Più passano gli anni e più il trend viene puntualmente confermato, non c’è modo di veder vincere con costanza una sola squadra disorganizzata dal punto di vista manageriale. Vero che la prestazione in campo è ciò che sta alla base dell’ottenimento del risultato, ma analizzare come si sia riusciti a comporre un determinato roster e quali siano state le scelte di politica aziendale – di questo si tratta, in una franchigia – di una determinata squadra, aiuta a capire meglio il motivo di tanto successo e di tanta continuità.
I Seahawks sono l’ultima squadra in ordine cronologico a confermare il fatto che per vincere in Nfl servano sostanzialmente due cose. La prima: un general manager capace ed esperto, previdente nell’anticipare gli eventi di mercato e di prepararsi in modo adeguato alla free agency, abile nel calcolare l’impatto futuro delle scadenze contrattuali dei propri giocatori chiave, e studiare le mosse opportune per evitare di trovarsi nei guai con il salary cap. In secondo luogo, è fondamentale un dipartimento di scouting consono alla valutazione del talento poco pubblicizzato, perché il carrozzone del draft e la pazzia della free agency continuano ad insegnarci delle cose importantissime, di cui ci accorgiamo solo un po’ alla volta: è logico che per vincere servano tutti quei giocatori armati di un talento superiore alla norma, ma non si può sottovalutare il fatto che tantissime prime scelte strapagate, a volte, non abbiano fornito lo stesso tipo di rendimento di un ragazzo selezionato ai giri bassi, quando tutte le guide pre-draft indicano che il ragazzo medesimo potrà essere buono solamente per provare a fare la squadra in luglio o al limite eseguire qualche giocata di rilievo negli special teams.
E’ ora di togliersi dalla testa i luoghi comuni, del tipo che i primi 32 giocatori presi possano essere automaticamente dei titolari inamovibili per tutta la carriera, e cominciare invece a pensare che la squadra di football perfetta viva e muoia in base alla capacità del proprio coaching staff nel saper miscelare la grande classe delle superstar alla voglia di rivincita di chi si sente snobbato e cerca vendetta a tutti i costi, oppure chi di talento non ne ha proprio, ma possiede un cuore così grande ed una dedizione verso il proprio lavoro e verso i propri compagni da trasformarsi in un pezzo imprescindibile del meccanismo.
E qui arrivano i Seahawks di Pete Carroll, che alla stregua di organizzazioni longeve come Pittsburgh e New England seguono un determinato filo logico nel processo di costruzione del proprio roster, cercando di scegliere il miglior giocatore possibile ai giri alti (quello più funzionale, non quello più pompato dai media) di non sborsare soldi eccessivi per accontentare il capriccioso di turno, e di rimpinzare i vuoti con giocatori motivati e volenterosi nel farsi un mazzo così per non ricevere indietro una benché minima briciola di notorietà.
L’abilità selettiva del management di Seattle è tutta lì da vedere, risplende alla luce del sole.
Le scelte alte sono state utilizzate in maniera sapiente arrivando a costruire un intero lato di un settore tra i più importanti della squadra, la linea offensiva, dando la precedenza alle fondamenta dell’attacco anziché prediligere lo skill player di turno. Nel giro di quattro anni di selezioni, sono difatti arrivati il centro Max Unger, secondo round 2009 giunto in città un anno prima di Carroll, il fortissimo tackle sinistro Russell Okung, confermatosi dominante come da pubblicità pre-draft, e quindi, nel 2011, la guardia James Carpenter, che ha patito problemi di infortunio ma che è riuscito a restare in campo con soddisfacente continuità nel momento più delicato del campionato. Il reparto che al Super Bowl e non solo in tale occasione ha concesso un’eternità a Russell Wilson per lanciare è completato da un settimo round come J.R. Sweezy, e da un giocatore precedentemente inserito in practice squad da Green Bay, Breno Giacomini, coppia di linemen che nessuno si sarebbe mai sognato di schierare titolare in una qualsiasi formazione da titolo.
Il reparto ricevitori non schiera certo giocatori fortissimi, se paragonati ad altri più blasonati in giro per la lega, ed anche qui è stato trovato il mix corretto tra talento e funzionalità: il gioco aereo è stato sorretto da protagonisti del tutto inattesi come Doug Baldwin e Jermaine Kearse, pescati nel giro di due anni tra i free agents usciti dal college e mai considerati al draft, ma la superstar che equilibra il tutto non manca, o meglio è mancata per quasi tutto l’anno, ma è rientrata nel momento del bisogno. Percy Harvin è stato difatti preso attraverso una trade costata tre scelte a Seattle, una mossa inusuale ma necessaria per John Schneider, ma che ha pagato grossi dividendi: l’ex Vikings è stato l’arma in più in campo, quella che i Broncos non hanno potuto studiare per via della minima presenza in campo nel 2013, quella che ha fatto del jet sweep lo schema più pericoloso e redditizio del Super Bowl, quella che ha sigillato la partita all’inizio del terzo quarto, quando Carroll ha deciso che sarebbe stato Harvin a ritornare il kickoff di apertura post-intervallo, un calcio che Matt Prater aveva mandato dall’altra parte del campo con un rimbalzo scomodo da ricevere, ma che non ha impedito a Percy di ritrovarsi in endzone qualche momento dopo.
Ai primi di dicembre molti siti avevano decretato il successo di Minnesota nella trade, che appariva insensata e troppo dispendiosa. I Vikings hanno vinto la trade. I Seahawks hanno vinto il Super Bowl.
Di Russell Wilson si è già parlato tantissimo ma qualche concetto vale la pena di ripeterlo anche qui: 75 giocatori sono stati presi prima di lui, tre delle prime otto chiamate del draft 2012 sono state dedicate a suoi pari ruolo, uno solo dei quali (Luck) sta completamente tenendo fede alle attese, ed anche Wilson fa parte della schiera degli snobbati, penalizzato semplicemente da un fattore: la statura. Anche qui, forse sarebbe il caso di dare un colpo di spugna ai tradizionalismi e lasciar perdere le frasi fatte, perché la Nfl ci ha insegnato anche che un quarterback di oltre due metri non è necessariamente materiale da primo giro solo perché è alto e vede il campo meglio di tutti, bisogna saper andare oltre, perché altrimenti significa accettare il fatto che la lezione impartita da Drew Brees non sia servita a nulla.
E chi persevera nell’errore di sottovalutare un quarterback per la sola statura, non merita di vincere. Wilson ha giocato due anni nella Nfl, fatto i playoffs due volte e li farà presumibilmente ancora tante altre volte, perché ha attorno a sè una squadra giovane e forte. Non prende neanche un milione di dollari all’anno, e Seattle non ha sborsato tre prime scelte di anni consecutivi (suona familiare, Redskins?) per assicurarselo. E lui crea giocate vincenti di continuo.
Infine la difesa, la migliore di tutta la Nfl ed una delle migliori di tutta la storia del gioco. Degli undici titolari, solo due, Tony McDaniel e Chris Clemons, non sono arrivati tramite draft. Al momento non c’è una secondaria migliore sulla piazza, composta da Richard Sherman, un quinto giro cui piace molto parlare – ma non a vanvera – e che fa seguire i fatti alle sue interminabili parole essendosi stabilito a pieno titolo nella élite dei defensive backs della Nfl, e da una coppia di safety di altissimo rendimento, l’onnipresente Earl Thomas ed il punitivo Kam Chancellor, anch’esso una quinta scelta, veloce come un cornerback e possente come un linebacker, un tipo di difensore davvero raro anche per il football moderno, vista la combinazione delle sue qualità atletiche.
E poi la qualità dei backups, cui Carroll ha insegnato a non considerarsi come tali, svelando una parte del mistero del suo successo, la motivazione giornaliera ed il mantenimento della fiducia dei giocatori in loro stessi senza mettere differenze tra titolari e riserve, con importanza uguale per tutti. Malcolm Brown, un settimo giro subentrato a K.J. Wright, è stato l’Mvp del Super Bowl ed ha intercettato il pallone del possibile sorpasso dei 49ers nel Championship della Nfc, e contributi di grande qualità sono stati forniti pure da nickel backs come Byron Maxwell, Jeremy Lane e Walter Thurmond, più che efficienti in copertura a conferma di un eccellente livello di preparazione mentale e fisica, e membri di un reparto che ha raso al suolo l’attacco da record dei Broncos annullando Welker, Decker e Julius Thomas come mai nessuno aveva fatto quest’anno. E ci sarebbe anche Brandon Browner, pescato letteralmente dal nulla, ma attualmente squalificato per doping.
Quindi, un’altra stagione è passata ed un’altra lezione è stata impartita. Nella Nfl conta sempre meno la capacità di attrarre il free agent del momento o portarsi a casa un presunto talento da primo giro che non ha ancora dimostrato nulla, le accozzaglie di talento accumulato fanno tanto rumore, ma producono poca sostanza. Le squadre in difficoltà sono sempre le stesse, e sono quelle che non sono capaci di pianificare strategie vincenti a lungo termine, perché sono semplicemente offuscate nel ragionamento dalla necessità impellente di vincere.
I Seahawks hanno impostato un progetto a tavolino, lo hanno realizzato infischiandosene del curriculum di Carroll, che in Nfl aveva già due licenziamenti alle spalle, e delle scelte a volte bizzarre (ricordate Bruce Irvin al primo giro?) da lui effettuate.
Grazie a questo, tra poche ore sfileranno per tutta la 4th Avenue fino ad arrivare al rumorosissimo CenturyLink Field, la casa del dodicesimo uomo, dando immensa gioia a dei tifosi che, dimenticati lassù nel piovoso nord-ovest statunitense, mai avrebbero immaginato un giorno di diventare campioni della National Football League.
Davide Lavarra, o Dave e basta se preferite, appassionato di Nfl ed Nba dal 1992, praticamente ossessionato dal football americano, che ho cominciato a seguire anche a livello di college dal 2005. Tifoso di Washington Redskins, Houston Rockets, L.A. Dodgers e Florida State Seminoles. Ho la fortuna di scrivere per questo bellissimo sito dal 2004.
Trovo questi articoli piuttosto stucchevoli.
Seattle ha vinto (anzi ha stravinto) ma scrivere il giorno dopo che tutto è frutto di anni e anni di lungimirante organizzazione fa solo sorridere.
Se avessero vinto i Broncos si poteva scrivere un articolo analogo.
La verità è che sono le vittorie a rendere ragione delle scelte fatte …a mostrare che erano giuste…
Tra Seattle e Denver ci sono stati 60 minuti di football giocati da un lato solo, dopo una stagione egualmente positiva.
beh,si vede che non segui a pieno la nfl,perche è evidente a tutti quelli che almeno da qualche annetto ne seguono le vicissitudini che seattle è stata una delle poche franchigie a lavorare su una squadra infischiandosene delle “rock star”. se ne parla da sempre ma in sordina,perche non fa notizia un team senza bombe mediatiche come manning o chi per lui…soprattutto oltreoceano!
se avesse vinto denver si sarebbe parlato di manning,non di denver a prescindere,ma nessuno avrebbe tolto a seattle la nomea di una delle squadre piu ben riuscite degli ultimi anni.
…che poi questo articolo sia un elogio ai vincitori,beh,è proprio per quello che va elogiato chi ha vinto!
Io invece articoli come questo non solo li trovo molto interessanti ma, oltre che sempre ben impostati, anche veritieri. E poi non sono “anni e anni di organizzazione”. Ne sono bastati quanti? Tre?
Ingredienti: 1 head coach capace di impostare una squadra sulle basi filosofiche di quella che allenava (e glorificava) al college; 1 general manager capace di pescare ma anche di “cucinare il pescato”; 1 franchigia che crede fermamente in un progetto e lo fa fino in fondo (pure in termini di round: vero Malcolm Smith – 7° giro da USC?).
Seguo da abbastanza tempo Stanford per assicurare, avendoli visti abbondantemente in azione, che un Richard Sherman o un Doug Baldwin sono sempre stati lì: prospetti interessanti con l’unica pecca di non essere (appunto) sufficientemente pompati dai media, magari semplicemente perché usciti da un college di Nerd. Eppure che il primo fosse un cornerback di 6-3 sempre appiccicato ai WR avversari e con mani da WR (il ruolo in cui ha giocato nei Cardinal fino all’anno sophomore), e che l’altro non lasciasse cadere un pallone uno lanciato verso di lui (anche se da un QB fenomenale come può essere Andrew Luck), bisognava semplicemente “vederlo”. Oggi quei due ragazzi (e con loro gli altri undrafted e late rounds citati nel pezzo) sono campioni del mondo.
Decisamente va allora un plauso alla loro bravura, ma anche a chi ha creduto in loro. A chi ha saputo organizzare tutto questo. A chi ha costruito una “legion of boom” dal nulla e dagli “scarti” degli altri, impegnati invece nel tentativo di raggiungere lo stesso identico traguardo per le vie brevi (sottoscrivendo quinquennali da 20 milioni di dollari a stagione per un solo giocatore, il “supermegaregista” numero 10…, anzi no, 18, il 10 è l’altro…) o peggio ancora per le vie “infinite”, selezionando ad ogni giro (sempre primo, ma di ogni anno) maratoneti buoni per l’atletica anziché football players, mentre nel frattempo le rispettive fan-base continuano a rimuginare nostalgicamente sugli onori che furono. O peggio che non sono mai stati.
Beh, diciamo che la programmazione è alla base di ogni franchigia vincente, e nel caso, anche gli sconfitti Broncos sono tali.
Quello che rende diversi i Seahawks da altre compagini NFL è che stanno affrontando il football professionistico in maniera decisamente diversa rispetto agl’altri 31 team; Carroll ha portato in NFL metodi innovativi di allenamento e gestione della squadra, o meglio, ha RI-portato, visto che aveva già cercato di fare qualcosa di simile nelle sue precedenti esperienze a New York, sponda Jets, e New England.
Che la sottile differenza tra la ragione e il torto delle scelte fatte sia stabilito dalla vittoria, è corretto, ma d’altronde anche questa è l’essenza dello sport; normale che per chi perda si aprano processi per capire cosa non ha funzionato, e che invece chi vinca venga solo celebrato, magari chiudendo un occhio su quello che andrebbe o potrebbe essere migliorato.
Personalmente non trovo articoli del genere stucchevoli, tanto più se riferiti ad un programma di football intraprendente e innovativo come quello di Seattle.
sono perfettamente d’accordo con Andrea . la storia ci insegna , anzi ci ha insegnato , che soprattutto nel football , sport fatto di prestazioni atletiche , di forza , di cronometro e di pesi , quello che nella realtà conta di più è l’organizzazione del team per intero .. non a caso chi nel corso degli anni chi ha vinto lo ha fatto grazie a questo e non per la presenza di superstar assolute nel proprio roster .. è chiaro che certi discorsi fanno parte di qualsiasi competizione sportiva ma la nfl credo sia un caso che calza a pennello certi concetti .. riguardiamoci vittorie , superbowl , stagioni , nomi e quant’altro di chi ha vinto e di chi non ci è riuscito o quantomeno non nelle quantità che ci saremmo aspettati .. un applauso a tutta l’organizzazione dei seahawks . da simpatizzante redskins mi auguro che questa possa essere l’ennesima prova che non basta avere un qb o un coach dal nome altisonante per vincere ..
Incredibile, in effetti, la secondaria costruita da Seattle con quinte scelte al draft.
Più che Sherman (bravo, ma eccessivamente pubblicizzato) trovo clamorosa la scelta di Chancellor: ogni volta che l’ho visto giocare mi ha impressionato veramente. Bellissima la definizione nell’articolo “veloce come un cornerback e possente come un linebacker”.
Al contrario, non mi trovo d’accordo con l’esaltazione di Wilson rispetto a RG3. Credo che Wilson ai redskins avrebbe fatto molto male (una linea offensiva obiettivamente imbarazzante quella di Washington) mentre RG3 a Seattle avrebbe una vita davvero migliore…
Su RG3 Washington può costruire il futuro, ma come insegna Seattle deve mettergli intorno una linea offensiva che lo faccia sopravvivere almeno sino a Natale.
Non serviva la vittoria nel SB per fare un grande applauso all’organizzazione di Seattle (che già l’anno scorso fece grandi cose). Quello che mi chiedo è come verranno gestite le inevitabili esose richieste dei (molti) prossimi free agent di seattle che, forti dell’anello al dito, credo lasceranno la baia.
Non sono d’accordo con Gianlu6 per quanto riguarda il discorso Wilson/RGIII.
In questi due anni la OL di Washington è stata pessima, ma quella di SEA non è stata così forte da lasciare tranquillo Wilson nella tasca. Io me lo ricordo quasi sempre in scramble, così come RGIII.
La differenza, IMHO, sta nel fatto che il primo ha una visione che seppure ancora (ovviamente) non al livello di Mannig e Brady, rimane comunque migliore del secondo. Ho visto molte più volte Wilson mangiarsi il pallone e RGIII andarsi a prendere i dolci tackles dei linebackers. Il parco ricevitori, in entrambi i casi, non è certo al livello di SF o Den, ma Wilson ha subito molti meno intercetti.
Avete mai visto RGIII in stagione regolare con tempo a disposizione? Accuratezza inferiore alla media. Punto.
Wilson nel Super Bowl? 58% nei terzi down.
E poi sotoscrivo in pieno l’articolo di Dave. La riprova del motto l’organizzazione sta alla base del successo si individua, secondo me, non tanto e non solo in Seattle, quanto in NE.
Questi qua perdono Gronk, Hernandez (la migliore coppia di TE….direi ALL-TIME), Welker, Mayo, e Wilfork!, promuovono Endelman, acquisiscono e sviluppano i signori nessuno Blount, Tompkins, Dobson, Collins e virano sun un running game prevalente quando Brady rimane comunque efficiente come e più di Manning considerando la truppa a disposizione.
Sti qua vanno 11-5 con Cassell nell’anno dell’infortunio di Brady, vincono la AFC East quasi continuamente da quando c’è Belicick, vanno in questa stagione al Championship quando ne butto lì una a caso…Dallas…..sbava da anni dietro ad una Wild Card.
Io credo che sia necessario rendere una squadra competitiva per potertela giocare e vincere se tutti i pezzi del puzzle si incastrano a dovere; e questo lo fanno i GM e gli HC da febbraio a luglio.
Come hanno fatto i Seahawks che saranno presenti, vedrete, al prossimo NFC Championship.
Dopo di che, chi esegue meglio i giochi vince.
iperkrusty capisco la tua analisi su Wilson/Rg3, ma non sono d’accordo.
La linea offensiva di Seattle, lo si dice anche giustamente in questo articolo, ha giocato una signora stagione e io non ho visto grande pressione su wilson quest’anno. Concordo con te, invece, sul fatto che rg3 sia più spregiudicato rispetto a wilson che è più “standard” e meno votato al rischio.
Aggiungo però che anche la diversa difesa conta. Avere sempre e comunque una buona posizione di partenza, avere molto più ritmo e non dover essere costretto a rischiare è fondamentale.
Washington ha sempre dovuto rincorrere nel punteggio per tutto l’anno e la sua difesa non ha aiutato in alcun modo.
Wilson può giocare molto più serenamente, affidarsi al running game e poi lanciare con maggior sicurezza.
Diciamo che se io fossi un qb seattle sarebbe una delle mie prime scelte, così come sarebbe stata Baltimore fino a 1-2 anni fa.
Flacco docet: senza la straordinaria difesa dei Ravens non è riuscito a portare Baltimore ai playoffs; per carità, non è solo colpa sua, ma certamente è un qb sopravvalutato (sicuramente nell’ingaggio!!).
Concordo pienamente sul discorso organizzazione e anche su NE che personalmente non sopporto, ma a cui vanno fatti grandi complimenti.
Mi sbaglio però o è dal caso spystory che non vince più un sb?
Wilson ha una diligenza e una capacità di corsa che lo rendono un’arma letale nelle mani di qualunque coach di buon senso (con le mani il più bravo di tutti è Rodgers). Ma soprattutto è umile e intelligente, cosa che lo rende più prezioso di Griffin, Newton e Kaepernick al loro meglio. Luck, che dei giovani è il migliore, per ora alterna colpi di genio a cazzate allucinanti. I primi fanno spettacolo, i secondi fanno perdere le partite. Wilson non manca di colpi (i due lanci per -credo- Harvin e Kearse, il primo un babà parabolico, il secondo un missile teleguidato, sono stati dei gioielli di tecnica) ma non commette cazzate.
Che la linea lo protegga è una favola che dipende dalle squadre avversarie: contro S. Francisco era sempre per terra… e poi come gestisce la squadra: Harvin, Baldwin, Kearse, l’altro Wilson, Tate, Miller… li ha fatti ricevere tutti quanti.
Ed è un giocatore di 1,80 pesante la metà dei linemen.
Quanto ad “affidarsi al running game…” cosa dovrebbe fare, con Lynch in squadra? Quello fa un TD a partita contro chiunque… non dovrebbe dargli la palla?
Oltre ad essere il QB più vincente della storia nei primi 2 anni di carriera e ad avere tante vittorie al Superbowl quante Peyton Manning e Drew Brees non si capisce cosa debba fare di più il buon Russell per essere considerato quello che è: un fuoriclasse.
bellissimo articolo!!!criticare wilson mi sembra eccesivo, individualmente RGIII sarà anche più forte, ma la bellezza di questo sport sta propio nel fatto che è il numero 1 degli sport di squadra….tutto e tutti devono funzionare alla perfezione, la società, lo staff coaching, difesa attacco special team….tutti, il fenomeno può vincere una partita…ma arrivare è vincere il superbowl e un altra storia…..
Molto poco di sostanza i giudizi iperpositivi in base esclusivamente al risultato.
Luck, con una squadra scarsetta che ha perso wayne a metà stagione, ha fatto miracoli e le “cazzate allucinanti” che gli vengono contestate sono frutto della necessità di rischiare molto più di quel che deve fare wilson.
Luck farà la storia del gioco.
Wilson è un ottimo giocatore, fuoriclasse è proprio un’altra cosa.
Molto probabilmente qb (sicuramente Luck, Newton, Rodgers, Manning, Brees) di quelli citati avrebbe vinto se messo al posto di wilson in una squadra come seattle (e con quella difesa).
Sull’affidarsi al running game ti invito a rileggere quello che ho scritto che evidentemente non ha capito.
“Wilson può giocare molto più serenamente, affidarsi al running game e poi lanciare con maggior sicurezza.”
Certo che deve affidarsi a Lynch ed è proprio questo che gli rende la vita certamente migliore.
Capito, sei uno di quelli che “Montana non è il più grande perchè con lui giocava Rice”.
Luck farà la storia del gioco come… Manning finchè non avrà una squadra in grado di vincere. E a quel punto si dovrebbe dire che è merito della squadra…
Oh, però prima di fare la storia del gioco dovrà aspettare che Brady sia andato in pensione e S. Francisco e Seattle smantellino la loro difesa: per qualche annetto stiamo tranquilli, insomma.
Condivido l’articolo. Un unico appunto l’mvp del Superbowl e Malcom Smith e non Brown ma credo sia solo un refuso.
Ragazzi qui c’è stato un grande fraintendimento. La O-line di Seattle è tutt’altro che impenetrabile nè riesce a concedere delle eternità al QB per trovare smarcati i ricevitori. La differenza sta nell’intelligenza di Russell Wilson. Va in scramble a destra e a sinistra costantemente, tenendo conto della pressione. Il tempo di lanciare se lo guadagna da solo. Però rispetto a RGIII ha la saggezza di mangiarsi qualche pallone in più e si fa intercettare molto meno. Quante volte ho visto Griffin lanciare dei cioccolatini ai difensori pur di non accontentarsi. Chi non risica non rosica, però. E certi colpi che ci ha mostrato a Baylor e al primo anno coi Redskins… su ragazzi non mettiamoci le fette di prosciutto davanti agli occhi. Se gli venisse data la possibilità di giocare con una linea competitiva e al 100% della forma fisica sono sicuro che nessuno vorrebbe trovarselo di fronte. Complessivamente, opinione personale eh, ritengo RGII superiore a Russell per talento individuale. Wilson è un top quarterback, ma non un’ elite quarterback. Questa è la verità. Con questo non voglio togliere assoluamente nulla a un QB eccezionale che si è sudato il Super Bowl arrivando da anonimo al terzo giro. Non sognatevi di dire che chiunque avrebbe vinto con una O-line così. Detto ciò, il migliore resta sempre Tom Brady.
@osservatore romano tu mi sa invece che sei uno di quelli che aspetta di vedere come finisce la stagione per dare giudizi… in effetti così rischi anche di avere ragione, ogni tanto.
Mi sa che mi salvo tutti questi bei messaggi per vedere se sosterrai che Wilson è un fuoriclasse (l’hai detto tu) anche quando non vincerà…
Ovvio che Luck, per vincere, avrà bisogno di una squadra forte intorno, non so se te ne sei accorto, ma il football è un gioco di squadra dove ci sono 3 reparti distinti…
Peraltro non ho capito una cosa…pensi che Manning abbia fatto la storia del gioco o no?
No perchè se pensi che non l’abbia fatta, bhe dire che è anche inutile discutere di football..
State picchiando più duro della difesa di Seattle! La discussione dimostra perchè, anche nella Nfl, non tutte le squadre seguono il ragionamento di Dave e ne raccolgono poi i frutti. Non so quanto sia costata la squadra di Carroll per essere assemblata, non so quale sia il suo salary cap né quello delle altre squadre, l’unica cosa che mi è stata riferita (dai commentatori Italia1) è che il team ha gestito, negli ultimi 3 anni, qualcosa come oltre 1000 trade! E questo dimostra che, prima di tutto, per essere forti si deve imparare dagli errori. Le squadre che non l’hanno fatto sono le diverse blasonate che non riescono ad arrivare alla post-season, pur spendendo una montagna di dollari. Se i giudizi si dovessero dare solo in base ai risultati di una stagione, Carroll non sarebbe arrivato dov’è e così tanti dei suoi giocatori. E nelle qualità dei giocatori rientra anche quella, più impalpabile ma decisiva, di giocare al meglio quando serve. E’ inutile fare una stagione da record, ennesimo MVP, se torni a casa con un 43-8, ma anche se nessuno della tua squadra ha fatto il 50% di quello che ha fatto in stagione! I ragionamenti di Dave si adattano a qualsiasi sport di squadra, e vedere miliardari che investono montagne di soldi senza averlo ancora capito fa tenerezza.
Da tifoso Denver, brindo a Carroll (per le scelte, non ne ha sbagliata una!) e Wilson (che sembrava un veterano, al secondo anno!) perché anche l’altra sera la palla ovale ha dimostrato, ancora una volta, che non si improvvisa nulla e che sono sempre i veri uomini a vincere.