Rex Ryan ed il suo sorriso spesso nascondono una grande fiducia nei propri mezzi.

“Same Ol’ Jets”. Con queste parole Rex Ryan ha descritto il secondo approdo consecutivo alla finale di Conference che New York disputerà la prossima domenica in trasferta a Pittsburgh, una frase messa lì non a caso, per sottolineare tra le righe una virata di cultura non indifferente per chi segue e soffre con i biancoverdi da tanti anni, sperando in traguardi che puntualmente sono stati disattesi.

L’epiteto era puntualmente affibbiato alle vecchie edizioni di questa squadra, sempre deludenti, mai capaci di ripetere la grande impresa di Broadway Joe, il leggendario quarterback Joe Namath, lo stesso che con la sua tipica attitudine sfrontata aveva garantito una vittoria nel Super Bowl III contro gli insormontabili Baltimore Colts di Don Shula, una squadra costruita per dominare, distruggere e conquistare. Namath, in quel meraviglioso 1968, la sua promessa azzardata l’ha mantenuta. Oggi tutti quanti si attendono un ugual risultato da parte di Rex Ryan.
Le conformazioni seguenti dei Jets non sono mai state all’altezza di quella che vinse la terza edizione del Vince Lombardi Trophy spiazzando brutalmente tutti i pronostici, tra squadre scadenti e qualificazioni ai playoffs che non portavano seguito alla postseason, la sensazione diffusa tra tifosi e addetti ai lavori era sempre la stessa. “Same Ol’ Jets”.

Detto da Ryan, il tutto assume completamente un altro significato, perché nei suoi intendimenti questi soliti, vecchi Jets sono quelli del nuovo corso, quelli che centrano gli obbiettivi, tra cui quello sempre molto difficile da imitare di conquistare due partecipazioni consecutive alla finale della propria conference, combattendo senza remore sempre fuori dalle mura amiche, perennemente con lo sfavore del pronostico, ed una serie di motivazioni che volevano sfatare questa visione mediatica molto generica e superficiale con dei fatti concreti.
Da quando il buon Rex, cui piace mischiare satira e serietà, si è presentato alla conferenze stampa di introduzione quale capo allenatore sostenendo che presto avrebbe vinto un Super Bowl in loco, in molti avevano riso, lui compreso.
Il fatto che nei primi due anni della sua carriera nel ruolo di capo allenatore sia arrivato per due volte a questo punto, non fa che deporre a suo favore e tiene fede ad un buon vecchio detto sulla fiducia nei propri mezzi.
Se non credi a te stesso per primo, chi mai ci crederà? Ryan, oltre ad essere lui per primo motivato nel raggiungere questo obbiettivo, ha convinto anche tutti i suoi giocatori.

Quella contro i Patriots era, secondo il coach, la seconda partita più importante nella storia della franchigia dopo il Super Bowl III, e le similitudini tra le due situazioni si sono rivelate essere davvero tante, a partire con l’apparente impossibilità nel riuscire a sormontare l’ostacolo, per finire con l’ostentata sicurezza che New York, da sfavorita, ha affrontato la situazione vestendo i panni dell’entità piccola, che non sarebbe quasi sicuramente riuscita ad abbattere il gigante che le si stava per parare contro. In entrambi i casi, è arrivata una vittoria che solo i Jets erano consci di riuscire ad ottenere.

Il nuovo corso della squadra di New York ha quindi un’impronta decisa e volta al successo, pur destando ai piani alti della dirigenza qualche preoccupazione, al momento digerita per l’evidente positività dei risultati.
Sono ben note le uscite pseudo-comiche di Ryan, che fanno parte di un rapporto con la stampa per qualcuno anche troppo diretto, che non conosce filtri e bada poco al politically correct che l’America bigotta cerca sempre di esprimere in tutte le sue forme, per mantenere una figura rispettabile e rispettosa sia che si tratti di una lega di football americano o di qualsiasi altra.

Come ben noto, la guerra di parole nata dalle dichiarazioni di Antonio Cromartie è stata posta i grande risalto dai media, così come le punzecchiature di Ryan in direzione di Bill Belichick, che hanno continuato ad alimentare un fuoco acceso dalla lunga rivalità divisionale tra le due franchigie, entrambe appartenenti alla Afc East, ma particolarmente desiderose l’una di calpestare l’altra con quanta più potenza possibile.
Gli intrecci tra New York e New England sono pressoché infiniti, ed usati in parte da Ryan per punzecchiare il collega ricordandogli dell’alto tradimento portato ai colori bianco e verde, quand’era stato coltivato appositamente all’interno dello staff comandato da Bill Parcells per divenirne il successore, salvo annunciare le sue dimissioni dopo solamente un giorno da head coach dei Jets per scioccare tutti quanti, firmando immediatamente dopo per i Patriots.
I Jets sarebbero stati riconosciuti vincitori di quel pasticcio (Belichick era ancora sotto contratto con loro – ndr), in una contesa risolta solamente dal commissioner dell’epoca, Paul Tagliabue, che risarcì New York con la prima scelta degli avversari del draft successivo.

E giusto per limitare gli intrecci alla presente stagione, in tanti si sono piegati in due dalle risate quando Danny Woodhead, tagliato dai Jets, è diventato uno dei giocatori offensivi più esplosivi dell’anno, perché si pensava a quanti problemi avrebbe potuto risolvere ad un attacco alterno nella sue prestazioni, che avrebbe tratto giovamento da un elemento dinamico come il piccolo Danny.

Ryan si è fatto un baffo di tutto e tutti, e con l’uso della strategia ha demolito una macchina perfetta, che in una regular season altalenante come questa, vedeva nei Patriots l’unica pretendente affidabile per compiere il viaggio a Dallas e disputare la finalissima.
Come raccontato alla stampa di New York dopo la partita, i Jets hanno studiato a fondo qualcosa che era sfuggito a molti, ovvero il fatto che Tom Brady, l’eroe bello e perfetto che tanto contrasta con il loro stile, avesse perso tutte e tre le sue ultime uscite di postseason consecutivamente, e che giocando in queste avesse accumulato cifre ben lontane dalla sensazione di perfezione regalata durante la stagione regolare.
Brady era stato messo sotto dai Giants nel magro epilogo della (im)perfect season, aveva ceduto ai Ravens corsari che vinsero a Boston un anno fa, commettendo una discreta serie di errori sotto forma di turnovers ed impossibilità di convertire terzi downs, il che significava metterlo fuori ritmo ed impedire il massiccio accumulo sistematico di punti a cui tutti si erano abituati.

Ryan ha sostanzialmente lavorato sul quell’aspetto del quale la massa non si era resa conto, ed il suo piano partita ha funzionato alla grande, facendo dimenticare quel terribile Monday Night della settimana numero 13, che aveva visto i Jets capitolare pesantemente per 45-3, perdendo da quel momento in poi qualsiasi considerazione degli addetti ai lavori, che sottolineavano una volta di più che questa squadra, così attiva nella offseason attraverso l’acquisizione di nomi grossi, era stata solo molto fortunata, dimenticandosi tuttavia della capacità di vincere le partite in rimonta dimostrata da tutti, per primo da Mark Sanchez.
Tutto questo, senza necessariamente escludere le ricezioni decisive di Santonio Holmes, una delle acquisizioni più chiacchierate di questa scorsa primavera, che in seguito al rientro dalla squalifica nelle prime quattro gare si è messo ad emulare la famosa presa in equilibrio che diede l’anello agli Steelers, mantenendo il vizio di eseguirla nei quarti periodi.

Le vittorie provengono talvolta dall’ispirazione, un aspetto che non è certo mancato ai New York Jets, i quali hanno avuto l’onore di poter ascoltare il discorso di un ex giocatore mai dimenticato, il defensive tackle Dennis Byrd, rimasto accasciato inerme al suolo con il collo spezzato durante una partita di regular season del 1992, e miracolosamente tornato a camminare dopo un tortuoso percorso riabilitativo.

Oltre che dalle parole di Byrd lo spogliatoio dei Jets è rimasto colpito da un altro particolare, la presenza dell’uniforme di gioco che venne tagliata ed asportata al giocatore il giorno di quel grave infortunio, un oggetto che lo stesso ha custodito appositamente come motivazione per riuscire a tornare a stare su due piedi, traguardo che persino il medico più ottimista gli aveva prospettato come impossibile.

“Make your day today”, ha detto Byrd prima che Ryan e i suoi ragazzi uscissero dal tunnel per fare il loro ingresso in campo per affrontare una missione altrettanto impossibile, contribuendo con tutta probabilità a dare una grande iniezione di adrenalina a tutti quanti.
Nel post gara, davanti ai giornalisti, Braylon Edwards avrebbe ammesso che la furia con cui si è rifiutato di cadere prima della endzone gli era arrivata pensando che fosse Dennis Byrd, l’uomo cui la vita aveva portato via il grande amore del football con tutta la carriera davanti, che stava per varcare la linea di meta.

In quel momento Edwards non si sarebbe fermato davanti a nulla e nessuno, contravvenendo alla sua fama di giocatore che non sfrutta tutto il suo grande potenziale.

In quel momento, e per tre quarti e mezzo di gioco, i Jets hanno dominato i Patriots, la migliore squadra della Nfl, contravvenendo a tutti quei pronostici che li avevano posti nella casella del perdente con troppa fretta.
Hanno messo le briglie a Peyton Manning, ed hanno confuso Tom Brady con le loro coperture miste, sempre in trasferta, sempre in assenza del rispetto che desiderano, ovvero il carburante motivazionale che li ha spinti fino a qui. La prossima missione è a Pittsburgh, il prossimo bersaglio è Big Ben.

Domenica scopriremo i veri Jets, e capiremo se una delle più grandi prestazioni nella storia della franchigia era effettivamente alimentata dal grande odio verso i Patriots, o se sotto ci sia qualcosa di più, come la voglia di emulare le imprese del grande Broadway Joe.

Nella seconda delle due ipotesi, la previsione di Rex Ryan rischia davvero di avverarsi.

4 thoughts on “Same Ol’ Jets, il “nuovo” corso

  1. Bell’articolo. I Jets sono il team che più è migliorato in questi 2 anni.
    Quello che mi sorprende è la capacità che hanno di giocare le migliori partite quando sono ai
    playoff (record 4-1 on the road). Sanchez ne è l’esempio perfetto, dopo un’annata partita bene e finita benino, gioca molto meglio, pur essendo ancora impreciso non commette intercetti, e grazie all’aiuto dei suoi ricevitori lancia anche dei TD. Se giocano con l’intensità che si è vista con Indy e Pats, possono battere chiunque. Rex Ryan, tenendo presente che è solo alla seconda stagione da HC è il miglior allenatore della lega per quanto riguarda saper trasmettere fiducia e motivazione alla sua squadra.

  2. I Jets sono underdog, devono credere in loro stessi e Ryan fa bene il suo lavoro in questo senso, un po’ alla Mourinho.

    Sanchez ha diversi difetti evidenti come QB, ma non gli manca il sangue freddo; la squadra lo protegge e lui quando deve produrre, anche sotto pressione, produce.

    Non è un fenomeno ma più che il talento puro sembra mancargli un po’ di accuratezza – quel che non gli manca è il carattere e a Ryan va bene così…

  3. Io onestamente credo che i Jets, dopo aver espugnato Indy e Foxboro, vinceranno anche all’Heinz Field. La buona ossatura di squadra dell’anno scorso è stata rinforzata con l’aggiunta di giocatori dall’impatto immediato come Tomlinson, Holmes, Edwards, Cromartie….sono stati costruiti per vincere subito quest’anno,e in questi playoff ce lo stanno ricordando. Quanto a Ryan, sarà pure antipatico come la pece, ma due championship in 2 anni non possono essere un caso. Anche a me ricorda un pò Mourinho per il suo modo di tenere in tensione la squadra.

  4. Simpatizzo x i Pats..e Rex non mi sta molto simpatico..ma devo fargli i complimenti..e’ stata una partita veramente giocata bene dai Jets..anche se credo ke l abbiano vinta + in attacco ke in difesa xche’ i Pats in qualsiasi caso i loro punti li hanno messi anche se a fatica ma il come in attacco i Jets hanno fatto a fette la difesa dei Pats e’ il particolare + interessante!!..bravo Sanchez..e bravo Holmes..ricezione da cinema!!
    Da quando seguo la NFL ai pronostici non credo minimamente..si e’ vincenti solo alla fine..e’ uno degli sport + emozionanti! Dove non sai come finira’..

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