L'emozionante addio di Manning ai Colts, la sua squadra per 14 anni

“I will always be a Colt”

Queste sono forse le parole più significative che Peyton Manning, visibilmente emozionato e comprensibilmente sull’orlo delle lacrime, ha scelto per salutare i suoi tifosi e una città, Indianapolis, che lo ha amato per ben 14 anni.

Ancora si fa fatica a realizzare e metabolizzare il fatto che proprio lui, il grande Manning, uno dei quarterback più forti della storia del football, sia stato tagliato come se fosse un undrafted rookie qualunque, si ha quasi la sensazione che sia tutto uno sgradevole sogno e che tutto tornerà alla normalità non appena questo sogno finirà.

Eppure la realtà, per quanto strana possa apparire, ci dice che oggi il numero 18 è un free agent. NFL sta per Not For Long, cita una vecchia battuta, che però spesso ritrae accuratamente l’estrema volatilità delle situazioni con cui si devono confrontare le franchigie, e nessuno è al sicuro in un mondo altamente competitivo dove non ci si può permettere di anteporre le decisioni sentimentali a quelle di business. Jim Irsay, il proprietario dei Colts, mai avrebbe voluto dover tagliare il suo quarterback, e il suo rammarico e dispiacere nel farlo è stato genuino, ma analizzando in profondità la situazione ci si accorge che non c’era possibilità di scelta.

Si è scatenata infatti una tempesta perfetta di coincidenze ed elementi che hanno portato a una decisione che anche solo 6 mesi fa sembrava impensabile. La combinazione di un roster da ricostruire da cima a fondo dopo una stagione orribile, le tre delicate operazioni al collo e alle vertebre, un contratto strutturato in modo tale da complicare la situazione salariale, l’obbligo di dover pagare un bonus da 28 milioni di dollari nel giro di pochi giorni senza poter valutare l’effettivo stato di salute del giocatore e la possibilità di scegliere al draft il quarterback più promettente e tecnicamente raffinato dai tempi proprio di Manning ha reso il rilascio di quest’ultimo una conclusione inevitabile.

La franchigia dell’Indiana è entrata nella cosiddetta rebuilding mode, come si evince dall’inserimento di un nuovo coaching staff, con in primis il nuovo Head Coach Chuck Pagano, e con il rilascio dei “senatori” del roster, giocatori che hanno contribuito a scrivere la storia della franchigia come Dallas Clark, Joseph Addai, Gary Brackett e Melvin Bullitt.

Ora si ripartirà da zero, con tanto spazio salariale disponibile a partire dal 2013 e con la prossima prima scelta Andrew Luck in cabina di regia. Manning invece è diventato il più grande e il più ricercato free agent della storia, non capita spesso di trovare libero su mercato un giocatore con numeri da fantascienza come quelli del figlio di Archie e fratello di Eli: 4 trofei di MVP della regular season, record assoluto, 1 Super Bowl MVP, selezionato 11 volte per il Pro Bowl, per 5 volte scelto nella squadra All Pro, più di 50000 yard di passaggio e quasi 400 touchdown, oltre ad un’infinità di leadership e carisma.

Ma mentre non c’è dubbio che la sua avventura continuerà per qualche anno ancora con una nuova uniforme, resterà per sempre nell’immaginario collettivo come il numero 18 in bianco e blu.

Quantificare numericamente ciò che l’ex Tennessee Volunteer ha fatto per Indianapolis e i Colts è impresa impossibile, sia in campo che al di fuori di esso. Dopo anni di eccellenza in tanti hanno dimenticato che per 25 anni i Colts sono stati una franchigia mediocre incapace di costruire alcun progetto vincente, che addirittura per avere un nuovo stadio è dovuta scappare via dal Maryland e da Baltimore con dei camion nella notte per evitare le autorità.

Poi la notte del Draft 1998 cambiò tutto quanto. Prima di lui i Colts a Indy non avevano mai superato le 9 vittorie stagionali, mentre con lui la media annuale è stata di 11.3, disputando ben 19 partite di playoff.

Manning ha vinto più partite di chiunque altro in una decade, giocando tra l’altro 227 partite consecutive e portando a casa 2 titoli della AFC, 1 titolo della AFC East e 7 della AFC South, ha stabilito ogni record di franchigia possibile ed immaginabile e ha dato vita a momenti indimenticabili come la vittoria del Super Bowl sotto la pioggia nel 2006, la fantastica gara contro i Denver Broncos nei playoff del 2004, l’insensata rimonta compiuta nel 2003 ai danni dei Tampa Bay Buccaneers, dove a -21 con soli quattro minuti da giocare è riuscito a portare la squadra alla vittoria in overtime e la ben più importante rimonta eseguita ai danni dei New England Patriots nel Championship game del 2006, recuperando uno svantaggio di 18 punti all’intervallo per poi vincere la partita 38-34 in quello che molti considerano il vero Super Bowl di quella stagione, vista la pochezza di Rex Grossman e dei suoi Bears, la rappresentante di quell’anno della NFC.

E proprio con i Patriots e soprattutto Tom Brady ha dato vita alla rivalità più bella degli ultimi 15 anni , un confronto andato in scena praticamente ogni anno e che ha sfornato quasi sempre partite diventate delle instant classic.

Ma il contributo di Peyton va oltre i numeri e si riverbera anche nella comunità di cui ha fatto parte. Prima del suo arrivo l’Indiana era il basketball state per eccellenza, dove a regnare supremi c’erano gli Hoosiers collegiali e i Pacers nell’NBA.

Manning è riuscito non solo come si suol dire a rendere rilevante il football NFL nell’Indiana, ma ha trasformato i Colts nella squadra numero uno della città, aumentandone il valore economico di ben 233 milioni di dollari e rivaleggiando per fama con il leggendario Larry Bird, attualmente GM dei Pacers.

Senza di lui prima di tutto non ci sarebbe stato l’ultimo Super Bowl, non ci sarebbe neanche il fantasmagorico JW Marriott, il mega albergo costruito apposta per l’occasione che tanto ha aiutato l’economia locale creando centinaia di posti di lavoro, probabilmente non ci sarebbe neanche il nuovissimo Lucas Oil Stadium ma si giocherebbe ancora al vecchio RCA Dome, e sicuramente senza il Lucas Oil non verrebbero organizzate le numerose Final Four NCAA di basket, che invece ora fanno tappa ad Indy regolarmente.

La sua generosità e umiltà non è mai passata inosservata, indelebili rimangono nella memoria le sue conferenze post-partita con divisa e paraspalle per permettere ai giornalisti in trasferta di poter scrivere in anticipo i report sulla partita, e nel sociale ha sempre partecipato con donazioni importanti.

Basti pensare che ha donato cosi tanto denaro agli ospedali cittadini che ora a downtown Indy c’è il Peyton Manning Children’s Hospital. Nonostante le attenzioni ricevute per via del successo non ha mai permesso ad eventuali distrazioni di interferire con il lavoro sul campo e lo studio maniacale delle difese avversarie in sala video, e non c’è dubbio sul fatto che ora stia lavorando al 100% per rafforzare il braccio e tornare ai livelli pre-operazione.

Il futuro è un’incognita che a breve sarà risolta, e le varie franchigie si stanno muovendo velocemente per mettere sotto contratto l’unico giocatore sul mercato che può trasformare qualsiasi squadra in una contender dalla notte al giorno. John Elway, capo delle Football Operations dei Broncos, ha preso contatti e ha organizzato una visita per discutere un eventuale ingaggio, mentre sembra che i Kansas City Chiefs abbiano già offerto un contratto al 36enne quarterback.

Di sicuro a breve anche Stephen Ross, owner dei Miami Dolphins farà la propria mossa, motivato sia dall’ardente desiderio di portare una superstar a South Beach sia dalla paura di restare senza un QB valido per l’immediato futuro, visto che i Washington Redskins hanno organizzato una trade con i St.Louis Rams per avere la seconda scelta assoluta al draft e assicurarsi così i servigi di Robert Griffin III, mentre per Matt Flynn c’è da battere la concorrenza agguerrita dei Cleveland Browns e dei Seattle Seahawks.

Ciò che è certo è che la leggenda di Peyton Manning, non importa dove, è destinata a crescere, e il ricordo del miglior Colt di sempre impresso indelebile nella mente di tutti i tifosi di football.

4 thoughts on “L’addio di Manning ai Colts

  1. Complimenti, articolo fantastico.
    Peccato per payton, ma personalmente non lo comprerei mai, se si vuole costruire una franchigia vincente dei prossimi anni.

  2. ora le favorite sembrano denver e arizona. Se houston dovesse interessarsi potrebbero diventare la squadra da battere, ma per ora su quel fronte tutto tace e non so se Manning abbia voglia di incontrare Indy 2 volte l’anno

  3. grande personaggio…la conferenza stampa è stata davvero commuovente.
    una scelta difficile però assolutamente logica da parte della squadra che vuole aprire un nuovo ciclo.
    se peyton dovesse essere in condizioni fisiche ottimali potrà certamente fare la differenza ancora per qualche anno.
    in tal senso l’ipotesi denver, con la difesa che hanno i broncos, potrebbe essere una opzione interessante.
    la scelta di miami, clima a parte, non mi sembra convincente per l’inadeguatezza della squadra.
    personalmente la cosa che mi affascinerebbe di più sarebbe ny sponda jets…in primo luogo perché la squadra, con un qb di qualità (e quindi non con mark sanchez) potrebbe puntare al titolo, poi per le due sfide stagionali con brady ed infine per il duello cittadino con eli.
    ma, dalle ultime notizie (rinnovo del contratto di sanchez) tale ipotesi appare piuttosto improbabile.
    in ogni caso non c’è che da augurare buona fortuna al grandissimo peyton ringraziandolo per tutto quello che ha dato a questo sport.

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