Mentre il cronometro arriva a zero, Shayne Graham calcia un field goal da 32 yards e i Saints si aggiudicano il wild card turn vincendo una gara dei playoff in trasferta per la prima volta nella storia della franchigia.
Alla fine i Saints sono stati in grado di vincere anche in trasferta e al freddo, mettendo a tacere, per il momento, molte delle critiche.
La stagione ha infatti messo in luce una situazione da Dott. Jekyll e Mr. Hyde coi Saints incapaci di vincere lontano da casa o anche solo di giocare il football a cui ci hanno abituato quando scendono in campo tra le mura amiche del Superdome.
La vittoria di ieri arriva davvero inaspettata perchè New Orleans ha fatto tutto quello che si diceva non fossero capaci a fare: giocare all’aperto, con un pubblico ostile (brutti i boo a giocatori infortunati) e al freddo.
Contro ogni aspettativa è anche “il come” i Saints hanno vinto. Brees infatti non è autore di una delle sue migliori prestazioni e i suoi numeri sono sotto la media, anche se discretamente buoni per qualunque altro qb.
Il gioco aereo che ha sempre contraddistinto le vittorie di New Orleans ieri sera si è rivelato abbastanza povero. Non siamo abituati a vedere un Jimmy Graham con sole tre ricezioni per un totale di 44 yards guadagnate, o un Brees che lancia fuori bersaglio causa pressione, piccoli errori suoi e dei ricevitori, e che in ogni caso si muove senza quella verve e velocità a cui siamo abituati.
E nel momento in cui i lanci non sono in grado di sotterrare gli avversari con quei 30/40 punti a partita ecco che i Saints riscoprono il gioco di corsa proprio nel momento del bisogno. Senza Pierre Thomas, uno dei giocatori più importanti per la squadra, ci si aspettava molti lanci e poche corse.
Detto, fatto: la prima play call è una corsa di Ingram che subito guadagna primo down, per la sorpresa degli Eagles e di tutti quanti. Quando meno te lo aspetti ecco il Mark Ingram dei tempi d’oro di Alabama capace di correre forte e bene per tutta la partita, a cui si unisce un quarto quarto di Robinson che si ricorderà per un bel po’.
Per capire quanto il gioco di corsa abbia influenzato la vittoria di ieri basta metterlo a confronto con le due sconfitte subite negli ultimi secondi di partita a New England e a Charlotte. In entrambi i casi New Orleans aveva più punti, palla in mano e il controllo del cronometro. In entrambi i casi non è stata in grado di guadagnare il primo down necessario a chiudere la partita e quando ieri sera all’ultimo possesso, decisivo, intorno alle 50 yards, con 4 minuti da giocare, ci si aspettava un copione già visto.
Invece i Saints conquistano il campo, fanno correre il cronometro fino allo zero e vincono la partita.
Philadelphia non è stata in grado di adattarsi alla partita e trovare le contromisure per battere una difesa avversaria che ha messo in grave difficoltà le stelle McCoy e Jackson.
Nick Foles, in quello che sostanzialmente è il suo primo anno col ruolo da titolare, ha fatto quel che poteva e ha giocato una discreta partita. Ha amministrato il gioco, non ha mai lanciato un intercetto, ha mosso bene la palla e in red-zone è stato efficiente.
La sua prestazione si è macchiata di perdita di tempo, con sack annesso, e un intentional grounding che è costato caro, ma nel secondo tempo, una volta che i Saints hanno perso il CB Lewis, ogni volta che il possesso era per gli Eagles, si sapeva che sarebbero arrivati dei punti. Le colpe della sconfitta sono da ricercare altrove.
Innanzi tutto in un DeSean Jackson con 0 ricezioni fino all’infortunio del suo diretto avversario Keenan Lewis. Lewis ha letteralmente lasciato Jackson fuori dal gioco impedendo a Philadelphia di creare azioni con il loro miglior ricevitore.
Anche l’altra stella LeSean McCoy ha faticato tutta la sera contro la quarta difesa della lega lottando per ogni yard guadagnata e restando ben al di sotto della sua media.
Senza McCoy e Jackson al meglio, gli Eagles hanno fatto molta fatica a segnare punti e quando, contro una New Orleans indifesa, hanno trovato la via per la vittoria, hanno commesso il piccolo errore di lasciare troppo tempo agli avversari per il loro comeback.
Quella degli Eagles non è stata una brutta prova, ma la stagione finisce qui. E’ un risultato duro, ma l’anno nel complesso è positivo e senza dubbio sono stati fatti passi avanti nella giusta direzione sotto Chip Kelly.
I Saints vincono quindi una partita dura e sofferta, i cui momenti chiave sono sostanzialmente due:
Il primo è il time out chiamato da Sean Peyton a poco dalla fine del primo quarto. L’head coach ha dimostrato tutta la sua bravura quando ha visto la sua difesa in difficoltà su un 2 & corto in red zone e gli concesso una pausa.
Cosa succede al ritorno in campo? Prima viene fermata una corsa con l’attacco di Phila che perde yard, poi un sack che obbliga gli Eagles ad un field goal dalle 48 yard. Field goal sbagliato. L’intelligenza di Peyton si vede anche dalle piccole cose.
Il secondo è la mancata ricezione di Cooper quando su un 3&7 a 8:40 dalla fine del terzo quarto lascia cadere un facile passaggio che lo avrebbe messo nella condizione di guadagnare il primo down sicuramente e probabilmente molto altro.
Risultato? Palla ai Saints che chiudono il drive con un TD di Ingram. A fini statistici non lo si può considerare un turnover, ma poco ci manca.
In una partita dove Brees non è sui soliti livelli stellari, dove i Saints si presentavano con un 3-5 come record in trasferta, dove il clima era freddo, il campo all’aperto e la folla rumorosa, dove tutti gli elementi erano contro, New Orleans ne viene fuori. Sono questi i veri Saints?
Hanno dimostrato di sapere vincere anche in trasferta, ora la stessa confidenza va portata a Seattle, perchè senza sarà di nuovo una debacle.
Quest’anno i Seahawks hanno annientato i Saints con un 34-7 imbarazzante, e magari una telefonatina a Bruce Arians, capace di vincere a Seattle non guasterebbe. Certo è che la partita di ieri fa crescere non poca speranza che una vittoria in trasferta conduca ad altre vittorie nelle prossime settimane.
Si avvicina agli sport americani grazie a un amico che nel periodo di Jordan e dei Bulls tifa invece per gli Charlotte Hornets. Gli Hornets si trasferiscono in Louisiana ed è amore a prima vista con la città di New Orleans e tutto quello che la circonda, Saints compresi, per i quali matura una venerazione a partire dal 2007 grazie soprattutto ai nomi di Brees e Bush. Da allora appartiene con orgoglio alla “Who Dat Nation”.
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