La NFC North è da tempo una delle division più affascinanti dell’intero panorama professionistico, destinata a far parlare di sé sia per il passato, nel quale ha scritto alcune tra le pagine più belle di questo sport, che per il futuro, costituito dai tanti talenti che man mano si sono succeduti negl’anni in quell’ipotetico quadrilatero che ricorda, ancor oggi, un football di altri tempi, fatto di immagini ingiallite, caschetti di cuoio, e maglioni di lana.
Un quadrilatero che racchiude quattro città, Chicago, Detroit, Green Bay, Minnesota, da sempre vicine per il loro percorso nel football, prima nella NFC Central ora nella North, ma così distanti per la loro storia e per la loro identità, che seppur le hanno rese delle entità ben definite e distanti tra loro, basta pensare ai Packers, unico team NFL gestito da una compagnia pubblica, gli hanno permesso, nel tempo, di alternarsi sul gradino più alto della division.
Un gradino che nell’ultima stagione è stato conquistato proprio dai Packers, reduci da un 2010 che li ha visti tornare al titolo dopo 14 anni, ma incapaci di ripetersi, fermati al secondo turno di playoff da quei stessi New York Giants che li hanno succeduti nell’albo d’oro della NFL; un passo falso che comunque non ne ha minato ne la forza, ne la credibilità, tanto che la squadra da battere, nella North, sono ancora indubbiamente loro, nonostante la Detroit ricca di talento e la Chicago rilanciata da Cutler siano pronti ad ostacolarli, incalzati da una Minnesota che, risolta la grana stadio, spera di tornare quanto prima a ricoprire un ruolo da protagonista.
CHICAGO BEARS
La stagione passata si è di fatto chiusa nel momento in cui si è infortunato Jay Cutler, nei minuti finali dell’undicesima week contro i Chargers, che ha segnato irrimediabilmente il capolinea per i Bears, partiti con uno straordinario 7-3 e giunti alla fine con un poco invidiabile 8-8, e per il suo, ormai ex, General Manager Jerry Angelo, licenziato in tronco dal presidente Ted Phillips in quanto ritenuto principale responsabile del crollo di Chicago a pochi passi dal traguardo playoffs.
Al suo posto è stato promosso Phil Emery, già responsabile in passato dell’area scout dei Bears, al quale è stata affidata la missione, fondamentale, di ridurre il gap con i Packers, cercando di acquisire più talento possibile per lottare nuovamente per quel titolo divisionale conquistato nel 2010, anno in cui i rivali di sempre hanno festeggiato con la vittoria del Super Bowl, trofeo che nella Windy city manca ormai da 25 anni.
Offense
Ristrutturata negli anni scorsi con l’ingaggio del già citato Cutler, reduce da una buonissima stagione chiusa, anzitempo, con 2,319 yards, 13 touchdowns, e 7 intercetti, la offense di Chicago ha continuato a crescere nelle ultime stagioni, mantenendo quell’impronta conservativa che da tempo la contraddistingue e che nell’ultimo torneo gli ha permesso di concludere al nono posto sulle corse con 125.9 yards conquistate sul campo, grazie soprattutto all’esplosione definitiva di Matt Fortè, protagonista indiscusso del reparto con 1,487 yards di total offense e 4 TD realizzati.
Scelto da Tulane nel Draft del 2008, il numero 22 di Chicago è stato uno dei punti di forza per l’attacco di coach Lowie Smith nella passata stagione, e dopo aver dimostrato inoltre di essere uno dei migliori interpreti del ruolo nella lega non ha tardato a presnetarsi davanti ad Emery per battere cassa e cercare di strappare un contratto più vantaggioso.
Contratto che per tutti, o quasi, ormai ha preso la scia di quello, abnorme, firmato da Chris Johnson con i Titans, diventato ormai un metro di paragone per i runningbacks della NFL, e che ha creato non pochi grattacapi al nuovo GM e alla sua mission, nella quale, indubbiamente, Fortè ricopriva, e ricopre tuttora, un ruolo fondamentale, visto anche l’importanza che hanno i runner negli schemi d’attacco dei Bears, destinata oltretutto ad aumentare visto l’avvento di Mike Tice, ex OL coach che ha sostituito Mike Martz nel ruolo di offensive coordinator.
Con premesse del genere e il rischio che il rinnovo contrattuale si trasformasse in una vera e propria guerra, Emery ha deciso di tagliare la testa al toro e muoversi per uno dei free agent più interessanti nel ruolo, Michael Bush, reduce da due ottime stagioni ad Oakland e ormai pienamente recuperato da quel bruttissimo infortunio alla gamba che lo ha escluso dalla corsa ad una prima scelta assoluta che probabilmente meritava per quanto dimostrato nel college football con la divisa di Louisville.
Talento incredibile, per molti considerato secondo solo ad Adrian Peterson in quegl’anni di NCAA, l’ex Raiders arriva nella Windy City per sostituire Marion Barber, power back che ha disputato un buon torneo con i Bears dando solidità ed incisività ad un reparto che può ancora contare sul potentissimo Kahlil Bell, 337 yds corse nel 2011, che potrebbe rivelarsi fondamentale nei terzi down e nelle short yardage situation.
Situazioni nelle quali tornerà certamente utile anche lo stesso Bush, uno dei colpi dell’offseason dei Bears, al pari di Jason Campbell, altro giocatore proveniente da Oakland, arrivato per dare maggiori garanzie nel ruolo di backup alle spalle di Cutler, dove ha miseramente fallito il giovane Caleb Hanie, considerato uno dei responsabili del declino subito dai Bears nel finale di stagione, e ormai vicinissimo al taglio, visto il sorpasso subito inesorabilmente anche da parte di Josh McCown, a Chicago dal 2011 ma pure lui in odore di cut.
Garanzie che Emery ha cercato di fornire con insistenza anche al gioco aereo, e per farlo ha puntato con decisione su un giocatore che in passato ha già fatto faville in coppia con Cutler, Brandon Marshall, ormai finito quasi ai margini del progetto a Miami ma pronto a rivivere gli antichi splendori di Denver, dove, proprio con il numero 6 a lanciare, aveva totalizzato 206 ricezioni per 2,590 yards e 13 touchdowns in due stagioni, diventando uno dei migliori ricevitori della lega nonché un pezzo pregiatissimo del mercato NFL in quegl’anni.
Giunto nella Windy City per due terze scelte, l’ex Dolphins andrà a coprire quell’ipotetico ruolo di go-to-receiver da tempo reclamato da Cutler, che nelle tre stagioni a Chicago ha faticato a trovare delle mani sicure cui affidare l’ovale, vista anche la regressione mostrata da Devin Hester e gli infortuni che hanno limitato l’esplosione del promettentissimo Earl Bennett, ormai candidato a giocarsi le proprie chanches nella posizione di slot receiver, dove lotterà probabilmente con Dane Sanzenbacher, reduce da una positiva stagione da rookie conclusa con 276 yds e 3 touchdowns all’attivo.
Carente di centimetri dopo l’addio di Roy Williams, l’attacco aereo di Chicago potrà inoltre fare affidamento sulla seconda scelta Alshon Jeffery, talentuoso receiver da South Carolina che potrebbe tornare utilissimo anche in endzone, dove manca il tight end in grado di fare la differenza nonostante la presenza di un giocatore alto e fisicato come Kellen Davis, ancora una volta candidato a ricoprire il ruolo nella starting offense dei Bears, in attesa magari che cresca l’interessantissimo Evan Rodriguez, quarto pick da Temple nell’ultimo Draft.
Sulla linea confermato il veterano Roberto Garza nel ruolo di centro, Tice ha lavorato per fornire maggiore solidità ad un reparto che avrà il compito di proteggere Cutler e migliorare i numeri, pessimi, messi insieme nella passata stagione, quando il solo left tackle J’Marcus Webb si è reso protagonista, in negativo, di 14 penalità e 12 sacks; per farlo, l’ex coach dei Vikings ha puntato tantissimo sulla crescita e lo sviluppo dei singoli, una cosa che ha già dimostrato di saper fare in passato, e che ha dato i primi risultati già sul finire della passata stagione, confermando 4/5 di una linea in cui ritornerà la prima scelta della passata stagione Gabe Carimi, recuperato dall’infortunio al piede, ed esordirà l’esperto Chilo Rachal, guardia arrivata in offseason dai 49ers su cui il nuovo OC punta moltissimo.
Defense
L’assistant coach Rod Marinelli dovrà fare ancora affidamento sugl’esperti veterani dei Bears in attesa che raggiungano la consacrazione i tanti giovani arrivati a Chicago in questi ultimi anni, e per questo spera che il logorio dell’età non faccia sentire troppo il suo peso sulle spalle dei vari Urlacher, Briggs, Tillman, Peppers, e che soprattutto non giochi bruttissimi scherzi la dea bendata, riservandogli magari degl’infortuni che inguaierebbero non poco il team nel proseguo della stagione.
Se c’è una cosa che salta subito all’occhio scorrendo il roster difensivo dei Bears, infatti, è la mancanza, salvo sorprese, di giocatori in grado di fornire un contributo adeguato nel caso, lontanissimo, in cui uno dei titolari, per un motivo o per l’altro, si trovasse costretto ad uscire di scena anticipatamente; situazione che preoccupa non poco i fans dei Bears, storicamente abituati a difese ricche di talento e di opzioni nascoste, e gli stessi componenti del coaching staff, che durante l’estate hanno cercato di mettere qualche pezza ingaggiando dei veterani relativamente giovani come Geno Hayes, ventiquattrenne ex Buccaneers che un paio di stagioni fa era stato uno dei migliori tackler della squadra a Tampa.
Arrivato a Chicago per fornire supporto sulla mediana, dove toccherà a Nick Roach affiancare il formidabile duo formato da Lance Briggs, leading tackler con 147 placcaggi all’attivo nella passata stagione, e Brian Urlacher, 135 tackles nel 2011, potrebbe ritagliarsi uno buono spazio sfruttando la mancanza di esperienza riscontrabile negl’altri suoi colleghi di reparto, tra cui merita una certa attenzione Patrick Trahan, undrafted free agents da Ole Miss visto all’opera negli special teams in diverse partite della passata stagione, dove si è messo in bella mostra mostranod una buona rapidità di reazione.
Primo backup nella posizione di strong LB, è uno dei giocatori più interessanti in prospettiva, come il first rounder 2012 Shea McClellin, macchina da sacks da Boise State, dove ne ha totalizzati 16 in due anni, che molti comparano all’ex Pats Mike Vrabel, e che insidierà molto probabilmente Israel Idonije per il ruolo di spalla al fianco di Julius Peppers, reduce da un’altra stagione straordinaria chiusa con 11.0 sacks all’attivo, 4 in più del compagno di reparto Henry Melton, ottimo pass-rusher che avrà il compito di chiudere le vie centrali con il duo di origine hawaiiana Stephen Paea, second rounder 2011 candidato a partire come titolare, e Matt Toeaina, valido run stopper che lotterà fino all’ultimo per lo starting spot.
Ruolo che non è in discussione per quanto riguarda invece Chris Conte, confermatissimo come free safety dopo una buonissima rookie season in cui ha soffiato il posto all’esperto Brandon Merriweather, costretto a far le valigie per lasciare spazio al giovane compagno, che sarà affiancato sul profondo dall’ex talento di Florida Major Wright, straordinario giocatore a livello collegiale che sembra finalmente maturo per lasciare il segno anche tra i professionisti.
Alle loro spalle da non sottovalutare la conferma di Craig Steltz, che ha prolungato per 2 anni co Chicago e che dovrà in parte sostituire anche Brandon Hardin, uscito di scena per un bruttissimo infortunio al collo che lo costringerà a restare fuori per l’intera stagione; già un fattore negli special team, l’ex LSU dovrà rendersi utile pure nelle difese di situazione, dove troveranno probabilmente spazio i backup corner Kelvin Hayden e D.J. Moore, giocatori esperti che danno profondità ad un reparto in cui emerge ancora una volta il mostruoso talento di Charles Tillman, 113 tackles, riconosciutogli finalmente con la convocazione al Pro Bowl al termine della passata stagione, che sarà affiancato sulle sideline dal piccolo, ma capace di grandissime giocate, Tim Jennings.
Negli special team, confermati il kicker Robbie Gould, ancora in vetta alla classifica all-time per percentuale di field goal messi a segno, il punter Adam Podlesh, e il long snapper Patrick Mannelly, l’unico volto nuovo è rappresentato dal valido kick returner Eric Weems, messosi in luce con i Falcons, che avrà il compito di sostituire l’infortunato Johnny Knox, fuori anche lui per tutta la stagione per problemi al collo, al fianco di Devin Hester, apparso in calo nell’ultima stagione ma pur sempre temibile nei ritorni.
Considerazioni finali.
La mission di Emery non si può certo definire conclusa ma di certo si può affermare che ha imboccato una buonissima strada, visto che in pochi mesi ha chiuso uno dei needs che da tempo creava più di una complicazione ai Bears, ovvero la presenza, a roster, di un go-to-guy cui affidare il pallone nei momenti topici del match; in questo senso, con l’ingaggio di Marshall e la chiamata di Jeffery al Draft, Chicago ha messo una bella pezza su un buco che si è portata avanti per anni, a causa sia di scelte sbagliate, non ultima quella di Roy Williams, sia di ricerche cadute nel vuoto.
Il prossimo step, per il team e per il nuovo GM, sarà quello di gettare le basi per la ricostruzione della difesa, un compito non facile, ma forse nemmeno così difficile, visto che già in passato lo staff ha dimostrato di saper lavorare molto bene durante l’offseason; intanto il presente ci dice che il reparto arretrato dei Bears rimane uno dei più ostici da affrontare dell’intera lega, e almeno per ora, basta ed avanza questo per considerarli ampiamente in corsa per il titolo divisionale, magari non proprio ancora alla pari con i Packers, ma di certo molto più vicino che nel recentissimo passato.
DETROIT LIONS
Il momento della gloria pare finalmente essere arrivato per i giovani Lions di coach Jim Schwartz, cresciuti esponenzialmente negl’ultimi anni e tornati a respirare l’aria dei playoffs dopo 12 lunghissime stagioni di digiuno in cui, in più di un’occasione, sono restati inchiodati su quel trentaduesimo gradino della lega, che indica il punto più basso del football professionisto, ad ammirare, dal basso verso l’alto, le imprese dei diretti rivali e di tutte le altre franchigie NFL.
Una parentesi lunga e a tratti dolorosa, che li ha visti subire anche l’onta della unperfect season, nel 2008, prima di cominciare una risalita che al termine della passata stagione li ha portati, meritatamente, al secondo posto della North, a 5 vittorie dagl’imprendibili Green Bay Packers, e ha in parte consacrato tutto quel talento che nel corso degl’anni è arrivato in Michigan per arricchire il roster dei Lions, uno tra i team più giovani e talentuosi dell’intera lega.
Offense
Se c’è una cosa che è stata confermata nel corso della passata stagione è che il talento di Calvin Johnson, per quanto straordinario, non basta da solo a cambiare il volto ai Lions; può renderli migliori, più combattivi, più godibili per l’occhio sempre pretenzioso dei fans, ma di certo, non può, in solitudine, renderli anche vincenti, nonostante i suoi numeri parlino chiaro,1,681 yards e 16 touchdowns, e dimostrino che come lui, nella storia del football, ce ne sono stati davvero pochi.
Per farlo, per raggiungere quello status ed abbandonare la nomea di perdenti che li insegue da anni hanno avuto bisogno di un quarterback, anche questo di talento, capace di guidarli formalmente verso quell’ipotetica terra promessa che appare come una chimera su tutti i sentieri percorsi dai team di football durante una stagione, un quarterback che risponde al nome di Matthew Stafford, e che in una sola stagione ha zittito i suoi tanti detrattori riscrivendo i franchise record dei Lions per yards passate, 5,038, e TD pass realizzati, 41.
Numeri importantissimi, che lo hanno proiettato nell’elite della NFL e che hanno dimostrato come sia uno dei migliori passer della lega se riesce a risolvere quei guai fisici che ne hanno profondamente limitato l’esplosione nei primi due anni di professionismo, quando la spalla destra gli ha creato problemi a più riprese, obbligandolo a giocare ad intermittenza e a salutare i palcoscenici NFL sempre prima della fine della regular season.
Stagioni nelle quali già si erano notate le differenze tra l’averlo in campo e schierare al suo posto un backup, ruolo nel quale i Lions hanno cercato sempre di coprirsi adeguatamente negl’ultimi anni, affidandosi a veterani di lungo corso e puntando allo stesso tempo su giovani in prospettiva che avrebbero potuto farsi trovare pronti in caso Stafford si dimostrasse irrecuperabile; una paura ben più vicina di quanto si potesse pensare, ed evidenziata a più riprese dagli esperti, o presunti tali, che avevano già bollato anzitempo come finito il numero 9 da Georgia.
Forti di questa esperienza e della necessità di avere riserve affidabili, a Detroit, hanno fatto di tutto per trattenere Shaun Hill, che ha deciso di rimanere e prolungare per altri due anni rinunciando ad un buon contratto offertogli dai Rams, per coprire le spalle a Stafford e fungere allo stesso tempo da chioccia per il nuovo arrivato Kellen Moore, talento appena sfornato da Boise State che ha firmato come undrafted free agents in primavera e sul quale Schwartz sembra puntare moltissimo in prospettiva visto le buone doti di passer mostrate al college.
Sempre in materia di backup e infortuni, pazzesco è quello che è successo negli ultimi anni nel roster dei Lions, che hanno draftato tre runner negli ultimi cinque Draft ma che, nel bene o nel male, hanno dovuto ricorrere a più riprese alla free agency per riuscire a mandarne in campo uno durante la stagione; free agency che, per assurdo, ha portato in dote lo sfortunatissimo Jerome Harrison nella scorsa offseason, uscito di scena dopo che gli è stato diagnosticato un tumore alla testa e quindi già dichiarato out for season, fuori dai giochi come il titolare 2011 Jahvid Best, che si porta ancora a presso i traumi della bruttissima botta alla testa rimediata nell’anno da senior a California, in seguito ad un TD acrobatico famosissimo su youtube, e passa da una concussion all’altra, alternando prestazioni in cui dimostra tutto il suo talento a lunghe pause sulla sideline.
Fuori almeno fino a metà stagione, per ora ha lasciato lo spot da titolare a Kevin Smith, altro giocatore talentuoso che dopo aver disputato un’ottima rookie season, nel 2008, è stato a lungo fermo per un infortunio al ginocchio prima di tornare con assiduità nella passata stagione, in cui ha corso per 356 yards e 4 TD prima che nuovi problemi alla caviglia ne mettessero ancora in dubbio la presenza sul terreno di gioco; stessa situazione che sta vivendo Michael Leshoure, seconda scelta del Draft 2011, uscito di scena prima ancora di cominciare l’anno da matricola e pronto, caviglia permettendo, a giocarsi le proprie chanches quest’anno, dove dovrà guardarsi dalla concorrenza di Keiland Williams, arrivato a metà dello scorso torneo dopo il rilascio dai Redskins e all’apparenza l’unico integro fisicamente del pacchetto.
Tra Detroit e gli infortuni comunque sembra esserci una sorta di passione, visto che quando le grane non arrivano da sole sono i Lions stessi ad andarsele a cercare, fatto certificato e dimostrato dalla chiamata al secondo giro dell’ultimo Draft di Ryan Broyles, talento pazzesco da Oklahoma che però pare essere diventato più famoso per i suoi innumerevoli acciacchi che per le sue vittorie nel corso di una carriera collegiale che prometteva di essere davvero notevole viste le qualità del ragazzo.
Caratteristiche che, se avrà modo di metterle in mostra, potranno certamente tornare utile ad un gruppo che nel passato torneo è dipeso tantissimo, forse troppo, dalle giocate di CJ e dalle buonissime prestazioni di un altro dei talenti giunti negl’ultimi anni in Michigan, il tight end Brandon Pettigrew, 777 yds e 5 TD nel 2011, che con il sophomore Titus Young, nuovo numero 2 dopo le 607 yards ricevute e i 6 touchdowns messi a segno nella rookie season, e il
veterano Nate Burleson, rappresenteranno le prime opzioni per il passing game di Stafford.
Numero 9 che per riuscire a colpire come fatto nello scorso torneo avrà bisogno di massima protezione da parte dalla propria linea offensiva, per questo il GM Martin Mayhew ha diretto tutti i suoi sforzi per trovare fin da subito un degno sostituto del veterano Jeff Backus, ormai prossimo ai 35 anni e sempre più vicino ad appendere il caschetto al chiodo; una perdita che per Detroit sarà pesante, e che verrà probabilmente anestetizzata al meglio con l’inserimento, magari part-time fin da questa stagione, del rookie Riley Reiff, prospetto da Iowa che nella testa di Schwartz dovrebbe diventare il futuro left tackle e completare una OL affiatata composta dal suo collega Cherilius Gosder, dal centro Dominic Raiola, e dalle guardie Rob Sims e Scott Peterman, cresciuto tantissimo nelle ultime stagioni.
Defense
L’impatto di Ndamukong Suh da quando è stato scelto al primo round del Draft 2010 è stato devastante, come confermato anche nella passata stagione, dove nonostante 4.0 sacks messi a segno ha continuamente messo in difficoltà le linee avversarie portando pressione perpetua al loro backfield e consentendo allo stesso tempo ai suoi compagni di reparto di infierire, cosa dimostrata dagl’ottimi numeri dei defensive end Cliff Avril, 11.0 sacks, e Kyle Vanden Bosch, 8.0.
La rapidità nel colpire sommata ai raddoppi cui è soggetto il numero 90 hanno permesso ai Lions di diventare la decima difesa più prolifica della lega contro i quarterbacks, inchiodati al terreno per ben 44 volte, grazie anche al contributo del valido DT Corey Williams, scelto come compagno di Suh in attesa che sia definitivamente pronto Nick Farley, con il quale potrebbe formare un muro centrale davvero spaventoso; il problema è solo uno, ovvero quanto l’ex tackle di Auburn riuscirà a star lontano dai guai, non ultima la sospensione per droga, che rischiano di trasformarlo da papabile crack a bust certificato.
Rischio che interessa da vicino anche Lawrence Jackson, che dopo un paio di stagioni positive a Seattle è passato senza squilli di tromba a Detroit durante l’offseason 2010, aggiungendo profondità ad una linea che tra i backup può contare anche su Willie Young, giocatore che gode di molta considerazione sia da parte di Schwartz che dal defensive coordinator Gunther Cunningham.
Già ex allenatore difensivo dei Kansas City Chiefs, il tecnico di origine tedesca ha i meriti di aver composto un trio di linebackers che nell’ultimo torneo NFL ha permesso ai Lions di sfruttare al meglio l’ottimo lavoro della linea, puntando sul third rounder 2009 DeAndre Levy, 109 tackles, e su due validi free agents lasciati liberi dalle loro rispettive squadre, Justin Durant, ex Jacksonville utilizzato nel ruolo di strong, e Stephen Tulloch, che nel mezzo ha continuato sulla linea tracciata con i Tennesse Titans risultando uno dei migliori della lega con 111 placcaggi in stagione, 3.0 sacks, 5 broken pass e 2 intercetti.
Proprio il numero 55 è però quello del trio che desta maggiori preoccupazioni, a causa di una tendinite al ginocchio che gli ha creato diversi problemi in offseason e che rischia di limitarlo seriamente durante la stagione, tanto che viene costantemente tenuto in allerta Ashlee Palmer, buon colpitore che finora non ha trovato moltissimo spazio nei Lions ma che potrebbe tornare utilissimo al pari di Doug Hogue, quinta scelta del passato Draft messosi in mostra durante il training camp, e Tahir Whitehead, chiamata al quinto round dall’università di Temple che avrà il compito di far rifiatare Durant.
Nelle secondarie potrebbe pesare parecchio la perdita del corner Eric Wright, starter che sembrava vicino a rifirmare con i Lions ma passato poi ai Bucs con un contrattone da 37,5 milioni di dollari per 5 anni; numeri che hanno fatto desistere Detroit da rilanciare, nonostante si trattasse del quarto miglior tackler della squadra, puntando sul nuovo arrivato Dwight “Bill” Bentley, prospetto da UL Lafayette che nonostante presenti ancora qualche limite in pass-rush, è stato schierato come starter per tutta la preseason.
Inizialmente auspicato come nickel corner titolare nelle difese di situazione, l’ex Cajuns ha sfruttato la partenza dell’ex titolare e i guai del suo primo sostituto Aaron Berry, rilasciato dopo l’arresto in offseason che gli ha causato una sospensione di 3 partite, per superare la concorrenza di Jacob Lacey e dell’ex prima scelta dei Broncos Alphonso Smith, che secondo Schwartz e Cunningham potrebbe concorrere per lo spot di right corner, sul lato opposto al titolarissimo Chris Houston, confermato dopo i 54 tackles e i 5 intercetti messi a segno nel 2011.
Conferme che non sono mancate anche sul profondo dove i Lions si affideranno alla giovane coppia di safeties formata da Amari Spievey, reduce da una positivissima seconda stagione NFL chiusa con 70 placcaggi, 1 sack, 3 intercetti, e Louis Delmas, in leggera flessione dopo due ottime stagioni a causa di un infortunio al ginocchio che lo ha costretto ad un impiego limitato durante l’offseason, dopo aver subito un’operazione, e che tuttora lo vede in dubbio per il primo appuntamento di stagione regolare.
Dichiarato day-to-day negl’ultimi giorni da Schwartz, viene tenuto in preallarme John Wendling, buon giocatore di special team già autore di 25 tackles nella passata stagione; un backup esperto al pari di Erik Coleman, prima alternativa per il ruolo di SS, e degli specialisti Jason Hanson, tra i migliori kicker della passata stagione, e Ben Graham, punter australiano battuto la concorrenza dell’undrafted rookie 2011 Ryan Donahue, interessante prospetto da Iowa tagliato in questi ultimi giorni.
Conclusioni.
Il ritorno ai playoffs per Detroit non pare affatto utopistico, il roster è buono e collaudato, ventuno starter confermati su ventidue, e il calendario sembra essere davvero abbordabile visto che, sulla carta, le partite più ostiche paiono essere quelle contro le rivali divisionali Green Bay e Chicago e la trasferta di Philadelphia, anche se non va dimenticata la visita a San Francisco della seconda settimana, dove si ritroveranno di fronte Schwartz e Harbaugh dopo il pessimo litigio, in diretta nazionale, avvenuto al termine del match dello scorso anno al Ford Field.
Se saranno fuochi d’artificio sia sul campo, tra due compagini apparse in crescita la passata stagione, che fuori lo scopriremo solo all’epilogo della gara californiana, sfida che certamente potrebbe rappresentare la prima prova del nove per i Lions, decisi a confermarsi la seconda forza della NFC North, e forse molto di più.
GREEN BAY PACKERS
Realizzare il nuovo record di franchigia al termine della regular season con uno splendido 15-1 e poi non riuscire a godersi il momento magico uscendo dalla corsa playoffs al primo turno, passando di fatto il testimone ai futuri Super Bowl Champions, è una cosa davvero poco piacevole, soprattutto se si ha dalla propria parte un attacco che negl’ultimi anni ha avuto pochi eguali in NFL, capitanato da un quarterback che sembra essere in grado di fare qualsiasi cosa in qualsiasi momento della partita, anche quando questa sembra pendere a favore degli avversari.
Il risveglio, in Wisconsin, all’indomani del match perso contro i Giants, non è stato dei migliori, ma la convinzione con cui ha operato il coaching staff, per la prima volta nella storia del team è stato scelto un giocatore difensivo nelle prime sei pick del Draft, durante l’offseason per rimpiazzare i partenti e rendere ancora più competitiva la squadra, ha indicato fin da subito qual’era la via da perseguire, ovvero continuare ad essere i favoriti per la vittoria finale.
Offense
Vittoria che sarà, come logico, strettamente dipendente da Aaron Rodgers, anima, corpo e mente di questi Packers fenomenali che hanno rinverdito i fasti di una franchigia unica nel suo genere ma capace di dettar legge con il passare degl’anni e il susseguirsi delle epoche, noncuranti del football business che li vorrebbe lontani dalla loro amata Green Bay, per la quale ormai rappresentano una sorta di monumento nazionale, un’identità che lega gli abitanti del Wisconsin a doppio filo con la propria terra d’origine, un senso di appartenenza unico, da mostrare orgogliosi, come una spilla luccicante portata sul petto.
Orgoglio misto a leggenda, come il terreno di quel Lambeau Field così indigesto per gli avversari che cercano di avventurarsi nella Frozen Thundra ma così protettivo nei confronti dei suoi ragazzi, guidati da un quarterback che in un paio di stagioni ha messo in fila tanti dei grandi del passato, abbattendo record su record e disegnando continue magie corredate da numeri da favola, che parlano di 4,643 yards lanciate per 45 touchdowns e appena 9 intercetti; statistiche che lo confermano ai vertici della NFL e titolare indiscusso di una squadra che nella posizione ha sempre potuto contare su seconde linee di assoluto valore, non ultimo quel Matt Flynn passato a Seattle e prontamente sostituito da Graham Harrell, ragazzo che ha dimostrato di saper cosa vuol dire “passare la palla” con la divisa di Texas Tech in NCAA e che da due anni sta imparando schemi, giochi, strategie e trucchi del mestiere da Tom Clements, ex QB coach promosso a offensive coordinator in sostituzione di Joe Philbin, passato a Miami.
Promozione conquistata sul campo per l’ottimo lavoro svolto proprio con i pitcher e che a Green Bay sperano possa replicare con tutto l’attacco, magari cominciando dalla posizione di runnningback, dove negl’ultimi anni i Packers hanno faticato parecchio a trovare un interprete adeguato a reggere il peso del backfield e dove puntualmente non mancano i problemi, con il papabile starter James Starks, 578 yards e 1 TD nel 2011, messo in difficoltà da un infortunio, e il primo backup Alex Green, terzo round 2011 da Hawaii, che non pare ancora pronto per raccogliere il posto lasciato vacante da Ryan Grant, rilasciato al termine della passata stagione.
Una situazione surreale con la quale la franchigia del Wisconsin ha convissuto per anni e a cui ha cercato di porvi rimedio in questi ultimi giorni di offseason con l’ingaggio del veterano Cedric Benson, reduce da una positivissima season con Cincinnati alla soglia dei trent’anni, conclusa con 1,069 yards e 6 touchdowns all’attivo; la sua esperienza, unita a quella del valido fullback John Kuhn potrebbe far perdere quella caratteristica di offense monodimensionale che è costata parecchio all’attacco dei Packers nelle ultime stagioni, quando le difese dovevano concentrarsi principalmente sul passing game di Rodgers & Co. visto che era l’unico in grado di provocare seri danni.
Gioco aereo che rimane all’avanguardia grazie anche alla conferma totale del parco ricevitori, partendo dalla stella Greg Jennings, 949 yds e 9 TD nel 2011, per arrivare fino al tight end Jermichael Finley, rifirmato in offseason dopo le 55 ricezioni completate nella passata stagione per 767 yards e 8 touchdowns; numeri imponenti per un reparto che può contare sul veloce Jordy Nelson, atteso ad una conferma dopo un ottimo torneo in cui si è rivelato leading receiver del team con 1,263 yards all’attivo e 15 TD, sul valido James Jones, rimasto nonostante fosse cercato con insistenza da moltissime squadre dopo un positivo 2011 chiuso con 7 realizzazioni e 635 yds ricevute, e sul veterano Donald Driver, che ha deciso di chiudere la sua carriera professionistica con la squadra che lo ha lanciato e che lo ha visto ancora protagonista a 36 anni suonati, con 37 ricezioni messe a segno e 6 pass ricevuti in endzone.
Un “vecchietto terribile” rimasto l’unico reduce dei Packers pre-Rodgers, che si sentirà meno solo dopo l’ingaggio di un altro veterano di lungo corso come Jeff Saturday, centro lasciato a casa dal restyling dei Colts che dopo aver consegnato per anni l’ovale nelle mani di Peyton Manning ha deciso di mettersi al servizio di un altro top quarterback del calibro del numero 12, andando a sostituire Scott Wells, passato a sorpresa ai Rams.
L’ex center di Indy non sarà l’unico volto nuovo di un reparto che ha segnato anche l’addio di Chad Clifton, tagliato dopo i problemi alla schiena, per la cui sostituzione si è aperta la battaglia tra Derek Sherrod, scelto al primo round dello scorso anno e messosi ben in mostra prima dell’infortunio patito alla week 7, e Marshall Newhouse, che è cresciuto molto durante l’offseason e potrebbe scendere in campo nel kickoff weekend viste le condizioni fisiche ancora precarie del compagno di reparto.
Un problema che, a quanto sembra, riguarda fortunatamente solo l’estremo sinistro della linea, visto che nelle altre posizioni della stessa sono stati confermati tutti gli starter della passata stagione, ovvero le guardie T.J. Lang, Josh Sitton, e il right tackle Brian Bulaga, buonissima prima scelta 2011 che rappresenta ormai una sicurezza sul lato destro.
Defense
La perdita di Cullen Jenkins potrebbe mettere in serissima difficoltà i Packers, che si sono trovati inoltre spiazzati dalla squalifica di Anthony Hargrove, il defensive end ex Saints individuato come sostituto ideale, sospeso in seguito alle indagini effettuate sulla chiacchieratissima difesa di Gregg Williams a New Orleans, per la quale sono partiti ban temporanei a raffica da parte della NFL che sono costati il taglio all’ex Saints, privando Green Bay del nuovo starter da affiancare al confermato Ryan Pickett.
Il veterano al dodicesimo anno da Ohio State dovrebbe infatti ricoprire nuovamente il ruolo di End, anche se durante l’offseason è stato provato uno scambio con il talento B.J. Raji, in ombra dopo una buonissima rookie season, che potrebbe lasciare la posizione di nose tackle in favore del compagno di reparto per assestarsi sull’esterno, dove troverà a questo punto spazio Jerel Worthy, seconda scelta da Michigan State che pare in vantaggio rispetto a C.J. Wilson, recuperato dall’infortunio che lo ha costretto a saltare una buona parte della passata stagione.
In mediana spazio fin da subito all’altro nuovo arrivato Nick Perry, fenomenale prospetto da Southern California che pare essere una copia perfetta del leader difensivo Clay Matthews, anche lui prodotto della fabbrica di talenti dei Trojans e reduce da una nuova stagione al top nella quale ha seminato il panico nel backfield avversario con tantissima pressione e 6.0 sacks all’attivo; una coppia che promette di fare faville sugl’esterni, che però non sarà supportata dall’ottimo lavoro nel mezzo di Desmond Bishop, giocatore cresciuto incredibilmente negli ultimi anni e arrivato a chiudere il 2011 come leading tackler con 142 placcaggi messi a segno, già out of season a causa di un brutto infortunio subito all’avambraccio.
Al suo posto i Packers schiereranno l’interessantissimo D.J. Smith, talento al secondo anno da Appalachian State già messosi in mostra nella rookie season con 43 tackles e 1 intercetto all’attivo, già in lizza per il secondo spot di inside linebacker con il veterano A.J. Hawk, 104 stops l’anno passato, che stava rischiando seriamente di perdere il posto e a questo punto torna nella depth titolare facendosi preferire a Rob Francois, e al giovane Terrell Manning, altro rookie pescato all’ultimo Draft.
Sempre una matricola proveniente dall’ultima pesca di Green Bay ha “rischiato” di partire come starter nel ruolo di strong safety, Jerron McMillan, quarto round da Maine che fino all’ultimo è stato in lizza per affiancare sul profondo la FS Morgan Burnett, reduce da una stagione produttiva chiusa con 107 tackles, 11 pass defended e 3 intercetti, e che solo durante la preseason ha perso il posto in virtù del dirottamento tra le safeties del veteranissimo Charles Woodson, che a 35 anni, nonostante abbia perso un paio di passi, rimane uno dei migliori DB della lega, come dimostrano i 74 placcaggi e i 7 intercetti con cui ha guidato il team nel 2011.
Sulle sideline confermato Tramon Williams, 64 tackles, 4 intercetti, per sostituire l’Heisman winner da Michigan il defensive coordinator Dom Capers pare intenzionato a puntare su Jarrett Bush, veterano sul quale avevano messo gli occhi i Rams la scorsa primavera e che alla fine ha deciso di restare in Wisconsin, dove dovrà superare la concorrenza del prodotto di Miami Sam Shields, alla terza stagione tra i Pro, e dell’altra seconda scelta Casey Hayward, interessantissimo prospetto da Vanderbilt che potrebbe ritagliarsi uno spazio importantissimo già quest’anno.
Negli special team atteso ad una conferma il kicker Mason Crosby, reduce dalla sua miglior stagione NFL chiusa con un buon 85.7 di field goal realizzati, come il punter Tim Mashtay, positivo nella sua prima season come punter; nei ritorni spazio al veloce Randall Cobb, ricevitore scelto al secondo round nel 2011 e proveniente da Kentucky che spera anche di incidere maggiormente in attacco, dove si presenta come una delle opzioni più intriganti per Aaron Rodgers.
Conclusioni
Che Green Bay resti la squadra da battere è fuori da ogni dubbio, ed anche se Chicago ha diminuito il gap che la distanziava e Detroit sembra finalmente matura per prendere coscienza delle proprie qualità, è innegabile che i favori del pronostico per la vittoria della North pendano ancora a favore dei Packers, che avranno un inizio tutt’altro che facile visti i match in casa con San Francisco, Chicago e New Orleans nelle prime quattro giornate.
Passato il mese di settembre il calendario non sembra poi così impossibile, anche se il 25 Novembre è in programma la rivincita contro quei New York Giants che l’anno passato gli hanno estromessi troppo presto dalla rincorsa verso il back-to-back; battere Manning & Co. potrebbe essere un’iniezione di fiducia notevole per la franchigia del Wisconsin, in corsa per tornare protagonista anche in postseason.
MINNESOTA VIKINGS
Due stagioni fa i Vikings si erano fermati al NFC Championship, contro i futuri campioni Saints, ma già allora era piuttosto chiaro come Minnesota fosse un team destinato a calare inesorabilmente nel rendimento a causa dell’età avanzata di molti suoi starter nei ruoli chiave, cosa che si è puntualmente verificata nonostante lo staff dirigenziale avesse cercato di prolungare lo stato di grazia confermando la propria fiducia a Brett Favre e a molti dei punti di forza della squadra.
Fiducia costata carissima a Brad Childress, che ha perso il posto in dirittura d’arrivo della stagione 2010, sostituito da Leslie Frazier, ex defensive coordinator che dopo una stagione e mezza alla guida dei Vikes ha ottenuto un 6-16 di overall, in parte miracoloso vista la rifondazione cui è stata soggetta la franchigia di Minneapoils che ha incamerato un pessimo 9-23 da quel gennaio di due stagioni orsono in cui toccò il punto massimo della sua recente storia.
Offense
La stella del reparto continua ad essere il runningback Adrian Peterson, che potrebbe già rientrare in campo durante il kickoff weekend dopo l’infortunio al legamento crociato anteriore patito sul finire della passata stagione e la susseguente operazione che lo ha costretto a saltare una prima parte di training camp, limitandone l’impiego durante tutte le sedute di allineamento e tenendolo fuori per l’intera durata della preseason, dove il numero 28 non ha toccato nemmeno un pallone.
Soggetto a gameday decision almeno per le prime settimane di regular season, in caso di sua assenza saprà farsi trovare pronto Toby Gerhart, seconda scelta del Draft 2010 che finora non è mai riuscito a replicare le ottime cose fatte vedere al college con la divisa degli Stanford Cardinal, totalizzando 853 yards e 2 touchdowns in due stagioni; segnalato in crescita durante l’offseason, il runner californiano sembra finalmente pronto a lasciare il segno anche tra i professionisti, supportato nel backfield anche dall’interessantissimo Matt Asiata, altro powerback, undrafted rookie 2011, che potrebbe tornare utile anche come fullback, ruolo in cui è stato ingaggiato Jerome Felton, veterano ex Colts.
Davanti al runningback e alle spalle del centro si sistemerà nuovamente Christian Ponder, dodicesima scelta assoluta del Draft dello scorso anno che ha disputato una discreta rookie season lanciando per 1,853 yards, 13 touchdowns e 13 intercetti, alternando ottime prestazioni a qualche passo falso che pare essere stato dettato più dall’inesperienza che da un suo reale limite; atteso ad una crescita in questa stagione che lo porti ad un’esplosione definitiva, ha potuto finalmente utilizzare l’intero periodo primaverile ed estivo per lavorare con il team e sul playbook, cosa che non ha potuto fare nel training camp del 2011, quando il lockout NFL gli impedì di lavorare sul campo con i compagni e i coaches.
Un anno di esperienza maturato on game, condito da un lavoro costante e continuativo sviluppato con il team durante la settimana, e corredato da uno staff che si è mosso durante la free agency e il draft per supportarlo a dovere, concedendogli sia più protezione che maggiore alternative per il passing game, dovrebbero permettere fin da subito al numero 7 di mostrare miglioramenti notevoli nel gioco, forte anche di una leadership nella posizione confermata con la decisione definitiva di Frazier di relegare al ruolo di backup Joe Webb, atletico quarterback da UAB a cui saranno probabilmente riservati i play in wildcat formation.
Sulle sideline confermato come first receiver il playmaker offensivo Percy Harvin, anche lui pienamente recuperato dall’infortunio che lo ha limitato durante il training camp e pronto a continuare una crescita che lo ha portato a ricevere per 967 yards e 6 touchdowns, sfiorando quota 1,000 per la prima volta in carriera, che sarà supportato dal nuovo arrivato Jerome Simpson, ex receiver dei Bengals che non potrà scendere in campo fino alla trasferta di Detroit, quarto appuntamento della stagione, quando avrà scontato la squalifica per droga comminatagli dalla NFL in estate.
A sostituirlo, nei primi tre match dell’anno dovrebbe essere il veterano Michael Jenkins, possession receiver che è riuscito a mantenere il posto anche grazie all’infortunio che ha messo fuori gioco Greg Childs, interessantissimo prospetto da Arkansas selezionato al quarto round che pareva destinato a ritagliarsi un buonissimo spazio già nel corso della rookie season come il suo teammate nei Razorbacks Jarius Wright, pronto a giocarsi le proprie chanches nel ruolo di slot e nello spot di third WR, dove dovrà vedersela con Devin Aromashodu e Stephen Burton, altro giovane promettente pescato dai Vikes all’ultimo round del Draft 2011.
Terzo ricevitore che, stando ai rumors, non sarà però sempre utilizzato dai Vikings, che paiono decisamente orientati ad utilizzare maggiormente schemi con due tight end per sfruttare l’ottimo lavoro sul medio-corto di Ponder, che già al college ha dimostrato di prediligere l’avanzamento per linee centrali a quello sull’esterno, ragion per cui in Minnesota hanno puntato tantissimo durante l’ultima freeagency su John Carlson, giocatore lasciato libero dai Seattle Seahawks che prima di saltare l’intera scorsa stagione per infortunio aveva fatto intravedere ottime cose, totalizzando 1,519 yards e 13 TD in tre season da professionista.
Scelto come numero 2 da affiancare all’altro ex Notre Dame Kyle Rudolph, già messosi in mostra l’anno passato con 26 ricezioni per 249 yds e 3 touchdowns, sarà parte di un reparto che potrà contare anche su Allen Riesner, undrafted rookie da Iowa arrivato a Minneapolis la scorsa estate, e su Rhett Ellison, talento da Southern California scelto al quarto round dell’ultimo Draft che nel roster dei Vikes prende il posto, sia come numero di maglia che come ruolo, di Jim Kleinsasser, per anni colonna portante della squadra, ritiratosi al termine della season 2011 dopo tredici anni di onoratissima carriera in cui ha ricoperto senza problemi le posizioni di fullback e tight end.
Buono sia come bloccatore che come ricevitore, al pari del suo predecessore, l’ex Trojans ha raggiunto nei Vikings il suo compagno di college Ryan Kalil, prima scelta del Draft e fiore all’occhiello per la rinascita del team, che ha deciso di puntare su quest’ottimo left tackle da USC per gettare le basi di una ricostruzione che doveva giocoforza passare da una ristrutturazione completa della linea offensiva, sempre in affanno durante lo scorso torneo tanto da costringere il nuovo GM Rick Spielman ad un repulisti generale che ha segnato gli addii delle guardie Steve Hutchinson e Anthony Herrera, sostituiti rispettivamente da Charlie Johnson, spostato dal ruolo di LT, e Geoff Schwartz, arrivato in estate da Carolina ma fuori per la prima parte della regular season a causa di un infortunio addominale.
Al suo posto molto probabilmente sarà schierato il giovane Brandon Fusco, giocatore al secondo anno da Slippery Rock che in estate è stato a lungo in corsa per lo spot da titolare al fianco di Phil Loadholt, ritornato ormai a tempo pieno sul lato destro dopo le amnesie mostrate nel 2010 a sinistra, quando le sue penalità ripetute erano diventate una costante nel corso delle partite disputate dai Vikings, che al centro della linea offensiva punteranno ancora sull’ottimo John Sullivan, diventato una certezza nelle ultime due stagioni.
Defense
Nel fuori tutto che è costato il posto a molti in Minnesota non sono rientrati, nemmeno di striscio, i quattro punti di forza della difesa purple&gold che rispondono ai nomi di Jared Allen, reduce dai 22.0 sacks che hanno fatto segnare il nuovo record di franchigia, Kevin Williams, confermatissimo nonostante i problemi al ginocchio che lo hanno condizionato per buona parte del 2011, Antoine Winfield, da anni colonna portante delle secondarie, e Chad Greenway, nominato franchise player dopo i 154 tackles messi a segno durante la regular season che gli sono valsi la prima convocazione al Pro Bowl della carriera.
Da cinque anni ormai uno dei migliori tackler della squadra e dell’intera lega, è andato sotto i 100 una sola volta in carriera, quando ne ha fatti segnare 99 totali nel 2009, il numero 52 è uno dei pezzi pregiati su cui si poggia la difesa dei Vikings, che in mediana presenta il nuovo middle linebacker Jesper Brinkley, pronto a ricoprire finalmente un ruolo da protagonista dopo un 2011 che lo ha visto lontano dai campi per infortunio.
Anche a lui spetterà un compito gravoso, quello di sostituire il veterano E.J. Henderson, rilasciato all’inizio della free agency dopo oltre dieci anni passati in Minnesota, dove sarà comunque ancora presente il fratello minore Erin, reduce da una prima stagione da starter ricca di alti e bassi che lo ha visto chiudere con 70 placcaggi all’attivo nel ruolo di weakside, dove dovrà guardarsi con attenzione dall’incalzare di Audie Cole, rookie da North Carolina State che ha conquistato consensi da parte del coaching staff sia durante i camp che la preseason.
In lizza per lungo tempo anche come primo backup per la posizione di MLB, ha ceduto lo spot numero 2 del ruolo all’ex Bucs Tyrone McKenzie, che dovrebbe lottarsi il posto di settimana in settimana con l’ex Saints Marvin Mitchell, giocatore che tornerà sicuramente utile negli special team al pari di Larry Dean, giovane interessante da Valdosta State già messosi in mostra nel 2011 proprio con le squadre speciali.
Nelle difese di situazione utilizzate da Minnesota, come la 3-4 nickel, potrebbe poi trovare spazio sulla linea mediana come OLB Everson Griffen, altro talento pescato dai Trojans, ma nel Draft del 2010, che nella sua posizione naturale finora è stato chiuso dai vari Ray Edwards, esploso proprio in quell’anno, e Brian Robison, diventato starter la passata stagione e confermatosi nel ruolo a suon di ottime prestazioni, culminate con i 44 tackles e gli 8.0 sacks messi a segno al termine della regular season.
Sempre ad uno starter divenuto tale lo scorso anno toccherà lo spot al fianco di Williams nel mezzo, Letroy Guion, atteso alla stagione della svolta dopo un’annata in cui non ha sfruttato appieno le occasioni che gli sono state concesse, cosa che invece potrebbe fare la quarta scelta del passato Draft Christian Ballard, defensive tackle atletico e potente da Iowa che pare avere i numeri per diventare titolare in un futuro nemmeno troppo lontano.
Futuro che certamente sorriderà all’altra prima scelta 2012 dei Vikings Harrison Smith, safety da Notre Dame che si presenta ai blocchi di partenza come uno dei giocatori più attesi e pronto a rilanciare un reparto che negl’ultimi anni è stata la vera e propria croce per Minnesota, sempre in deficit quando si trattava di rispondere al passing game avversario e reduce dagl’esperimenti fallimentari che hanno riguardato Tyrrell Johnson e Husain Abdullah, entrambi rilasciati al termine della scorsa stagione.
Scelto per ricoprire il ruolo di FS l’ex Fighting Irish sarà probabilmente affiancato da Mystral Raymond, arrivato sempre via Draft nel 2011 da South Florida e già sceso in campo nel corso del passato torneo, quando ha offerto diverse buone prestazioni chiudendo con 22 placcaggi all’attivo; se confermerà le cose positive fatte vedere nei match finali dell’anno scorso non dovrebbe aver problemi a respingere la concorrenza dell’interessante Robert Blanton, prospetto che per anni ha diviso il backfield difensivo con Smith a South Bend, scelto dai Vikings al quinto round di quest’anno principalmente per la sua duttilità che lo potrebbe far tornare utile anche nel ruolo di corner.
Posizione dove sarà nuovamente disponibile Chris Cook, che dopo aver risolto le proprie grane extra sportive sembra pronto a riprendere il percorso di crescita incominciato con i Vikes due stagioni orsono, quando sembrava destinato a diventare uno dei punti di forza delle secondarie, nonché a raccogliere il testimone del veteranissimo Winfield, ancora in auge sull’altra sideline; alle loro spalle non c’è ancora certezza su chi ricoprirà lo spot di terzo cornerback, ed è probabile che il nuovo defensive coordinator Alan Williams decida di lasciare il posto vacante e dare spazio ad una rotazione selvaggia che coinvolge l’undrafted rookie 2011 Brandon Burton, l’ex Cardinals A.J. Jefferson, e la terza scelta 2012 Josh Robinson, promettente prospetto da Central Florida.
Ad un altro corner, Marcus Sherels, spetterà poi il compito di dividersi i ritorni con il già citato rookie Jairus Wright, che dovrebbe sostituirlo in pianta stabile nei punt return, mentre toccherà ad un’altra matricola, il kicker da Georgia Blair Walsh, il gravoso compito di non far rimpiangere Ryan Longwell, che dopo sei stagioni ha lasciato il Minnesota; confermati invece nei ruoli di long snapper e punter Cullen Loeffler e Chris Kluwe, diventato dopo tante critiche il miglior punter nella storia dei Vkings.
Conclusioni
Ridurre in un solo anno il distacco, enorme, che è venuto a formarsi con le altre squadre della NFC North sarà pressoché impossibile per questi Vikes in via di ricostruzione, ma le basi gettate nelle ultime due stagioni, visti anche i movimenti in depth chart, sembrano davvero buone, calcolando che molti giocatori draftati, o firmati come undrafted free agent, a cavallo tra il 2011 e il 2012 ricoprono, o sono in lizza, per gli spot #1 o #2 delle rispettive posizioni.
Un risultato interessante per Minnesota, che forse mai prima d’ora aveva puntato con così tanta decisione su un gruppo composto da giocatori relativamente giovani, arricchito in minima parte da qualche veterano che, di fatto, può ancora dare un apporto elevato ad una franchigia che si troverà dinnanzi ad un cammino piuttosto ostico, soprattutto se rapportato ai risultati ottenuti nella passata stagione; molti fans prevedono un ritorno ai playoffs per i Vikings in questo 2013, ma un traguardo del genere, allo stato attuale, sembra davvero irraggiungibile. Se ne riparlerà, salvo sorprese, il prossimo anno.
Folgorato sulla via del football dai vecchi Guerin Sportivo negli anni ’80, ho riscoperto la NFL nel mio sperduto angolo tra le Langhe piemontesi tramite Telepiù, prima, e SKY, poi; fans dei Minnesota Vikings e della gloriosa Notre Dame ho conosciuto il mondo di Playitusa, con cui ho l’onore di collaborare dal 2004, in un freddo giorno dell’inverno 2003. Da allora non faccio altro che ringraziare Max GIordan…
Ecco la division, ecco la squadra che mi darà più soddisfazioni nel pronosticol. 1: Chicago, buona difesa, grandi corse e buon qb, mix perfetto. 2: Detroit ed al wild car. 3: a sorpresa e fuori da tutto Grenn Bay, con record di 9-7. 4: Minnesota come vera e propria mina vagante….diciamo 7/9.