La stagione da record dei Denver Broncos non si ferma. L’orchestra offensiva diretta da Peyton Manning ha portato in campo di domenica in domenica un attacco stellare, dotato di così tante armi da perderne il conto, lasciando cadere in depressione ogni defensive coordinator che tentasse di porre riparo a quell’autentica macchina da guerra condotta da quello che già oggi è uno dei migliori giocatori della storia della lega e firmato l’anno scorso da John Elway – uno che ai Broncos ha scritto pagine di storia vincendo due titoli proprio ricoprendo il ruolo di regista – per risollevare le sorti della squadra delle Rocky Mountains.
7.317 yards di total offense, 606 punti (una media quasi collegiale di 37.9 a partita) 435 primi down conquistati, sono numeri letteralmente fantascientifici, sicuramente non raggiungibili senza il fondamentale contributo di Manning. Lui, ad inizio stagione, aveva già messo alcune cose in chiaro dopo la dolorosa sconfitta ai playoffs contro Baltimore, infliggendo ai Ravens medesimi ben 7 passaggi da touchdown eguagliando un record Nfl mentre la stagione 2013 metteva solamente i primi passi, un presagio di ciò che sarebbe arrivato dopo. Ed a fine anno, sono difatti pervenuti due record che aumentano ulteriormente il prestigio della carriera del quarterback proveniente dall’università di Tennessee, le 5.477 yards lanciate sono il miglior risultato ogni epoca in singola stagione, così come lo sono i 55 passaggi da touchdown scagliati verso i suoi numerosi bersagli rappresentano un primato che fu già di sua proprietà prima che venisse infranto dal Tom Brady versione quasi perfect season.
Mvp significa Most Valuable Player. E’ il premio destinato al giocatore che più di ogni altro, se levato il suo contributo dal risultato ottenuto dalla squadra, si dimostra imprescindibile nei confronti dei suoi compagni. E’ quel particolare membro del roster che permette alla franchigia di compiere un salto di qualità che in altre condizioni non sarebbe stato ottenibile, e quindi la domanda che ci si pone è sempre quella: sarebbero stati i Denver Broncos capaci di raggiungere la qualificazione al Super Bowl senza Peyton Manning? La risposta è semplice: no. Così hanno deciso 49 dei 50 votanti che hanno dovuto esprimere la loro opinione nella giornata di ieri per decretare il miglior performer della National Football League, lasciando al rivale Brady un solo misero voto per evitare una schiacciante unanimità.
E tale risposta è stata la medesima che i giornalisti avevano espresso anche nelle quattro occasioni precedenti in cui Peyton era stato insignito dello stesso riconoscimento, nelle stagioni 2003, 2004, 2008 e 2009, epoche in cui gli Indianapolis Colts hanno giocato il loro miglior football offensivo di sempre grazie ad un quarterback capace di ragionare come un computer, di scansionare gli allineamenti difensivi sulla linea di scrimmage e chiamare sempre il gioco giusto, oppure modificare uno schema offensivo cambiandolo al volo con un altro più adatto per quella situazione. Allora come oggi è questa la capacità più grande di un giocatore assolutamente straordinario ed unico nel suo genere, un competitor che non si è perso d’animo nemmeno di fronte alle numerose critiche e alle difficoltà che ha dovuto superare per dimostrare prima di tutto a se stesso che avrebbe ancora potuto giocare a football.
Di Manning si è spesso parlato con stretto riguardo ad un record di postseason non esattamente brillante, liquidandolo specialmente nei primi anni di carriera come un campione alla Dan Marino, capace di regular season straordinarie ma pronto a sciogliersi nella calda atmosfera dei playoffs, quando in special modo in campi particolarmente freddi e ostili, il livello delle sue prestazioni non era neanche lontanamente vicino a ciò che rientrava normalmente nelle sue corde. Ma i numeri, per quanto non del tutto indicativi per definire il giudizio su un particolare giocatore, spesso non mentono. 13 stagioni in maglia blu con solo due campionati dal record negativo, uno dei quali l’anno da matricola, poi un’ascesa irrefrenabile e straordinaria, che ha riportato i Colts in vetta alla Nfl per la prima volta dal 1970, quando la squadra era di stanza ancora a Baltimore, un percorso appunto culminato con la vittoria nel Super Bowl XLI contro i Chicago Bears nella cornice di Miami, sotto la pioggia, un’affermazione il cui gusto non andrà mai dimenticato, proprio perché con l’anello al dito Peyton aveva finalmente zittito parecchi detrattori e dimostrato di appartenere di diritto a quelle leggende che non vanno mai dimenticate.
Poi le difficoltà fisiche: un ginocchio grande come un melone per via di una grave infezione, rieducato giusto in tempo per affrontare una stagione 2008 partita a quota 3-4 ed ottenere in seguito nove vittorie consecutive in regular season senza aver partecipato al training camp, e le quattro famose procedure chirurgiche al collo per cercare di attenuare i dolori cervicali, l’ultima delle quali costrinse Manning a guardare dal campo per tutto il campionato 2011 sistemando definitivamente il problema, senza però garantirgli la certezza di un possibile ritorno in campo, dato che il quarterback si trovava comunque dalla parte sbagliata dei trenta, ed il recupero della forza del braccio era una componente a dir poco fondamentale per riuscire di nuovo a lanciare un pallone da football con la velocità richiesta dai professionisti.
I Colts, senza di lui, terminarono 2-14, e qualcuno scherzò, ma non troppo, dicendo che anche in quella occasione Manning avrebbe meritato l’Mvp, perché senza di lui la sua squadra si era rivelata più che disastrosa. Chiuse la sua carriera ai Colts con un Super Bowl vinto ed uno perso, ed ancora qualche critico accennava a far notare che il fratello Eli, di titoli, ne aveva già vinti due con i suoi Giants.
I Broncos lo firmarono l’anno scorso dopo un forsennato derby con diverse altre franchigie Nfl, ma la figura di John Elway, che chiuse la sua brillante carriera con due titoli Nfl consecutivi dopo anni di partite playoffs e di Super Bowl persi, è stata determinante nel convincere Peyton che Denver fosse la destinazione giusta per provare a vincere uno o due titoli prima di decretare il proprio ritiro dalle scene.
Elway ha rischiato con attenzione ed audacia, cautelando economicamente la squadra in caso di nuovi guai fisici che in seguito non si sono più ripresentati, e centrando un ideale jackpot per i risultati fino a questo momento conseguiti un record di 26-6 in due anni, un paio di titoli della Afc West, ed oggi il raggiungimento dello scopo primario del progetto, ottenere una qualificazione alla finalissima che solo una giocata isolata – messa su dai Ravens con la generosa collaborazione della difesa di Denver – aveva impedito circa dodici mesi.
Peyton Manning possiede due titoli di Mvp in più di qualsiasi altro giocatore Nfl della storia, il che rappresenta un traguardo già di per sé storico. Tra poche ore disputerà il Super Bowl di New York, entrando anche lì nei ricordi incancellabili del football per la sola presenza ad un evento inedito, una finale giocata al freddo, che gli fornirà la possibilità di vincere il suo secondo titolo assoluto e di riportare il Vince Lombardi Trophy a Denver, a quindici anni di distanza dall’ultimo viaggio del prezioso premio tra le montagne rocciose, quando fu vinto proprio dall’uomo che l’ha convinto a venire in Colorado.
Ciò che è certo, è che al di là del risultato finale della partitissima di questa notte Manning è già con due piedi nella Hall Of Fame, per tutta l’illustre carriera che si porta appresso, per gli straordinari risultati conseguiti grazie ad una devozione alla conoscenza del gioco e ad un’invidiabile preparazione nei confronti dell’avversario di turno, nonché per la capacità di giocare mentalmente a scacchi contro qualsiasi difesa, anticipandone le mosse e correggendo le proprie, dimostrandosi uno stratega con efficacia identica a quella di un vero e proprio allenatore in campo.
E quest’anno, per quello che ha fatto vedere e per i numeri che ha consentito di scrivere ai suoi Denver Broncos, il miglior giocatore dell’anno non poteva che essere lui. Tra non molto scopriremo se ai suoi già prestigiosi conseguimenti si aggiungerà anche il secondo Super Bowl, ma intanto, il quinto titolo di Most Valuable Player non glielo toglie più nessuno.
Davide Lavarra, o Dave e basta se preferite, appassionato di Nfl ed Nba dal 1992, praticamente ossessionato dal football americano, che ho cominciato a seguire anche a livello di college dal 2005. Tifoso di Washington Redskins, Houston Rockets, L.A. Dodgers e Florida State Seminoles. Ho la fortuna di scrivere per questo bellissimo sito dal 2004.
In campo non si va per i record ma per vincere. E Manning i record li ha quasi tutti. Gli manca quello di sconfitte al Superbowl (4, dei Vikings e dei Bills): in due anni di contratto che gli restano ce la può fare.
Parole a caso in questo commento… se misuriamo il numero di anelli allora il fratello Ely dovrebbe essere più forte di Peyton (e questa è una bestemmia); il football è gioco di squadra per antonomasia e la difesa gioca un ruolo chiave. Seattle ha vinto grazie ad una difesa incredibile, forse non con superstars (come invece era la difesa di Baltimore), ma certamente con un sistema ed una disciplina rare anzi uniche.
Certo Peyton non ha giocato la sua miglior partita, ma tutto quello che poteva andare storto ieri notte, è andato effettivamente storto.
Criticare Manning è criticare il football.
Champ Bailey finirà la carriera senza anelli, tu pensi davvero ci siano molti CB più forti di lui nella storia della lega?
Forse Sherman perchè ha vinto il SB?
Non scherziamo…
p.s.
I Bills furono una squadra pazzesca e persero il primo sb contro i giants per un errore clamoroso del loro K, negli anni successivi, pur essendo una squadra clamorosa, ebbero la sfortuna di capitare nell’era dei grandi Cowboys di Aikman e soci.
L’unica sfortuna per Peyton, è stato rimanere tanto tempo in una squadra certo non vincente come i COlts! Questione di cuore probabilmente, se non scegli le squadre per vincere è normale che ti ritrovi con pochi SB.
Il prossimpo anno sarà forse l’ultimo o il penultimo per tentare nuovamente il sb, se i Broncos migliorano un po’ la squadra di quel tanto che basta… ma non è facile!
Te la canti e te la suoni: si può essere un ottimo giocatore e perdente allo stesso tempo. Caso Manning P. Nemmeno Barry Sanders ha vinto un Superbowl e nessuno dice nulla. Nè Tony Gonzales. La lista è lunga, ma nessuno di costoro ha mai preteso di essere “il più grande”.
Amen
definire “ottimi giocatori” Barry Sanders e Gonzales mi pare un pò riduttivo..
Ti ringrazio perchè con questi due esempi hai assolutamente dimostrato di avere torto nel tuo primo commento.
Mercì.
Beh…Her Majesty PM è senza dubbio il miglior giocatore di football di tutti i tempi……….in regoular season. In termini assoluti, però, non è un vincente, se per vincente si intende chi riesce ad esserlo nell’unico momento in cui conta veramente, vale a dire nei death matches. Ieri sera i Broncos sono rimasti all’aeroporto di Denver convinti di aver sbagliato data, e con loro anche PM.
Sarà vero che è stato ben poco aiutato da una squadra che gli si è liquefatta tra le dita, ma è altrettanto vero che ha lanciato una tale quantità di anatre morte che in confronto un ristorante di selvaggina sembra una riserva del WWF. Grande braccio, cervello sopraffino, palle liquide. amen.
Avesse vinto il 2 sb in 3 anni parleremmo di un vincente.
Sono sempre molto scettico su giudizi su di una carriera che si basano su un singolo match.
Se l’anno prossimo torna e vince il sb cambiamo tutti i giudizi sul concetto vincente/perdente?
@Rob
cit. “unica sfortuna per Peyton, è stato rimanere tanto tempo in una squadra certo non vincente come i COlts”…
Cosa??? Ragazzi per scrivere di fooball è necessario conoscere la materia!
Peyton Manning è un QB da regular season, come fondamentalmente lo è stato Brett Favre. Con il secondo almeno si godeva un pò…
qb da regular season? ma per piacere.
E’ arrivato a 3 superbowl con due squadre diverse e giocando per molti anni e trovando sulla sua strada i Pats.
Semplicemente un grande qb non è sufficiente a vincere il sb.
Oppure ti faccio la domanda inversa: quali sarebbero i qb da playoffs?
giusto il fratello scarso (e fortunato) si può citare; in effetti lui è un caso particolare e te lo passo.
Mi pare, però, una situazione molto particolare.
Certo Manning ha giocato meglio in reg season che nei playoffs nella sua carriera, ma non è mai stato realmente supportato da una grande difesa in carriera, e questo è un dato di fatto (anche quest’anno la difesa dei broncos vuoi anche per alcuni infortuni primo tra tutti von miller non era per nulla affidabile).
Inoltre, ciò che contesto, è il giudizio sulla carriera basato su di una sola partita anche perchè, se avesse vinto, il giudizio si sarebbe ribaltato completamente.
Ritengo che giocare 3 SB sia segno di una certa grandezza…
Oppure contestiamo anche Jim Kelly dei Bills perchè ha perso 4 SB su 4?
@Glanlu6: “Oppure ti faccio la domanda inversa: quali sarebbero i qb da playoffs?”
Eli Manning, ad esempio.