I Cincinnati Bengals hanno aperto la stagione con un sorprendente 3-0 e un’imbattibilità che in pochi avevano conservato. Si è cominciato a parlare della consistenza di una squadra caratterizzata dagli alti e bassi e anche in queste pagine ci eravamo prodigati nello spiegare perchè i Bengals erano da temere e perchè potessero aspirare ad una buona corsa nei playoff. Il sistema di gioco sviluppato in questo inizio di stagione era davvero molto funzionale rispetto ai giocatori a disposizione di coach Lewis. D’altra parte però avevamo anche evidenziato come quel sistema di gioco così funzionale fosse però anche estremamente fragile e oggi possiamo dire che qualcosa comincia a stridere, se non addirittura a crollare, nel precario castello di carte costruito in Ohio.
Dopo 3 vittorie consecutive sono arrivate nell’ordine una sconfitta, un pareggio che sa di sconfitta per come è maturato e uno shut-down subito coi rivali di division di Indianapolis. In casa Bengals sono arrivati i problemi. In primis la vera grande questione è che molte palle scottanti sono tornate tra le mani di Dalton e con più responsabilità addosso il qb commette degli errori che prima non commetteva dato che il carico di lavoro era in parte virato su Giovani Bernard. Proprio Bernard era l’arma nuova e vincente che ora però sta vivendo momenti di difficoltà: le difese avversarie si sono rimboccate le maniche, hanno studiato il filmati delle partite e hanno costruito una serie di contromisure per arginare il running back di Cincinnati.
Il problema dei Bengals si manifesta in particolare sui terzi down: domenica il bottino è stato di 1 convertito su 13 tentativi. Contro Indianapolis e la sua difesa aggressiva, Dalton ha per 42 volte perso terreno anziché guadagnarlo e di queste 42 volte, 38 erano suoi tentativi di lancio. Certo non tutto è colpa sua perchè la linea offensiva non è riuscita a dargli la protezione richiesta e i ricevitori non sono riusciti ad uscire in maniera efficace dalle coperture creando lo spazio per permettere a Dalton di lanciare. Sono tutti fattori che mascherano un problema di ritmo. La squadra non marcia in maniera coordinata e il suo leader, o presunto tale, con contratto multimilionario non è sembrato in grado di prendere per mano il gruppo. Anzi è sembrato di nuovo il solito Dalton con numeri e precisione altissimi poi vanificati da cali di concentrazione pesantissimi.
La stagione e la corsa ai playoff sta sfuggendo dalle mani dei Bengals, ma non è troppo tardi. Se infatti i terzi down sono stati così catastrofici si può correre ai ripari migliorando i primi e secondi, in modo da arrivare al terzo senza l’acqua alla gola. Un piccolo guadagno su primo down può significare molto e per fare questo bisogna rimettere in gioco Bernard. Il compito spetta al coordinator Jackson. Se le difese hanno preso le contromisure, basta prendere le contro-contromisure, no? E’ facile a dirsi, un po’ meno a farsi, d’accordo. Però i Bengals hanno le carte in regola per migliorare alla svelta. Bisogna concentrarsi sulla linea offensiva in modo che possa tornare a fare il proprio lavoro come faceva ad inizio stagione. Cincinnati deve tornare a creare spazio per Bernard, in modo che possa essere nuovamente coinvolto nel gioco d’attacco, possa accollarsi alcune responsabilità e liberare Dalton dalla pressione così che il qb possa tornare a lanciare bene e lungo come faceva un mese fa. I numeri non mentono: dei 13 down non convertiti contro i Colts 11 erano più lunghi di 7 yards, mentre di quelli realizzati in stagione il 70% era sotto le 4 yard. La semplicità della matematica porta anche ad una semplicità della logica per cui si può dire che “più vicini si è, più è facile arrivare all’obiettivo”. Anche questo è vero, ma molto dipende dalla squadra. Per tutti è più facile guadagnare 4 yard anziché 7, ma per alcuni è facile anche guadagnarne 7, mentre per Cincinnati è di gran lunga più difficile.
L’equilibrio precario, ma molto funzionale, costruito ad inizio stagione è stato messo in crisi dai coach avversari, come è normale che sia. Per uscire dalla crisi Cincinnati deve trovare versatilità in attacco ed essere meno prevedibile nel gioco offensivo. Solo così può riuscire ad innescare i talenti che ha in Sanu, Bernard e soprattutto Green. Solo così può mettere a referto punti, e solo così può lasciare la difesa a riposare il giusto, in modo che possa scendere in campo con la giusta determinazione ed aggressività.
Sicuramente anche la difesa ha perso parte dello smalto che ha fatto vedere, e oggi è difficile immaginare che possano chiudere una partita come è avvenuto a Baltimora, ma se è vero che devono aggiustare alcuni problemi, è vero soprattutto che il maggior aiuto può e deve arrivare dall’attacco che deve rimane in campo e far rifiatare i compagni. La formula è guadagnare di più nel primo down per poter convertire più terzi down. Semplice no? Solo la classifica finale dei Bengals ce lo potrà dire.
Si avvicina agli sport americani grazie a un amico che nel periodo di Jordan e dei Bulls tifa invece per gli Charlotte Hornets. Gli Hornets si trasferiscono in Louisiana ed è amore a prima vista con la città di New Orleans e tutto quello che la circonda, Saints compresi, per i quali matura una venerazione a partire dal 2007 grazie soprattutto ai nomi di Brees e Bush. Da allora appartiene con orgoglio alla “Who Dat Nation”.
Il problema non è Dalton, ma la linea che collassa subito per cui Dalton è spesso costretto a liberarsi della palla prima dello sviluppo delle tracce, infatti ha il release più veloce della lega. Sulle corse non aprono buchi e i RB non superano neanche la linea di scrimmage. Inoltre avete dimenticato che sono infortunati una marea di titolari: 2 ricevitori, 1 TE, 3 LB (!), 1 DE,1 CB, 1 S (che ha giocato lo stesso) e 3 OL.
Il problema dei Bengals poi è quello comune a tante squadre che sono abituate a perdere. Se continuano a vincere si esaltano, ma se iniziano a perderne un paio di fila tornano i dubbi e le insicurezze. Secondo me ingfatti era importantissimo vincere quella con Carolina, per far risalire l’entusiasmo.
E mi secca diventare ripetitivo, ma in questi casi molto dipende dall’HC e onestamente non ho molta fiducia in Lewis.