La parola crisi va sempre utilizzata con le dovute misure: se inserito nel contesto del football americano, tale termine sta sicuramente ad indicare che qualcosa non va nell’alchimia della squadra, che incombono scelte pesanti da discutere velocemente e consapevolmente, e che quindi è richiesto un cambio di rotta che possa trasformare in positiva una stagione cominciata al di sotto delle aspettative.
Ora, vincere la prima partita dell’anno od interrompere una striscia di insuccessi consecutivi non è affare dei Philadelphia Eagles, che siedono in una posizione nemmeno troppo disagiata nel contesto equilibrato proposto dalla Nfc (nella Afc l’allineamento dei record delle squadre è addirittura maggiore) con 3 vittorie ed altrettante sconfitte, un bilancio di pareggio che tuttavia non può soddisfare un’organizzazione che doveva mandare dei segnali ben diversi dopo aver vissuto un 2011 altamente deludente se rapportato al talento presente a roster, terminato con un 8-8 davvero insoddisfacente.
L’infame parola Dream Team è servita solamente a far risaltare i titoli sui giornali e sui siti internet specializzati, presa ed analizzata da chiunque sotto ogni punto di vista tanto per mettere un pò di pressione in più alla squadra, dato che i media ed i tifosi locali già non si risparmiano di pretendere risultati di un certo tipo in ogni campionato. Quella particolare terminologia era frutto delle parole di un Vince Young che all’epoca era stato preso per fare da riserva nel ruolo di quarterback, ed era probabilmente indicativa del valore che il giocatore dava anche a se stesso, ragion per cui poteva tranquillamente già all’epoca essere considerata fuori luogo.
Gli Eagles di questa stagione non sembrano aver risolto molti dei problemi che li affliggevano in passato, d’accordo che DeSean Jackson non si lamenta più per un contratto non ricevuto e che quindi non si permette più di non giocare ai massimi livelli, resta il fatto che la compagine è lo specchio delle decisioni di Andy Reid, giunto al quattordicesimo anno di permanenza sulla linea laterale, che se le cose non dovessero andare per il verso giusto, potrebbe essere l’ultimo.
Una delle scelte di Reid riguarda proprio l’uomo di cui si sta discutendo maggiormente: Michael Vick.
Ripescato dala prigione in seguito ai fattacci legati a cani e scommesse, Vick aveva ricevuto un’inaspettata seconda occasione da Philadelphia, che in precedenza aveva investito una scelta di secondo giro su Kevin Kolb per gestire il post-McNabb, solo per scoprire che nonostante i tre anni di inattività il quarterback con il numero 7 possedeva ancora l’agilità che ne ha da sempre contraddistinto la carriera collegiale e professionistica, e che quindi il Michael Vick atleta pareva essere intatto rispetto alla sua ultima partita Nfl. Le valutazioni fatte su di lui avevano dato ragione a Reid, nonostante il regista fosse ancora fermo nei progressi che gli erano da sempre stati chiesti per lanciare con una spirale migliore, quelle gambe capaci di sfuggire a qualsiasi cosa e creare un guadagno da una potenziale perdita contavano ancora più di tutto il resto. Vick aveva portato gli Eagles ai playoff prendendo il posto a Kolb, prima infortunato e poi demotivato e che sarebbe poi stato scambiato con i Cardinals. Visto il talento presente in squadra grazie ad armi offensive come Jackson, Maclin e McCoy l’ottimismo non poteva che essere vivo in quell’ambiente.
Vick non è quello che era due anni fa, e non è diventato ciò che un’età più matura pareva consetirgli di diventare. Ha perso parte di quell’accelerazione che gli permetteva di fare la differenza, non ha mai sviluppato un tipo di gioco più vicino a quello del quarterback tradizionale per garantirsi una maggiore longevità, ed ha commesso un numero allucinante di turnovers, perdendo il possesso del pallone spesso e volentieri nelle vicinanze dell’area di meta, e mortificando la grossa produzione offensiva che la squadra ha dimostrato di poter mettere in campo contro qualsiasi avversario. Nelle sei partite disputate quest’anno Vick è stato responsabile di 13 palloni persi, tra intercetti arrivati da lanci calibrati male, e fumble pervenuti dalla sua testardaggine nel voler risolvere tante situazioni da solo, dimenticandosi di proteggere l’ovale.
Va detto che il quarterback ha preso anche un considerevole numero di botte per via di una linea offensiva poco adeguata, che sta vivendo serie difficoltà sia in protezione nei passaggi che nell’aprire i varchi giusti al gioco di corse. L’infortunio in off-season di Jason Peters ha fatto cadere una pesante tegola sulla testa del coaching staff, e le opinioni positive che i backup Demetress Bell e King Dunlap avevano fornito in sede pre-stagionale sono già nel dimenticatoio. Le guardie, in particolare Danny Watkins, sono troppo spesso sovrastate dal defensive tackle di turno, uno dei motivi per cui è capitato di assistere a prestazioni numericamente basse – come accaduto domenica scorsa contro i Lions – da parte di giocatori altrimenti straordinariamente produttivi come LeSean McCoy.
Un’altra decisione, presa prima della stagione scorsa, che potrebbe ritorcersi presto contro Reid è stata quella di spostare Juan Castillo dall’incarico di allenatore della linea offensiva a coordinatore della difesa, veste per la quale non possedeva chiaramente l’esperienza necessaria. Castillo è al momento il capro espiatorio di tutta questa situazione, considerato il suo fresco licenziamento dopo ben 18 anni all’interno di questa organizzazione, ha fatto quanto poteva in un campo che poco aveva a che fare con lui ed in qualche modo si è dovuto adeguare alle strategie di Jim Washburn, il coach della linea difensiva, famoso per l’applicazione dei principi della “Wide 9”, ovvero lo schieramento del fronte con i due defensive end staccati di almeno una yard dai due tackle.
La difesa è crollata in diversi finali di partita concedendo la bellezza di 49 punti nei quarti periodi facendo arrivare delle rocambolesche sconfitte, e gli aspetti che non hanno funzionato sono stati sostanzialmente tre. In primis, la mancanza di pass rush che ha portato notevoli scompensi tra le statistiche del 2011 e quelle odierne, l’assenza di un congruo numero di sack è evidente ed un sistema abituato a produrne in grandi quantità ne sta soffrendo parecchio. Quindi, l’inadeguatezza di profondità ed esperienza nelle secondarie, con molti big play messi a segno dagli avversari ai danni di giovani come Brandon Hughes e Colt Anderson, ed un reparto safety che non incide come dovrebbe per via di amnesie temporanee su alcune coperture. Infine i blitz, attraverso i quali i difensori faticano notevolmente ad arrivare a sfiorare il quarterback, permettendogli di allungare alcune situazioni di gioco (Stafford ha tenuto uno dei palloni decisivi di domenica scorsa per più di cinque secondi…) e trovare un bersaglio libero.
Dopo la settimana di riposo di cui gli Eagles possono usufruire in questo week-end, la difesa sarà gestita da Todd Bowles, preso quest’anno per allenare le secondarie e promosso a defensive coordinator, ruolo che ricoprirà per la prima volta in carriera dopo essere stato interim head coach a Miami dopo il licenziamento di Tony Sparano. Bowles, che da giocatore vinse il Super Bowl XXII con i Washington Redskins giocando nel ruolo di cornerback titolare, porta carisma ed esperienza, due qualità che Castillo probabilmente non possedeva per quel settore della squadra, lui che è specializzato nell’insegnamento dei movimenti offensivi della linea. Lui e Vick sono le due decisioni che in questo momento pesano sulla testa di Andy Reid, che, tra l’altro, aveva assicurato che Castillo sarebbe rimasto al suo posto un giorno prima di dargli il benservito.
L’head coach insiste sul fatto che Vick, nonostante i palloni persi, rimane il titolare, ma per lo stesso motivo è lecito pensare che siano in arrivo ulteriori cambiamenti? Il 3-3 attuale è senz’altro buono per continuare a rincorrere la post-season, ci mancherebbe, peraltro gli Eagles sono gli unici che possono attualmente fregiarsi del fatto di aver battuto i Ravens, tuttavia Reid dovrà valutare attentamente ogni suo prossimo passo, in quanto affidarsi ad un quarterback privo di esperienza come Nick Foles potrebbe non essere la risposta che serve, o almeno non adesso che è ancora tutto in gioco.
Questo fine settimana sarà il più importante della carriera di Andy Reid a Philadelphia. Ciò che succederà una volta terminata questa stagione, dipende soprattutto dai cambiamenti che preparerà durante questa pausa, mai così utile per riflettere.
Davide Lavarra, o Dave e basta se preferite, appassionato di Nfl ed Nba dal 1992, praticamente ossessionato dal football americano, che ho cominciato a seguire anche a livello di college dal 2005. Tifoso di Washington Redskins, Houston Rockets, L.A. Dodgers e Florida State Seminoles. Ho la fortuna di scrivere per questo bellissimo sito dal 2004.
Bell’articolo, sinceramente credo che non sia Vick il male di Philadelphia, anzi, grazie a lui ci sono le 3 vittorie, sta giocando male ma si riprenderà, sono fiducioso
Secondo me Vick rimane uno dei migliori Qb, credo che la squadra nel complesso sia di notevole livello, le sconfitte sono arrivate comunque con punteggi e scarti bassi (come anche le vittorie) e fanno ben sperare per il prosieguo. Certamente anche Vick metterà un po’ più di attenzione alle giocate personali, ma non vedo una crisi così profonda come l’hai presentata (o come forse la presenta la stampa USA). Anche cambiare un coach nemmeno a metà stagione non può certo dare risultati nel breve periodo, anche con una settimana di bye, e la scelta del capro espiatorio serve solo a dare qualcosa in pasto alla stampa più che a fare veri progressi.