Chi avrebbe mai potuto pensare di vedere i Seattle Seahawks ridimensionati in una partita sulla carta facile? Chi si sarebbe mai aspettato di vedere la squadra in possesso della Legion of Boom e di una delle difese più intimidatorie degli ultimi anni cadere preda delle più beffarde chiamate che Jeff Fisher potesse mai tirare fuori dal proprio playbook? In questo momento i Seattle Seahawks sono in possesso di un record a quota 3-3 e dopo due brucianti, gravose e pesanti sconfitte contro i Dallas Cowboys in quello stadio ritenuto quasi inespugnabile dalla maggiore e contro quei modesti St. Louis Rams in grado quasi di prendere in giro una delle squadra più toste e aggressive che la storia recente ricordi.
Tutto ciò accade in una serata storica per Russell Wilson che diventa il primo quarterback della storia della National Football League a totalizzare almeno 300 yard su lanci e 100 yard su corsa in una singola partita. Ma cosa si cela dietro queste due importanti sconfitte? Cosa vi è dietro tutto ciò che sta portando così tante problematiche alla formazione di Pete Carroll? Sicuramente una questione riguarda ambo le linee, mentre un qualcosa di più celato ma potenzialmente più devastante potrebbe essere nascosto adagio sotto il fogliame nello spogliatoio dei campioni in carica dello stato di Washington.
Parlando delle linee iniziamo da quella che probabilmente non ha permesso ai Seahawks di portare a casa la W: quella offensiva. Si, proprio quella incaricata di proteggere il leader di questa squadra, ossia Russell Wilson, che non ha permesso al proprio quarterback di giocare liberamente e che soprattutto ha concesso ai Rams la bellezza di 3 sack nel solo primo tempo. La pass rush dei Rams godeva sino a quel punto di un solo sack e il dato statistico rappresenta sotto questa luce la peggiore partenza mai effettuata nel corso della storia della NFL.
Il box score puntualmente ne riporta il tutto sotto forma di numeri: 21-6 per la formazione casalinga all’intervallo ed un Russell Wilson mai libero di poter trovare i propri ricevitori o di poter gestire le proprie gambe in modo da non lasciare un minimo di equilibrio alla difesa di Jeff Fisher. Nonostante tutto il numero 3 ha chiuso con oltre 400 yard complessive, è vero, ma non vi è dubbio alcuno che se la OL avesse giocato una partita di differente stampo le cose sarebbero finite ben diversamente. Il tutto si è ovviamente ripercosso sul running game di Pete Carroll, con un Marshawn “Beastmode” Lynch non in grado di poter lanciare le proprie gambe e dimostrare ancora una volta di essere una macchina da breaking tackle: per il numero 24 sole 53 yard in 18 portate per una media di 2.9, qualcosa di nettamente differente rispetto alle 110 in 20 portate della season opener (media di 5.5 in quell’occasione).
La offensive line di Seattle si è dimostrata non solo deficitaria, ma anche autolesionista in determinate occasioni: una penalità di false start e ben tre holding hanno portato via un touchdown da 15 yard di Lynch. L’appello in questione è stato posto in capo a Alvin Bailey, chiamato in causa in qualità di terzo tackle disponibile. Le 171 yard sul terreno di Seattle sono ben mascherate dalle 106 di Wilson, forzato il più delle volte dagli scramble e dalla pressione portata da St. Louis.
Nonostante tutto il quarterback continua a dirsi ottimista e di avere ancora molta fiducia nella propria offensive line: “Sento che dietro l’angolo si nasconde molto successo per noi. Questo è quello che spero e ciò in cui credo. Credo nella nostra squadra e nei giocatori che abbiamo a disposizione. Credo anche nel nostro coaching staff. Penso che le cose cambieranno prima o poi”.
Parole di incoraggiamento e volte a spronare i propri compagni di squadra per un gruppo che in questo momento sta lottando anche con avversità che poco a che fare hanno con il campo da gioco. Già, perché si parla di sconfitta subita non solo per tutto ciò che tange gioco e partita, ma anche per quel caso Percy Harvin che in diverse occasioni è sembrato portare caos e scompiglio in quello che sembrava uno degli spogliatoi più uniti, coesi e soprattutto aggregato e sulla stessa lunghezza d’onda.
Il talento dell’ormai nuovo giocatore dei New York Jets non è nuovo a nessuno e spesso e volentieri si è rivelato per Wilson il così detto “go-to-guy”, ossia il giocatore verso cui guardare quando serviva maggiormente la più delicata delle giocate. Ma negli ultimi tempi sono spuntate fuori storie di “scazzottate” con i propri compagni, primi fra tutti il WR Golden Tate, ora accasatosi ai Detroit Lions per fare le loro fortune (e devo dire che vi sta riuscendo), ed addirittura con lo stesso Russell Wilson.
In rete è di fatto prontamente uscita una foto che ritrae in due occasioni il volto di Golden Tate per marcare la differenza tra il presunto “prima e dopo” dell’eventuale fisico scambio di opinioni tra i due, e la tesi sembra abbastanza avvalorata anche dalle polemiche di stampo razziale che solo una settimana fa ha coinvolto lo stesso Harvin ed il proprio quarterback. Un wide receiver dei Seattle Seahawks, Doug Baldwin, si è espresso a riguardo e ciò che ha lasciato trapelare non lascia enorme spazio a fraintendimenti e affini: “Ovviamente lo shock della transazione e di ciò che ne è seguito abbia avuto dei risvolti a livello emozionale sulla nostra partita. Quando qualcosa di tale drasticità accade, appena prima di salire sul bus per una trasferta, è normale che ci sia un impatto a livello mentale. Credo che abbiamo gestito la cosa nel miglior modo possibile ma penso inoltre che la cosa sia stata un fattore in qualche modo”.
Ancora Baldwin non ha risparmiato parole in quella che sembra essere una più che delicata situazione: “Sicuramente parecchie cose sono accadute nel corso della settimana che ci hanno intaccato come squadra in svariati modi. Come professionista non vuoi ammettere determinate cose, ma come essere umano bisogna dire che è nel corso delle cose. Ci è costato del tempo cercare di riprenderci ma sono contento di come abbiamo combattuto, fino alla fine”. Una reazione che effettivamente c’è stata da parte della squadra di Carroll, in grado di reagire dopo il 21-6 del primo tempo con il 20-7 del secondo, ma ciò non è bastato a garantire la vittoria.
Volendo accantonare per un momento le problematiche del reparto offensivo va denotata (in relazione al precedente discorso riguardante le linee di ambo le fasi di gioco) una mancanza anche per quanto riguarda quella difensiva, riscontrabile in special modo per quanto concerne il pass rush. Rispetto all’anno scorso la linea di Carroll manca di quella profondità in grado di consentirle di essere costantemente fresca e quindi molto più decisa e aggressiva, e ovviamente (come in ogni qualsivoglia lega sportiva professionistica) il tutto si ripercuote sui dati numerici e statistici. Le assenze di Red Bryant, Chris Clemons (trasferitisi ai Jacksonville Jaguars) e Clinton McDonald (accasatosi ai Tampa Bay Buccaneers) rendono il tutto estremamente più difficile: l’anno passato nessun giocatore della linea di Seattle ha giocato un numero maggiore del 57% degli snap effettuati. Ebbene, Michael Bennett quest’anno ha preso parte all’80% delle azioni (90% contro i Rams) mentre Cliff Avril, autore sinora di un solo sack, viaggia a quota 60%.
I Seahawks a questo punto della stagione si trovano al 25esimo posto per “total quarterback rating” mentre risultano ultimi anche in quanto a pressione sui dropbacks. L’anno scorso in suddette statistiche occupavano non la terza, non la seconda, ma la prima piazza assoluta. I sopra citati Cliff Avril e Michael Bennett sono ultimamente a corto di sack visto che il primo non ne ha effettuato nessuno nelle ultime cinque uscite stagionali mentre il secondo è a secco nelle ultime quattro.
Il tutto ovviamente si ripercuote anche in quella perentoria secondary che l’anno scorso era la numero uno in ogni singola statistica possibile: la Legion of Boom. Senza l’immane pressione che la difesa dei Seahawks è riuscita ad imporre l’anno scorso, i defensive back di Seattle trovano in contrasto una ovvia maggiore difficoltà nel provocare quel corposo quantitativo di turnover in grado di girare ogni qualvolta le cose a proprio favore. I quarterback avversari tendono a commettere meno errori in quanto meno sotto pressione e i dati numerici calano come diretta conseguenza.
L’anno scorso Seattle ha collezionato la bellezza di 28 intercetti mentre nelle prime sei uscite stagionali ne ha totalizzati solo due, il che in projected risulterebbe in soli cinque pick a fine stagione. Ma la questione non riguarda un singolo giocatore, o una singola posizione. La faccenda, e questo è sicuramente un aspetto alquanto preoccupante, riguarda l’intero campo di gioco.
Nel 2013 la formazione dello stato di Washington ha collezionato 13 intercetti sul lato sinistro del campo mentre su quello destro 9. Solo 6 invece nella parte centrale. Quest’anno gli unici due intercetti stagionali sono arrivati uno per lato, mentre ovviamente non ne è ancora arrivato nessuno nel mezzo. Anche in quanto a punti concessi le cose non vanno benissimo: prima posizione l’anno scorso, numero 19 in quest’annata.
Come possiamo notare quindi le problematiche che in questo momento affliggono i Seattle Seahawks sono di varia natura e soprattutto di diversi fondamenti di base. In un tale momento di difficoltà non bisogna fare altro che aggrapparsi ai giocatori più carismatici e più rappresentativi ed in questo non si può non andare a bussare alla porta di Russell Wilson. Spesso ultimamente si è parlato di frizioni nello spogliatoio dei campioni in carica, il tutto ovviamente subito smontato dal numero 3: “Non c’è alcuna divisione nel nostro spogliatoio, assolutamente. Ma se vi fosse penso che stiamo facendo di tutto per continuare a crescere. Credo fermamente in questo. I ragazzi che fanno parte di questo gruppo credono ancora che siamo in grado di arrivare al titolo e sono quelli che ne sono partecipi ogni singolo giorno. Ogni giorno ci alleniamo con un obiettivo comune ed è vincere partite di football”.
Per concludere Wilson si è soffermato sulla questione Harvin: “Percy e io non abbiamo mai avuto enormi differenze. Forse più di ogni altra cosa abbiamo avuto delle similarità. Entrambi vogliamo competere ad altissimi livelli e vogliamo vincere ogni singola partita godendo della palla nelle nostre mani. Percy è un gran giocatore di football ma devo ammettere che per una qualsivoglia ragione non ha funzionato. Gli auguro niente al di fuori del meglio possibile ma il nostro spogliatoio rimane comunque grandioso. Abbiamo ragazzi che si impegnano e vogliono sempre vincere partite e lavorare. Basiamo tutto sulla mentalità positiva che scandisce il nostro spogliatoio”.
A questo punto non resta che vedere cosa potrà fare e come cercherà di reagire questa grintosa formazione dopo due pesanti e brucianti sconfitte consecutive e che si è ritrovata di punto in bianco nell’occhio del ciclone per problematiche molto particolari. Il calendario di Seattle tra l’altro non si presenta bussando alla porta con avversari di poco conto: dei Carolina Panthers con tanta voglia di rivalsa in una NFC South abbastanza deficitaria nel suo integro complesso, ambo gli scontri divisionali con due squadre molto solide come gli Arizona Cardinals ed i San Francisco 49ers, per non parlare della partita da giocare nella città dell’amore fraterno.
Una situazione al tempo stesso pericolosa, delicata ma che anche desta particolare interessante quella riguardante i Seattle Seahawks con il record pari a 3-3. Le problematiche ci sono, numericamente e corposamente importanti, verso cui la squadra campione in carica dovrà cercare di reagire e nella maniera più rabbiosa possibile per cercare di diventare di nuovo quella macchina intimidatoria e disagevole che tutti hanno imparato a conoscere nella passata crociata per il Vince Lombardi Trophy.
Studente di giurisprudenza. Appassionato delle Big Four, NFL in particolare. Tifoso sfegatato Green & Gold!