La storia della National Football League è stata scritta anche dai trend, dalle mode del momento, dai tentativi di cambiare l’ordinarietà che sono stati mantenuti o superati, a seconda dei risultati che di volta in volta le modifiche osate davano. Ed è ben noto al di là dell’oceano, come siano tutti così diffidenti nel dare spazio a nuove idee concettuali, perchè il vecchio funziona sempre, e se funziona non c’è motivo di cambiarlo.
La storia ci insegna quindi che 1) è raro vedere un head coach collegiale avere successo in ambito Nfl e 2) è difficile che modifiche schematiche sostanziali e prelevate dall’ambito universitario possano avere vita lunga al piano di sopra: questo è vero però solo in parte, e se molti timori di insuccesso in entrambi i casi sono poi stati amaramente confermati, alcuni di questi trend hanno poi preso piede tentando di modificare la tradizione e scrivere una storia nuova, differente da quella precedente.
Ci spieghiamo meglio, partendo dal primo punto: arrivare dal college ed allenare in Nfl sono due faccende completamente diverse, in quanto quella universitaria è una squadra maggiormente soggetta a disciplina, i ragazzi arruolati attraverso borse di studio altrimenti irraggiungibili sono sottoposti a trattamenti rigidi per evitare di farli diventare delle superstar senza aver mai visto un goccio di professionismo, e vanno preparati per vita durante il football, ma anche, e forse soprattutto, dopo, quando la carriera finisce e ti trovi in mezzo al nulla se non sei preparato adeguatamente. Nella Nfl molti allenatori hanno provato ad imporre i loro modi vicini a quelli dei sergenti più ferrei visti in azione, ma con squadre formate da un mix tra rookie e veterani, non sempre la tecnica funziona. Ad ogni Jimmy Johnson che ha vinto e stravinto al college a Miami e nei pro con Dallas, corrisponde sempre un June Jones o uno Steve Spurrier, grandi strateghi offensivi che in Nfl hanno clamorosamente fallito.
Il secondo spunto è puramente tecnico. Nel football domenicale si corre normalmente dalla I-formation e si lancia con un quarterback posizionato sotto il suo centro, usufruendo del classico passatore in grado di gestirsi nella tasca senza possedere eccessiva mobilità, privilegiando molto la tecnica e poco l’istinto, o almeno questi erano i dettami non scritti di una lega che accoglie i cambiamenti sempre con molto scetticismo. Se è vero che la moda della Wildcat è durata giusto un paio di anni ad essere generosi, è vero anche che le nuove proposte offensive (zone read, schieramenti Pistol, e via discorrendo) che qualche coach fantasioso sta cercando di tramutare in ordinarietà cominciano a dettare i ritmi in più di qualche franchigia, basta avere il quarterback giusto ed il personale offensivo adatto. E a volte, un sacco di fiato, perchè di yards se ne macinano davvero tante.
Ed è proprio qui che fa il suo ingresso in scena Chip Kelly, deciso a smentire entrambi i luoghi comuni in un sol colpo.
La sua carriera collegiale parla chiarissimo, quattro anni da capo allenatore ad Oregon sono conseguiti in un bilancio finale di 46-7, con quattro partecipazioni a Bowl BCS, compresa una finale poi persa per il titolo nazionale, ed un record complessivo in tali Bowl maggiori di 2-2. Al di là dei numeri, Kelly è stato universalmente riconosciuto quale grande innovatore offensivo in grado di creare una macchina quasi perfetta, pur dovendo sostituire qualche pezzo qua e là per termini di eleggibilità o per problemi disciplinari dei suoi giocatori i risultati di squadra positivi non sono mai mancati ed il programma di football in quel di Eugene è stato stabilmente tra le maggiori potenze collegiali degli ultimi anni. E grazie alla sua eredità, può esserlo per altri anni ancora.
Nel Monday Night vinto contro Washington, un esordio a dir poco difficile contro i campioni divisionali uscenti, Kelly ha semplicemente convinto il mondo che le sue teorie possono essere correttamente applicate anche sui un campo di football professionistico. Prendiamola pure come la semplice prima partita di campionato dove l’effetto sorpresa è molto maggiore che nella sedicesima, solo il tempo ci dirà se le difese studieranno a fondo questi concetti e riusciranno a neutralizzarli come fecero con la defunta Wildcat, ma quanto mostrato agli occhi degli appassionati lunedì notte ha letteralmente destato clamore.
Sin dal primo drive le cose sono cominciate molto bene, e con un quarterback maggiormente accurato rispetto a Vick, che ha comunque giocato molto bene, sarebbero addirittura potute andare meglio. 30 giochi chiamati nel solo primo quarto, 56 in tutto il primo tempo, la difesa dei Redskins che non sapeva più dove raccogliere il fiato ed una serie di guadagni positivi da non riuscire a non fermare l’emorragia. Ritmi vertiginosi, campo allargato il più possibile con i ricevitori larghissimi, concetti di read option applicati con un’impietosa no-huddle dove il fiato serve anche dalla parte della barricata di chi questi concetti li sta applicando, perchè una volta terminata l’azione anche i più pesanti devono tirare fuori tutta la loro migliore forma fisica e posizionarsi immediatamente per il gioco successivo. Ed ecco che così si spiega una delle scelte eseguite dagli Eagles al draft, quando possedevano la quarta selezione assoluta: quando tutti credevano che Kelly si sarebbe portato a casa il pupillo Dion Jordan, che ad Oregon giocava defensive end con ottimi risultati, lui ha risposto digitando invece il cellulare dell’offensive tackle Lane Johnson, non a caso l’uomo di linea offensiva più atletico disponibile in quel momento. Come dire che per far funzionare una macchina, ci vogliono i pezzi giusti.
Mentre Robert Griffin III si toglieva otto mesi di ruggine dalle gambe e Alfred Morris combinava disastri impensabili, Philadelphia si portava a quota 11 primi down ad 1 ad un certo punto della prima frazione di gioco con un tempo di possesso nettamente a proprio favore, e confondeva la difesa avversaria con una serie di finte ed opzioni che andavano puntualmente a sbilanciare il già stanco reparto. Il matchup chiave, quello tra il veteranissimo London Fletcher, responsabile principale delle letture di Vick, e le suddette opzioni, è stato nettamente vinto dagli Eagles: quando la palla andava semplicemente fintata a LeSean McCoy il linebacker tendeva a puntarlo perdendo di conseguenza la posizione in copertura nell’intermedio lasciando libero uno dei due tight end, quando era invece McCoy medesimo a prendere palla c’era sempre quel secondo di ritardo creato dall’incertezza, con la conseguenza che le doti atletiche di un running back che ha terminato la sua giornata con 5.9 yards di media a portata sono risultate semplicemente incontenibili per Washington.
Kelly ha ottenuto il bilanciamento che cercava, 263 yards totali su corsa e 203 su passaggio, numeri molto diversi da quelli deprimenti registrati nell’ultimo anno sotto Andy Reid. McCoy sguazza a piacimento per tutto il campo sfruttando la sua mobilità laterale alla ricerca del varco giusto (non vi ricorda LaMichael James al college?), Vick non può forzare e quindi non commette tutti i turnorver dell’anno passato per via di un sistema con cui si libera presto della palla e nel quale gode di così tante letture che non può non trovare quella smarcata, i tight end, da sempre punto focale degli attacchi di Kelly, massimizzano le disattenzioni dei linebacker e ricevitori come DeSean Jackson rinascono all’improvviso, perchè prima o poi la palla medio-profonda arriva, ed uno veloce come lui non può che tornare a scrivere numeri da vero ricevitore primario.
Se tutto questo durerà, lo scopriremo durante le prossime quindici partite che separano gli Eagles dalla fine del campionato. Ora Philadelphia rappresenta la nuova sfida che forse, chissà, un domani diventerà il nuovo trend, magari poi le difese si adatteranno e questi concetti spariranno con la rapidità con cui altri esperimenti se ne sono andati, oppure il buon Chip verrà ricordato come colui che osò cambiare con successo i princìpi dell’attacco professionistico rendendolo quasi indifendibile, proprio come usava fare al college con quei Ducks cui fece vivere uno dei periodi di maggior splendore che tutti, nell’Oregon, ricordano.
Ad ogni buon conto, la nuova era degli Eagles è cominciata nel migliore dei modi, e se la squadra continuerà a proporre settimanalmente questo tipo di efficienza ci sarà sicuramente da divertirsi. Se nel contempo, in una stagione con così tanti cambiamenti (anche difensivi) si facesse pure contento quel pubblico così tanto esigente che fa sede nella citta dell’amore fraterno, allora l’impresa sarà stata ancora più grande di quel che sembra.
Davide Lavarra, o Dave e basta se preferite, appassionato di Nfl ed Nba dal 1992, praticamente ossessionato dal football americano, che ho cominciato a seguire anche a livello di college dal 2005. Tifoso di Washington Redskins, Houston Rockets, L.A. Dodgers e Florida State Seminoles. Ho la fortuna di scrivere per questo bellissimo sito dal 2004.
Sistema divertentissimo e molto efficace nel breve periodo, talmente breve che secondo me è impensabile mantenerlo per un’intera partita NFL. Poi ha come prerogativa fondamentale la presenza di un QB da braccio preciso e rilascio rapido, senza particolari doti di “lettore” del gioco, e con ottime gambe da corridore (a il ruolo Vick calza a pennello). Credo non sia particolarmente adatto ad una stagione lunga perché, appena la OL perde qualche pezzo, Vick si rompe o semplicemente se devi fare qualche adattamento perché devi gestire il match o vai sotto di 20 punti non hai la possibilità di adattare il tuo gioco a qualcosa di diverso. Cerco di spiegarmi meglio: se Vick deve leggere la difesa e la OL deve garantire 4/5 secondi per lanciare si va a finire come lo scorso anno, sack e TO a manetta; se devi recuperare 2/3 possessi e sei costretto a lunghi guadagni non hai il personale adeguato ed abituato a farlo con continuità e se devi gestire con le corse la tua linea non ha il tonnellaggio adatto per aprire varchi.
Rimango dell’idea che la no-huddle utilizzata per un paio di drive (Manning e Brady docet) sia un’arma devastante, ma il riproporla in massa per tutto il match e tutta la stagione non possa portare ai risultati che Kelly ha raggiunto al College, ma solo ad una squadra spettacolare da mediocri risultati in RS e sporadici PO in cui non andranno mai oltre la wild card.
Almeno me lo auguro visto che tifo Cowboys XD
Sottoscrivo punto per punto, anche le virgole……
Il paragrafo terminale è, poi, talmente vero che il tempo lo confermerà, vedrete.