Brady vs. Manning, Manning contro Brady, quante volte in questi anni il simbolo di sfida inserito tra questi due cognomi ha acceso le fantasie dei fans, quante volte ha aperto interminabili discussioni su chi è meglio tra l’uno e l’altro, senza contare che in un caso, bisogna sempre specificare con precisione a chi ci si riferisce, perchè tra le dinastie del football made in USA quella che ha visto la luce con Archie è una delle più floride ricche di uomini e talento.
Fino a qualche anno fa, citando la famiglia della Louisiana era quasi ovvio riferirsi all’inossidabile Peyton, con il giovane fratello sempre rigorosamente tenuto un passo indietro, considerato un gradino sotto al maggiore e, quasi quasi, arrivato nel gotha del football solo per quel cognome così ingombrante cucito sulle spalle, proprio un pelo sopra a quel numero 10 che in un altro tipo di football ha sempre differenziato i fuoriclasse dai campioni.
E fuoriclasse Eli Manning ha dimostrato, con il tempo, di esserlo davvero, abbandonando quello scomodo ruolo di fratello sfigato che in tanti, a più riprese, hanno cercato di attribuirgli, per diventare quell’ottimo quarterback capace di imprese memorabili che tutti abbiamo avuto l’opportunità di ammirare quest’anno, quando è entrato nella storia della lega assicurandosi la classifica all-time di TD pass lanciati nell’ultimo quarto, ben 15.
Touchdowns che sono diventati un suo marchio di fabbrica, che hanno dato l’esatta dimensione della maturità raggiunta da questo ragazzo che ha scelto di ripercorrere la carriera del padre optando per Ole Miss piuttosto che la storica rivale Tennessee, dove il fratellone aveva scritto pagine e pagine di storia aprendosi le porte del football professionistico; ha scelto la strada più complicata Eli, e l’ha fatto sfidando sempre apertamente il suo cognome, rischiandone di venirne schiacciato ad ogni sbaglio, triturato in mezzo ad un qualsiasi ingiusto paragone.
Una dimostrazione di carattere, semplice ma deciso, silenzioso ma pronto ad agire, come quel Draft in cui puntò con decisione i piedi, rifiutando San Diego per costruire la propria carriera a New York, nella città di quegli Yankees dell’icona Derek Jeter, che in questi giorni verso il Super Bowl, ha dichiarato di essere stato una delle figure sportive più importanti nell’evolversi della sua carriera.
Eli ha confessato che nel primo periodo buio nella Grande Mela, quando dopo 6 sconfitte pareva che il mondo fosse pronto a crollargli addosso, l’asso del baseball lo chiamò al telefono, gli fece i complimenti per le prestazioni fornite fino a quel momento, e lo incitò ripetutamente a non mollare, perchè una volta rotto quel ghiaccio in superficie, i newyorkesi che vestono il blu lo avrebbero accolto a braccia aperte, e amato incondizionatamente, supportandolo sempre; e così è stato.
Come è stato per il suo sfidante di domenica, quel Tom Brady arrivato dal nulla sulle scene del football professionistico 10 anni fa, quando venne gettato nella mischia al posto del veterano Drew Bledsoe per raccogliere la pesante eredità del vecchio campione, e come se niente fosse, dopo aver sostato per anni sulla sideline della gloriosa Michigan ha guidato con piglio i New England Patriots verso il primo anello dell’era Belichick.
Il primo di tre gioielli messi al dito, in due lustri passati in un niente, con 5 AFC Championship ad impreziosire una bacheca densa di successi personali, di squadra, e di record che ne esaltano una carriera vissuta sempre ai massimi livelli, come una sorta di rivincita verso tutti quei coaches che gli avevano preferito altri quarterbacks al college e quegli addetti ai lavori che lo avevano ignorato, etichettandolo frettolosamente come meteora senza capire di trovarsi di fronte ad una delle stelle più brillanti che hanno illuminato, e lo stanno facendo tuttora, il firmamento della NFL.
Una lotta continua la sua, per conquistarsi quelle copertine che non aveva mai neanche avvicinato prima di muovere i primi passi nel professionismo, e che ora sono quasi una routine per un ragazzo trasformatosi in un giovane uomo che è diventato uno dei personaggi sportivi più popolari del mondo, anche grazie alla sua invidiatissima unione con la modella brasiliana Gisele Bundchen, che nel 2009 gli ha dato un figlio, Benjamin Rein.
Il Sogno Americano che si realizza, per quel ragazzino partito da San Mateo e arrivato a realizzare i propri sogni sulla costa opposta degli States, a pochissima distanza dal suo rivale di domenica, anche lui protagonista del più classico degli American Dream, del campione che sposa il primo amore di una vita, ovvero la ragazzina conosciuta al liceo, e non cambia nonostante quel successo che arriva dirompente, rimanendo il bravo ragazzo di sempre.
Due storie diverse eppure incredibilmente simili, ideali per la storyline di una classica commedia americana che ha fatto sognare tutti sul grande o sul piccolo schermo, raccontando delle storie che sembrano possibili solo nei film ma che di tanto in tanto trovano conferme anche nella vita reale, nonostante quest’ultima, sempre pronta a camminare braccio a braccio con l’inseparabile destino, sia pronta ad issare l’uno verso le vette della gioia e gettare l’altro nei cupi abissi dello sconforto.
Un finale che entrambi hanno già vissuto quattro anni fa, con il 10 dei Giants capace di avere la meglio sul rivale che inseguiva il quarto Super Bowl in 7 anni e che sembrava godere dei favori del pronostico oltre che una squadra più pronta per certi paloscenici, che si presenta come un rematch aggiornato, in una cornice che sembra essere lo sfondo ideale per questa nuova sfida, in uno stadio, il Lucas Oil di Indianapolis, abituato come pochi altri a vedere all’opera grandi quarterback.
O meglio un unico grande quarterback, che guarda caso risponde al nome di Peyton Manning, il fratello maggiore di uno dei due protagonisti di domenica, quello che per anni pareva vivere come un’ombra ingombrante, appollaiata sulla spalla, a misurarne ogni metro di errore, a ricordare a chi vive di confronti perpetui, un paragone scomodo che per tante stagioni è sembrato essere un limite per il giovane Eli, che proprio da quella vittoria a Phoenix ha trovato la svolta della sua carriera, iniziando un percorso di crescita che ha raggiunto un punto certamente altissimo nel 2011 appena concluso.
Più maturo, deciso e concreto rispetto al passato l’ex Rebel di Ole Miss ha acquisito sempre una maggiore importanza all’interno dei Giants, per i quali non si è rivelato solo un preziosissimo quarterback ma anche un grande leader, sicuramente silenzioso, ma capace come pochi altri di spronare i compagni di squadra e lanciarli verso la conquista della vittoria affidandosi più ai semplici fatti che alle complicate parole.
In questo somiglia parecchio al suo rivale Tom Brady, uno che seppur esposto ad una vita leggermente più mondana ha sempre preferito far parlare il campo piuttosto che i che i microfoni, e sono davvero tanti quelli che si trova davanti alle labbra tutti i santi giorni.
Fatti che si traducono in lanci, lanci che si trasformano in completi e che, se va bene, ovvero la maggior parte delle volte, diventano anche degli splendidi touchdowns e permettono di avvicinare blasonati record o diventare protagonisti di imprese da leggenda, come le tante rimonte nel quarto finale che sono diventate un marchio di fabbrica per Eli o le 5,235 yards totalizzate su passaggio da Tom che gli hanno permesso di battere il record storico di yds lanciate in una stagione da Dan Marino.
E pazienza se alla fine Brady ha dovuto accontentarsi della piazza d’onore, alle spalle di un Drew Brees capace di raggiungere quota 5,476, quello che conta è aver aggiunto un’altra stagione da urlo ad una collezione che racconta di sole due battute a vuoto, la prima da rookie e il 2008 a causa di un infortunio, in dodici anni di onoratissima carriera, nella quale sono cambiati tanti uomini ma non è mai diminuita la capacità del numero 12 di mettere insieme numeri importanti.
Stats rese possibili da qualità fuori dal comune che gli hanno permesso di lanciare in orbita tantissimi ricevitori che proprio a Boston hanno trovato una loro dimensione, basta pensare a Deion Branch e Wes Welker, e, paradossalmente, di non riuscire a rendere ancora più grandi, o magari proprietari di un anello inseguito con le unghie e con i denti, dei campioni affermati che avevano raggiunto lo status di fuoriclasse già in altri lidi; chi ha detto Randy Moss?
Questo è Tom Brady in poche semplici parole, un ragazzo capace di tirare fuori un diamante da un minerale grezzo e di far nascere nuovi campioni, non ultimi i tight end Rob Gronkowski e Aaron Hernandez, splendidi protagonisti della cavalcata Patriots verso il Super Bowl dopo essere diventati dei punti fermi nel reparto guidato dall’ex Wolverine, che sulle loro ottime mani e straordinarie qualità tecniche ha costruito buona parte delle fortune di New England e delle sue stesse stats.
Anche in questo, indubbiamente, assomiglia un po’ al collega, ragazzo che a detta di molti coaches che hanno incrociato la sua strada, ha il pregio di rendere migliori i talenti che giocano al suo fianco, e in tal senso ne è una prova la storia recente dei Giants, che proprio nel Super Bowl vinto nel 2008 hanno ottenuto tantissimo dal receiver David Tyree, sparito poi dalle scene dopo quella pazzesca riscezione sopra il casco che ha fatto il giro del mondo, e che hanno cambiato diversi comprimari senza perdere mai efficacia offensiva.
Una cosa che si è verificata anche nell’ultima offseason, quando uno delle migliori mani del team ha deciso di cambiare aria per ottenere un contratto importante, il TE Kevin Boss, e a New York hanno puntato tutto su chi prima era una riserva, Travis Beckum, o su qualche ragazzo spuntato dal nulla, Jake Ballard, che in breve tempo è diventato uno dei punti fermi del reparto, al pari di quel Victor Cruz che si è dimostrato una vera e propria spina nel fianco per le difese avversarie ed ha permesso al 10 di aggiungere il proprio nome nel novero dei QB capaci di segnare il TD pass più lungo, 99 yards.
Traguardo reso ancora più prezioso perchè raggiunto nel derby contro i Jets, vinto dai Giants che si sono assicurati il dominio sulla Big Apple almeno fino alla prossima sfida, e che hanno segnato un punto importante nella corsa verso la postseason, agguantata per il rotto della cuffia con la vittoria all’ultimo respirto contro altri rivali di sempre, i Dallas Cowboys, domati soprattutto grazie all’ennesima prestazione positiva del quarterback, che a distanza di quattro anni si trova ad affrontare uno dei rivali più sportivamente odiati dal fratello maggiore, e da una città che potrebbe adottarlo incitandolo a fargli un nuovo dispetto.
Per sapere come andrà a finire la nuova sfida tra Manning e Brady non resta che sintonizzarsi sull’unico evento in grado di paralizzare l’intera America, e attendere l’esito finale di una partita che si preannuncia combattuta e spettacolare per sapere chi si aggiudicherà uno dei rematch più attesi ed incerti di questi ultimi anni; l’appuntamento è per domenica notte, quando nel nostro Belpaese si sentirà già l’odore pungente e nauseante del lunedì mattina, e in attesa di scoprire chi sarà davvero il migliore a cui solitamente si augura di ottenere la vittoria, non dimentichiamoci che, comunque vada, a vincere questa volta sarà ancora il sogno americano.
Folgorato sulla via del football dai vecchi Guerin Sportivo negli anni ’80, ho riscoperto la NFL nel mio sperduto angolo tra le Langhe piemontesi tramite Telepiù, prima, e SKY, poi; fans dei Minnesota Vikings e della gloriosa Notre Dame ho conosciuto il mondo di Playitusa, con cui ho l’onore di collaborare dal 2004, in un freddo giorno dell’inverno 2003. Da allora non faccio altro che ringraziare Max GIordan…
Indubbiamente sono due grandissimi qb e saranno anche due vincenti, ma non sono a mio avviso i più forti.
Eli Manning è imparagonabile al fratello (troppa la differenza tra i due) mentre Brady, che come persona e giocatore è un’esempio, andrebbe visto lontano da Belicick.
Io vado tutta la vita con payton, da due piste al fratellino, non inganni il fatto che potrà superarlo in fatto di anelli, per me non c’è paragone anche perché i colts sono in netto declino! Mettete payton ai giants e il superbowl non avrebbe storia!
Non capisco questo ostracismo verso Eli…io tengo Patriots e domani spero nella vendetta,ma devo ammettere che quest’anno,avendo visto parecchie partite dei giants,il fratellino è diventato un grande…self control ai massimi livelli e capacità decisionali di enorme spessore.Non si batte per caso il record di TD pass nel 4 periodo…..capisco gli innamorati di Payton,capisco chi idolatra Brees,per non parlare di Rodgers(TRA L’ALTRO ASFALTATO PROPRIO DA ELI nel Divisional)….ma questo è un fuoriclasse!!!….E cmq spero che domani si inceppi lui e tutti i giganti…..GO PATS!!!!!…P.S.Ma per chi tiferanno i tifosi dei Colts?????….ahahahhahah
io non farei troppe classifiche….Brady, Peyton, Eli, Brees, Rodgers…stiamo parlando dei più forti di questa generazione. E i prossimi ad entrare nel novero dei “grandi” per me sono Stafford e Dalton
Fatevene una ragione: Eli è più forte di Peyton, e gli faccio i miei complimenti
Sono daccordo, io invece Big Ben non lo nominerei neanche….
ti stai dimenticando di big ben….2 anelli e 3 superbowl