Sono passato poco più di dodici mesi da quando Al Davis ci lasciò privandoci di uno dei simboli del football americano che ha scritto e fatto scrivere la storia della Nfl e degli Oakland Raiders nelle vesti di owner, general manager e di allenatore. Una figura mitologica, duro quanto basta e con il desiderio di riportare i SUOI Raiders nelle prime sei della Afc.

Cosa centra Palmer in questi Raiders?

Infatti dopo otto anni passati a masticare un record negativo da quel lontano 2002 dove persero il Super Bowl contro i Tampa Bay Buccaneers, i Raiders si sono riaffacciati nelle zone calde della classifica seppur senza mai riuscire a rientrarci  per una serie di eventi sfavorevoli, i quali li hanno portati all’esclusione e all’amarezza di esserci andati molto molto vicino.

Nella stagione del doloroso addio di Al, i Raiders dei nuovi proprietari Carol e Mark Davis mantennero la posizione di general manager scoperta affidandosi al capo allenatore Hue Jackson per l’inseguimento a una post season che vedeva l’Afc West molto confusa e molto più debole  rispetto alle altre Division. Tutto era possibile e le prime partite della stagione sembravano dare l’impressione che i Men in Black potessero davvero farcela.

Tutto girava a regime fino a quando il quarterback Jason Campbell finì nella lista infortunati e la star del reparto offensivo Darren McFadden fu costretto a non giocare per ben metà della stagione a causa di un problema al piede. Da quel momento la squadra sembrava essersi spenta, con poche idee e priva di un punto di riferimento all’interno dello spogliatoio.

Ecco perché Jackson volle arrivare a una trade piuttosto cara ma che avrebbe potuto realizzare il sogno dei playoff.

Dopo un lungo tira e molla, i Cincinnati Bengals resero il loro quarterback Carson Palmer disponibile per una trade dato che l’ex Usc aveva perso il posto da starter in favore del rookie Andy Dalton e minacciava addirittura il ritiro nel caso i Bengals non gli avessero più concesso l’opportunità di scendere in campo. I Raiders misero sul piatto la prima scelta del draft 2012 e un  conditional pick a seconda del risultato di fine stagione.

Per essere precisi la dirigenza sganciò un first round pick e un secondo giro del draft 2013 che sarebbe potuto diventare un primo giro nel caso di una vittoria nei playoff. Prezzo salato anche se l’opportunità di riabbracciare la postseason era davvero forte; tuttavia rimane da chiedersi se Davis avesse fatto lo stesso dato che per sostituire uno come Campbell sarebbe bastato molto di meno. Ma business is business e in quel momento c’era bisogno di una guida per un roster molto talentuoso e ancora in erba.

Come fini il 2011 lo sapete: Palmer lanciò 2753 yards, 13 td, 16 intercetti e un rating del 80.5, condusse i suoi a un record di quattro vittorie e cinque sconfitte compreso il disastro nell’ultima partita di regular season contro i già eliminati Chargers, dove la formazione del Golden State perse malamente lo scontro e l’accesso ai play off in favore dei Broncos, sconfitti dai rivali di Kansas City.

L’ultima offseason doveva essere l’occasione giusta per risanare il roster nei punti deboli per riprendere quanto fatto nel primo e unico anno di Jackson come head coach: infatti con l’arrivo del nuovo GM Reggie McKenzie il buon Jackson fu costretto a fare le valigie per cedere la posizione al neo arrivato Dennis Allen, protagonista nel miracolo del Mile High con una difesa davvero ben costruita in collaborazione con la volpe John Fox.

Il talento di McClain non è ancora sbocciato

Le aspettative c’erano eccome: Palmer con più tempo per lo studio del playbook, McFadden ritornato in forma e una coppia di defensive tackle davvero ostica rappresentata da Richard Seymour e Tommy Kelly potevano mettere la squadra in una posizione di partenza per la corsa alla vittoria della Afc West. Purtroppo la fortuna non è di casa e arrivò la notizia della firma di Peyton Manning con i rivali di Denver.

Uno sconvolgimento generale di tutta la Nfl perché i Broncos del crociato Tim Tebow si sono trovati improvvisamente inseriti nelle pretendenti al Grande Ballo e il livello delle rivali di Division non era di certo tra i più competitivi facilitando l’ingresso ai playoff a Denver, ma questi Raiders sembravano volerci provare lo stesso. Purtroppo non sta andando così!

Dopo undici giornate di regular season il record è negativo come confermano le sole tre vittorie racimolate in dieci partite e le sette sconfitte incidono in particolare a livello statistico dove si scopre che la difesa è la peggiore di tutta la Lega per punti concessi agli avversari. La difesa l’anno scorso era stata un buon sostegno, contribuendo alla causa con prove dignitose; quest’anno si appresta invece ad essere una delle peggiori.

Cosa è successo?

Il tutto parte da un lento esodo di giocatori poco più che discreti e con il diversivo di essere stati protagonisti in diverse partite vincenti (Stanford Routt è un esempio) per poi arrivare all’incostanza di qualche talento circondato da vicende personali negative: è il caso del middle linebacker Rolando McClain, prima scelta del 2010 e promettente giocatore uscito da Alabama, che nel corso dei due anni tra i pro ha giocato con commozioni celebrali e alcuni problemi legali fuori dal campo.

Anche se la realtà più preoccupante è il rendimento del forte Tommy Kelly perché il nose tackle che l’anno scorso mise a soqquadro diverse linee avversarie è un solo lontano ricordo: svogliato, impotente e poco reattivo sono i tre aggettivi che meglio lo descrivono e contando che è stato il leader della squadra per sacks messi a segno è chiaro quanto le sue cattive prestazioni siano determinanti per le sorti del reparto.

Nel back seven oltre a McClain il talento è apprezzabile con il linebacker Philip Wheeler, il safety Tyvon Branch e il cornerback Michael Huff a fare da riferimento con delle dignitose prestazioni. Il problema è che accanto a questi giocatori sembra esserci poco nulla e quindi la mancanza di scelte al draft nei primi giri ha di certo influito per il sostenimento della costruzione del reparto.

Spostiamoci a parlare dell’attacco dove i tifosi hanno potuto ammirare un gioco frizzante e divertente purtroppo bloccato dai troppi infortuni. Darren McFadden si è trovato per la prima volta a convivere un un quarterback di primo livello e il suo numero di portate è mediamente rimasto invariato ma con un abbassamento delle statistiche: passare da 5.4 yards di media a portata a 3.3 ci può fare intendere come la linea offensiva sia stata amalgamata proteggere il qb. Spiegazione possibile visto che due quinti degli starter che trascinarono la linea nel 2011 come Bruce Campbell e Samson Satele sono andati in altre franchigie.

Come se non bastasse il talento scuola Arkansas è ancora alle prese con un infortunio e ciò che più preoccupa è l’assenza di un vero back up come era stato Michael Bush, fuggito nella Windy City durante la free agent. Il fatto è che fino a quando McFadden è stato presente l’attacco assumeva imprevidibilità ma come tutti i forti running back c’è bisogno di una linea potente che apra varchi.

McFadden: talento ma troppi infortuni

L’altra dose di talento è da un trio di wide receiver giovane con tanto talento e fiuto per le grandi giocate ma la visibile mancanza di freddezza nei momenti cruciali che hanno portato a drops a volte clamorosi.

Darrius Heyward-Bey ha confermato di non essere il go to guy sognato da Davis il giorno della sua chiamata nel 2009, però si è rivelato parecchio fastidioso da contrastare sulle traccie profonde. Il secondo anno Denarius Moore (35 catch, 584 yards e 5 td) sta progressivamente diventando un bersaglio sicuro così come il tight end Brandon Myers, salito a 50 ricezioni e 554 yards riempendo il vuoto lasciato da Zach Miller.

Purtroppo la serie di sfortunati eventi non è terminata spedendo il valido Jacoby Ford in IR durante le gare della pre season a causa di un infortunio ai legamenti del ginocchio. Ford aveva chiuso in crescendo il suo secondo tra i pro ed era atteso al banco di prova dopo una stagione molto difficile all’esordio.

E veniamo a parlare della stagione di Palmer: scommettendo su di lui i Raiders si sono privati di due scelte che sicuramente avrebbero fatto comodo specialmente in questo momento. Le cifre raccolte (17 td, 11 int, 3035 yards e un rating del 85.8) potrebbero mettere un bel sorriso sul volto dei tifosi in maglia nero-argento a dimostrazione che la trade fatta sta venendo ripagata, ma va detto che l’ex Bengals da solo e senza McFadden ha prodotto tanto fumo e poco arrosto, ovvero statistiche ingannevoli che però hanno condotto i Raiders a un record di 3-7.

Tuttavia il buon Carson è un qb più che discreto eppure sembra non essere più in grado di fare un passo di qualità che lo porti nel cuore dei tifosi e perciò il suo arrivo potrebbe essere stato alquanto negativo per un roster così giovane: c’è infatti da dire che a contrario delle cifre il trentaduenne sembra centrare poco con questa attuale situazione.

La post season fa gola a tutti questo è vero siccome ti proietta al centro dei riflettori e cerchi a tutti i modi di raggiungerla, ciò nonostante gli obiettivi devono seguire un percorso ben preciso. A mio parere l’arrivo di Palmer centrava ben poco con l’attuale situazione dei Silver and Black dato che troppi erano i buchi da tappare e tenue la speranza di arrivarci.

Di fatto l’investimento non è da considerarsi troppo futuribile vista l’età del quarterback e la necessità di maturare di un roster apparentemente talentuoso e ancora in fase di elaborazione. Con il pick del 2011 McKenzie avrebbe potuto cercare il nuovo Nnamdi Asomugha o comunque trovare pass rusher che alzasse il rendimento di quella che è attualmente una delle peggiori nella fase di portare pressione al qb avversario.

E il secondo giro dell’imminente draft potrebbe aver portato un altro talento interessante che invece vestirà la maglia tigrata dei Bengals. Detto questo rimane una domanda a cui rispondere: che futuro attende gli Oakland Raiders?

L’attesa continua per i tifosi Raiders

Il contratto firmato da Palmer permetterà alla dirigenza di cercare il suo sostituto tra un paio d’anni quando sarà riuscita ad aggiungere talento per la continua costruzione del roster. Una possibile soluzione futura potrebbe essere già in casa e ricadere nel nome di Terrelle Pryor, qb dalle ottime capacità atletiche e l’incertezza di provare a rischiarlo per evitare di bruciarlo.

I Raiders sono destinati a navigare ancora nelle acque basse della Lega seppur sia Chiefs sia Chargers non se la passino di certo meglio con la speranza di strappare qualche vittoria. L’obiettivo deve essere quello di prendere giocatori giovani o che possano contribuire alla crescita della squadra senza firmare il free agent che dia un’accelerazione troppo brusca e che rimandi i piani futuri per altri anni.

Al Davis avrebbe fatto sicuramente a meno di spendere due pick del draft per un quarterback avviato sul viale del tramonto seppure la sua continua capacità di sorprenderci ci avrebbe potuto meravigliare lo stesso. Resta il fatto che Palmer ora c’è e l’head coach Allen dovrà decidere se tenerlo al fine di costruire una squadra realmente capace di competere per la postseason.

Le sorti delle franchigia sono legate specialmente alla salute dei suoi ragazzi più talentuosi come McFadden, Moore, McClain e Branch. Se questi quattro si mantenessero sani per il recenti avvenire, soprattutto il potente McFadden, allora le fondazioni per cominciare a costruire qualcosa di concreto sarebbero solide.

In quel di Oakland l’aria dei playoff non tirerà in tempi recenti; tuttavia si può sempre pensare che Peyton Manning non è eterno e che gli attuali giovani Men in Black possano essere un giorno protagonisti di un atteso ritorno ai playoff.

 

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