Che dire dei Kansas City Chiefs? Una situazione quantomeno singolare la loro, trovatisi ai nastri di partenza del campionato quale squadra più che attrezzata a partecipare ai playoff della AFC date le buone caratteristiche offensive e la spiccata attitudine difensiva, una miscela di qualità positive che aveva già portato in saccoccia 20 vittorie nelle 32 partite allenate da Andy Reid prima dell’inizio di questa stagione.
Le caratteristiche che hanno reso competitivi i Chiefs dell’ultimo biennio risiedono in un reparto difensivo molto pungente, capace di generare sack in grosse quantità, di soffocare il quarterback avversario con la pressione costante, gestendo nel contempo i possessi offensivi avvalendosi della metodica precisione di Alex Smith, soddisfacente nel tenere basse le quantità di turnover commessi e capace di qualche giocata al di fuori dell’ordinarietà, e soprattutto di un gioco di corse molto consistente, governato dal sempre produttivo Jamaal Charles e capace di produrre tanti punti, una peculiarità essenziale per una squadra che per tutta l’annata scorsa non è riuscita a segnare un touchdown con un ricevitore di ruolo.
Era proprio questa motivazione che aveva portato Reid al decidere per un avvicendamento abbastanza importante, constato nell’addio ad uno spento Dwayne Bowe, giunto alla frutta, e nella ricca – per il giocatore – firma di Jeremy Maclin, una vecchia conoscenza del baffuto capo allenatore sin dai tempi di Philadelphia. Mantenendo difatti un nucleo difensivo pressoché intatto e smuovendo le cose in attacco grazie alla benvenuta presenza di un ricevitore in grado finalmente di smarcarsi con la costanza richiesta, sapendo che il backfield avrebbe sempre e comunque fatto il proprio dovere, c’erano dei seri motivi per pensare ad un miglioramento della già buona situazione del recente passato, nel quale Kansas City aveva disputato un’ottima regular season 2013 poi fermatasi alla Wild Card – ricevendo qualche critica per un calendario un po’ troppo facile – e sbagliando per un soffio durante la passata campagna una seconda gita consecutiva di postseason, impedita da un 9-7 non sufficiente ma comunque soddisfacente.
Nel presente campionato sembrava essere precipitato tutto, senza possibilità alcuna di porre rimedio al guaio. Una vittoria contro Houston alla prima di campionato che tutto sommato poteva anche risultare preventivabile, ma di seguito ben 5 sconfitte consecutive, una forte crisi d’identità, un pubblico che per quanto affezionato cominciava a rumoreggiare in particolar modo nei confronti di Alex Smith, e, ciliegina sulla torta, la rottura del legamento crociato anteriore per Charles, riposto con cura nella soffitta della injured reserve e salutato fino a 2016 inoltrato, proprio nella stessa gara che Kansas City era andata beffardamente a perdere contro Chicago per 18-17.
Che cosa è cambiato, tanto da generare una reazione così violenta che ha riportato il bilancio dei Chiefs in pareggio?
Una mano è sicuramente arrivata dalle circostanze che la squadra ha affrontato di recente, composte da un calendario più agevole e dalle brutte prestazioni/assenze di qualche avversario di rilievo. Nelle prime cinque partite Kansas City ha affrontato tre squadre all’epoca imbattute (Cincinnati, Denver, Green Bay) concedendo quasi 450 yard in due di quelle tre occasioni e commettendo cinque turnover contro la possente difesa dei Broncos, un qualcosa che non permette di godere di grosse chance di portarsi a casa un risultato positivo. La striscia vincente è invece cominciata contro gli Steelers orfani di Ben Roethlisberger, sostituito da un Landry Jonespoco efficace, e proseguita con i rivali Broncos in coincidenza della più brutta prestazione di ogni epoca di Peyton Manning, arrivato ad essere messo in panchina a favore di Brock Osweiler. Ed affrontare dei derelitti Lions a Londra, ha certamente rappresentato il tipo di partita giusto al momento più opportuno.
Tuttavia, soffermarsi su avvenimenti fortuiti ed avversari non troppo di grido non farebbe giustizia a quelli che sono gli indubbi meriti di questa compagine, così come parrebbe irriguardoso fare lo stesso nei confronti di una qualsiasi franchigia NFL, per la quale ogni sacrosanta gara è un’autentica battaglia da portare a termine sperando di giungere sani al traguardo, sia che si vinca, sia che si perda.
Più che altro gli uomini del Missouri si sono ricordati di che cosa fossero stati capaci nei due campionati precedenti tornando ad essere consci delle proprie possibilità, ripartendo da zero anche senza il loro miglior giocatore offensivo. La qualità del sistema di Andy Reid non si discute, il capo allenatore ha dietro a sé una storia di successo che comprende molteplici situazioni in cui dovette rinunciare ad uno dei suoi elementi di spicco senza perdere troppa qualità, il segno tangibile della filosofia e del concetto che vincono sul talento del singolo. Così come Reid, nei giorni trascorsi a Philadelphia, non si perse d’animo quando rinunciò a Donovan McNabb per cinque partite della stagione 2002 vedendosi la regular season salvata da un A.J. Feeley firmatario di un provvidenziale 4-1, lo stesso è stato fatto in concomitanza dell’assenza prolungata di Charles dimostrando prima con Charcandrick West e poi con Spencer Ware che in questo attacco non è solo il running back di maggior talento a poter scrivere cifre di un certo tipo.
West, sostituto designato di Charles, ne ha sostanzialmente replicato le statistiche a parità di partite giocate da starter, dimostrandosi affidabile nel cercare i varchi giusti pur non producendo la stessa stratosferica media di yard per portata rispetto al titolare (3.8 contro 5.1) accumulando in ogni caso 373 yard e 3 mete e dimostrandosi ugualmente efficace nel prendere palloni fuori dal backfield, evitando di far mancare a Smith un’importantissima valvola di sfogo per i passaggi ad alta percentuale, trasformati dal backup in 199 yard ed una meta per una bellezza di 14.2 yard per ricezione. E quando anche West ha dovuto abbandonare la gara di domenica scorsa contro i Chargers per un infortunio che si spera non lo tenga fuori troppo a lungo, Ware è entrato in campo ed ha ripreso proprio da dove il collega aveva lasciato, scrivendo sul suo personale tabellino 96 yard e 2 touchdown.
Così come fu un fattore in passato, anche il ritorno alla precisione estrema da parte di Smith ha dato il suo forte contributo a questa serie positiva così longeva. Sin dallo scontro con Green Bay, e parliamo della terza settimana di gioco, il quarterback ha sostanzialmente annullato ogni possibile rischio di intercetto dopo i 3 commessi in altrettante partite della primissima frazione del campionato. Sono sette le partite in fila prive di intercetti per Smith, che non a caso ha fatto registrare due prove superiori al 100 di rating negli ultimi venti giorni, quando in precedenza vi era riuscito solamente in un’altra circostanza. Certo, le connessioni nelle ultime 20 yard con qualsiasi wide receiver non sono certo fiorenti, ma se non altro Maclin ha fatto il suo sporco dovere segnando in due occasioni cancellando quell’antipatica statistica della scorsa stagione, ed in ogni caso il rapporto tattico sviluppato da Smith con il tight end Travis Kelce è rimasto di prima qualità, perlomeno a giudicare dalle 620 yard e 3 segnature che rappresentano in ambedue i casi il miglior risultato momentaneo di squadra.
La svolta decisiva sembra in ogni caso provenire dal reparto che ha alzato il livello di questa franchigia sin dall’arrivo di Reid: la difesa.
Partendo a conteggiare alcune statistiche dalla quinta giornata di gioco ad oggi, il reparto difensivo dei Chiefs è stato quello che ha concesso meno yard totali con la sola esclusione dei Broncos, con un passivo di solamente 73 punti (dopo i 35 di media elargiti a Broncos, Bengals e Packers) e mettendo contemporaneamente a segno 20 sack, un segno di una ritrovata pass rush altrimenti assente nelle prime uscite. La linea, molto sottovalutata, ha messo in mostra un ottimo rendimento, elementi poco conosciuti come Allen Bailey e Howard Jaye hanno letteralmente dominato alcuni tratti di partite producendo numerosi squilibri di marcatura per la linea offensiva, senza contare il sempre prezioso apporto di Dontari Poe, la colonna della parte centrale della trincea che permette di liberare gli spazi per gli interventi dei linebacker, che domenica scorsa si è pure permesso il lusso di diventare un novello “Refrigerator” emulando il leggendario William Perry, trasformandosi nel primo giocatore di sempre a segnare una meta offensiva portando a spasso il modico peso di 346 libbre. Kansas City ha concesso una sola meta su corsa in dieci partite, ed il fronte merita tutto il credito possibile per questo notevole conseguimento.
E’ una combinazione molto felice che arriva nel momento più adatto: l’attacco commette molti meno errori, la difesa sta in campo di meno e può rifiatare, ed i pezzi forti di quest’ultima sono – non casualmente – tornati ad incidere. La pressione posta dai linebacker esterni è tornata ad essere eccellente, Tamba Hali si è ripreso dopo un inizio di campionato sonnolento e probabilmente dettato da una condizione atletica imperfetta, Justin Houston è rientrato nelle vesti di terrore per gli avversari, incontenibile non solo per gli atterramenti del quarterback posti a referto (7.5, migliori risultato di squadra) ma incidendo pure in tutte quelle situazioni dove si conteggiano numeri non ufficiali come i colpi regolari inferti al regista avversario appena dopo il rilascio, e le decisioni affrettate che comportano un possesso gettato via in fretta.
Ottime notizie arrivano pure dalle secondarie, che all’efficienza di Ron Parker e di Sean Smith, quest’ultimo recuperato dopo le tre gare di sospensione ricevute ad inizio anno, hanno aggiunto la consistenza di un recuperato Eric Berry, cui un anno fa veniva diagnosticato il Linfoma di Hodgkin e che ritroviamo in campo forte come prima con somma gioia per lui e per la sua famiglia, e soprattutto il contributo esponenziale del rookie Marcus Peters, una scelta che gli americani normalmente definiscono in sede di Draft come high risk, high reward, tanto imprevedibile può essere il ragazzo a livello caratteriale cacciandosi nei guai da un momento all’altro, quanto è il talento smisurato che il cornerback possiede, effettuando giocate decisive a ripetizione sin dalla prima volta che ha messo piede in campo professionistico.
Non dimentichiamo infine la forte importanza degli special team: Dustin Colquitt, il punter, ha dato un contributo speciale nel piazzare i palloni all’interno delle 20 yard avversarie costringendo più o meno tutti i recenti opponenti dei Chiefs a partire da posizioni offensive proibitive, e Cairo Santos è pur sempre una delle scommesse che Andy Reid ha vinto da quando è arrivato in loco, dato che gli aveva consegnato i gradi di kicker titolare dopo il training camp 2014 tagliando Ryan Succop trovandosi ripagato con due stagioni dal 82% di realizzazioni complessive con medie più che soddisfacenti anche dalla lunga distanza.
Oltre alla ritrovata verve di squadra, Kansas City vede il calendario sorriderle. Seppure l’impresa di acciuffare i Broncos in vetta alla AFC West con tre gare di distacco sia poco probabile lo spot per una Wild Card è tutt’altro da escludersi, dato che il rimanente percorso prevede un doppio scontro con i Raiders, non certo impossibili per una difesa come questa, un’altra partita contro dei Chargers in caduta libera ed impegni contro Ravens e Browns, le peggiori compagini della AFC North. Il tutto sarà preceduto dallo scontro più importante tra questi, essenziale per mantenere la striscia di vittorie attiva ma soprattutto confronto diretto per i playoff con dei Buffalo Bills che condividono il record proprio con i Chiefs (5-5) e chi uscirà sconfitto questa prossima domenica dovrà sperare anche sugli errori degli altri per poter continuare a coltivare ambizioni da postseason.
Le intenzioni di questa squadra dall’efficienza rinnovata sono però ben altre, un numero di vittorie in doppia cifra è assolutamente alla portata di mano per le potenzialità espresse nell’ultimo mese di gioco, e su singola partita Kansas City può impensierire tanti avversari che magari sono partiti meglio, ma che andranno verificati sulla lunga distanza.
Ed improvvisamente, da compagine destinata ad un temporaneo oblio, i Chiefs potrebbero trasformarsi nella variabile impazzita del quadro complessivo della AFC. Teneteli d’occhio.
Davide Lavarra, o Dave e basta se preferite, appassionato di Nfl ed Nba dal 1992, praticamente ossessionato dal football americano, che ho cominciato a seguire anche a livello di college dal 2005. Tifoso di Washington Redskins, Houston Rockets, L.A. Dodgers e Florida State Seminoles. Ho la fortuna di scrivere per questo bellissimo sito dal 2004.