Nella National Football League spesso si seguono progressi logici per arrivare al top, o almeno così dimostra la storia scritta dalle squadre vincenti. Free agency oculata, niente colpi clamorosi o troppo costosi a meno che non si tratti di un campione straordinario, massima attenzione al draft ed allo scouting dei prospetti per inserirli al meglio nei propri schemi, e perché no, un occhio anche a qualche giovane collegiale che per qualsiasi motivo non è riuscito a far impressionare un’organizzazione professionistica, ma che ottiene comunque una chance da un’altra.

lewis-is-dueMarvin Lewis non ha mai nascosto gli azzardi gettati sul tavolo delle scommesse quando si è trattato di costruire un roster vincente per i Cincinnati Bengals, e nonostante i detrattori gli mettessero puntualmente in conto osservazioni che gli facessero notare che con determinate decisioni non sarebbe andato lontano, lui ha sempre fatto orecchie da mercante continuando a fare ciò in cui credeva, fino a che un bel giorno è riuscito nel suo intento. Ha restituito i playoffs ad una città che non assisteva all’evento da quando giocava Boomer Esiason, anche se una di queste partite è tristemente ricordata come la sera in cui Kemo Von Oelhoffen, allora defensive tackle degli Steelers, ridusse una delle due ginocchia di Carson Palmer ad un colabrodo, ha ridato rispettabilità alla franchigia dopo anni di campionati perdenti ed è lì, da dieci anni, fermo al suo posto nonostante la stampa lo abbia più volte messo in discussione.

Oggi i Bengals sono ritenuti maturi per vincere, ed hanno traslato questa impressione anche sul campo di gioco. Complici difatti annate particolarmente difficoltose sia per i campioni in carica di Baltimore che per i notoriamente vincenti Steelers, la squadra allenata da Lewis ha trovato continuità e siede attualmente solitaria in vetta alla Afc North, tentando appunto di effettuare quel passo in più rispetto ai già notevoli progressi registrati negli ultimi due anni, quando l’avventura tigrata si è fermata in due occasioni consecutive alla Wild Card. Lewis non ha difatti mantenuto il suo incarico per tutto questo tempo al solo fine di apparire fugacemente in post-season e rigenerare un minimo l’entusiasmo cittadino per poi dire a tutti che questo era il massimo che si poteva fare, ha sempre avuto idee piuttosto chiare sul da farsi ed ha corretto molti dei problemi che hanno impedito alla squadra di diventare davvero grande.

daltonI Bengals hanno avuto coraggio. Hanno salutato Palmer non appena questi ha versato lacrime da primadonna pur non avendo mai vinto nulla di concreto dimostrando un polso fermo nel gestire una situazione possibilmente disastrosa, hanno ceduto senza esitazioni le redini dell’attacco ad un rookie come Andy Dalton cercando di caricarne le armi a disposizione anno dopo anno, ed hanno proposto una difesa sempre molto concreta, gestita dalla grande abilità tattica del coordinator Mike Zimmer, uno che predica la 4-3 attorniandosi di uomini di linea capaci di fare pressione ad ogni down risparmiandosi così i blitz dei linebacker, e di cornerback dominanti capaci di giocare sia uomo che a zona, con una maggiore preferenza per la prima delle due situazioni.

Il quarterback dai capelli rossi uscito da Texas Christian University, college nel quale affinò doti di leader non indifferenti giocando da protagonista in una delle epoche più vincenti della storia dell’ateneo, è ancora oggi il giocatore che più divide la critica, perché se da una parte si è sobbarcato il non semplice compito di esordire senza esperienza per una squadra di livello medio, dall’altro settimanalmente perviene l’elenco delle cose che dovrebbe migliorare e che avrebbe potuto fare diversamente, individuandolo a volte come causa principale del fatto che Cincinnati sia per molti destinata a perdere tutti i confronti con le squadre meglio attrezzate nel suo ruolo.

Dalton sta giocando effettivamente a corrente alternata se si considera la sua esperienza Nfl complessiva, a volte gli sono mancate le giocate per portare a termine una vittoria con punteggio stretto, altre volte ha messo in luce alcuni limiti tecnici esposti dal fatto che, prima di questa stagione, avesse delle armi a disposizione tutto sommato numericamente limitate, con la conseguenza che alle difese avversarie bastava pianificare un raddoppio costante sul grande A.J. Green ed immediatamente le altre fonti di sostentamento del quarterback venivano ad essere troppo scarse.

aj-greenLa natura assunta dai Bengals, ovvero quella di squadra difensiva di prima fascia, ma troppo prevedibile in attacco per avere successo quando si fa sul serio, è stata alla base delle decisioni prese durante le ultime due offseason, con il conseguente arricchimento del roster offensivo nelle posizioni di wide receiver e tight end, e della formazione di un arsenale che negli ultimi due anni è stato rinnovato in maniera significativa. Mohamed Sanu e Marvin Jones erano arrivati dal turno di scelte del 2012 per permettere a Dalton di guardare ad alternative concrete nel caso il suo bersaglio preferito fosse oggetto di eccessive attenzioni, ma la svolta è arrivata lo scorso aprile, quando il talento di Tyler Eifert è andato ad aggiungersi all’incompiuto Jermaine Gresham nella posizione di tight end, e la chiamata di Giovani Bernard ha aggiunto un ottimo ricevitore per le situazioni di screen, costringendo le difese a scegliere di lasciare Green più spesso in copertura singola una volta imparato a proprie spese che il gioco dei Bengals non è più mono-dimensionale, e che ha probabilmente tolto di mezzo quei limiti messi in evidenza specialmente nelle due sfide perse contro Houston nelle ultime due Wild Card giocate da Cincy.

Prima di quest’anno Dalton aveva non a caso lanciato per più di 300 yards in sole 5 occasioni, ed il fatto che sia riuscito a fare altrettanto in due (consecutive) delle sette uscite del presente campionato è un segnale concreto. C’è ancora margine per migliorare, per ridurre l’alto numero di intercetti, per prendere decisioni migliori, per migliorare ulteriormente la già affinata connessione con Green, perché per ogni big play che va a segno ce n’è un altro che sarebbe potuto andarvi, ma che non ha seguito uguale sorte per il vizio del quarterback di lanciare delle spirali più corte della traccia del ricevitore, costringendo quest’ultimo a fare aggiustamenti che non sempre riescono, specialmente con un uomo addosso.

genoDiscorso Dalton a parte, i Bengals sono pronti al salto di qualità soprattutto perché hanno lavorato meglio degli altri nella costruzione del loro roster. Hanno speso scelte oculate per mettere in campo una linea offensiva rifondata soprattutto nell’età media, che oggi che è uno dei tre migliori reparti della lega nella protezione sui passaggi. Hanno lentamente assemblato una linea difensiva che pressa con quattro uomini senza schemi inusuali, restando alla base del football difensivo, usufruendo del miglior defensive tackle che nessuno conosce, Geno Atkins, uno dei migliori portatori di pressione interna che giocano in Nfl attualmente. Hanno rischiato ed ottenuto in cambio molto, scommettendo su teste matte come quelle di Pacman Jones, Andre Smith, Vontaze Burfict, gente alla quale in altre condizioni non ci si vorrebbe nemmeno avvicinare.

Infine, quello che conta di più: hanno imparato a vincere. Cinque vittorie in sette partite rappresentano un ottimo ruolino di marcia nella Afc, c’è una striscia aperta di tre gare concluse con un successo consecutivamente, le ultime due delle quali portate a casa con i denti al supplementare, grazie ai preziosi calci di Mike Nugent, kicker non sempre impeccabile ma che quando conta ha dimostrato di saperci essere. Certo, dovranno fare i conti con la perdita di Leon Hall per la stagione per la rottura del tendine d’Achille occorsa proprio contro Detroit domenica scorsa, ma c’è chi dice che sarà l’occasione consona per vedere di che pasta è veramente fatto Dre Kirkpatrick, corner scelto al primo giro nel 2012 che deve ancora far vedere di detenere un valore pari alla posizione in cui fu chiamato.

I segni di maturità sono comunque inequivocabili, la squadra giovane sta crescendo ed imparando, di domenica in domenica, come essere veramente grande. Tante sfide la attendono ancora, ma i Bengals se la giocheranno con tutti, e potrebbero essere una delle mine vaganti dei prossimi playoffs.

Prima, però, bisogna dimostrare di saper passare l’ostacolo principale: quando la prossima sfida di post-season si presenterà, sarà obbligatorio vincerla, altrimenti tutte le critiche piovute sinora non si risparmieranno nemmeno stavolta.

One thought on “Bengals, è ora del prossimo passo

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