Sembra passata una vita da quando i San Francisco 49ers erano una dinastia di quelle che ha scritto le pagine più importanti del football americano professionistico, da quando nomi come Bill Walsh, Joe Montana, Jerry Rice, Steve Young e numerosissimi altri avevano costruito un’aura invincibile attorno ad una squadra che faceva semplicemente paura a tutti. Li chiamano gli anni d’oro, perchè vincere così tanto è proibitivo nel football moderno e quella parabola che spinge in alto per poi ridiscendere vertiginosamente porta a pensare sempre più spesso a quei momenti, a tirarsi fuori delle impolverate videocassette tanto per rivedere i propri beniamini vincere, sognando che un giorno tutto possa ripetersi una, due, e quante altre volte si desideri.
Oggi è tutto più difficile nell’era della free agency, dove costruire prendendo del talento da squadre concorrenti è diventato più facile, ma dove l’impresa dei 49ers che da ieri sera sono ufficialmente in viaggio per giocare il Super Bowl dimostra ancora una volta che l’head coach è determinante per avere successo, che il draft è sempre la risorsa più importante di una squadra Nfl, e che una saggia gestione manageriale, oculata nei costi e lungimirante nelle strategie, non può che portare a buoni frutti.
Due anni fa Jim Harbaugh è arrivato nella National Football League non certo per dimostrare che il luogo comune che vuole la transizione di allenatore dal college al professionismo destinata ad essere fallimentare è errata, è invece approdato nella baia con un programma ben preciso in testa, delle motivazioni molto alte e degli obbiettivi chiari fin da subito. Ha rivoltato San Francisco come un calzino, cancellando una dolorosissima epoca che dopo Jeff Garcia e Terrell Owens non ha più visto una partita di playoffs e restituendo speranza a lungo termine ad una città che a trofei non è certo abituata male, rimettendo istantaneamente i 49ers all’interno di quella fetta di Nfl che conta, facendo di loro dei seri contenders per questo e per gli anni a venire.
La grande rimonta portata a termine ad Atlanta contro i Falcons contiene dentro di lei l’essenza del carattere forte di Harbaugh, che ha trasmesso fiducia ai suoi uomini a tal punto da convincerli di essere capaci di arrivare a giocare la finalissima in breve tempo dal suo insediamento – ricordiamo quanto già vicino c’era andato un anno fa, da rookie head coach – e l’organizzazione gli ha creduto quando ha preso una delle decisioni più controverse e funzionali della presente stagione quando annunciò che avrebbe rimosso Alex Smith ed inserito l’inesperto Colin Kaepernick, quando ancora nessuno si era reso conto delle capacità di quest’ultimo.
La qualificazione per il Grande Ballo da parte dei 49ers non solo restituisce una cara vecchia abitudine alla squadra della baia, ma sottolinea una volta di più che Jim Harbaugh è un uomo che sa bene quello che fa.
I soliti Falcons da due volti
Non pareva essere così semplice la questione dopo aver terminato la visione di un primo quarto dove Atlanta, esattamente come una settimana fa, aveva letteralmente cancellato dal campo l’avversario giocando su chiavi determinanti: l’incredibile costanza dell’attacco di Matt Ryan nel muovere le catene, la sapienza nel gestire l’orologio (peculiarità di Mike Smith non certo da ieri) e segnare punti con azioni spettacolari, mischiando il tutto con una difesa che aveva cominciato con le marce alte già inserite e che attraverso numerose giocate di grande sostanza, soprattutto da parte dei defensive backs, aveva trovato il modo di far restare l’arma totale Kaepernick sulla sideline a guardare la sua di difesa ad arrancare concedendo un divario di ben 17 punti in una gara che andava raddrizzata quato prima.
Presagi non esattamente tranquillizzanti per San Francisco parevano essere dati da quel mostro di Julio Jones (182 yards, 2 TD), che allo scadere del primo quarto aveva già scritto in tripla cifra il numero di yards ricevute ed aveva procurato già in una manciata di occasioni il mismatch ideale che i Falcons si erano messi correttamente a sfruttare viste le enormi potenzialità fisiche del ragazzo, senza dimenticare che Ryan, in assenza dell’ex Alabama, avrebbe potuto benissimo usufruire di due alternative abbastanza significanti, Roddy White (7 ricezioni, 100 yards) ed il futuro Hall Of Famer Tony Gonzalez (78 yards, TD). Atlanta, a fine partita, avrebbe messo in saccoccia ben 477 yards di total offense senza lo straccio di un gioco di corse (solo 5 primi downs per vie terrene in tutta la gara) ovvero il peggior risultato difensivo della gestione Harbaugh, ma alla fine dei conti questo vivere sul filo del rasoio che i Falcons hanno, volenti o nolenti, applicato quale mantra della loro stagione, non ha funzionato nell’occasione più importante di tutte.
Atlanta avrebbe firmato carte fasulle per restituire al destino le incredibili vittorie contro Raiders e Panthers di regular season per poterle sostituire con un epico epilogo nel primo Nfc Championhip di sempre ospitato dalla città, ma questa volta gli errori commessi nella seconda frazione della gara e la mancata capitalizzazione di un episodio che poteva aiutare a riprendere l’inerzia (il fumble di Crabtree sulla goal line) si sono rivelate essere situazioni troppo pesanti, che hanno privato la squadra della possibilità di pescare un altro pò di magia da un barattolino già sovrautilizzato tra regular season e divisional playoffs.
Don’t you forget ’bout Vernon!
Parte della riuscita rimonta di San Francisco ha sicuramente preso forma dalla prestazione determinante di un ritrovato Vernon Davis, che solo un anno fa, nei playoffs, sembrava un uomo impossibile da fermare che aveva dato l’impressione di portare da solo sulle spalle un’intera squadra. Di certo il tight end aveva accusato il colpo del cambio in regia, mettendosi a disposizione per bloccare (un pò come Randy Moss) sapendo che da quel momento in poi le corse avrebbero intasato il playbook offensivo e che i suoi servigi in endzone sarebbero stati meno richiesti di prima, ma ieri è tornato ad essere ciò che è, ovvero uno dei primi tre giocatori nel ruolo della Nfl attuale, troppo veloce e troppo fisico per essere marcato da chiunque.
Forse i Falcons erano più preoccupati delle possibili galoppate di un Kaepernick che sette giorni fa si era fatto beffa di molti record Nfl dedicati ai quarterback, fatto sta che da quando Davis è entrato in partita senza più uscirvi, l’attacco dei Niners ha cominciato a funzionare alla grande. Davis ha messo su 5 ricezioni per 106 yards (21.2 di media a presa, roba da capogiro…) e segnato un touchdown prezioso per il suo morale, dal momento che nell’era Kaepernick una sola altra volta era riuscito a fare altrettanto. E nemmeno le grandi giocate dei vari Moore e DeCoud sono servite per mettere freno ad un vero e proprio treno in corsa.
49ers, non solo difesa
Con questo non si vuole assolutamente mettere in secondo piano un reparto che ha retto con grande costanza per due stagioni consecutive affermandosi come uno dei migliori della Nfl, tuttavia il fatto che la precedente identità di San Francisco fosse prettamente difensiva ha fatto sì che nella mente di molti le cose migliori si sarebbero dovute vedere da quella parte del campo, e non da un attacco che viveva sulle corse di Frank Gore e sulla precisione di Alex Smith nella prima parte dell’anno, ma che poi si è rivelato essere molto più dinamico grazie all’inserimento di Kaepernick.
Il quale non ha rispettato l’atteos copione rimanendo spesso e volentieri all’interno della tasca e giocando una partita di grande spessore tecnico, completando il 72% dei propri passaggi per 233 yards ed un TD pass, e limitando le sue scorribande all’esterno in due tentativi di corsa per 21 yards, perchè altro non serviva, o meglio, serviva proporre dell’altro per confondere tatticamente la difesa avversaria. La strategia offensiva di San Francisco si è rivelata vincente proprio perchè è stata differente da quella applicata contro Green Bay, il backfield è tornato ad essere di preponderante importanza ed il fatto è stato sottolineato dalle due mete di Frank Gore e da quella segnata dal suo backup, LaMichael James, un trittico di segnature giunte dalla option, che i protagonisti in campo hanno giocato alla perfezione.
La difesa, pur sempre uno dei motivi per cui i Niners sono qui, dopo essere stata vivisezionata da Matt Ryan per tutto il primo tempo a livello di secondarie ha corretto il tiro tirato fuori giocate importanti in momenti determinanti, su tutte l’intercetto che ha rotto il ritmo dei Falcons ad opera di Chris Culliver nel terzo periodo, mentre per tutta la gara è stato tangibile il contributo di NaVorro Bowman, Mvp difensivo di questo Championship ambivalente contro corse e passaggi (sua la marcatura su Roddy White nel quarto down decisivo), fatto che conferma l’estrema validità della linea di linebackers di cui Harbaugh può usufruire.
Chokers?
Un pensiero finale non può che andare agli sconfitti, contro i quali le malelingue si sono già scatenate facendo presente che l’attuale gestione ha sì vinto la prima partita di playoffs, ma il computo totale parla pur sempre di 1-4. Belle regular seasons, bilanci finali in doppia cifra di vittorie, record di franchigia fracassati uno dietro l’altro da Matt Ryan (l’ultimo in ordine temporale è di ieri, maggior numero di yards lanciate in singola gara di playoffs con 396), Mike Smith head coach più vincente nella storia della squadra. Tutte belle cose, che non tolgono l’aura perdente nel mese di gennaio da un team che ha goduto di una possibilità storica, giocarsi l’accesso al Super Bowl tra le mura amiche, e non l’ha sfruttato fino in fondo.
Se per i San Francisco 49ers si riapre una finestra sui magici tempi della Golden Era, di Golden Joe e della West Coast Offense originale, quella di Maestro Walsh, per Atlanta si apre invece un’altra lunga offseason, dove l’organizzazione dovrà raccolgiere i cocci emotivi di un’altra sconfitta amara da digerire, più dura delle altre proprio perchè così vicina al traguardo. Trovare le motivazioni per ripetere un’annata straordinaria non è semplice e le variabili del football sono tante, ma non tutto è perduto, Atlanta può sempre imparare dall’avversario che ieri l’ha sconfitta, il quale un anno fa aveva subìto un destino assolutamente uguale seppure con circostanze molto diverse. Smith, Ryan, Dimitroff e persino l’owner Arthur Blank dovranno non ascoltare le critiche e capire che un altro passo è stato fatto, ora manca solo l’ultimo. Molte leggende della Nfl hanno perso tanto prima di vincere ciò che conta sul serio.
Oggi, invece, i Niners sono attesi a quello che sarà il loro sesto Super Bowl, un evento che nella loro storia li vede con un record immacolato di 5-0. Per capire se sapranno mantenere illibato tale conseguimento, dovranno passare sul corpo del fratello maggiore del loro head coach, nonchè su quello del linebacker più forte di tutti i tempi.
Davide Lavarra, o Dave e basta se preferite, appassionato di Nfl ed Nba dal 1992, praticamente ossessionato dal football americano, che ho cominciato a seguire anche a livello di college dal 2005. Tifoso di Washington Redskins, Houston Rockets, L.A. Dodgers e Florida State Seminoles. Ho la fortuna di scrivere per questo bellissimo sito dal 2004.
Direi che hanno vinto i SF boys, cioe’ coloro che dal draft hanno sempre militato nei 49ers: Gore, Willis, Kaepernick, V. Davis, Goldson, Crabtree, Smith,… Una squadra costruita sui draft che ha dovuto trovare un grande coach per arrivare al Superbowl. Da tifoso dei 49ers mi auguro un finale trionfale ma credo che il fratello maggiore degli Harbaough sia piu’ abile e astuto del sanguigno e motivatore Jim e ho paura che ci fara’ la sorpresina di batterci in finale.