Steleers e Packers saranno i due team che si contenderanno il Vince Lombardi Trophy al Cowboys Stadium tra due settimane, dopo il consueto carosello del Pro Bowl.
Le due franchigie arrivano all’atto finale con una partita piuttosto speculare: i campioni della NFC, che ormai sono un ospite fisso nelle sfide che si disputano nelle settimane di gennaio, stritolano i Jets nel secondo quarto, salvo concedere un po’ troppo nel secondo tempo e c’è da tirare un sospiro di sollievo giallo-oro quando Antonio Brown compie la ricezione che scaccia tutte le paure.
I Packers iniziano il match del Soldier Field ancora sull’onda lunga del trionfo di Atlanta e il primo drive è da strabuzzare gli occhi per playcalling ed esecuzione; quando però la difesa dei Bears prende le misure a Rodgers, la storia si fa grama per la franchigia del Wisconsin, finché è nuovamente la difesa di Dom Capers a concludere quella che poteva essere una giornata da raccontare ai nipotini per il secondo back up QB di Chicago Caleb Hanie.
Ad Arlington ci aspetta una partita divertente, soprattutto perché i due QB che si affrontano non hanno paura a mettere la palla per aria, sebbene le finali di conference ci insegnino che non sempre hanno saputo tenersi lontano dagli errori; visto la prepotenza delle due difese, diversamente dominanti, non mi stupirei di veder decisa la contesa da un big play difensivo.
Se dovessi puntare due soldi, andrei con il team attualmente allenato dal sosia di Omar Epps, che farà pesare la maggior esperienza e talento nel gioco di corsa; senza prezzo per quelli della Pennsylvania sarebbe recuperare in tempo il centro infortunato Maurkice Pouncey.
E ora la solita panoramica sui protagonisti dei Championships, anticamera della gloria perpetua.
TOP 3
SAM SHIELDS
Un solo uomo al comando nella giornata di domenica.
Il rookie (non è stato scelto, è stato aggregato al roster solo come free agent) ha rispolverato il ruolo di killer, che un anno fa era stato interpretato sapientemente da Tracy Porter.
L’ex Hurricanes è il terzo cornerback dei Packers, utilizzato da Dom Capers nelle chiare situazioni di passaggio, perché ha un ottimo passo, il che lo rende un avversario scomodo per tutti i wide receiver, ed in più la sua velocità può essere sfruttata in blitz per creare pressione sul QB, vero marchio di fabbrica della difesa dei Packers quest’anno.
Il numero 37 è stato protagonista di due intercetti: il primo, sul finire del primo tempo, è stato l’ultimo dei dolori del giovane Cutler, che si è fatto pizzicare goloso nel tentativo di regalare un big play ai suoi Bears; il secondo è stata la cartolina del match: i Bears, guidati dal soldato di fortuna Caleb Hanie, sognavano l’insperato pareggio, ma il carceriere del pur volenteroso Johnny Knox ha decretato il game, set and match.
Alla partita del defensive back di Green Bay, che respierà nuovamente l’aria del Superbowl dopo i fasti dell’era Favre, si devono aggiungere quattro tackle ed un sack che ha causato un fumble: il giovane 23enne non poteva scegliere palcoscenico migliore per emergere rispetto ai compagni di reparto Woodson e Williams, che rappresentano l’apice del ruolo nella Lega, ma che dovrebbero recitare il mea culpa sulle due segnature casalinghe.
RASHARD MENDENHALL
Premetto che la conduzione di gara degli Steelers non mi è piaciuta per niente, poiché aveva stuzzicato con i due primi due quarti condotti a livello immaginifico sui due lati del campo, salvo poi sedurre e abbandonare le attese al ritorno dall’intervallo, quando, forse intimiditi dal Generale Inverno dell’Heinz Field che poteva ricordare quello napoleonico, in campo è sceso un attacco abulico, che ha costretto la difesa allo straordinario.
Ma tant’è, e dal primo tempo dei ragazzi delle acciaierie c’è molto da salvare, prima di tutto la prestazione del loro runningback, giunto ormai alla sua terza stagione fra i pro.
La prima cosa che mi ha impressionato è stata la linea offensiva degli Steelers: semplicemente perfetta nel lavoro di bloccaggio, in opposizione ad una linea difensiva che aveva fatto impallidire le guardie e i tackle dei Patriots; una menzione speciale al tight end Heath Miller, veramente prezioso in trincea nell’obiettivo di aprire spazi e nel finale, quando ha dimostrato che le sue mani possono essere pugni, ma anche carezze che accolgono la palla per quella che è da considerare una delle due ricezioni risolutive.
Certo, poi ci vuole qualcuno che sappia sfruttare questi spazi, e il trattorino dell’Illinois mi è sembrato molto a suo agio in questi panni: costretto molte volte dall’onda d’urto Jets a cercare la luce dietro la linea di scrimmage, quando mulinava le gambe in skip alto, il guadagno ampio arrivava, in un modo o nell’altro.
La sua capacità di spezzare i bloccaggi e la qualità non proprio entusiasmante dei tackle della difesa bianco-verde hanno fatto il resto: si è calcolato che 43 delle prime 50 yards corse dal folletto che veste la maglia numero 34 siano state guadagnate dopo che il primo contatto era già stato portato.
Nella sfida decisiva, Mendenhall potrebbe essere fonte di un ottimo matchup per gli Steelers, giunti al loro ottavo Superbowl, eguagliando così i Cowboys al primo posto nella classifica assoluta di partecipazioni: le corse rimangono un punto fermo per Pittsburgh, mentre i Packers si affidano a diverse alternative, tra cui la preferita è rappresentata dal rookie Starks, una vera incognita al livello in cui l’aria incomincia a rarefarsi.
Vedremo se questo vantaggio si rivelerà decisivo.
BRIAN URLACHER & MARK SANCHEZ
Onore ai vinti.
Onore al linebacker dei Bears, che dopo l’avvio molto produttivo di Aaron Rodgers, l’ha preso direttamente sotto le sue cure, non proprio quelle che una madre riserverebbe al proprio figlio.
Non c’è dubbio che nel momento in cui i Bears hanno riacquistato il momentum della gara, l’imput sia stato dato dalla difesa e in particolare dal suo capitano.
Ci si poteva aspettare la solita diga umana sulle corse insieme al collega Lance Briggs, un po’ meno l’intelligenza tattica dimostrata sull’intercetto che ha capovolto temporaneamente l’inerzia dell’incontro, soprattutto se si analizza superficialmente lo sguardo truce a metà fra killer latente e marine pronto a una missione speciale, il quale non penso sarebbe trattato lombrosianamente con benevolenza.
Onore ai vinti dunque, e onore a Mark Sanchez, sempre molto criticato, ma capace di essere solo il secondo nella storia dei QB di questo gioco a centrare il back-to-back in un Championships nei primi due anni di professionismo.
Un Championship iniziato in maniera disastrosa per il QB di origine ispanica, ma che alla fine ha confermato come il numero 6 sia un giocatore magari non dal talento fuori dal comune, ma solido nel gestire le emozioni quando la palla pesa di più e bravo a credere in un insperata rimonta fino alla fine.
Chicago e Jets possono ricominciare da qui.
WORST 3
JULIUS PEPPERS
Doveva essere il terrore che viene dal lato cieco, invece non è risultato un fattore.
Si è dannato l’anima come sempre, spazi per i compagni ne ha aperti (il sack di Urlacher dovrebbe essere in parte merito di un suo movimento, se non mi sbaglio), ma non è stato il fiato pressante sul collo di Rodgers, così come si presupponeva alla vigilia.
Gran merito della giornata opaca del numero 90 ex Tar Heel è da addebitare al suo guardiano, il left tackle Chad Clifton, ottimo nell’arrestare la furia avversaria.
Non è un caso che Peppers è sembrato prendere il sopravvento solo quando Clifton ha dovuto abbandonare il gioco in seguito ad un calcio in testa ricevuto dal compagno Starks, in occasione di uno dei TD giallo-verdi.
DEVIN HESTER
Impalpabile.
L’uomo con più ritorni in meta tra kick e punt return è stato abilmente messo fuori ritmo dallo special team dei Packers, ottima dimostrazione di come le partite si vincono anche grazie ai dettagli.
Il numero 23 ha ricevuto palloni sempre diversi da Crosby e Masthay (ottimo), che l’hanno costretto o a rinunciare del tutto a ritornare la palla o a subire frustranti placcaggi immediati.
Lo sconforto per non eccellere nella sua disciplina preferita nella partita più importante della carriera non mi fa escludere la tesi che abbia condizionato la sua prestazione da ricevitore, in cui si è rivelato più inconsistente di Casper.
IKE TAYLOR
Il cornerback degli Steelers sarebbe stato un papabile MVP se la partita si fosse interrotta dopo i primi 30 minuti.
Infatti Taylor, in seguito ad un ottimo blitz, aveva causato il fumble, poi riportato in meta da William Gay – 47 secondi dopo che l’attacco aveva già contribuito con un altro TD, – che ha consegnato l’incolmabile vantaggio di 24 punti a Pittsburgh, proprio in dirittura d’intervallo.
Finito qui? No, il nostro Ike ha voluto rimettere piede in campo nella ripresa e – chissà, magari è scaramantico, – purtroppo per lui, ci è entrato con quello sbagliato.
Due errori pesanti sulle due segnature dei Pompieri di NY che hanno (quasi) riaperto l’incontro: sulla playaction che ragala l’amara soddisfazione dell’ex a Santonio Holmes, il defensive back scivola sulla linea di scrimmage, consegnando un difficile uno contro uno al compagno di reparto Ryan Clark, che infatti perde con tro il più scattante ex compagno.
Sulla segnatura di Cotchery, il numero 24 è persino comico: il ricevitore assegnatogli è nuovamente Holmes che taglia verso l’interno, lui lo segue e si scontra con un suo compagno, il quale perde di vista il numero 89 che si allarga e riceve indisturbato.
Attento Ike, il prossimo si chiama Greg Jennings ed ha ricevuto 231 yards negli ultimi due match disputati…
mi sarei però anche aspettato un bel worst per Jay Cutler: ha deluso ancora, a parte l’inforntunio, qualdo è stato in campo è stato al di sotto delle aspettative. Fragile, sperso, pare che i tifosi Bears non abbiano molto gradito! Basta e avanza, worst!