Il dibattito è aperto. La situazione è pesante, c’è da fare i conti con un record di 1-3 e la parte veramente difficile del calendario non è nemmeno cominciata, i problemi sono gli stessi di sempre.
La luce della ribalta sull’argomento è ovviamente tutta sulla questione Robert Griffin III, vittima dell’ennesimo infortunio e fuori per altre sei settimane, un’altra stagione monca che una volta terminata non gli avrà consentito di raccogliere tutti i progressi tecnici e mentali che per un quarterback al terzo anno di professionismo sono fattori a dir poco fondamentali. Altre cinque partite (una settimana Washington la passerà in bye) sono il tempo a disposizione di Kirk Cousins, il suo backup, per far sapere al mondo Nfl quanto vale, dopo che nelle sue sei partenze da titolare di carriera ha mostrato sostanzialmente tutto ed il contrario di tutto.
Il che, si può tranquillamente estendere ai risultati di squadra, talvolta esaltanti, talvolta dannatamente frustranti, ed in questa presente stagione le sensazioni non sembrano esattamente essere cambiate di un millimetro rispetto al campionato scorso, o ricordando pure chissà quante annate appartenenti al recente passato, escludendo il solo anno da rookie di un Griffin che da allora ha perso tanta salute – prima il grave infortunio al ginocchio, ora la caviglia si sommano ai guai fisici del college – ma che ha pure lasciato per strada tutta la fiducia che aveva in se stesso, o almeno, così si direbbe giudicando il suo linguaggio del corpo e la sua apparente mancanza di vera leadership, impegnato com’è stato a scrollarsi di dosso tutte le critiche di chi lo ha dipinto, non sappiamo se correttamente o meno, come primadonna.
Il caos è di nuovo in scena, nella Capitale.
Una settimana Cousins buca la difesa degli Eagles scagliando passaggi millimetrici sulla sideline solo dove il ricevitore può arrivare, ed arriva vicino a vincere una gara che avrebbe rappresentato un upset spettacolare. Pochi giorni dopo arriva la debacle con i Giants, una delle peggiori prestazioni in casa degli ultimi anni, un’umiliazione costellata di turnovers, lanci tirati a casaccio, forzature che forse fanno capire perché il buon Kirk, quella volta, sia scivolato al quarto giro dello stesso draft che ha portato Griffin, ma anche Tannehill, Luck, ed un certo Russell Wilson, che nonostante sia stato snobbato per tre rounds veste già un anello di campione Nfl grazie alla lunga vista di Pete Carroll. Così, ogni settimana, il conflitto interno all’organizzazione è destinato ad essere alimentato dalla positività o meno delle prestazioni di Cousins, che quando gioca bene fa pensare a tutte le scelte che i Redskins hanno regalato ai Rams per avere Griffin, ma che quando gioca male come giovedì scorso fa solo pregare per un rientro tempestivo di RGIII.
La verità è, che nessuno dei due quarterbacks, in questa e nella scorsa stagione, ha saputo fare veramente la differenza muovendo l’attacco come accadeva nel 2012. Forse la formula di Shanahan era quella giusta, e tutti i pezzi stavano giungendo al corretto luogo di inserimento. Un gioco di corse credibile grazie ad una genialata del buon Mike, quell’Alfred Morris preso al sesto giro, una rete di passaggi che ha fatto danni incalcolabili con le playaction e le bombe in profondità, dove i vari velocisti a disposizione del roster confezionavano giochi spettacolari, e soprattutto fruttiferi di molti giochi da sei punti. New Orleans e Dallas ricordano perfettamente l’accaduto. Ma Shanahan ci teneva così tanto al suo giocattolo da premere forsennatamente per il suo rientro in campo dopo l’infortunio contro Baltimore, fino al disastro nella Wild Card contro Seattle, con quel ginocchio in frantumi. Mike è stato così pressante da volerlo nella lineup titolare a tutti costi alla prima settimana di gioco del 2013, ma non era ciò di cui RGIII necessitava. Avrebbe avuto bisogno di più tempo. Zoppicava in campo vistosamente, con un tutore che rendeva francamente troppo difficoltosa la vita per un quarterback mobile come lui, che già non sapeva proteggersi a dovere.
Ed il bel progetto è andato in tanti minuscoli pezzettini, che Jay Gruden sta enormemente faticando a raccogliere.
No, il problema non è tutto qui. A football si gioca con 53 uomini a roster, ognuno dei quali ha un compito che piccolo o grande che sia è di capitale importanza per le economie della franchigia.
I Redskins hanno vuoti che non vengono colmati da anni, o che magari sono stati anche rattoppati, ma non attraverso le soluzioni corrette. Uno degli esempi più chiari è una linea offensiva che funziona a singhiozzo, e che lascia sempre troppa pressione agli avversari. L’unica sicurezza è Trent Williams, un costante Pro Bowler che ha sempre tenuto vicina all’eccellenza la qualità delle sue prestazioni, ed un plauso va sicuramente ad un Kory Lichtensteiger che ha saputo riciclarsi da centro, un ruolo delicatissimo per la costante osservazione richiesta nei riguardi dell’allineamento difensivo opposto. Dopo sole quattro partite, è però già chiaro che il grande investimento effettuato sulla guardia Shaun Lauvao, pagato a peso d’oro crediamo solo per la mancanza di alternative sul mercato, non sia stato affatto redditizio, e resta l’annoso problema di trovare un tackle destro di migliore affidabilità rispetto a Tyler Polumbus, dal cui lato provengono la maggior parte dei turnovers.
Un’occhiata veloce alle secondarie e si capisce perché i discorsi che si leggono sul web circa una difesa molto migliorata hanno vita breve. E’ vero che il reparto coordinato (a dire la verità bene) da Jim Haslett spesso tiene in vita le partite e sventola bandiera bianca solo quando è stremato dai velocissimi rientri in campo che l’infruttuosità offensiva costringe a fare, vero anche che l’opposizione aerea è di basso livello e le secondarie sono un altro reparto a dir poco deficitario, a maggior ragione adesso che DeAngelo Hall è perso per la stagione a causa del brutto infortunio al tendine d’Achille. Con o senza Hall, i problemi c’erano ugualmente. La dirigenza pare aver visto male quando ha deciso per la selezione di David Amerson al secondo giro 2013, il giocatore ha ancora poca esperienza, chiaro, ma viene battuto dai ricevitori avversari con una costanza che deve preoccupare. Brandon Merriweather è letteralmente un disastro, ad ogni azione positiva ne fa corrispondere quattro di negative, in marcatura è sempre fuori posizione, e manca numerosi placcaggi difendendo contro le corse.
Oltre a questo, la pass rush non è costante e vede nel solo Ryan Kerrigan un elemento in grado di portare costante pressione, decisamente troppo poco, pesa certamente l’assenza del nose tackle Barry Cofield, comunque atteso al rientro tra qualche settimana. E come è stato evidenziato nel Thursday Night contro i Giants, che ha visto resuscitare un Eli Manning che da due anni non vedeva statistiche così eclatanti, la difesa è stato inefficiente sia nel contrastare le conversioni di terzi downs, e sia nell’opporre un linebacker in grado di farsi valere in marcatura, come testimoniano i 3 touchdowns concessi al tight end Larry Donnell.
Viene allora da pensare che la scelta tra Robert Griffin e Kirk Cousins sia solo un piccolo pezzo di un quadro molto più grande da sistemare per coach Gruden, fermo restando che RGIII non dovrebbe essere messo in discussione, suo malgrado, se non altro per ciò che è costato alla franchigia, e non è adesso il momento di lasciar perdere con lui. Non è un modo di ragionare del tutto corretto, ma vista la spesa sostenuta è senz’altro quello più logico.
Ora la squadra usufruirà di una mini-bye week per riflettere e riorganizzare idee e schemi, ma è evidente che le difficoltà nascano dalla malfunzione dei due quarterbacks nella stessa identica misura in cui pesano le lacune del roster che la dirigenza non ha messo a posto negli ultimi tre anni. I Redskins, conti alla mano, hanno vinto solo una partita con la pessima Jacksonville, e nelle prossime due giornate affronteranno Seattle ed Arizona, con un potenziale record di 1-5 in prospettiva, il che equivale a pensare già al Draft 2015.
Spiace dirlo, ma sembra un’altra stagione gettata nel vento dell’inutilità.
Davide Lavarra, o Dave e basta se preferite, appassionato di Nfl ed Nba dal 1992, praticamente ossessionato dal football americano, che ho cominciato a seguire anche a livello di college dal 2005. Tifoso di Washington Redskins, Houston Rockets, L.A. Dodgers e Florida State Seminoles. Ho la fortuna di scrivere per questo bellissimo sito dal 2004.