Ciò che hanno compiuto i Ravens in nottata corrisponde ad un’impresa davvero ammirabile, se giudicata osservando tutte le difficoltà che essi hanno dovuto superare in questa stagione. Si sono ritrovati improvvisamente senza più Ray Rice, il loro running back titolare protagonista di tante vittorie, e si sono dovuti inventare un backfield letteralmente dal nulla. Hanno disputato l’ultimo mese di regular season senza uno dei loro difensori più rappresentativi, Haloti Ngata, fermato dalla NFL per l’uso di sostanze non consentite dalla Lega, scrivendo un bilancio di 3-1. Hanno vinto la partita più importante dell’anno, quella di chiusura contro Cleveland, che in una pazza corsa a più squadre ha garantito loro l’ultimo posto disponibile per i playoffs della AFC, nonostante il 10-6 portato a compimento in quella che si è rivelata essere l’ennesima ottima annata di lavoro per John Harbaugh ed il suo staff, un’organizzazione che quando spinta sul baratro sembra sempre centrare i successi più impensabili.

joe-flacco-torrey-smith-nfl-afc-wild-card-playoff-baltimore-ravens-pittsburgh-steelers-850x560Il premio per tante fatiche e per i frettolosi rimedi non può essere più dolce di questo: i Ravens, poco considerati dentro una AFC North che ha presentato tre componenti in doppia cifra di vittorie nonostante gli alti e bassi di tutti, approdano al Divisional Round dopo aver battuto gli odiati Pittsburgh Steelers al Heinz Field, annullando qualsiasi fattore casalingo nelle economie di una sfida che seppure ha perso qualche vecchio protagonista – e chissà, forse rinuncerà definitivamente anche James Harrison e Troy Polamalu, chiamati ad una offseason di forti riflessioni –  è sempre molto sentita, il tutto grazie ad una difesa pressante e ad un attacco che ha semplicemente colpito quando doveva farlo. Ed in un baleno, tutti i discorsi che riguardavano l’incapacità di Baltimore di misurarsi adeguatamente contro le dirette concorrenti di Conference (ricordiamo, sconfitta sia da San Diego che da Houston in regular season, entrambe avversarie rimaste fuori dalla postseason per un nulla) si sono sciolte come neve al sole.

Quelli modellati da Harbaugh, che per l’occasione ha pure invitato il fratello Jim sulla sideline donandogli ogni genere di vestiario nero e viola, sono ancora una volta i Road Warriors visti in azione tante ed ancora tante volte in questi ultimi anni, una squadra capace di rendere al meglio anche senza usufruire dell’impianto di casa, togliendo di mezzo qualsiasi svantaggio psicologico portato dall’esibirsi lontano dall’affetto del pubblico amico. E’ una compagine di ghiaccio, come il proprio quarterback, e di ostinata determinazione, quella che in soli 19 anni di esistenza ha portato a casa la decima vittoria di playoffs della sua storia in trasferta, un numero aumentato a dismisura da quando John Harbaugh  allena qui. Se poi c’è da fare un dispetto a Pittsburgh, le motivazioni sono ancora più alte.

Gli Steelers si sono accorti duramente di quanto Le’Veon Bell sia importante per loro. Il running back tuttofare, protagonista di un campionato vicinissimo a livelli da Mvp grazie alla sua capacità di esibirsi non solo quale miglior rusher, ma altresì quale secondo miglior ricevitore di squadra, ha lasciato un vuoto troppo profondo perché chiunque riuscisse a colmarlo, l’iperestensione di quel maledetto ginocchio nel Sunday Night conclusivo della stagione regolare si sapeva sarebbe stata costosa, ma a Pittsburgh contavano molto sul fatto di vincere comunque questa partita, volare a Denver, e poi attendere di capire se il loro super-secondo anno sarebbe potuto essere del match, e tentare la scalata alla AFC. Purtroppo per loro, né il neo-acquisito Ben Tate né tantomeno il rookie Josh Harris potevano sperare di rappresentare per questo sistema offensivo un qualcosa di anche solo simile rispetto all’apporto dell’ex Michigan State.

2015-afc-wild-card-baltimore-ravens-pittsburgh-steelersLa squadra di Ben Roethlisberger avrà pur perso gare incredibili (Tampa Bay, New Orleans) ed il suo miglior running back per infortunio, ma poteva comunque vantare un attacco aereo di primo livello, il perno di tutto il sistema offensivo, un cambiamento oramai ben digerito dalla cultura di questa storica franchigia, abituata a lunghe sessioni di corse fisiche. Difatti, da questo punto di vista le statistiche di Big Ben non mentono, 31/45 per 334 yards con una meta e due intercetti (costosi), ma gli Steelers, nonostante siano mancate tutte le abilità di Bell, su tutte il suo fiuto per la endzone, la partita l’hanno persa per la mancata cura dei dettagli, non perché non abbiano lottato ad armi pari.

Difatti Pittsburgh la meta non l’ha proprio trovata se non a undici minuti dalla fine della rivalità, fattore che si è rivelato essere l’ago della bilancia tra le due formazioni, e frutto dell’intelligente strategia difensiva costruita da Harbaugh e dal suo staff, che hanno levato Antonio Brown dal campo per tre quarti di gioco, non tradiscano le sue 117 yard finali. Gli Steelers sono rimasti attaccati alla partita grazie alla precisione di Shaun Suisham (45, 22, 47), autore degli unici nove punti dei primi tre periodi dei padroni di casa, e parevano anche aver fatto girare l’inerzia grazie al fumble recuperato ai danni di Justin Forsett, l’episodio momentaneamente determinante del secondo tempo (ed una bella combo tra le scelte più recenti degli Steelers, con Shazier a forzare e Tuitt a recuperare), dal quale era immediatamente nato il big play che aveva rivitalizzato Brown, e soprattutto il pubblico di casa.

Baltimore però ha dimostrato ancora una volta grande carattere, rispondendo da grande squadra a quel momento di difficoltà, senza mai perdere la calma dinanzi all’obiettivo principale: il passaggio del turno. La chiave di lettura della gara sta proprio in quella reazione al turnover, cancellato da due serie consecutive che hanno fruttato 10 pesantissimi punti suggellati dal secondo touchdown pass di Flacco, il quale ha trovato il tight end Crockett Gilmore per una segnatura di puro atletismo, ricacciando immediatamente indietro ogni possibilità di rimonta per Pittsburgh, alle prese con troppi errori cui rimediare, tra i quali 3 palloni persi, 5 sacks concessi e ben 8 penalità per 114 yards.

Non è stata dunque solamente l’assenza di Bell a decretare l’eliminazione degli Steelers da questi playoffs. Flacco si è mosso con disinvoltura nella tasca, a volte troppo, e qualche volta ha risolto con le sue notoriamente lente gambe alcune situazioni che parevano volgere a favore di Pittsburgh. Ha inoltre confezionato giocate più che decisive con la collaborazione di Steve Smith e Owen Daniels, alimentando un attacco che ha prodotto la miseria di 2 yards per snap ogni volta che ha provato a correre.

 

010315_steelers_ravens_01-LPer i Ravens e le loro velleità combattive lontano da Baltimore, è già tempo di preparare il viaggio in quel di Foxboro, per quella che sarà una sfida già vista di recente per i playoffs della AFC, nella quale proveranno ancora una volta a vincere partendo da sfavoriti, contando su un gioco offensivo essenziale ma efficace, e su una difesa che concede sicuramente yards, ma che porta tanta pressione grazie ai mai domi Ngata, Dumervil, Suggs (che partita, la sua!) e dei più giovani Upshaw e Williams, tutti chiamati a ripetere questo stesso livello di gioco tra una settimana.

Saranno loro a dare fastidio al grandissimo momento di forma di una New England che sembra lanciatissima verso il prossimo Super Bowl? Difficile a dirlo, ma comunque vada la stagione di coach John Harbaugh, tanto per cambiare, può essere considerata un grosso successo, dato che i Ravens, ancora in gioco dopo il primo turno, non se li aspettava davvero nessuno.

One thought on “Ravens in versione Road Warriors, Steelers a casa

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