La pausa Nfl è lunga. Indubbiamente lunga. Fortunatamente grazie allo sviluppo raggiunto dai media riusciamo ad accedere anche alla più piccola notizia, anche a quelle di cui non ci interessa un granché, ed il tempo riesce a scorrere più piacevolmente tra una novità e l’altra, che in un modo o nell’altro riesce a fornire anche solo una piccola modifica (esempio: un cambio di maglia) rispetto all’annata precedente, dando già quella sensazione di aria nuova. In questo momento di avvicinamento al Draft e post-free agency, che oramai ha vissuto il botto senza più proporre all’attualità firme clamorose, gli argomenti caldi sono comunque tanti.
Vediamone alcuni.
Quale uniforme per Revis?
Se torniamo indietro di qualche mese questo scenario diventa addirittura impensabile, spostando difatti indietro le lancette dell’orologio ci si accorge che i Jets avevano ben altre prospettive per una stagione conclusa in maniera scoraggiante e che difficilmente avrebbero pensato di chiudere così presto un ciclo che li aveva portati per ben due volte a giocarsi il Championship della Afc. Oggi, o meglio non da oggi, c’è da gestire uno spogliatoio le cui redini sono indiscutibilmente andate perse da parte di un head coach, Rex Ryan, che ha l’ultima possibilità per far vedere qualcosa di positivo nella Grande Mela dopo essere stato letteralmente salvato da un licenziamento che pareva sicuro, c’è da capire chi sarà il quarterback del futuro dopo la clamorosa debacle Sanchez e la disgraziata trade forzata un anno fa dal management per far pervenire il pressoché inutile Tebow, e non ultimo, urge una decisione pre-draft sul destino del miglior cornerback della Nfl, Darrelle Revis, un giocatore che mai andrebbe messo sul mercato in condizioni di normalità.
Ma la normalità nella New York bianco-verde non è esattamente di casa, ed il caso-Revis può essere inteso come il primo segnale di una situazione che sta cercando di evolversi attraverso una ricostruzione necessaria, un colpo di spugna che possa riuscire a togliere le distrazioni dallo spogliatoio e permettere a tutta l’organizzazione di lavorare con tranquillità e positività. Il problema è, tanto per cambiare, contrattuale, nel senso che l’accordo tra Revis ed i Jets ha validità ancora per un’altra stagione, e l’elemento di incertezza è stato dato dall’infortunio al legamento crociato anteriore che ha terminato anzitempo il campionato del defensive back lo scorso 12 ottobre. La squadra è chiaramente in difficoltà nel decidere di stanziare stipendi importanti senza aver adeguatamente perlustrato il recupero fisico del giocatore, il quale non è certo stato felice di sentirsi rimandare eventuali altri discorsi di rinnovo alla fine della stagione 2013, peraltro con il concreto pericolo per i Jets di vederlo salutare la truppa da free agent senza restrizioni.
Se la situazione è ferma oramai da qualche settimana, è anche vero che con l’avvicinarsi del Draft qualcosa di sostanzioso si dovrebbe muovere. La squadra che ha dimostrato il maggior interesse nell’acquisizione del forte difensore è stata Tampa Bay, che avrebbe messo a disposizione due scelte alte, una del 2013 ed una del 2014. Sta tuttavia ai Jets decidere di riprendere i colloqui e soprattutto scegliere il livello della contropartita, perché se davvero i Buccaneers possono essere disposti a spendere la loro scelta numero 13, oppure una seconda 2013 ed una prima 2014 per avere Revis, tale pacchetto è evidentemente ben differente dalla semplice scelta di compensazione che il team riceverebbe in caso di perdita attraverso la free agency tra un anno. In un mercato dove pochissimi giocatori oramai stanno dimostrando di valere contropartite così alte, l’owner Woody Johnson ed il suo staff hanno per le mani una decisione destinata ad incidere, in un modo o nell’altro, nel futuro a breve termine dei Jets, che dovranno scegliere tra un giocatore classe ’85 di rare qualità ed un paio di scelte che potrebbero portare nuovo talento in città, e fornire soluzioni per ruoli che hanno di recente determinato il fallimento dei progetti della squadra.
Palmer il forza-trade
Per la seconda volta nel giro di due anni Carson Palmer è riuscito a forzare una trade alla sua squadra di appartenenza, e da poche ore è diventato il futuro titolare degli Arizona Cardinals, così disastrati che nel corso del 2012 hanno utilizzato ben quattro differenti giocatori nel ruolo più importante dell’attacco.
La situazione ha cominciato a prendere forma quando Palmer non aveva accettato di ristrutturare e ridurre il proprio contratto con i Raiders, che visti i trascorsi del giocatore hanno prontamente cominciato a vagliare le loro opzioni cercando quale strada fosse la migliore da intraprendere. Di certo ad Oakland non c’era né il tempo né la voglia di restare troppo incollati ai capricci di un singolo giocatore con tutto il lavoro che il general manager Reggie McKenzie si dovrà sobbarcare per dare una nuova identità vincente ad una squadra che da troppi anni perde, per cui si è preferito evitare una situazione di stallo come quella creatasi a Cincinnati nel corso del 2011, quando i piagnistei del quarterback proveniente da Usc avevano portato i Bengals a scegliere Andy Dalton quale polizza assicurativa per il futuro, per poi farlo esordire da subito una volta assodato che Palmer non sarebbe mai più sceso in campo se non con una maglia diversa da quella tigrata.
Allora Hue Jackson – che all’epoca ricopriva il ruolo di head coach dei Raiders – avvallò una trade suicida che portò alla spesa di una prima scelta 2012 ed una seconda 2013 per portarsi a casa un quarterback in grado di incidere ma che non era più lo stesso giocatore in seguito al terribile infortunio (danni assortiti a crociato anteriore, laterale e menisco) riportato nel gennaio 2006 contro Pittsburgh in una famosa Wild Card, uno scambio che ha ancora oggi molto peso nelle economie di Oakland, le cui mosse a livello manageriale non sono certo state lungimiranti.
Palmer arriva in Arizona per molto meno, Cardinals e Raiders si sono difatti semplicemente scambiati di posizione al sesto round del prossimo Draft con l’aggiunta a favore di Oakland di una settima scelta 2014 qualora Palmer dovesse essere titolare in più di 13 partite nel prossimo campionato. Il tipo di quarterback è senza dubbio quello che meglio si adatta alle ideologie offensive di coach Bruce Arians, che predilige un gioco spiccatamente verticale ideale per il braccio di Carson, che avrà quale bersaglio Larry Fitzgerald, un lusso di cui pochi altri registi possono godere in carriera.
Sarà una nuova partenza per tutti, con i Raiders curiosi di scoprire di che cosa sarà capace l’ex Packers e Seahawks Matt Flynn, che ha all’attivo due partenze in Nfl ed è già stato oggetto di due trasferimenti molto pubblicizzati nel giro di altrettante stagioni, ed i Cardinals che hanno investito su un quarterback di 33 anni e che dovranno però capire come proteggerlo al meglio, dati i disastrosi risultati dati dalla peggiore linea offensiva vista in campo l’anno scorso.
Intanto, Carson ha mollato per l’ennesima volta una situazione in cui non si sentiva più confortevole per andare in un’altra dove crede di poter vincere di più, ed è stato ancora una volta accontentato. Sarà stavolta corretta la destinazione forzata da Palmer, oppure tra un anno ci ritroveremo a discutere di una sua nuova mancanza d’agio in un ambiente perdente?
Robert Griffin III, the super-human recovery
La stagione dei Washington Redskins ha restituito la speranza ai fans dopo decenni bui, ma è finita nel peggiore dei modi. Sul terreno dissestato del Fed-Ex Field, causa di diversi infortuni, i Seattle Seahawks hanno posto fine alla cavalcata di una squadra che non vinceva la propria division dal 1999, il cui gioiello più prezioso se n’era andato dal campo dopo aver stretto i denti e proseguito una gara che mai avrebbe dovuto continuare, ritrovandosi in seguito a dover affrontare la diagnosi della rottura dei legamenti anteriore e laterale, ed un lungo recupero che pone a serio rischio la sua presenza nell’opening day 2013.
Le polemiche, i dubbi ed i rimbalzi sulle responsabilità circolano ancora oggi, e probabilmente resteranno a farci compagnia fino a che non tornerà ad essere settembre, ed i fatti metteranno a tacere definitivamente le chiacchiere. Già nel corso di quella Wild Card persa si dibatteva animatamente, tra il dottor James Andrews a sostenere che mai aveva autorizzato il rientro in campo di Griffin in quella partita (era uscito una prima volta per poi tornare e peggiorare l’infortunio) e Mike Shanahan che probabilmente non sapeva come riuscire a nascondere il fatto di aver tentato di spremere il suo fenomeno fino al midollo, delegando al ragazzo stesso la responsabilità della decisione di essere rientrato in campo, un segno di determinazione andato troppo oltre a livello di conseguenze.
Nelle ultime settimane il processo di recupero dall’intervento è stato comprensibilmente monitorato con grande attenzione, e le dichiarazioni pubbliche effettuate dai protagonisti, in particolar modo da Andrews, non hanno che fatto nascere delle speranze che al momento non sono ancora sicure di poter essere tramutate in realtà. Certo, abbiamo appena assistito ad una mostruosa stagione di Adrian Peterson, che di riabilitazione ne ha fatta tanta e dubbi sulla sua capacità di rendere come prima ne ha fugati altrettanti, tuttavia il super-human con cui Andrews ha definito Griffin nell’atto del suo recupero sembra aver tolto troppa attenzione da quella che sarà l’effettiva futura efficacia del suo ginocchio, la quale non sarà nota se non appena prima della partenza del nuovo campionato.
Griffin ha recentemente rilasciato un comunicato attraverso Espn dove si legge della conoscenza da parte sua della propria responsabilità nella questione infortunio, il che fa nascere le stesse identiche domande che sorgevano a caldo, dopo quella Wild Card. Possibile che un rookie possa decidere autonomamente di ritornare in campo affermando di sentirsi tranquillo pur avendo un ginocchio a rischio da qualche settimana, senza perlomeno sentire l’opinione di un medico?
La speranza è che tutta questa faccenda possa non avere grande rilevanza sul futuro agonistico di RGIII, per il quale si auspica un recupero pieno e funzionale dell’arto, e che da questa esperienza abbiano imparato tutte le parti coinvolte, non solo Griffin.
Siamo sicuri che il messaggio è arrivato in maniera chiara ed inequivocabile anche a Mike Shanahan, il cui futuro a Washington è legato a doppio filo al successo che Griffin riuscirà a fargli avere, anche senza necessariamente partire titolare dalla prima settimana di campionato.
Rischiare ancora quel ginocchio che vale milioni di dollari, dopo questa lezione, sarebbe davvero inutile.
Davide Lavarra, o Dave e basta se preferite, appassionato di Nfl ed Nba dal 1992, praticamente ossessionato dal football americano, che ho cominciato a seguire anche a livello di college dal 2005. Tifoso di Washington Redskins, Houston Rockets, L.A. Dodgers e Florida State Seminoles. Ho la fortuna di scrivere per questo bellissimo sito dal 2004.