L’amarezza è un sentimento che i San Francisco 49ers conoscono molto bene. Presi in gestione solamente all’inizio della scorsa stagione da Jim Harbaugh, ovvero da colui che aveva risollevato in breve tempo il programma di football dell’università di Stanford, i 49ers avevano sorpreso per la loro consistenza e per la loro capacità, nonostante la presenza di un rookie head coach, di vincere così tanto e subito, garantendosi la prima qualificazione ai playoffs dalla stagione 2002. Da un lato tale impresa aveva restituito ai palcoscenici più importanti della Nfl una delle sue squadre più storiche e vincenti, una franchigia di grandi tradizioni con 5 Super Bowl già in saccoccia ma che aveva trascorso una decade molto buia, dall’altro lato per tutta la scorsa offseason Harbaugh ed i suoi ragazzi hanno tentato di cancellare quello stato d’animo così negativo, accentuato dal fatto di essersi fermati ad un piccolo passo dal traguardo, ed a causa del quale la splendida stagione d’esordio del grintoso capo allenatore era quasi andata in secondo piano.

nfl_g_harbaugh_smitha_576Occasioni come queste capitano di rado, ed è veramente difficile mantenere saldi i nervi e rimettere a posto energie fisiche e mentali per tentare un’altra scalata al vertice. E’ necessario possedere qualità non comuni per ritrovare la voglia di spaccare il mondo dopo aver perduto un Nfc Championship davanti agli affezionati di quelo che un tempo era conosciuto come Candlestick Park, una partita pazzesca, il cui svolgimento e conclusione non avevano fatto dormire gli sconfitti per diverse notti consecutive. Allora, i New York Giants poi campioni Nfl si erano presi il ruolo di squadra del destino che solo nel pre-partita sembrava appartenere ai rosso-oro della baia, che erano reduci da un’epica vittoria contro i New Orleans Saints e trascinati da un giocatore onnipotente ed immarcabile come Vernon Davis. Quelle sensazioni di futuro già potenzialmente scritto si erano tuttavia fermate bruscamente davanti ai turnovers di Kyle Williams contro i Giants, che nel supplementare espugnarono la casa dei Niners per andare poi a bissare il successo contro i New England Patriots.

Già in quel tempo Harbaugh era sembrato geniale, in quanto aveva avuto le idee chiarissime sin dai primi secondi del suo insediamento, e sapeva che avrebbe puntato forte sulla difesa, su un gioco di corse in grado di gestire il cronometro, e su una fitta rete di passaggi ad alta percentuale di riuscita, un sistema ideale per tenere alta la fiducia di un quarterback spesso criticato come Alex Smith, un giocatore la cui prima parte di carriera era stata minata dallo status di prima scelta assoluta del 2005 mai in grado di rispettare le aspettative di una selezione troppo alta, all’epoca resa obbligatoria dalla disperata necessità dei 49ers di cominciare a lavorare sul potenziale franchise quarterback del futuro.

In questo campionato San Francisco è tornata in campo per un solo traguardo: vincere il Super Bowl. Non più una sorpresa, perchè oramai le potenzialità della squadra erano già diventate ben note a tutti, anzi, c’è la consapevolezza che grazie alla sapiente guida di Harbaugh e del suo staff esiste la reale e concreta possibilità di vincere tanto, di vincere a lungo, di ricreare in qualche modo quella dinastia che da moltissimi anni non riesce più ad alcuna squadra Nfl, tanto spalmato è il talento tra le 32 compagini professionistiche, tanto equilibrate sono le sorti di un campionato che ogni stagione regala protagoniste sempre differenti.

Con quel sapore amaro ancora fresco nelle loro bocche, i 49ers sono partiti per la nuova missione.

La partenza è stata sicuramente delle migliori, anche se, come accaduto un pò per tutte le squadre più forti, anche i Niners hanno dovuto saltuariamente pagare il prezzo di un campionato così equilibrato uscendo pesantemente ridimensionati da una minima parte delle loro partite. Il confronto di apertura delle ostilità era già stato un test di ottimo livello per le possibilità dei ragazzi di Harbaugh, che avevano sconfitto i Green Bay Packers per 30-22 dimostrando che l’impostazione tecnica assunta da Alex Smith dava necessariamente ragione al coaching staff, e non a caso lo stesso aveva terminato il suo esordio stagionale con 20/26 per 211 yards e 2 mete senza turnovers, vincendo un sentito duello contro un quarterback della sua stessa classe di draft, Aaron Rodgers.

La prima sconfitta dell’anno arrivava solo alla terza settimana di gioco in seguito all’affermazione dell’Handshake Bowl parte seconda, nel quale era stata netta la prevalenza sui Detroit Lions, ed era pervenuta contro dei Vikings che presto si sarebbero rivelati ben più tosti della misera squadra che avevano allestito solo dodici mesi prima. In quell’occasione Smith aveva interrotto una striscia da urlo raccogliendo il primo intercetto degli ultimi 249 passaggi consecutivi – record di franchigia – e Frank Gore, la chiave di tutto il reparto, era stato limitato a 63 yards in 12 portate, svelando alcuni punti deboli del reparto offensivo.

I Niners avrebbero di lì a poco dato e ricevuto lezioni in grande stile. Un reparto difensivo tornato a dominare avrebbe concesso 3 miseri punti in due partite contro Jets e Bills, i primi tenuti a bocca asciutta per un pesante 34-0, i secondi seppelliti sotto 45 punti scaturiti da 3 passaggi vincenti di Smith e da mete su corsa registrate da Gore, 106 yards in 14 portate, e Kaepernick, che in quel preciso istante della stagione era semplicemente un giocatore di situazione. Poi la durissima battuta d’arresto contro i dannati Giants dell’anno precedente, ancora loro, che avevano rievocato fantasmi ancora dolorosi infliggendo ai Niners un 3-26 appesantito dai 3 intercetti registrati dalle secondarie dei campioni in carica e dall’incapacità di segnare dopo il field goal iniziale di un David Akers che stava già cominciando a mostrare i primi segni di difficoltà, che avrebbe terminato la regular season con troppi errori sulla coscienza.

Tempo di scontri divisionali e quindi di estrema attenzione ai record interni al proprio raggruppamento, esercizio portato a parziale compimento con forza e dedizione attraverso una dura e sudata vittoria contro i Seahawks della sorpresa Russell Wilson (13-6 in una battaglia tutta difensiva) ed un’affermazione neache troppo faticosa ai danni dei Cardinals, oramai già da settimane sgonfi rispetto all’incredibile inizio di stagione, questo prima della partita che avrebbe cambiato la sorte di San Francisco, un pareggio contro i St. Louis Rams nel quale Harbaugh aveva dovuto rinunciare a Smith a fine primo tempo per una commozione celebrale, l’episodio-chiave dell’annata del team della baia.

s.kapharbaugh.1203In quel momento nessuno aveva intuito che cosa sarebbe successo, ovvero che l’head coach avrebbe sorprendentemente promosso l’inesperto Colin Kaepernick nel ruolo di quarterback titolare, una mossa rischiosissima per una squadra che puntava così tanto in alto, una decisione che avrebbe relegato Smith, al momento dell’infortunio regista più preciso della Nfl, in panchina fino alla fine dei giochi. Proprio in questa circostanza il genio di Harbaugh è emerso una volta di più: una squadra già forte in difesa che contava su una paurosa linea di linebackers con Willis e Bowman sugli scudi e su un’accoppiata di Smith (Justin ed in particolare Aldon, che si sarebbe avvicinato al record di Michael Strahan di sack in singola stagione ingaggiando una grande battaglia a distanza con J.J. Watt di Houston) in grado di terrorizzare i quartebacks avversari, poteva ora contare su un attacco maggiormente dinamico gestito da un quarterback di grande leadership ed intelligenza a dsicapito della giovanissima età, un regista molto più mobile di Smith ma non per questo uno scrambler mono-dimensionale, anzi, dotato di una potenza e precisione nel lanciare che sarebbe stata determinante per il futuro dei 49ers.

Harbaugh sapeva qualcosa che era sfuggito ai più, ed il profondo cammino playoffs dei 49ers lo ha dimostrato.

La stagione regolare sarebbe terminata con altre due sole sconfitte, confermando che i Rams sarebbero stati la bestia nera di quest’anno (un pareggio ed una sconfitta nel duplice scontro diretto) e che i Seahawks sarebbero stati un avversario durissimo se incontrati anche nei playoffs (13-42 nella sedicesima settimana di gioco), ma avrebbe dato nel contempo la sicurezza che Harbaugh ci aveva visto giusto, inserendo l’ingranaggio migliorativo in un momento molto rischioso, ma anche molto remunerativo. Lo avrebbe testimoniato l’epico Monday Night contro i Patriots, possibili avversari in un ipotetico Super Bowl, nel quale Kaepernick aveva sezionato le deboli secondarie di Bill Belichick mantenendo una calma glaciale anche davanti alla rimonta di Tom Brady, chiudendo la sua gara personale con 4 passaggi vincenti.

La regular season aveva portato una serie di certezze determinante per individuare la forza insita nei 49ers. Un nuovo quarterback ed un nuovo running back di riserva, LaMichael James (complice l’infortunio di Kendall Hunter), si erano inseriti con grande facilità negli schemi offensivi permettendo di giocare qualche schema in option, Michael Crabtree era cresciuto enormemente in concomitanza all’ingresso in regia di Kaepernick collezionando la miglior stagione statistica della sua giovane carriera, Vernon Davis e Randy Moss si erano messi onorevolmente a servizio bloccando a più non posso e rinunciando alle ricezioni che da sempre avevano costituito la loro natura primaria di giocatori Nfl, e Frank Gore, da troppi bollato come ferro vecchio in pre-season, aveva piazzato un’altra stagione da oltre 1.000 yards segnando 8 mete.

99La difesa ha risposto come ci si attendeva, alimentando la pressione già portata da Aldon Smith con il contributo prezioso ma sottovalutato di Ahmad Brooks (6.5 sacks), ed i 14 intercetti di squadra ben distribuiti tra defensive backs e linebackers, hanno dimostrato che il risultato di squadra conta di più di quello individuale.

Il resto è storia più recente e storia che attende di essere scritta. I playoffs contraddistinti dalla prestazione più grande di sempre per un quarterback in termini di yards corse, dal cambio di strategia offensivo che ha permesso la rimonta ad Atlanta, dagli aggiustamenti difensivi che sono significati un secondo tempo di magra soddisfazione per Matt Ryan e Julio Jones.

Harbaugh allenerà il suo primo Super Bowl contro il fratello John, che dopo tanti Championship persi e numerose presenze in postseason giunge anch’egli al Grande Ballo; Kaepernick giocherà sul suolo di New Orleans, laddove aveva disputato la sua prima partita in carriera da titolare in trasferta; la difesa proverà ad essere determinante contro i Ravens come gli stessi usavano fare nel 2000, quando vinsero il loro primo ed unico titolo.

I San Francisco 49ers tenteranno di eguagliare le storiche gesta di Bill Walsh, Joe Montana, Jerry Rice, Steve Young e George Seifert, i maggiori artefici dell’illibato record di 5-0 al Super Bowl.

Tutte storie che si intrecciano una con l’altra e che cercheranno di sfociare nell’ennesima dinastia rosso-oro della storia del football americano, ovvero il motivo per cui Jim Harbaugh decise un giorno di lasciare i successi di Stanford per un’impresa allora improbabile, quella di restituire credibilità agli altrettanto californiani 49ers.

Domenica sarà ad un passo dal conseguimento del suo obbiettivo primario, con soli due anni di panchina alle spalle. Dovesse riuscire nei propri intenti, sarebbe un’impresa che lassù, da qualche parte, strapperebbe di sicuro un sorriso al Maestro Bill Walsh.

 

 

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