la fortuna di scrivere per questo bellissimo sito dal 2004.