Erano stati pronosticati da tutti, o quasi, come la quarta forza della AFC East, una sorta di squadra materasso in una division che si apprestava ad essere dominata da Patriots e Jets, due serissime outsider sulla strada per il Super Bowl, ma che a sorpresa, dopo due settimane di National Football League, vede i Buffalo Bills spartirsi la testa del raggruppamento con le due favorite, grazie ad un secco 2-0 ottenuto rifilando altrettante scoppole a Chiefs e Raiders, superati al termine di un match serrato e combattuto per 38 a 35.
Primo attacco su corse della nazione grazie alle 380 yards accumulate finora, il team guidato con sagacia da Chan Gailey è stato l’unico a tenere il passo dello stratosferico attacco di New England raggiungendo quota 79 punti, un risultato sensazionale che conferma quanto di buono la franchigia newyorkese aveva fatto intravedere sul finire della scorsa stagione, quando era salita alla ribalta chiudendo in bellezza un 2010 amaro che aveva portato al cambio di coach e ad un rimpasto del roster e della depth chart.
Un roster che in molti avevano definito indebolito dopo gli addii di due perni difensivi della portata di Paul Poszluzny e Donte’ Whitner, passati rispettivamente a Jaguars e 49ers, ma che invece è riuscito a smentire tutti sfruttando al meglio il mix di gioventù ed esperienza voluto dall’head coach, uomo che sembra amare particolarmente le scommesse e adora puntare su giocatori semisconosciuti o comunque non tanto pubblicizzati.
Primo fra questi il quarterback Ryan Fitzpatrick, prodotto della prestigiosissima Harvard University scelto al settimo giro, l’ultimo, del Draft NFL 2005 dai St. Louis Rams, che non ha avuto molta fortuna tra i professionisti, appena cinque apparizioni con la franchigia del Missouri, prima di diventare starter nei Cincinnati Bengals nel 2008, quando prende il posto dell’infortunato Carson Palmer; da allora la carriera del ragazzo originario dell’Arizona prende un’altra direzione, che lo porta ad approdare a Buffalo nell’estate del 2009.
Arrivato ai Bills per ricoprire il ruolo di backup alle spalle di Trent Edwards, il numero 14 si ritrova starter a metà circa della stagione, lanciando 1,422 yards, 9 touchdowns e 10 intercetti in dieci apparizioni sul terreno di gioco, ma a fine anno viene nuovamente retrocesso, e costretto a riguadagnarsi il posto in vista del torneo successivo, cosa che puntualmente gli riesce e che lo porta a diventare lo starting quarterback di Buffalo a partire dal 20 settembre 2010, terza settimana di National Football League.
Ad un anno di distanza Fitzpatrick ha dimostrato di meritare questa promozione in tutto e per tutto, concludendo con 3,000 yds, 23 TD, 15 INT, un ottimo 2010 che l’ha portato alla ribalta come QB tra i più produttivi, e iniziando straordinariamente l’attuale stagione con due prestazioni stellari nelle quali ha totalizzato 472 yards, 7 touchdowns e 1 solo intercetto, che gli hanno permesso di rinsaldare il suo spot da titolare nonchè respingere la velata concorrenza di Tyler Thigpen e Brad Smith, arrivati in estate.
Intraprendente, mobile, capace anche di guadagnare terreno con le corse, il 14 dei Bills in quest’ultimo anno ha legato particolarmente bene con Stevie Johnson, altro giocatore selezionato al settimo round del Draft, nel suo caso quello del 2008, che ha conquistato Buffalo con le sue ricezioni e le giocate che gli hanno permesso di diventare il nuovo leading receiver della squadra; veloce, rapido a cambiare direzione e abilissimo a conquistare parecchie yards dopo la ricezione, già 162, 2 TD, nelle prime due partite di questo 2011, il prodotto di Kentucky sta conquistando sempre più consensi all’interno della lega e ha i numeri per diventare una delle stelle del ruolo nel prossimo futuro.
Stesse stelle da lui dileggiate nel mixtape rilasciato proprio ad inizio stagione “Why So Serious”, titolo ripreso dalla maglietta con cui celebrò la propria prestazione contro i Bengals nella passata stagione, 137 e 3 touchdowns, e con la quale ha inteso prendersi gioco della coppia di WR di Cincy, Chad Johnson e Terrell Owens, riferendosi alla celebre frase che il compianto Heath Ledger nei panni di Joker pronuncia, rivolto al protagonista, ne “Il Cavaliere Oscuro”, e che lui stesso ha voluto rivolgere a quelli che allora considerava il Batman e il Robin della NFL.
Dotato di un bel caratterino e di quella vena di sottile pazzia che ha distinto alcuni degl’interpreti del ruolo che hanno lasciato il segno in questo sport, il talento da San Francisco è solo uno dei tanti carneadi che compone il reparto ricevitori dei Bills, formato da tutti ex undrafted rookie, a cominciare dalla sua spalla David Nelson, uscito nel 2009 da Florida, dove ha vinto entrambe i BCS Championship conquistati dai Gators (2007 e 2009), per proseguire con Donald Jones, arrivato la scorsa estate dopo aver terminato la sua carriera universitaria con Youngstown State, fino ad arrivare a Ruvell Martin, addirittura sbarcato a San Diego nel 2004 proveniente da Saginaw Valley State, e a Naaman Roosevelt, prodotto locale che ha sviluppato la sua intera carriera a Buffalo.
Nativo proprio della cittadina newyorkese, il numero 18 ha frequentato il St. Joseph’s Collegiate Institute prima di passare alla Buffalo University, dove ha vestito la maglia dei Bulls vincendo il MAC Championship nel 2008, un anno prima di tentare quel salto tra i professionisti che gli ha permesso di coronare il sogno di indossare la divisa dei Bills, nei quali è stato inserito fin da subito nella pratice squad prima di essere promosso nel roster principale lo scorso novembre; ancora a secco di ricezioni quest’anno, potrebbe trovare maggiore spazio dopo l’infortunio che ha messo fuori gioco Roscoe Parrish, uscito di scena per tutto il resto della stagione.
Sconosciuto ai più anche il nuovo tight end titolare di Buffalo, Scott Chandler, prodotto di Iowa selezionato dai San Diego Chargers nel quarto round del Draft NFL 2007 che ha girovagato tra New York, sponda Giants, e Dallas, dove ha disputato nove partite nella scorsa stagione, prima di accasarsi alla corte di Gailey durante l’estate, dopo il secondo taglio rimediato dai Cowboys in appena due anni; promosso starter a sorpresa ha ripagato della fiducia concessagli il proprio head coach totalizzando fino a questo momento 9 ricezioni per 79 yards e 3 touchdowns che lo hanno fatto diventare uno dei punti di questo nuovo attacco.
Onere che spetta pure ad un altro talento che incarna alla perfezione il “sogno americano”, ovvero il running back Fred Jackson, ragazzo con una storia fantastica alle spalle vissuta per lungo tempo nei campi di periferia del football prima di godere delle luci della ribalta e degli applausi del grande pubblico NFL, che hanno raggiunto le sue orecchie solo nel 2007, a quasi un anno esatto dal suo arrivo a Buffalo, dove era stato invitato dal leggendario Marv Levy.
Con lo storico head coach dei Bills il runner condivideva la provenienza, il piccolissimo Coe College, università di terza divisione, rampa di lancio per una carriera che fino a quel momento non gli aveva riservato grandi palcoscenici se non le due stagioni spese nei Sioux City Bandits, nella Indoor Football League, prima di approdare nel vecchio continente nel 2006, dove ha vestito la maglia dei Rhein Fire in una delle ultime edizioni della NFL Europe.
Ritornato dal “prestito” europeo il numero 22 si è conquistato il posto da starter a piccoli passi, e dopo aver vinto la concorrenza di Marshawn Lynch, passato nella scorsa stagione a Seattle, ha respinto anche quella di C.J. Spiller, arrivato in pompa magna la scorsa estate, dopo essere stato selezionato nel first round del Draft 2010, e relegato al ruolo di second string dalle continue prestazioni positivissime di Jackson, che ha messo al muro pure l’ultimo acquisto, Johnny White, runner chiamato nel corso della quinta tornata del Draft 2011.
Draft, evento verso il quale questi nuovi Bills non hanno guardato con estremo interesse, se non per rinforzare al difesa, che nelle ultime stagioni ha portato a Buffalo ottimi talenti come Jairus Byrd, 15 tackle finora, Leodis McKelvin, e non ultimo quel Marcell Dareus individuato da molti come giocatore in grado di cambiare volto ad una difesa che ha perso i suoi due migliori elementi dell’ultimo lustro, i già citati Poz e Whitner; senza di loro la franchigia sembrava spacciata, invece nonostante qualche patimento di troppo, evidenziato soprattutto nell’ultima partita contro Oakland, il reparto arretrato ha saputo tenere botta, rispondendo per le rime a chi lo aveva dato per finito con troppa imprudenza.
Il merito però non è da accreditare tutto al talentuosissimo tackle da Alabama ma va ripartito su più giocatori, e soprattutto su quelli che sono arrivati a Buffalo con la voglia di riscatto che gli bruciava dentro, quella stessa voglia che è servita a loro, e alla squadra, per rimanere in partita e mettere al tappeto gli avversari; Andra Davis, giunto qui l’anno passato dopo una buona stagione a Denver, sta confermando di avere ancora diverse cartucce da sparare nonostante l’età che avanza, tanto che pare aver trovato nuova linfa dopo l’arrivo di Nick Barnett, nuovo middle linebacker che ha preso il posto di Poszluzny sostituendolo sia sul campo che nel ruolo di leading tackler, dove primeggia con 18 placcaggi.
L’ex di Green Bay, autore anche di un forced fumble, ha deciso di cambiare aria dopo il Super Bowl vinto a febbraio e ha legato benissimo con il nuovo compagno di squadra, tanto che sembra aver riavvolto il nastro della propria carriera ed essere ritornato indietro di qualche anno, quando aveva stupito tutti nelle prime stagioni da professionista calandosi con decisione e successo nel ruolo di trascinatore indiscusso, nonché leader assoluto, della difesa dei Packers.
Incisivo come non lo era da diverso tempo, il linebacker da Oregon State incarna alla perfezione lo spirito di questi nuovi Bills, che Chan Gailey ha costruito puntando con decisione su ragazzi in cerca di una seconda chances e desiderosi di dimostrare qualcosa a tutti quegli addetti ai lavori che li hanno scartati con troppa supponenza, preferendogli magari giocatori che hanno goduto di una maggiore ribalta collegiale o che, molto semplicemente, avevano il procuratore giusto a rappresentarli.
Bills dirompenti, Bills emozionanti, Bills finalmente degni di rappresentare un passato così glorioso, di riallacciare il filo con quella storia vincente che sembrava ormai tremendamente lontana, smarrita, come il rapporto che li legava al loro pubblico, abituato, quasi rassegnato, da anni ad essere l’ultima forza della East, una division nella quale tutti dovranno ora fare i conti con il gioco spumeggiante e convincente messo in campo da questo team, giunto al primo vero esame della stagione, quello che li attende al varco, contro i Patriots, tra le mura amiche del Ralph Wilson Stadium.
Un match che inevitabilmente ci svelerà chi sono veramente questi Buffalo Bills, e soprattutto dove potranno arrivare.
Folgorato sulla via del football dai vecchi Guerin Sportivo negli anni ’80, ho riscoperto la NFL nel mio sperduto angolo tra le Langhe piemontesi tramite Telepiù, prima, e SKY, poi; fans dei Minnesota Vikings e della gloriosa Notre Dame ho conosciuto il mondo di Playitusa, con cui ho l’onore di collaborare dal 2004, in un freddo giorno dell’inverno 2003. Da allora non faccio altro che ringraziare Max GIordan…