Il football americano è tutto, tranne che una scienza perfetta. In questo momento storico è una disciplina talmente equilibrata che, per quanto sforzo ci si metta, è impossibile prevedere l’esito non solo di un campionato, ma anche di una singola partita. Le caratteristiche che possono fare la differenza in un qualsiasi momento di una gara sono tantissime, le variabili di tanto in tanto impazziscono e chi si era imposto fino ad un determinato istante deve sopportare battute d’arresto che ridimensionano quanto fatto durante il cammino.
Un anno fa tutto ciò era capitato ai Green Bay Packers, macchina offensiva costruita su assoluta perfezione, su meccanismi oliati a dovere che riuscivano a nascondere le evidenti lacune della difesa, una squadra che aveva vinto tanto in ogni caso, perchè se si segna più di quanto si subisce, per quanto alto sia il punteggio subito, logica insegna che non si può che avere successo. Questo fino a che i perfetti ed inviolabili Packers non capitarono nelle grinfie dei motivatissimi Chiefs, appena tramandati alla gestione di Romeo Crennel, che interruppero la stagione perfetta di Green Bay scoprendo i punti deboli di una squadra che sembrava lanciatissima verso la ripetizione del titolo vinto nel campionato 2010.
Domenica notte è toccato alla compagine del Wisconsin l’incarico di andare a colpire il nervo scoperto di una contendente seria per il Super Bowl, un compito non facile se si considerano le premesse: un record inaspettatamente perdente per una franchigia che nell’ultimo biennio si è dimostrata dominante, un attacco per il quale molte squadre sembravano aver trovato idonee contromisure, infortunati importanti da sostituire al meglio, ed una difesa che ha ritrovato la pass rush ma che tende a concedere sempre molto, vecchia abitudine mai sistemata nel corso di questi ultimi campionati.
La trasferta al Reliant Stadium contro la franchigia che stava (e sta ancora) vivendo la miglior partenza della sua storia poteva quindi essere proibitiva, proibitivo è stato invece ogni tentativo dei Texans di avere ragione di un avversario preparatosi molto bene per affrontare un incontro delicatissimo per il prosieguo dell’annata. La spesso criticata difesa dei Packers ha messo la museruola al potentissimo attacco su corsa di Houston, intercettato Schaub e Yates (entrato nel tempo-spazzatura) per un totale di tre volte, lasciato Andre Johnson senza possibilità di avvicinarsi alla endzone, vinto la battaglia sulla linea di scrimmage riuscendo a mettere le mani sul quarterback molto più di quanto sinora concesso dalla squadra allenata da Gary Kubiak, e giocato un football offensivamente automatico, restituendo quell’aura intoccabile ad un Aaron Rodgers il cui cervello sembra essere tornato quello di una spietata macchina da segnatura.
Il quarterback dei giallo-verdi non ha sbagliato sostanzialmente nulla, prendendo ottime decisioni che di volta in volta sono andate ad analizzare con tempi di calcolo rapidissimi l’accoppiamento più favorevole per l’attacco, i suoi ricevitori parevano essere ovunque, prendendosi gioco della difesa più forte e meglio allenata di tutta la Nfl. Rodgers ha concluso una grandissima partita con 6 passaggi da touchdown andando a ridefinire il suo massimo in carriera ed eguagliando il record di franchigia che, per coincidenza, aveva stabilito la sua vecchia riserva Matt Flynn nel finale della stagione scorsa.
Il reparto ricevitori ha dimostrato di non soffrire nè l’assenza del faro Greg Jennings nè l’esperienza del veterano Donald Driver, il settore è più che profondo ed oramai solidamente guidato dalla straordinaria concretezza di Jordy Nelson, che con Rodgers possiede un’intesa invidiabile, autore 121 yards in 9 prese, 3 delle quali trasformate in touchdown. Dai giocatori cui è stato richiesto di fare un passo avanti è arrivata una risposta assolutamente positiva, James Jones non ha avuto problemi nel catturare altre due mete giocando in un ruolo di maggiore responsabilità ed il secondo anno Randall Cobb ha fatto vedere che la sua velocità non è certo limitata alle azioni di special team, concludendo una serata di gran sostanza fatta di 102 yards ricevute.
I timori per l’improvvisa sparizione dalle scene di Cedric Benson, pescato in estate dalla free agency per rivitalizzare un gioco di corse asfittico ed oggi infortunato fino a fine campionato, sono temporaneamente spariti grazie agli incoraggianti segnali dati da Alex Green, scelta di terzo giro 2011, che si è dimostrato essere funzionale a questo tipo di attacco andandosi a prendere qualche sudata yarda nel mezzo (22 corse per 65 yards) dando un minimo di elasticità alla strategia di gioco, e proponendosi quale valida alternativa in ricezione al di là delle sole 8 yards accumulate in tale statistica.
Il lavoro encomiabile della difesa ha lasciato Arian Foster, seppur autore di due mete, fermo a 1.7 yards di media a portata, statistica incredibile se considerata la straordinaria produzione di colui che attualmente è il miglior running back della lega, e pensando al fatto che fino ad ora il rushing game di Houston è stato vitale per il successo dell’attacco. Con un ottimale contrasto portato in trincea la linea difensiva ha vinto parecchie battaglie non solo ottenendo numerosi placcaggi dietro alla linea di scrimmage, ma riempiendo con disciplina i varchi attraverso i quali sarebbero dovuti passare i portatori di palla, rendendo inefficace la produzione a terra ed impedendo soprattutto le letali azioni in play-action e bootleg che costituiscono il nocciolo di questo sistema offensivo.
Il 42-24 con cui i Packers hanno smantellato una difesa dal rendimento finora impeccabile – a proposito, J.J. Watt ha aggiunto altri due sack alla sua strepitosa annata – sa tanto di messaggio chiaro e tondo. Green Bay sarà anche andata in difficoltà durante questo primo abbondante quarto di stagione, avrà perso il passo iniziale di alcune rivali divisionali (tuttavia molti scontri diretti devono ancora essere disputati), ma con una prestazione così altisonante la squadra ha sicuramente dimostrato di possedere ancora quella miscela esplosiva che ha già portato tante soddisfazioni nella Frozen Tundra nel recente passato, restituendo al panorama attuale una delle sue protagoniste più attese.
427 yards in faccia alla difesa di Wade Phillips, 3 turnovers da opportunisti come i Packers hanno già dimostrato di poter essere (e quando lo dimostrarono, non a caso, andarono fino in fondo) ed un Aaron Rodgers tornato alle robotiche prestazioni senza rimedio (per gli altri) sono tutti fattori che devono necessariamente riportare in alto il livello di attenzione di chiunque dovrà incrociare le armi con Green Bay da qui a fine anno.
I Packers ci sono. Se giocano così, sono qui per restare.
Davide Lavarra, o Dave e basta se preferite, appassionato di Nfl ed Nba dal 1992, praticamente ossessionato dal football americano, che ho cominciato a seguire anche a livello di college dal 2005. Tifoso di Washington Redskins, Houston Rockets, L.A. Dodgers e Florida State Seminoles. Ho la fortuna di scrivere per questo bellissimo sito dal 2004.
Se la tasca funziona e se i ricevitori riescono a smarcarsi, Rodgers torna a fare il Rodgers e non ce n’é per nessuno!
Veramente complimenti per l’articolo, scritto in maniera impeccabile, comprensibile e scorrevole, anche per chi, come me, al Football si è avvicinato da due anni, relativamente poco, soprattutto confronto ad uno come te. Complimenti davvero, ho letto perché tifo Green Bay, volevo leggere cosa pensa un esperto di loro in questa stagione, e invece sono stato appassionato anche e soprattutto dal modo nel quale hai esposto il lato tecnico. Per la terza volta, complimenti.