Ci sono momenti nella vita in cui ti accorgi che stai assistendo a qualcosa che ti resterà nella testa per tanti anni. Può accadere quando guardi un paesaggio spettacolare, e ti innamori di una città; quando osservi persone che fanno un lavoro, che in quel momento decidi che, magari, sarà anche il tuo; può succedere quando conosci una ragazza, quella che per te diventerà la più bella del mondo.
Per noi sportivi questi momenti, forse, arrivano un po’ più spesso, perchè prima ti innamori di uno sport e del mondo che lo circonda, poi di un giocatore; nel mio caso Andrew Luck. Esistono tanti amori sbagliati, anzi quelli sono i più facili da trovare, perchè di giocatori che si perdono, dopo un po’ di successo e una partita giocata alla grande, ce ne sono a tonnellate. Spesso t’innamori di giocatori che qualsiasi sia il loro proseguimento di carriera ti resteranno nel cuore per un gesto, un’azione, quella che magari ricordi solo tu. Nel mio caso invece, si può parlare di “amore giusto”.
Per parlare di come questo sia nato, dobbiamo tornare alla sera del 29 ottobre 2011.
NCAA Football. Si gioca in California, al Los Angeles Coliseum. Davanti a 93000 spettatori, i padroni di casa, i Trojans di USC, #6 del ranking, affrontano Stanford, #7 della nazione.
Lasciamo stare quanto sia stata spettacolare quella sfida, conclusasi dopo 3OT, di quanti colpi di scena ci siano stati; questi sono semplicemente i motivi per il quale il tuo amore per il mondo collegiale si rinnova ogni benedetta settimana. Lasciamo stare anche che Stanford vinse quella fantastica partita 56-48, forzando il fumble di McNeal all’interno della loro area di meta, negando al running back dei Trojans il TD che poteva riportare in pareggio le due squadre.
Quello che a me è rimasto impresso di quella storica sfida, e che ha fatto nascere l’amore per il #12 dei Cardinals, è l’intercetto che lanciò a 3′ dalla fine dei tempi regolamentari Andrew Luck. Il passaggio intercettato e riportato in touchdown da Robey, per il 34-27 USC, stava costando a Stanford la vittoria della Pac-12 e la conseguente qualificazione al Fiesta Bowl.
Ma in quell’istante scattò qualcosa, Luck tornò in panchina, con una calma olimpica e fuori dal normale per un ragazzo di 21 anni che sta giocando per un traguardo così importante, e urlò a tutti i compagni “by bad”, colpa mia.
E’ in quel momento che inizia la magia.
Dopo il kickoff ritornato da Montgomery, il quarterback di Stanford mette in scena uno show favoloso: 4/6 per 35 yards, una corsa da 15 yards e il TD del pareggio, con 44” da giocare, firmato dal RB Taylor. Si va all’overtime.
Nei tre OT la stella dei Cardinals alterna corse personali a passaggi completi, guidando i suoi alla vittoria. Il suo score finale sarà di 29/40, 330 yards, 3TD e 1Int; ai quali vanno aggiunte 9 corse completate con un bottino complessivo di 36 yards e 1 TD.
Probabilmente quella contro USC non è stata la miglior partita della carriera del QB nato a Washington e cresciuto a Londra, ma la leadership messa in mostra, la tranquillità con la quale ha affrontato i momenti caldi della partita e la capacità di migliorare la qualità del suo gioco quando negli ultimi minuti di partita c’era da conquistare l’intera posta in palio mi colpì.
Arrivò a Stanford senza la nomea di futuro campione, ma solo con quella di ottimo giocatore. Era classificato 61° tra i migliori giocatori usciti dalle High School nel 2008, solo 7° tra i QB per ESPN, alle spalle di giocatori come Pryor, oggi ai Raiders, e Gabbert, che sta facendo danni in quel di Jacksonville.
Luck ha completato tre stagioni con la maglia dei Cardinals, infrangendo numerosi record, alcuni dei quali precedentemente detenuti da John Elway, non uno qualsiasi. Al termine del suo percorso a Stanford, detiene i record di TD lanciati in carriera (82), TD lanciati in singola stagione (37), yards conquistate (10387), vittorie come starting QB (31) e percentuale di vittorie (81,6%). Luck ha inoltre infranto alcuni record di conference, in questo caso la Pac-12, avendo il miglior rating nella storia (162.8), e la migliore percentuale di passaggi completati (67%). Inoltre detiene anche la miglior percentuale in singola stagione (71.3%). Per completare il palmarès, è stato per due anni consecutivi miglior giocatore offensivo della Pac-12 (quinto giocatore della storia a riuscirci), e nello stesso biennio è arrivato due volte secondo nella corsa all’Heisman Trophy, il premio di miglior giocatore della nazione.
Completata la carriera collegiale, Luck si è dichiarato per il draft NFL del 2012 con l’etichetta di scelta numero 1 assoluta. Intanto si sprecavano i paragoni con i più grandi della storia, e la stampa era unanime nel definire il prodotto di Stanford il miglior QB arrivato al professionismo dai giorni di Payton Manning che, sorte del destino, gli Indianapolis Colts hanno sacrificato per poter rifondare la loro franchigia, partendo proprio dal suo erede designato, Andrew Luck.
Senza alcun colpo di scena, i Colts lo selezionarono con la first pick, designandolo come nuovo franchise player.
L’ormai ex Stanford ha rispettato le attese sin dal primo giorno di training camp, sfruttando al massimo tutto il suo talento e mettendo a disposizione di una giovane squadra, come quella di Indianapolis, tutta la sua leadership, rispettando in pieno il ruolo di pietra angolare nel nuovo progetto partito da appena un anno. La prima stagione da Pro di Luck è stato un successo, riuscendo a combinare primati personali con successi di squadra. Il QB ha stabilito vari record come: maggior numero di yards lanciate da un rookie (433), maggior numero di yards lanciate in stagione da un rookie (4374), maggior numero di vittorie per un rookie QB (11), maggior numero di drive vincenti in stagione per un rookie (7); il tutto trascinando i suoi Colts ad una inaspettata qualificazione per la post-season.
Nella sua prima esperienza da starter in NFL, Luck ha confermato tutte le aspettative che gravavano su di lui mostrando, oltre a grandi doti nel lancio e anche nelle corse, un’inattesa capacità nelle letture del gioco e nel raggiungere l’efficienza massima nei momenti più delicati delle sfide; il tutto a 23 anni e con una franchigia storica e vincente tra le mani.
Dopo una fantastica stagione da rookie, era chiamato a confermare le performance messe in mostra nell’anno passato, e alzare ulteriormente il suo livello di gioco, per raggiungere di nuovo i playoff e cercare questa volta di fare più strada. La stagione è iniziata da 5 settimane e possiamo dire che l’inizio dell’ex Stanford, e dei suoi compagni, è stato più che ottimo. Ad oggi i Colts hanno un record di 4-1 e sono in vetta alla AFC South. In questo inizio di stagione, inoltre, ha migliorato la percentuale di completi, il guadagno medio per ogni lancio, il rapporto TD/Int, e il rating, mettendo in mostra tutti i progressi fatti in offseason, sia a livello tecnico, sia per letture di gioco.
A soli 24 anni è già tra i migliori quarterback dell’NFL, e se quel fenomeno di Payton Manning non stesse giocando in modalità extraterreste, magari potrebbe anche competere per il titolo di MVP.
Luck ha dato testimonianza dei passi fatti avanti e di poter essere considerato tra i top del suo ruolo, proprio nell’ultima sfida contro i Seahawks, vinta da Indianapolis 34-28, a termine di una grande rimonta guidata ancora una volta, neanche a dirlo, dal fenomeno col #12 in maglia bianco-blu.
Proprio nella sfida contro Wilson, ha messo in mostra tutto il suo repertorio. Dopo un inizio lento con 6 incompleti nei primi 8 lanci, ed uno svantaggio di 0-12, trova con un passaggio millimetrico da 73 yards il receiver T.Y. Hilton per il TD che mette in partita Indianapolis.
Secondo e metà terzo quarto continuano sul filo dell’equilibrio con Luck e Wilson che si sfidano a viso aperto, con scramble fantastici e lanci non sempre precisi. Seattle riesce a capitalizzare con due field goal che portano Indianapolis a -8. Con 8′ da giocare i Colts sono di nuovo spalle al muro ed, ancora una volta, la loro giovane stella risponde “presente”. Partendo dalla linea delle proprie 20yrd Luck mette in scena un drive da 80 yards in 10 possessi, completato dal secondo TD pass, da 29 yards, per Hilton; un lancio così preciso che neanche su Madden con la Playstation si riuscirebbe a replicare.
I Colts iniziano così l’ultimo periodo con uno svantaggio di quattro punti; ma si sa il quarto quarto è il regno di Luck, e “quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”. Nel primo attacco del tempo Indianapolis parte dalle proprie 16 yards e il QB con la maglia #12 costruisce un drive eccezionale, condito da un paio di lanci spettacolari, prima per Hilton, su un 3rd&8, dopo essere sfuggito con una magia alla pressione della difesa di Seattle, e poi con due lanci consecutivi trova l’onnipresente Wayne per arrivare a 3 yards dalla linea di meta. Tocca poi a Brown firmare il TD del +1. A questo punto si rende necessaria la conversione da due punti, che si realizza sull’ennesimo lancio spettacolare di Luck per Wayne, è +3 Indy. I Seahawks non riescono a rispondere e Vinatieri, a 4′ dalla fine, fissa il punteggio sul 34-28.
Il tabellino finale registra 229 yards, 16/29, e 2TD. Ma le statistiche non riescono a raccontare quanto il #12 sia riuscito a dominare la partita.
Quello che il box score non dice è come Luck sia riuscito a reagire nei momenti di difficoltà affrontati dalla sua squadra nel primo e nel terzo quarto, quando erano sotto nel punteggio; di come sia diventato determinante nel quarto periodo, quando c’era da completare la rimonta e andare avanti nel punteggio; di come sia riuscito a caricarsi la squadra sulle spalle nel momento del bisogno.
Ancora una volta, come quella sera del 29 ottobre 2011, le statistiche non dicono quanto nei momenti finali del match il sangue di Andrew Luck sia diventato di ghiaccio e abbia conquistato la W; ancora una volta, come quella sera del 29 ottobre 2011, almeno io, mi sono innamorato di lui.
Dalla prima partita di LeBron seguo il mondo NBA, la coppia Buffa-Tranquillo mi ha fatto innamorare!
La semifinale tra Duke e UConn nel torneo NCAA 2004 invece mi ha fatto scoprire un mondo ancora più fantastico, quel college che produce passione e talento, Marzo è il mese più bello dell’anno.
@Rgalians su Twitter
D’accordissimo su tutta la linea ho pensato le stesse cose vedendomi la partita lunedì sera che ancora non sapevo il risultato. Durante tutto l’ultimo quarto dopo ogni azione coninuavo a ripetermi: ‘ma quanto è forte sto ragazzo’. E anche io ho ripensato a quella partita di college che ricordo ancora come una delle più belle partite di ncaa football degli ultimi anni assieme al rose bowl 2012 oregon-wisconsin. UN po’ di invidia dopo aver visto Tannehill dei miei Dolphins sprofondare sotto una mischia di maglie ravens dopo l’ennesimo sack…
Altro che Robert Griffin cosi tanto propagandato l”anno scorso questo e un vero fenomeno,bravi e fortunati i Colts a pescare un’altro franchise QB dopo payton manning.
Bellissimo pezzo. I miei complimenti.
Allora non sono il solo innamorato…
…ed attenzione….tra 10 giorni…la grande sfida al grande maestro Manning. Che fuochi quella domenica a Indianapolis.
griffin se nn corre è un normale qb, oramai mai le difese lo hanno capito
Che Griffin non correndo sia un qb normale dovremmo stabilirlo quando il ginocchio starà meglio, e comunque ha fatto danni enormi su passaggio l’anno scorso. Per il momento è una valutazione superficiale. Comunque ottimo articolo, Luck mi piace tantissimo ed è il degno successore di un campione come Manning.
Credo che il #12 Colt sia il QB più completo tra quelli della generazione 2012 e quindi quello che in prospettiva può garantire più produttività e costanza.
Su RG3 si potrebbero già scrivere libri. Ora pare che l’unico interrogativo che lo riguardi sia “prevedibilità o meno” dei suoi giochi, dopo l’exploit dell’anno scorso. Di sicuro c’è solo il fatto che a Washington DC ringraziano l’HC x averlo fatto giocare in quelle condizioni le due partite di playoff e quella gara di playoff anticipata contro Dallas, nonostante la presenza a roster di un back up eccellente. Perseguendo “un uovo oggi che una gallina domani” Shanahan ha forse (ma speriamo di no per tutti) pregiudicato irrimediabilmente il prossimo futuro della franchigia degli ‘Skins (sempre che conservi quel nome)